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Diffondiamo da informa-azione
Carissimi/e compagni/e, famigliari, amici e solidali di nostro fratello Stefano,
inizio questa mia abbracciandovi tutti/e al mio cuore con eterno bene, sperando che tutti/e stiate bene di salute, lo stesso posso dirvi di me, sempre a testa alta, contro le prevaricazioni e le ritorsioni di qualche “benpensante aguzzino”, che mi danno la possibilità di vivere con molti agi e tutti i comfort, che mi danno l’opportunità di rigenerare l’anima e lo spirito, quello spirito ribelle che le mura non potranno mai rinchiudere, quelle “catene” che si sciolgono come neve al sole, “grazie di cuore”, gliene sono grato.
…
Voglio spiegarvi qualcosa sul mio povero papà, che io ho sempre amato e amo, anche se adesso non c’è più.
Mio papà lavorava 20 ore al giorno per permettere a tutti i suoi figli (sei, tre maschi e tre femmine) di poter mangiare, di trovare sempre un piatto caldo a tavola, di poterci comprare un cappotto o un paio di scarpe una volta all’anno, soprattutto per me, che ero il più piccolo e desiderava che io studiassi, solo che l’ho fatto fino alla 5° elementare, perché avevo capito la “schiavitù del lavoro”, che gli oppressi e i poveri rimanevano sempre Continue reading
Commenti disabilitati su Carcere – Lettera di Maurizio Alfieri | tags: anticarceraria, CordaTesa, Corrispondenze galeotte, lettera di un detenuto, maurizio alfieri | posted in Contro carcere, CIE e OPG, Corrispondenze galeotte, Dentro le mura, Tutti
Mastica e scrivi. A Regina Coeli fa freddo, dicono che l’umidità arrivi da sotto, di lato, dal fiume. Lo senti anche se è mattina e nella sala, a destra, dopo un paio di corridoi, appena al di là del terzo cancello, ci sono solo posti in piedi. Racconti dal carcere. Sono tre anni che nei penitenziari italiani c’è qualcuno che scrive con l’idea di entrare in un’antologia. Sono gli scrittori della cella accanto, che buttano giù i loro racconti in fretta, perché anche qui il tempo passa in fretta, bisogna solo imparare a contarlo. E scrivere aiuta. Ogni tasto, ogni lettera, è un battito e ogni battito batte il tempo. Se stai qui è per raccontare questo premio letterario, con l’ora d’aria. Chi lo ha voluto è una giornalista, Antonella Boielli Ferrara. Il premio porta il nome di Goliarda Sapienza, con quella scrittura da corde di violino, per troppo tempo dimenticata, donna violata dall’elettroschok, finita in carcere nel 1980 per aver rubato alcuni oggetti a casa di amiche e morta ormai da 17 anni.
La cosa, il concorso, funziona così. Ogni Continue reading
Commenti disabilitati su Nelle segrete del carcere c’è una miniera di scrittori | tags: anticarceraria, carcere, CordaTesa, detenuti, racconti di detenuti, scritti dal carcere, scrittori in cella | posted in Contro carcere, CIE e OPG, Corrispondenze galeotte, Dentro le mura, Tutti
Nell’elenco di opere monumentali, costate allo stato una fortuna, ma mai utilizzate, rientrano anche alcuni istituti penitenziari. Tra questi c’è quello di Volturara Appula, nel Sub Appennino. Il comune, di 510 abitanti, ospita un carcere costruito negli anni ’80, ma mai entrato in funzione. La cosa fa storcere ulteriormente il naso dato che il sovraffollamento dei penitenziari italiani risulta ancora una delle peggiori piaghe del Paese.
Altra struttura penitenziaria abbandonata è il carcere di massima sicurezza di Castelnuovo della Daunia, comune che conta 1.600 abitanti. Tra i carceri costruiti, arredati e poi lasciati alla mercè degli sciacalli dodici sono situati in Puglia. Nello specifico si ricordano le strutture di Accadia (Fg), sorto nel 1993; Altamura (Ba); Bovino (Fg), carcere con 120 posti mai inaugurato; a Galatina (Le); a Maglie (Le), struttura utilizzata in modo Continue reading
Commenti disabilitati su In Puglia 12 istituti penitenziari pronti ma mai utilizzati | tags: anticarceraria, carceri, carceri mai aperti, CordaTesa, istituti penitenziari, puglia, strutture nuove | posted in Contro carcere, CIE e OPG, Tutti
“Nel 2012 la polizia penitenziaria siciliana ha effettuato 18.230 servizi di traduzione per un totale di 45.064 detenuti tradotti per un costo complessivo che si puo’ prefigurare tra i 4 e i 4,5 milioni di euro”.
Lo scrive in una nota Gioacchino Veneziano, coordinatore regionale della Uilpa Penitenziari Sicilia, che illustra nel dettaglio l’enorme movimentazione di carcerati. “Detenuti tradotti per motivi sanitari 7.566, per permessi con scorta 4.595. Le traduzioni con autoveicoli 17.374, quelle per via aerea 606, per via mare 171, pedonali 87. I detenuti tradotti classificati comuni o a media sicurezza – prosegue Veneziano – sono stati 30.398, quelli classificati ad Alta Sicurezza 13.739, i detenuti tradotti e sottoposti al 41-bis sono stati 17, i collaboratori di giustizia o loro familiari 117, gli Continue reading
Commenti disabilitati su Carceri: in Sicilia quasi 20.000 traduzioni, costo 4,5 milioni di euro | tags: anticarceraria, classico esempio di sprechi all’italiana, CordaTesa, economia carceraria, sicilia, traduzioni, trasferimenti detenuti | posted in Comunicati, critiche e riflessioni, Contro carcere, CIE e OPG, Tutti
Diffondiamo da Macerie
Un’ottantina di persone, tra compagni e solidali, ha dato vita questa mattina ad un vivace corteo per le strade di Aurora e di Porta Palazzo. Non solo al grido di «Greg, Paolo e Marta liberi!», ma anche e soprattutto di «Basta polizia!»: già, perché se oggi come oggi un corteo non riusce certo a liberare tre persone dalla prigione, può riuscire invece a tenere lontana la polizia dal mercato più affollato – e militarizzato – della città. E così, alcuni agenti della Digos, inseguiti, se la sono dovuta dare a gambe; e pure qualche auto di pattuglia è stata costretta a ingranare la retromarcia precipitosamente, tra le risate dei passanti. Del solito pattuglione misto – alpini, vigili urbani e polizia – che setaccia tutti i giorni il mercato non si è vista neppure l’ombra dall’apparire in piazza del corteo in poi. E per finire pure la celere, arrivata in forze quando il corteo era oramai a metà del suo percorso, se ne è rimasta in disparte in via Milano – temendo probabilmente che la situazione divenisse ancora più incontrollabile. Fra tutti, la sorte peggiore è toccata ad un’auto del Continue reading
Commenti disabilitati su Oggi niente polizia | tags: anticarceraria, arresti, compagni incarcerati, CordaTesa, corteo, manifestazione, polizia in fuga, solidarietà, torino | posted in Contro carcere, CIE e OPG, Presidi, cortei, saluti e iniziative, Tutti
Locali di contenimento separati per le persone più problematiche, gabbie nelle gabbie, eufemisticamente chiamate “moduli idonei a ospitare persone dall’indole non pacifica”. Poteri speciali ai prefetti, ai questori o a commissioni miste di disciplina, in una sorta di Guantanamo all’italiana. L’introduzione di una aggravante specifica per i reati commessi all’interno delle strutture, quelle che qualcuno chiama “lager” e “porcili”.
