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Indirizzi delle e dei prigionieri anarchici

Qui di seguito gli indirizzi per scrivere alle e ai prigioneri dopo l’ondata repressiva ed infame degli ultimi tempi

OPERAZIONE SCINTILLA:

Antonio Rizzo, Via Arginone, 327 – 44122 Ferrara

Lorenzo Salvato, Via Arginone, 327 – 44122 Ferrara

Silvia Ruggieri, C.C. Lorusso e Cutugno via Maria Adelaide Aglietta, 35 – 10149 Torino

Giada Volpacchio, C.C. Lorusso e Cutugno via Maria Adelaide Aglietta, 35 – 10149 Torino

Niccolò Blasi, Via Arginone, 327 – 44122 Ferrara

Giuseppe De Salvatore, Via Arginone, 327 – 44122 Ferrara

sono accusati di associazione sovversiva per 21 attacchi contro i CIE negli ultimi anni

OPERAZIONE RENATA:

Giulio Berdusco, Casa circondariale via Paluzza n. 77, 33028 Tolmezzo (UD)

Rupert: Roberto Bottamedi, Casa Circondariale Brescia Canton Mombello, Via Spalto S. Marco, 20 , 25100 Brescia (BS)

Nicola Briganti, Casa Circondariale Verona Montorio, Via S. Michele, 15, 37131 Verona (VR)

Agnese Trentin, Casa Di Reclusione Verziano, Via Flero, 157 , 25125 Brescia (BS)

Poza: Andrea Parolari, Via Basilio Dalla Scola, 150 , 36100 Vicenza (VI)

SCRIPTA MANENT

Alfredo Cospito Via Arginone, 327 – 44122 Ferrara

Nicola Gai Via Arginone, 327 – 44122 Ferrara

Danilo Cremonese Via Arginone, 327 – 44122 Ferrara

Alessandro Mercogliano Via Arginone, 327 – 44122 Ferrara

Marco Bisesti Casa Circondariale San Michele – Strada Casale, 50/A –
15121 Alessandria (AL)

Anna Beniamino C.C. di Rebibbia – Via Bartolo Longo 92 – 00156 Roma

FIRENZE

Salvatore Vespertino c.c. Sollicciano via Minervini 2r 50142 Firenze

Giovanni Ghezzi c.c. Sollicciano via Minervini 2r 50142 Firenze

Paska: Pierloreto Fallanca, piazza Falcone e Borsellino n. 1, 19125 La Spezia

SARDEGNA

Maddalena Calore Casa Circondariale di Uta, Strada II Ovest – 09010
Uta (Cagliari)

Davide Delogu Contrada Piano Ippolito, 1, 96011 Augusta (Siracusa)

G8 GENOVA 2001:

Francesco “Jimmy” Puglisi Casa Circondariale Roma Rebibbia – Nuovo Complesso
Via Raffaele Majetti, 70 – 00156 Roma


Contro ogni gabbia, contro ogni oppressore – CELLO LIBERO

Diffondiamo da RoundRobin

CONTRO OGNI GABBIA, CONTRO OGNI OPPRESSORE. CELLO LIBERO!

Giovedì 8, verso le 23.30, a Saronno un compagno e una compagna vengono fermati sotto casa dalla polizia. I 6 agenti in borghese ammanettano subito il compagno. Insistentemente viene chiesto loro cosa stesse succedendo; la risposta è: “c’è stata una rapina e abbiamo la targa di questa macchina”. Una volta controllati i documenti gli sbirri capiscono di non aver trovato chi stavano cercando: tolte le manette, risalgono in macchina e se ne vanno a tutta velocità.

La storia della rapina puzza incredibilmente di cazzata.

Circa mezz’ora dopo alla stazione ferroviaria di Milano Cadorna vengono fermati quattro compagni da una decina di sbirri in borghese che si scagliano subito su uno dei quattro bloccandolo e cercando di ammanettarlo. Dopo vari minuti di parapiglia gli sbirri riescono ad arrestarlo senza dare informazioni sul motivo e sul luogo in cui lo porteranno. Continue reading


NoG20 Hamburg: arriva la prima condanna per uno degli arrestati

Diffondiamo da Infoaut

Nella giornata di ieri, lunedì 28 agosto, si è tenuto il primo processo che ha visto sul banco degli imputati uno dei tanti arrestati durante le giornate del G20 ad Amburgo, uno degli oltre 30 internazionali detenuti nelle carceri di Amburgo da quasi due mesi in attesa di essere sottoposti a processo. A giudizio ieri è andato un compagno olandese di 21 anni, incensurato, accusato di lesioni personali, attacco ai funzionari dello Stato e di gravi violazioni della pace.