Altro che chiusura definitiva dei Cie, i centri di identificazione ed espulsione per stranieri irregolari contestati da associazioni di base, parlamentari, giuristi, osservatori. Macché Continue reading
Commenti disabilitati su Cie, ecco il piano del Viminale più centri, e celle di isolamento | tags: anticarceraria, aumentare i cie, celle di isolamento, centro di identificazione ed espulsione, CIE, clandestini, CordaTesa, immigrazione, soluzione del viminale | posted in Contro carcere, CIE e OPG, Tutti
Un internato 50enne della provincia di Napoli e’ stato salvato dall’intervento di un poliziotto penitenziario in servizio presso il reparto penale del carcere di Sulmona. L’uomo era riverso nella sua cella privo di sensi e in arresto cardiocircolatorio quando e’ stato notato dal poliziotto che ha dato l’allarme. L’intervento immediato ha evitato il peggio. Sulle cause che hanno portato al malore del 50enne che ha problemi di tossicodipendenza, sono in corsi indagini.
Fonte ANSA
Commenti disabilitati su Carceri: Sulmona, agente salva internato | tags: anticarceraria, carcere, CordaTesa, detenuto in fin di vita, detenuto trovato senza sensi, sulmona | posted in Dentro le mura, Tutti
Può un boss della ‘ndrangheta calabrese detenuto in un carcere di massima sicurezza riuscire ad aggredire a pugni un pm arrivato per interrogarlo? E’ quello che è accaduto nel carcere di Mammagialla a Viterbo nel novembre scorso quando Domenico Gallico, boss della omonima ndrina, è riuscito ad aggredire e malmenare il Pm calabrese Giovanni Musarò giunto sul posto per interrogarlo. Come rivela il Corriere del Sera per quell’episodio sono ora indagati tre agenti della polizia penitenziaria in servizio presso la casa circondariale di Viterbo. Episodio ancora più grave se si pensa che il boss, oltre ai precedenti per il suo ruolo di capomafia, non è nuovo a Continue reading
Commenti disabilitati su Pm pestato da un boss in carcere, indagati tre secondini | tags: aggressione in carcere, anticarceraria, carcere, CordaTesa, mammagialla, pm pestato, secondini indagati, viterbo | posted in Dentro le mura, Tutti
L’Associazione per la difesa del servizio pubblico del Canton Ticino protesta per la decisione del Parlamento ticinese di concedere la privatizzazione parziale della sorveglianza all’interno del carcere.
L’Associazione aveva invitato il Gran consiglio a respingere questa proposta poichè si tratta di compiti istituzionali che non possono essere delegati a ditte private. L’uso di mezzi coercitivi deve essere prerogativa di agenti pubblici chiamati a ripondere all’Autorità politica.
Permettere a ditte private di assumere compiti, seppur in via eccezionale, all’interno del carcere stesso costituisce un pericolo grave per il funzionamento del Continue reading
Commenti disabilitati su Agenti di sorveglianza privati per le carceri ticinesi | tags: agenti di sorveglianza, agenti privati in carcere, anticarceraria, canton ticino, carcere, CordaTesa, privatizzazione, secondini | posted in Dentro le mura, Tutti
Tensione nel Carcere di Lucca dove nella terza sezione, che raccoglie 67 detenuti, sabato scorso è scoppiata una rissa. La notizia è stata diffusa dal Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria che riferisce: «Arabi, georgiani, italiani e rumeni si sono affrontati colpendosi con caffettiere, lame delle scatolette ed altro. Due detenuti, un marocchino ed un rumeno, sono stati violentemente colpiti e si è reso necessario portarli all’Ospedale».
Pare che le ragioni dello scoppio di violenza siano scaturite da in precedenti alterchi tra alcuni dei detenuti coinvolti nella rissa: «La rissa, breve ma violenta, solo per il pronto Continue reading
Commenti disabilitati su Rissa nel Carcere di Lucca: due detenuti in ospedale | tags: anticarceraria, carcere, CordaTesa, detenuti in ospedale, lucca, rissa tra detenuti, situazione carceraria | posted in Dentro le mura, Tutti
Ci ha provato, ma nonostante la notevole agilità, il salto oltre le mura del carcere di Canton Mombello a Brescia e verso la libertà non gli è riuscito.
Durante l’ora d’aria, un detenuto moldavo di 24 anni, condannato a una pena di due anni e mezzo, con un balzo ha scavalcato il muro (altro circa sei metri) che circonda il cortile interno e si è poi nascosto tra i mezzi parcheggiati nello spazio tra le due cinte murarie, in attesa di poter sgusciare all’esterno della casa circondariale.
Un sorvegliante però si è accorto della sua presenza e ha lanciato l’allarme. L’uomo è così stato riacciuffato e riportato in cella. E’ accaduto lunedì tra le 13,30 e le 16,45, il periodo in cui i detenuti vengono fatti uscire dalle celle. Ora deve rispondere anche di tentata evasione e probabilmente la sua permanenza tra le mura di Continue reading
Commenti disabilitati su Brescia, tenta l’evasione dal carcere con un balzo | tags: anticarceraria, brescia, canton mombello, carcere, CordaTesa, detenuto, tentata evasione, tentativo di fuga | posted in Dentro le mura, Fuggiaschi, Tutti
Il 12 aprile, dalle 18,50 alle 19,40 circa, una trentina di anarchici hanno assediato il perimetro del carcere Lorusso e Cutugno scagliando pietre, bombe carta ed altri oggetti contundenti contro il personale di Polizia Penitenziaria. A dichiararlo è Leo Beneduci, segretario del sindacale autonomo di Polizia Penitenziaria Osapp.
Per fortuna, continua Beneduci, in questa occasione non si sono registrati danni fisici agli agenti, ma solo a un’auto protetta inviata sul posto per mantenere l’ordine pubblico. “E’ evidente – afferma Beneduci – che simili aggressioni ai presidi di sicurezza della Repubblica, quali sono gli Istituti Penitenziari, si stanno registrando sempre più frequentemente ed in aree geografiche diversificate ed è per questo che è divenuta necessaria ed improcrastinabile che le massime Autorità Politiche affrontino in modo determinato e risolutivo l’ormai annosa questione penitenziaria”.
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Commenti disabilitati su Anarchici hanno assediato il carcere delle Vallette | tags: anarchici, anticarceraria, assedio al carcere, attacco anticarcerario, carcere, compagni anarchici, CordaTesa, le vallette, torino | posted in Contro carcere, CIE e OPG, Presidi, cortei, saluti e iniziative, Tutti
Un giovane detenuto di nazionalità tunisina ha aggredito un poliziotto all’ Istituto Minorile Ferrante Aporti di Torino. E’ accaduto sabato scorso. A denunciarlo Leo Beneduci, segretario generale dell’Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria (Osapp).
L’agente – riferisce l’ Osapp – è stato accompagnato al Pronto soccorso delle Molinette dopo le prime cure è stato dimesso con una prognosi di 15 giorni. Lo stesso detenuto, che ha già aggredito in passato altri agenti, ha poi tentato di ferirsi con frammenti di un neon.
“Se a questo si aggiunge che tra la notte del 13 e il 14 Aprile un improvviso black out ha reso sicuramente più difficoltoso del solito il turno di servizio per il personale del Corpo di Polizia Penitenziaria, è naturale affermare – dichiara Beneduci – che per l’Istituto Minorile Ferrante Aporti sono stati sicuramente due giorni di fuoco”.
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Commenti disabilitati su Agente aggredito da detenuto al Ferrante Aporti: prognosi di 15 giorni | tags: agente aggredito, anticarceraria, carcere minorile, CordaTesa, detenuto aggredisce guardia, Ferrante Aporti, torino | posted in Contro carcere, CIE e OPG, Dentro le mura, Tutti
Dal gruppo di appoggio libertadpresxs28m@gmail.com riceviamo, traduciamo e pubblichiamo una lettera di Roxana, compagna antiautoritaria imprigionata per mezzo di una infame montatura. Nonostante il suo stato di gravidanza gli apparati repressivi cileni hanno scelto lei per accollarle dei fantomatici ordigni esplosivi trovati proprio prima della giornata del combattente (28\3), ricorrenza molto sentita il Cile come giorno di lotta.
Giovedì, 11 Aprile 2013.
Grazie a tutte le persone che mi sono state vicine in qualche maniera. Grazie per l’appoggio e per le dimostrazioni di affetto, in questi momenti dove ci hanno tolto l’unica cosa che ci appartiene, la libertà.
A mio figlio Leon e a me sono riusciti a rinchiuderci fisicamente in queste quattro mura, però non
sono riusciti a rinchiuderci mentalmente ed emotivamente in questo assurdo e ridicolo montaggio
creato da parte della procura, della polizia, dai giornalisti e dallo stato.
La forza, il coraggio e la determinazione sono rimasti intatti per resistere a tutto quello che mi
aspetta, a me, a mio figlio Leon e al mio compagno.
Questo essere che si trova dentro di me, sta Continue reading
Commenti disabilitati su Lettera di Roxana dal carcere femminile di Temuco (Cile) | tags: 28 marzo, cile, Roxana, Temuco | posted in Comunicati, critiche e riflessioni, Contro carcere, CIE e OPG, Corrispondenze galeotte, Dentro le mura, Tutti
FRAUENFELD – Un tunisino è evaso stamani dal carcere cantonale di Frauenfeld, in cui si trovava da inizio anno in attesa di espulsione a causa di un furto in un negozio. La polizia non l’ha ancora ritrovato.
Dal cortile il 24enne si è arrampicato sul tetto e poi si è calato all’esterno del penitenziario, spiega la polizia turgoviese. Quindi è fuggito in direzione sconosciuta.
Fonte
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38 lunghi, lunghissimi anni dietro le sbarre prima che un giudice si rendesse conto che David Bryant non era il mostro che aveva picchiato, violentato e infine ucciso una bimba di soli 8 anni. Giovedì scorso per l’uomo si sono aperte le porte del carcere ed è stato catapultato in un mondo tutto nuovo, aveva solo 18 anni quando fu arrestato. Oggi ne ha 56 e tante cose sono cambiate fuori. Nel frattempo è anche rimasto da solo, tutti i suoi parenti sono morti e il suo rammarico principale è che i suoi genitori non abbiano potuto assistere alla sua liberazione: “Sono morti senza mai conoscere la verità. E’ difficile da accettare. Nelle loro teste c’era sempre il dubbio. Vorrei che potessero essere qui per festeggiare con me questo momento“.
All’epoca dell’arresto e del processo, l’avvocato della sua difesa non fece praticamente nulla per dimostrare la sua innocenza. Anche il DNA trovato sul corpo della piccola Karen Smith, non gli apparteneva. Un giudice ha stabilito che il suo avvocato d’ufficio non mise Continue reading
Commenti disabilitati su USA – E’ innocente e si fa 38 anni di carcere | tags: 38 anni in carcere, David Bryant, innocente in carcere, liberato, USA | posted in Contro carcere, CIE e OPG, Scarcerazioni e carcerazioni, Tutti
Giornata rovente ed impegnativa ieri a Sollicciano (Firenze) con una rissa tra detenuti e un tentativo di impiccagione.
Grazie alla professionalità del personale di Polizia Penitenziaria si è evitato il peggio e si è salvata un’ulteriore vita umana che avrebbe aumentato il numero dei morti nelle carceri.
Tutto ciò, accade a 48 ore dal consiglio comunale indetto per il 15 Aprile nel Salone De’ Dugento, alla presenza del Garante dei detenuti On. Franco Corleone, che esporrà la relazione annuale 2012 in Palazzo Vecchio Piazza Signoria a Firenze ove la UIL PA Penitenziari sarà presente.
“Le carceri Toscane sono al collasso e nessuno lo denuncia! Organici del Continue reading
Commenti disabilitati su A Sollicciano venerdì di passione: una rissa tra detenuti e un tentativo di impiccagione | tags: anticarceraria, carcere, CordaTesa, firenze, impiccato, rissa tra detenuti, sollicciano, tentato suicidio | posted in Contro carcere, CIE e OPG, Dentro le mura, Tutti
Qualcuno suggerisce di rottamarli, a costo di spenderci altri soldi. Ai patiti di modelli particolari non dispiacerebbe vederli esposti in un museo storico ferroviario. Altri chiedono di spostarli alla scuola della polizia penitenziaria di Roma, dove già c’è l’auto del corpo rimasta coinvolta nella strage di Capaci. Il risultato non cambierebbe. Sarebbero tutti palliativi, tentativi inutili di scrostare via la ruggine e il danno. Un’altra storia all’italiana. L’ennesimo spreco.