Nonostante l’accusa abbia proposto una pena di 1 anno e 9 mesi di reclusione, la decisione ultima del giudice è stata una condanna a 2 anni e 7 mesi di reclusione senza condizionale, aumentando quindi di quasi un anno la pena detentiva proposta dall’accusa. Il giudice giustifica la sua decisione affermando che questa è in piena conformità con l’inasprimento delle pene varato dal governo tedesco qualche tempo fa, in previsione del G20 e delle manifestazioni contro di esso. Niente di eccezionale o assurdo dunque, solo l’applicazione della legge precedentemente modificata ad hoc per colpire meglio i manifestanti accorsi ad Amburgo per Continue reading


Comunicato sugli arresti per i fatti di cremona

Parlare di antifascismo è la doverosa memoria di un percorso caratterizzato dall’azione diretta che fa storicamente parte dell’identità del movimento. Fare antifascismo è combattere un nemico profondamente radicato nella
nostra società nulla mutando nel tempo della propria indole prepotente e violenta.
A Cremona ne abbiamo avuto prova il 18 gennaio con il pestaggio di Emilio e l’aggressione al CSA Dordoni. La manifestazione nazionale di risposta e la modalità di conflitto che il movimento ha portato in
piazza il 24 gennaio, sono stati la giusta rivendicazione dell’aspetto militante dell’antifascismo che ne è l’espressione più efficace oggi  come sempre.
La notte di lunedì 30 marzo con l’arresto dei compagni per i fatti del 24 gennaio abbiamo visto la reazione dello stato, che investe sempre  più energie per dotarsi di strumenti finalizzati alla dura repressione di momenti di lotta conflittuali come  quelli di Cremona. Esprimiamo tutta la nostra solidarietà agli arrestati. Il nostro sostegno va anche a tutti i compagni che erano in piazza a Cremona, ai  quali lo stato sta cominciando oggi a dare risposta. Con l’avvicinarsi del 25 aprile questi fatti offrono uno spunto per la riflessione sulle pratiche dell’antifascismo e su come portarlo efficacemente nei diversi contesti.

F.O.A. BOCCACCIO – CORDA TESA


altri 7 arresti eccellenti alla Marina Militare

tzIl Gip parla di vero e proprio ‘pizzo imposto in modo rigido e con brutale, sfacciata protervia’. Su ogni gara intascavano il 10%, ma l’indagine rischia di allargarsi a macchia d’olio

 Uno tsunami. Il secondo nel giro di 1 mese. Con la Marina Militare al centro di un nuovo scandalo giudiziario. Cinque ufficiali e un sottoufficiale in carcere per concussione. In manette pure un dipendente civile del ministero della Difesa.

L’inchiesta della procura di Taranto descrive uno scenario inquietante. Con tangenti che per gli inquirenti arrivavano pure a Roma, direzione Stato Maggiore della Marina. “Il 10% su tutti gli appalti”. E il quadro è destinato ad aggravarsi. Ci sono altri indagati e nuove “catture” potrebbero scattare presto per molti appartenenti.

I pm raccontano di un sistema di corruzione “radicato” in quella che è la base aeronavale della nostra Marina. A svelare la presunta “organizzazione”, un imprenditore ribellatosi nel marzo scorso, che ha fatto arrestare in flagranza di reato un capitano di Fregata, Roberto La Gioia, mentre intascava una busta da 2.000 euro. Con i Carabinieri che sequestravano una pen drive e un appunto nella cassaforte dell’ufficiale che documentavano appalti, percentuali e spartizioni di mazzette. Decine e decine di migliaia di euro finite nelle tasche di diversi eccellenti. La Gioia ha ammesso che il suo predecessore gli fece le consegne. Tradotto, ereditò il “sistema”.

Manette e perquisizioni in tutta Italia, dunque: da Taranto a Napoli passando per Roma. Con molti imprenditori pugliesi che, secondo i pm, erano costretti a pagare fino al 10% del valore dell’appalto per ottenere non solo commesse, ma soprattutto i pagamenti, dalla forza armata.

Il giocattolo adesso s’è rotto e il gip Pompeo Carriere nell’ordinanza di custodia cautelare parla tra l’altro di “vero e proprio pizzo imposto in modo rigido e con brutale, sfacciata protervia”.

L’inchiesta, come già detto, rischia di allargarsi a macchia d’olio. E di coinvolgere altri pezzi da novanta della Marina Militare. E non solo…

Fonte.