Da otto anni al Deposito locomotive in via del Lazzaretto sono fermi, e vanno in malora, cinque treni speciali acquistati nel 1996 dal Continue reading
Commenti disabilitati su Quei treni per detenuti fermi sul binario morto | tags: anticarceraria, carcere, CordaTesa, soldi pubblici, spreco, trasferimenti, trasferimenti detenuti, treni | posted in Contro carcere, CIE e OPG, Tutti
Rivelazioni choc quelle di Amanda Knox, la giovane per cui è stata annulata l’assoluzione per l’omicidio di Meredith Kercher, che parla nel suo libro verità “Waiting to be Heard” nuovi particolari sui giorni in carcere.
La Knox denuncia molestie sessuali da parte delle guardie del carcere: «Il secondino mi chiedeva con chi avevo fatto sesso, voleva sapere quanti ragazzi avevo e se volevo andare a letto con lui». Parla anche di richieste di rapporti lesbo da parte di alcuni secondini. La parte più importante delle sue rivelazioni riguarda però Raffaele Argiro, guardia carceraria, già accusato di aver molestato un’altra detenuta e ora in pensione. «Ero così sorpresa e scandalizzata dalle sue provocazioni che qualche volta mi chiedevo se non stessi capendo male quello che mi stava dicendo», continua Amanda, «Quando mi accorgevo che voleva parlare di sesso provavo a cambiare argomento».
Il poliziotto ha però smentito tutto e denunciato la Knox per diffamazione: «Le ho chiesto quanti fidanzati avesse avuto, ma era sempre lei a iniziare a parlare di sesso».
Fonte
Commenti disabilitati su Amanda shock “Molestata in carcere dalle guardie” | tags: amanda knox, anticarceraria, carcere, CordaTesa, detenuti, molestie in carcere | posted in Contro carcere, CIE e OPG, Dentro le mura, Tutti
Rendiamo disponibile per il download la nostra ultima produzione in versione stampabile al seguente link:
Girotondo.CordaTesa

In questo opuscolo viene analizzata l’economia carceraria intesa come insieme di attività economiche legate a doppio filo al carcere, sia che siano basate sul lavoro dei detenuti sia che siano quelle legate al mantenimento quotidiano della struttura e delle persone recluse al suo interno. L’oggetto della nostra ricerca è il carcere di Monza, il carcere della città in cui viviamo. […] Scopriamo così che questo particolare ramo del business nasconde delle storie marce e intrise di tutte i vizi propri degli appalti e più in generale dell’amministrazione pubblica del nostro paese, particolari ben lontani dalla favola del buon samaritano che si dedica ai più deboli.
Sgravi fiscali, regimi di quasi monopolio, possibilità di uno sfruttamento massimo, speculazioni. E’ questo il rovescio della medaglia della propaganda dei fautori delle politiche sociali e delle attività alternative dietro le mura.
(estratto dell’Introduzione)
Per richiedere copie dell’opuscolo scrivete a questo indirizzo:
cordatesa@autistici.org
Commenti disabilitati su Girotondo. Piccola inchiesta su alcuni sciacalli della moneta prigioniera | tags: anticarceraria, carcere, CordaTesa, monza, opuscolo, sanquirico, scaricare opuscolo | posted in Contro carcere, CIE e OPG, Download, Tutti
Sono convivente di un detenuto del carcere di Monza, vorrei raccontarvi la sua per fortuna breve
esperienza.
Si tratta di uno straniero extracomunitario senza permesso di soggiorno, particolare che probabilmente
porta a ricevere un trattamento peggiore rispetto ad un italiano o ad uno straniero in regola con i
documenti.
A causa del sovraffollamento non ha visto una cella regolamentare per le prime 5 settimane:
3 settimane è stato in una cella di transito, non riscaldata (in pieno inverno), minuscola, senza
tavolo per mangiare e con l’intero spazio del pavimento occupato da 2 materassi per gli ultimi
arrivati.(4 persone in una cella da 2). Il freddo a gennaio era tale che la sera non riuscivano ad
addormentarsi. La ‘salvezza’per loro è stata l’arrivo in cella di un ragazzo grande e grosso che
con il suo corpo e il suo fiato alzava la temperatura notturna della cella appena si addormentava!
Ovviamente la mancanza di riscaldamento non era compensata da un maggior numero di coperte,
e loro dormivano con gli asciugamani sopra la coperta!
Le ultime 2 settimane, sempre per mancanza di spazio, lui e un altro clandestino sono stati
spostati IN CELLA DI ISOLAMENTO: poco riscaldata, senza possibilità di cucinare nemmeno il tè,
ovviamente estremamente penosa essendo ‘il carcere dentro il carcere’. Inizialmente gli parlarono
di “situazione momentanea, solo 3 o 4 giorni, un’emergenza”, ma si protrasse per ben 2 settimane!
–
L’aspetto più incredibile e grottesco è stato che, pur essendo in isolamento non per punizione
ma per mancanza di spazio, non gli sono state fatte concessioni rispetto al regolamento (tranne
la possibilità di fare il colloquio): quindi non ha più potuto -ad esempio- avere giornali o riviste e
ha dovuto restituire il libro preso alla biblioteca, perché il regolamento dice che in isolamento è
vietato avere libri o riviste!
Dopo alcuni giorni in isolamento, le sue condizioni di salute sono molto peggiorate: ha avuto una
forte crisi emorroidaria e problemi ai denti, ma nessuna richiesta di visita medica è stata ascoltata.
E’ riuscito a farsi finalmente spostare in una cella regolamentare solo dopo aver minacciato di
compiere atti di autolesionismo. Guarito ‘in proprio’ dalle emorroidi, ha però perso 2 denti.
Ho dovuto provvedere io all’acquisto di una coperta, perché quelle in dotazione sono molto molto
sporche e piene di polvere.
La figura dell’educatore, fondamentale in carcere, è una figura fantasma a Monza: mai visto uno
all’orizzonte. Probabilmente è inesistente anche il medico, o comunque poco presente.
Nonostante il regolamento preveda la possibilità di ricevere una piccola radiolina per posta,a lui e
agli altri stranieri non vengono consegnate.
Il cibo è veramente veramente scadente.
Pare che i detenuti vengano picchiati con regolarità, anche se a lui non ho notizia che sia successo.
Sulle finestre, forse non tutte, ma su quelle di un intero blocco, sono state posizionate, davanti alle
grate, delle ulteriori reti metalliche di colore bianco, con il risultato di mandare bagliori accecanti
all’interno delle celle quando c’è il sole! (ma chi li pensa questi colpi di genio?).
Probabilmente a causa di tutti i malfunzionamenti, il personale è sempre di pessimo umore,
sgarbato e aggressivo.
Nonostante la situazione di palese violazione della costituzione italiana e europea e
delle convenzioni internazionali sui diritti umani dovuta principalmente -ma non solo- al
sovraffollamento, le richieste di domiciliari vengono rigettate molto spesso senza motivazioni
fondate, come ho potuto sperimentare di persona nel nostro caso specifico e come ho potuto
osservare nel tempo parlando con i familiari di altri detenuti.
Vorrei che qualche giudice si facesse ogni tanto – anche una sola volta- un giro nella sala d’attesa
dei colloqui, a osservare la sofferenza dei bambini, spesso con una madre sola nervosa e stanca –
sfinita- . Io dico che la mancanza di sostegno e protezione di queste famiglie con bambini piccoli è
esso stesso un reato attribuibile a noi tutti – lo Stato Italiano.
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In Italia un detenuto su tre soffre di malattie mentali. Sul totale della popolazione carceraria (circa 70 mila persone) sono quindi 20 mila quelli che convivono con una patologia psichiatrica. Psicosi, depressione, disturbi bipolari e di ansia, anche severi, sono la norma nel 40% dei casi a cui vanno aggiunti poi i disturbi di personalità borderline e antisociale. “Persone a volte già ammalate, altre che si ammalano durante la detenzione complici il sovraffollamento, le condizioni di vita quotidiana inimmaginabili, la popolazione straniera di difficilissima gestione”. E’ la fotografia scattata dagli esperti riuniti oggi a Roma per il congresso dei Giovani psichiatri “La psichiatria tra pratica clinica e responsabilità professionale”. Ecco che negli ultimi anni in Italia si è assistito al picco di suicidi nei penitenziari “quelli compiuti in carcere hanno numeri 9 volte superiori rispetto alla popolazione generale – precisano – con tassi aumentati negli ultimi anni di circa il 300% (dai 100 del decennio 1960-1969 a più di 560 nel 2000-2009 con oltre il 36% di decessi)”.
Il problema andrà ad acuirsi. Lancia poi l’allarme Claudio Mencacci, presidente della Società italiana di psichiatria (Sip): con la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari (Opg) si acuirà il problema del sovraffollamento in carcere, già ora a livelli record con 150 detenuti per 100 posti, contro i 107 del resto d’Europa. Quando chiuderanno tra un anno, una parte dei loro detenuti tornerà in carcere, e se la situazione non cambierà, potrebbe diventare esplosiva.
E’ meglio curarli fuori dal carcere. “Il superamento degli Opg e il passaggio dell’assistenza psichiatrica nelle carceri al sistema sanitario nazionale devono avvenire parallelamente – spiega Mencacci – nell’ambito della riorganizzazione della sanità penitenziaria e delle nuove competenze dei dipartimenti di salute mentale (dsm)”. Nessuno però “ha ancora predisposto risorse per questa operazione. E’ inderogabile – continua – che i Dsm, siano potenziati e dotati delle risorse necessarie e sufficienti per garantire tale operatività in carcere, anche attraverso una dotazione di personale rispondente ai compiti affidati, e di strutture sovranazionali, quali i Centri di osservazione neuropsichiatrica (Conp, servizi intracarcerari per la gestione dell’urgenza) e i Reparti di osservazione psichiatrica (Rop, aree specialistiche di osservazione diagnostica qualificata a tempo definito)”.
Il ruolo delle Regioni. In particolare, secondo la Sip, “le regioni devono completare la presa in carico dei soggetti internati e incrementare l’assistenza negli istituti di pena, fornendo alle Asl le risorse per i dsm (Diagnostic and Statistical Manual) – conclude Mencacci – Servono anche tavoli di discussione regionali tra magistrati ordinari e di sorveglianza, Dipartimento assistenza penitenziaria (Dap) e Dsm per coordinare meglio la rete della salute mentale nelle carceri, ottimizzare la sezione speciale di osservazione psichiatrica regionale, e dare un’interpretazione corretta della misura di sicurezza per quando non ci saranno più gli opg, con un protocollo concordato tra personale sanitario e del ministero di Giustizia”
Fonte
Commenti disabilitati su Carceri: l’allarme degli psichiatri “Un detenuto su 3 soffre di malattie mentali” | tags: allarme degli psichiatri, anticarceraria, carcere, CordaTesa, detenuti malati, malattie mentali in carcere, opg, un detenuto su 3 soffre
Lille, 13 aprile 2013 – Come in un film il ‘re’ dei rapinatori francesi, Redoine Faid, è evaso stamane dal carcere di Sequedin, vicino Lille, in una sequenza di azioni spettacolari tra cui la presa di cinque ostaggi, tutti liberati, e l’esplosione di alcuni ordigni.
Esperto di rapine e di attacchi ai furgoni blindati, Faid, 40 anni, soprannominato il ‘Dottore’, è famoso per aver rilasciato diverse interviste ultimamente e aver pubblicato un libro “Braquer (rapinatore, ndr.)” in cui racconta di essersi ispirato per le sue rapine ai grandi film americani, come Heat di Michael Mann.
Arrestato a giugno del 2011 per un attacco a mano armato a un furgone che era costato la vita a una poliziotta, Faid era rinchiuso nel carcere di Lille dopo aver avuto numerose condanne tra cui una di venti anni nel 1997.Era uscito di prigione nel 2009 ed era diventato una ‘stella mediatica’ raccontando di spettacolari furti per cui indossava, come Robert de Niro in Heat, la maschera da Hockey.
Stamane, prima dell’evasione, aveva ricevuto in carcere la sua compagna che, come sospetta la polizia, gli avrebbe fornito l’esplosivo che aveva fatto detonare per aprire la porta della cella. Aveva quindi preso cinque ostaggi facendosi scudo con il loro corpo, ne aveva liberati quattro ed era salito su un auto e scappato verso l’autostrada. Lì aveva rilasciato l’ultimo ostaggio per poi incendiare l’auto e scomparire.
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(ANSA) – ROMA, 13 APR – Disordini si sono registrati oggi nel carcere speciale Usa di Guantanamo, a Cuba: alcuni detenuti hanno aggredito con armi improvvisate le guardie, dopo la decisione del comandante del carcere di spostare in un’altra sezione dei detenuti in sciopero della fame. Lo riferisce la stampa Usa. Gli agenti hanno sparato alcuni colpi di arma da fuoco. “Non ci sono stati feriti”, precisano i militari americani.
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La visita al carcere di #Monza è stata un pugno nello stomaco. Per me era la prima volta. La situazione è di emergenza, come nel resto del paese. Sovraffollamento della popolazione carceraria. Scarsa applicazione della legge Smuraglia sul lavoro per i detenuti. Sottodimensionameno della pianta organica della polizia penitenziaria. Quanto alla struttura, va ricordato che la casa circondariale è una delle “carceri d’oro” degli anni ’80 con conseguenti carenze gravi per la povertà dei materiali usati. In sostanza ci piove dentro. Il teatro e la cappella sono inagibili. In molti laboratori e spazi polivalenti ci sono infiltrazioni. Mi ha colpito molto l’isolamento. Dentro l’istituto sono vietati cellulari, tablet, computer, chiavette USB, radio, qualunque mezzo per comunicare con l’esterno non solo per gli ospiti, ma anche per agenti, operatori, medici, insegnanti, educatori e visitatori. Anche la struttura del carcere è isolata dal resto della città. Mi domando come si possa perseguire la finalità rieducativa prevista dalla costituzione in luogo del genere. È difficile che una persona possa migliorare in questo carcere.