Rapine con armi da guerra: sei arresti

accasoTREVISO. La polizia della Questura di Venezia in una seconda tranche dell’operazione “Musk” che aveva portato all’arresto di 16 persone per rapine varie, ha bloccato altri 6 individui, di cui cinque già in carcere, per degli atti criminosi commessi nel trevigiano.

I 6 sono Michele Gelain, Marco Carraro, Costante Carraro, Delfino Fincato, Moreno Scanferla e Giuseppe Martini. Il gruppo era specializzato in vari reati in particolare rapine, furti e ricettazione tutti compiuti utilizzando in diverse circostanze armi da guerra. Il gruppo criminale smantellato con gli ultimi arresti, composto anche da soggetti storici della mala del Brenta, aveva di fatto condotto l’ultima attività criminale dopo una serie di obiettivi, in particolare supermercati.

Il gruppo nelle sue azioni era solito agire mascherato utilizzando kalashikov, pistole, e materiale esplodente. Le indagini compite dalla Questura di Venezia si sono avvalse della collaborazione delle squadre mobili di Treviso e Padova.


Udine – Contro un “Natale Sicuro”

sbirro_medio_1UDINE, ARRESTI PER UN “NATELE SICURO”
SBIRRI E MAGISTRATI, PER VOI L’ARRESTO SARÀ CARDIACO!

Udine (una città sotto assedio e popolata di squadracce fasciste in divisa), 23 dicembre 2014

Con il delirio consumistico dei festeggiamenti clericali quest’anno a Udine è arrivata anche l’operazione “Natale sicuro”, cioè un’operazione poliziesca, securitaria e proibizionista da 876 persone identificate, 2 arresti, 100 sbirri, 29 denunce, 3 espulsioni xenofobe e razziste di migranti, posti di blocco, squadre cinofile, invasioni in borghese e non e intimidazioni nei bar, 435 veicoli invasi e perquisiti, 14 esercizi pubblici invasi e perquisiti, condanne per invasioni di terreno, condanne per imbrattamento, 29 persone indagate per violazione dei provvedimenti emessi dall’autorità giudiziaria, principalmente fogli di via e provvedimenti del questore, 2 ordini di carcerazione eseguiti, 3 persone fermate e foto-segnalate e addirittura 1 elicottero (magari proprio quello che secondo il procuratore-buffone Buonocore avremmo usato per cercare di far evadere il compagno Maurizio Alfieri dal lager di Tolmezzo?). Continue reading


Tre arresti nell’Anconetano

rapinaANCONA, 5 NOV – La Squadra Mobile di Ancona ha fermato 3 catanesi, due dei quali residenti in Vallesina, che sono in carcere su disposizione del gip. Sono ritenuti gli autori di una serie di rapine, ultima in ordine di tempo quella tentata ad una gioielleria di Torrette il 4 ottobre, sventata dalla polizia. Si tratta di Ettore Virgata, 46 anni, Giovanni Salvatore, di 54 anni, considerati i basisti, e di Roberto Arcidiacono, di 44 anni, pendolare dalla Sicilia per i colpi messi a segno anche a Jesi e Candia.

Fonte


Poliziotti si fingono studenti per un semestre e fanno arrestare 22 compagni

cordatesaPoliziotti si fingono studenti per un semestre e fanno arrestare 22 compagni. Il loro aspetto giovanile aveva ingannato i colleghi di corso per ben sei mesi. Alla fine della missione sono riusciti a far arrestare 22 liceali per reati legati agli stupefacenti.
La sezione anti-narcotici del commissariato di Riverside County, in California, deve aver preso spunto dalla trama di 21 Jump Street, il film in cui gli attori Channing Tatum e Jonah Hill erano agenti travestiti da studenti.

Fatto sta che i due agenti della narcotici di 18 e 19 di Riverside County, in California, hanno frequentato l’11esimo grado della scuola, anno frequentato da studenti di 16-17 anni. Durante la loro attività sotto copertura hanno scoperchiato attività illegali legate al consumo di droghe leggere e pesanti come Marijuana, Metanfetamina, Cocaina, Crack e pillole vendibili solo sotto prescrizione medica. I poliziotti durante la loro attività non si sono limitati a far arrestare i loro compagni di scuola, ma anche giovani di un altro istituto.

Le autorità di polizia di Riverside County – secondo quanto spiegato in un comunicato – hanno spiccato 25 mandati di arresto per studenti di due diverse scuole. Tre studenti erano assenti alle lezioni durante l’arrivo della polizia e sono attualmente latitanti. Due dei ragazzi arrestati sono maggiorenni: Serina Ramirez di 18 ani e Erick De La Cruz di 19, prelevati mentre erano in classe presso la Perris High School. Gli altri erano nei locali della Paloma Valley High School. I maggiorenni rischiano pene maggiori rispetto ai minorenni, per i quali si sono spalancate le porte del carcere minorile.