In fondo, credo abbia ragione @PaoloPiffer che a San Quirico ci lavora. Il comune può fare molto. Anzi, qualcosina già fa per migliorare la condizione degli ospiti. Forse unico fra i comuni, ha istituito un servizio di anagrafe all’interno della casa circondariale che è sempre più “frequentato” dai detenuti.
C’è una falegnameria ben attrezzata in grado di produrre mobili e oggetti in legno di ottima fattura, su commessa, anche da privati, a condizioni agevolate, per il tramite dell’associazione EXIT. Se avete bisogno di un armadio, di una libreria, di un gioco per bambini o di un mobile da cucina fateci un pensiero. Ne vale la pena..
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Tra 436 giorni i procedimenti contro i presunti colpevoli della morte di Giuseppe Uva rischiano di andare in prescrizione. Occorre mobilitarsi affinchè ciò non accada. nei prossimi giorni Lucia Uva ha convocato a Varese una manifestazione, è importante esserci. Contattate Lucia e fate di tutto per sostenere la sua lotta che è anche la nostra, per una giustizia giusta e una sicurezza sicura, e per il diritto alla verità.
Irene Testa
Associazione Detenuto Ignoto
se puoi comunicacelo, scrivendo a questo indirizzo mail: detenutoignotogmail.com
CASO UVA: PM DENUNCIATO = NON NOTIZIA
Nessuna tra le più importanti testate italiane oggi ha riportato questa notizia: una giovane donna, una comune cittadina ha sporto denuncia per favoreggiamento e abuso in atti d’ufficio contro un magistrato. Eppure nella giornata di ieri erano anche uscite un paio di agenzie. I protagonisti della storiaccia sono, loro malgrado la famiglia Uva e il pm Agostino Abate di Varese. La firmataria dell’esposto presentato ieri alla Procura di Brescia è Angela De Milato (figlia di Lucia Uva(nella foto), nipote di Giuseppe morto tra la notte del 14 giugno 2008). La ragazza è stata molto chiara: “Ho deciso di dire basta ai soprusi contro mia mamma e mio zio. Ho sporto denuncia contro il pm. Dovrà processare tutta la nostra famiglia per farci tacere”.
Sull’argomento, nei giorni scorsi Ilaria Cucchi aveva scritto una lettera riferendosi alle accuse mosse dal Csm a taluni magistrati che con le loro dichiarazioni avrebbero nuociuto all’immagine della Magistratura stessa. Ma Ilaria scrive anche: “Da cittadina mi chiedo come si possa non pensare che il primo pm del caso Aldrovandi non abbia nuociuto all’immagine della Magistratura querelando Patrizia Moretti per aver criticato le sue non indagini sulla morte del figlio. E che dire allora del dott. Agostino Abate, titolare personalizzato del caso della morte di Giuseppe Uva?. Quel pm non solo ha manifestato apertamente il suo odio personale nei confronti di Lucia allontanandola arbitrariamente dall’aula del suo processo un paio di volte insieme a noi, non solo l’ha infamata in modo subdolo facendo più volte esplicito riferimento al fatto che lei avrebbe “manipolato” il povero corpo di Giuseppe sul tavolo dell’obitorio in riferimento alle terribili 78 macchie di sangue che avevano i suoi pantaloni e che è stato dimostrato essere uscito dal suo povero ano, ma ora sta facendo di tutto per portare a prescrizione reati commessi in danno di suo fratello la notte in cui morì , sottraendoli alla cognizione di un cip quando lo stesso Giudice penale di Varese aveva ordinato che si procedesse nelle indagini per essi “.
Tornando alla questione Uva, evidentemente trattata come una “non-notizia” visto il silenzio tombale dei quotidiani la preoccupazione è grande. Perché Angela De Milato, semplice cittadina ha avuto un diverso trattamento da parte della stampa rispetto all’ultimo tweet di qualsiasi politicante di passaggio. O presunto tale.
Eppure questa donna nell’esposto presentato dal legale Fabio Amato ha dichiarato cose di importanza generale, considerando che quello che sta passando la famiglia potrebbe accadere ad ognuno di noi.
“Ritengo di dover denunciare le condotte e sottoporle all’autorità giudiziaria, chiedendo che vengano svolte indagini nei confronti del dott. Agostino Abate e di ogni altro che venisse ritenuto responsabile, per le ipotesi di reato che fossero ritenute sussistenti”.
I pm di Varese sono giunti peraltro a dare valutazioni sulle abitudini di vita di Giuseppe Uva definendolo anche un “senza fissa dimora”. Tralasciando poi il “dettaglio” che come era emerso nei giorni scorsi, la famiglia aveva già presentato richiesta di avocazione al procuratore generale della Corte d’Appello di Milano del procedimento penale (5509/09) della Procura di Varese. Un atto deciso alla luce delle stesse parole scritte dal pm: “La conclusione naturale di questa indagine doveva essere quindi la richiesta di archiviazione al competente Giudice, non emergendo ipotesi di reato di responsabilità…(prosegue)”. Smentendo poi se stesso poche righe più avanti: “Essendo quindi emerse ipotesi di reato a carico di persone indicate in rubrica non si procede alla richiesta di archiviazione e si formalizza il presente avviso di conclusione delle indagini ai sensi dell’articolo 415bis”.
Per chi non ricordasse la vicenda di Giuseppe Uva va detto che per quella morte non è ancora stato ascoltato nessun testimone (neppure l’amico Alberto Biggiogero condotto in caserma insieme a Giuseppe la stressa notte) e neppure messe agli atti delle conversazioni telefoniche registrate (disponibili in you tube) tra carabinieri e 118. In compenso però la sorella Lucia Uva è stata denunciata per gli insulti che aveva scritto contro quegli stessi carabinieri che al telefono ridacchiavano tra di loro parlando della notte precedente e facendo il nome di Giuseppe Uva. Traducendo: per il morto viene indagata la sorella per quello che ha scritto.
Ma torniamo all’atto di Angela: “I magistrati sono perfettamente consapevoli che tra 436 giorni si prescrivono tutti i reati configurati dagli avvocati miei e di mia mamma, ma anche dal Giudice penale di Varese, compreso quello ipotizzata bile in via riduttiva di omicidio colposo”.
“Che l’anomalo 425 bis sopra descritto dove si trasforma il 5509/09 in una diffamazione che vede imputata l’originale denunciante Lucia Uva, viene redatto e notificato, stranamente, proprio durante il procedimento istaurato presso la Procura Generale di Milano con richiesta di avocazione di quel fascicolo”. Termini che possono apparire incomprensibili ai non addetti ai lavori ma fondamentali per ogni singolo cittadino che potrebbe trovarsi nelle stesse condizioni della famiglia Uva. Tanto che riprendendo un passaggio della lettera di Ilaria Cucchi ci si chiede: “Forse per la giustizia le vite di Patrizia e Lucia non valgono un procedimento disciplinare verso che ha sbagliato e poi addirittura si accanisce contro di loro?”.
Sulla morte di Uva lo stesso Giudice di Varese Muscato, aveva espressamente disposto e ordinato che la Procura procedesse proprio su questi fatti specifici e sulla notizia di reato. Le parole del Giudice erano state: “Sullo sfondo va rimarcato con chiarezza come costituisca un legittimo diritto dei congiunti di Giuseppe Uva – innanzitutto sul piano dei più elementari sentimenti propri della specie umana – conoscere, dopo quasi quattro anni, se gli accadimenti intervenuti antecedentemente all’ingresso del oro congiunto in Ospedale siano ravvisabili profili di reato; e ciò tenuto conto che permangono ad oggi ignote ragioni per le quali Giuseppe Uva – nei cui confronti risulta essere stato redatto un verbale di arresto o di fermo, mentre sarebbe stata operata una semplice denuncia per la contravvenzione di cui all’art. 659 cp –è stato prelevato e portato in caserma, così come tuttora conosciuti rimangono gli accadimenti intervenuti all’interno della stazione dei carabinieri di Varese (certamente concitati, se è vero che sul posto confluirono anche alcune volanti della Polizia) ed al cui esito Uva – che mai in precedenza aveva manifestato problemi di natura psichiatrica – verrà ritenuto necessitare di un intervento particolarmente invasivo quale il Tso, Trattamento sanitario obbligatorio”.
Ma tutto ciò e molto altro ancora per i giornali è “non-notizia”…
di Elisabetta Reguitti
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Milano, 13 aprile 2013 – Nascondeva un cellulare nelle scarpe. E con quel telefonino era diventato un piccolo boss del carcere. Già, perchè parliamo di un detenuto. Un romeno 25enne – in galera da quattro mesi per furto e con precedenti penali per reati contro il patrimonio – che non si come e da quando tempo usava il cellulare in cella e lo metteva a disposizione dei suoi compagni in cambio di favori e prebende.
La scoperta è stata casuale. E risale all’altro ieri pomeriggio quando la direzione del carcere di San Vittore aveva deciso di trasferire il romeno a Opera. Insieme ad altri detenuti inseriti nel programma di uno sfoltimento del penitenziario cronicamente sovraffollato.
Come vuole la prassi in questi casi tutti i detenuti all’arrivo vengono minuziosamente perquisiti, per ovvie ragioni. Ed è stato proprio nel corso di questa perquisizione, estesa sia ai propri bagagli che alla propria persona, che un agente ha notato qualcosa di strano nelle scarpe.
Apparivano un po’ troppo alte e di una foggia particolare al punto che hanno destato i sospetti della guardia che ha obbligato il 25enne a togliersele per meglio analizzarle. E si è scoperto che nella suola era stato ricavato un vano abbastanza voluminoso per nascondere non solo un cellulare, ma anche un cavetto per porte Usb e un caricabatterie.
Pochi minuti dopo la scoperta, mentre ormai il cellulare era nelle mani di un agente di polizia penitenziaria, il telefonino ha iniziato a squillare, ma alla risposta, l’interlocutore ha riattaccato forse comprendendo che qualcosa era andato storto. Ovviamente nessun detenuto è autorizzato a tenere e usare un cellulare. Le telefonate sono occasionalmente concesse solo a certi detenuti e dopo un permesso speciale o del magistrato o del direttore del carcere, il romeno non godeva di alcun privilegio in questo senso. Ma che potesse disporre del telefonino – si è scoperto dopo – era cosa nota a molti. Diversi amici e compagni di braccio sapevano che dietro un compenso potevano utilizzare il cellulare del romeno. Il compenso in questione – così hanno ammesso in tanti – era rappresentato da sigarette, da qualche spicciolo, o il favore riguardava qualche lavoretto supplementare (tipo mettere in ordine la stanza o fare la spesa o cucinare).
Non è stato possibile accertare come quel telefono sia entrato in carcere. Sicuramente durante un colloquio. A questo proposito le indagini dovranno accertare se ci sono state complicità interne. Intanto, il romeno, come prevede il rigido regolamento interno è stato sottoposto al regime di isolamento ed escluso dalle attività ricreative in compagnia degli altri detenuti.
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In India, accusati di omicidio, sono detenuti due nostri connazionali che però non indossano divise, Tomaso Bruno, 28 anni, di Albenga, ed Elisabetta Boncompagni, 39 anni, di Torino. La loro storia è meno nota all’opinione pubblica di quella dei due fucilieri ma non meno problematica.
È da più di tre anni che questi due giovani combattono contro quello che lo stesso Bruno definisce «assurdo sistema della giustizia indiana». Mai si sarebbero aspettati di incappare in questa brutta storia. Del resto, non erano andati nel grande Paese asiatico per svolgere lavori rischiosi, ma per coronare il sogno di un viaggio. Uno sogno trasformatosi in un incubo.
Per riavvolgere il nastro della loro storia si parte da Londra, la città in cui abitavano sia Tomaso sia Elisabetta. Per festeggiare il capodanno 2010 Elisabetta e il compagno, Francesco Montis, altro tragico protagonista di questa vicenda, decidono di raggiungere degli amici in India, nell’Uttar Pradesh. Al viaggio si aggiunge anche Tomaso Bruno. È Francesco a chiedergli di partecipare.
La mattina del 4 febbraio Tomaso ed Elisabetta trovano Francesco in agonia sul letto, in una stanza dell’hotel Buddha di Chentgani, alla periferia della città di Varanasi, dove soggiornano. Chiamano rapidamente i soccorsi, che tuttavia si rivelano vani. Sul luogo non arriva un’ambulanza, ma un taxi che trasporta il ragazzo in ospedale, dove un medico ne constata il decesso. Mentre Tomaso si mette in contatto con l’Ambasciata Italiana a Nuova Dehli, la polizia di Varanasi impone ai due ragazzi di non uscire dall’albergo, vieta loro di utilizzare internet e concede solo l’uso dei telefoni cellulari.
L’attesa in albergo si fa angosciante. Tomaso Bruno ed Elisabetta Boncompagni in quei momenti di disperazione non riescono neanche a realizzare l’atroce destino che li aspetta. La loro angoscia si tramuta in paura.
Le autorità indiane sono convinte: i due italiani vengono accusati dell’omicidio del loro amico. Il 7 febbraio 2010 Tomaso ed Elisabetta sono tratti in arresto con l’accusa di aver strangolato Francesco, sulla base di un esame postmortem sul cadavere della vittima secondo il quale il decesso sarebbe avvenuto per asfissia da strangolamento. Lo Studio Legale Titus (nominato su indicazione dell’Ambasciata Italiana per difendere i due giovani) fa eseguire una controperizia dalla quale si evince che la morte è sì avvenuta per asfissia, ma non da strangolamento bensì per altre cause.
Da quella data Tomaso ed Elisabetta sono detenuti nel carcere di Varanasi, in quanto la polizia si è riservata il deposito della chiusura delle indagini sino allo scadere dei termini (90 giorni) con continui rinvii ogni 14 giorni. Le richieste di libertà su cauzione presentate dallo Studio Legale Titus durante il lungo corso del processo, costellato da intoppi e rinvii di udienze, sono state tutte respinte dal giudice.
Un estenuante stillicidio giudiziario che arriva sino al 23 luglio 2011, ore 17:30 locali. In quella data viene emessa la sentenza di condanna all’ergastolo per Tomaso Bruno ed Elisabetta Boncompagni. E pensare che in fase di lettura della sentenza le prospettive sono apparse ancora più cupe: il pm, sentito infatti che il giudizio era di colpevolezza, ha richiesto il massimo della pena, ovvero la pena di morte. Estrema condanna evitata soltanto perché il giudice l’ha ritenuta eccessiva, dal momento che in India è riservata esclusivamente a chi commette gravi atti di terrorismo.
La notizia, qui in Italia, fatica a sgomitare tra i bollettini meteo che aggiornano sul caldo di luglio e un attentato che in Norvegia ha provocato la morte di 77 persone. La condanna di questi due giovani da parte di un Tribunale indiano non occupa più di qualche trafiletto su alcuni giornali. Familiari e amici dei due ragazzi tentano, invece, di concedere una degna eco alle parole che Tomaso Bruno, subito dopo la sentenza, ha avuto la forza di scrivere sul suo profilo Facebook: «La battaglia per ottenere giustizia è ancora lunga, ma alla fine tutto si risolverà con l’assoluzione».
Si dà vita fin da subito ad una serie di iniziative finalizzate a far conoscere all’opinione pubblica la vicenda dei due amici detenuti in India e di esprimer loro solidarietà. In questo senso si batte tenacemente Marina Maurizio, mamma di Tomaso Bruno che mentre scriviamo si trova in India, per svolgere una delle frequenti visite al figlio detenuto insieme ad Elisabetta Boncompagni nel carcere «District Jail» di Benares, ma comunemente conosciuto dalla popolazione locale con il nome di «Choucaghat». «che a detta degli altri detenuti – racconta Tomaso Bruno a Linkiesta – è uno tra i peggiori dell’Uttar Pradesh, se non di tutta l’India».
Tomaso non ha mai avuto particolari problemi nell’adattarsi alla vita carceraria indiana. «Il mio rapporto con gli altri detenuti è stato buono sin da subito, più imparo la loro lingua e la loro cultura e più sono accettato. Per questo devo essere grato al mio “fratello” tibetano Pempa Tsering, che grazie alla sua perfetta conoscenza dell’inglese e dell’hindi, mi ha fatto, sin da subito, con infinita pazienza, da traduttore simultaneo». Il carcere «District Jail» di Benares conta circa 1.800 detenuti, la gran parte è in attesa di giudizio e la percentuale dei criminali pericolosi è minima. «La maggior parte dei detenuti è gente normale incappata in un modo o nell’altro nell’assurdo sistema della giustizia indiana».
Molto probabilmente, anche per questo, ci racconta Tomaso, non è stato difficile inserirsi. «È per me è motivo di orgoglio l’essere passato in poco tempo dallo status di “straniero”, e quindi rispettato perché tale, a quello di “fratello”, e quindi rispettato per quello che è». «Viviamo in stanzoni da 100/120 persone con un piccolo spiazzo di fronte dove poter camminare. I cancelli delle stanze restano aperti dalle 6.00 alle 12.30 e dalle 15.00 alle 19.30». Qui, «c’è un’area con sei rubinetti e una pompa a mano» dove possiamo lavarci e lavare i panni. Poco più dietro ci sono le latrine: 12 in tutto. Tomaso le racconta come l’unica parte fatiscente del carcere, «visto che non dispongono di acqua corrente».
I due italiani si sono dovuti adattare alle abitudini indiane, ma i problemi più grandi, sottolinea Tomaso, sono il clima e le cure mediche. «Da aprile a ottobre c’è un caldo torrido e le ventole che pendono dal soffitto sono quasi sempre ferme visto che l’elettricità va e viene». Le cure mediche «lasciano un pochino a desiderare». A «District Jail» c’è solo un piccolo ospedale: «Le medicine sono di bassa qualità e la mia impressione è che sia meglio cercare di non ammalarsi». Il cibo è rigorosamente vegetariano, «ma in uno modo o nell’altro si riesce tutti i giorni a mettere insieme tre pasti decenti».
Quelli che stanno vivendo i due giovani e i loro familiari sono mesi concitati, di attesa. Recentemente, la Corte Suprema indiana ha giudicato «ammissibile» il ricorso contro la condanna all’ergastolo. La prossima tappa di questo loro calvario è ora fissata per il 3 settembre, data dell’udienza del massimo tribunale indiano. Ma Tomaso Bruno preferisce rimanere con i piedi per terra: «Sono realista e penso che ribaltare due sentenze di ergastolo non sia un’impresa semplice neanche per uno dei migliori penalisti indiani come sembra essere Mr. Mukul Rohatgi, il nostro nuovo avvocato». «Tuttavia – conclude Tomaso – il fatto che il ricorso sia stato accolto senza problemi, alimenta quel piccolo fuoco di speranza che dentro di me non si è mai spento». Fuoco di speranza che facciamo anche nostro.
In questo senso, può essere utile ricordare che il 30 ottobre del 2012 è entrato in vigore un «Accordo bilaterale» tra Italia e India che dovrebbe permettere il trasferimento delle persone già condannate nel Paese d’origine. Se è pur vero che l’ultima parola spetta all’India, dovrà essere il governo italiano a richiederne l’applicazione.
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Diffondiamo da informa-azione
Assieme a parole di apprezzamento per il presidio del 30 marzo, dal carcere di Tolmezzo sono arrivate alcune informazioni da diffondere.
Apprendiamo che Massimo Russo, comandante della squadretta di picchiatori, è stato trasferito dal carcere di Tolmezzo (a quanto si dice, in quello di Udine).
Gira anche voce che il carcere di Tolmezzo – dove già esistono una sezione di 41 bis e una di Alta Sorveglianza – debba diventare una struttura adibita in toto all’Alta Sorveglianza, con trasferimenti previsti per luglio.
Se mettiamo insieme queste informazioni con i nuovi progetti di AS previsti in Sardegna e con altre sezioni speciali costruite in fretta e furia in altre carceri (come a Ferrara), appare evidente che il dominio si sta preparando ai possibili conflitti fuori e dentro le prigioni con le armi classiche dell’isolamento e della differenziazione.
Questi progetti, così come la presenza di compagni e compagne in carcere, devono diventare parte concreta delle lotte.
Aspettare passivamente, per i nemici del dominio, sarebbe una pessima idea.
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