“Beh devo ammettere che è stata una situazione che mi hafatto paura”, ha dichiarato alla Riverside Press Enterprise Travor Steinrichter, studente sedicenne – Gli agenti sono entrati in classe mentre c’era lezione di storia e hanno arrestato un mio amico”. “A volte pensi di poterti fidare di alcune persone, ma non è proprio così”, ha dichiarato Bruce Hollen, anche lui sedicenne. Dall’ufficio dello sceriffo hanno spiegato che la maggior parte dei ragazzi sono stati arrestati per reati legati a piccole quantità di marijuana.

Fonte


Arrestato Niccolò, condannato Carlo, liberati Lollo e Paska

cordatesaNICCOLO

A meno di due settimane di distanza dagli ultimi mandati, un altro anarchico è stato arrestato a Torino. All’alba di martedì 29 ottobre la Digos si presenta nella casa dove un compagno, già sfuggito a giugno a un primo ordine di cattura con l’accusa diresistenza a pubblico ufficiale, era sottoposto all’obbligo di dimora notturno. Ancora una volta, si tratta di un inasprimento di una misura cautelare chiesto e ottenuto dal Pm Antonio Rinaudo, con il pretesto di una denuncia per furto in un supermercato di qualche giorno fa.

E già che ci siamo, vi segnaliamo un altro episodio di questi giorni. Alcuni dei banditi del 16 ottobre sono residenti in città, lavorano o studiano qui da anni e pertanto hanno fatto istanza per convertire il divieto di dimora in qualche altro obbligo che permettesse loro di starsene a casa propria. Dopo qualche giorno di riflessione, il giudice ha risposto… confermando la misura. Cosa vuole dire questo? Che una volta il discorso del Tribunale era: «voi ve ne state a Torino espressamente per compiere reati, per cui vi ordiniamo di tornarvene a casa vostra»; ora, invece, i giudici dicono: «siete pericolosi per l’ordine cittadino, per cui vi ordiniamo di andarvene da casa vostra». In uno slancio di giurisprudenza creativa, insomma, a Palazzo di Giustizia propongono una versione moderna dell’esilio interno, del confino politico.

Pezzo dopo pezzo, mandato dopo mandato, si compone il puzzle concepito da Questura e Procura di Torino, con il beneplacito del Tribunale: un insieme di tante piccole operazioni, con arresti “in differita”, misure “a fisarmonica”, alchimie e acrobazie giudiziarie, per levare di mezzo poco a poco il maggior numero possibile di sovversivi  dalle strade di Torino. Senza bisogno di inchieste rumorose, peraltro sempre pronte nei cassetti; e senza bisogno di leggi speciali: le leggi esistenti bastano e avanzano, come si suol dire, basta applicarle… un po’ come cazzo pare a loro.

Ma ritorneremo su questo puzzle molto presto. Nell’attesa, vi invitiamo a scrivere lettere e telegrammi a

Niccolò Blasi
c/o Casa Circondariale “Lorusso e Cutugno”
via Aglietta 35
10149 Torino

CARLO

Giovedì 10 ottobre la Corte di Appello ha confermato la condanna a 5 anni a Carlo, compagno di San Miniato.
L’accusa è di aver incendiato un blindato negli scontri a Roma dello scorso 15 Ottobre 2011.
Carlo era stato riconosciuto grazie ad una foto pubblicata sull’edizione online de Il Giornale. Nello scatto, seconda la Procura e la Corte d’Appello, lancia un liquido sulla camionetta dei Carabinieri in fiamme.
Carlo venne arrestato il 28 ottobre del 2011 in provincia di Pisa e il potente liquido infiammabile di cui tanto si parlò in quei giorni non era altro che whisky e cola. Carlo è stato accusato di resistenza aggravata a pubblico ufficiale e devastazione, per aver contribuito “ad alimentare l’incendio” del blindato. Una condanna pesante che si aggiunge alle altre già avvenute per resistenza aggravata nei confronti dei primi arrestati e delle prime arrestate per i fatti del 15 Ottobre.

LOLLO

(ANSA) – MILANO, 29 OTT – Il gip di Milano Alessandra Simion ha disposto la scarcerazione di Lorenzo Minani, uno dei due studenti dell’Università Statale arrestati lo scorso 4 settembre con l’accusa di aver pestato a sangue un altro studente nella notte tra il 14 e il 15 febbraio scorso nel corso di una festa durante un’occupazione. Il giudice ha concesso al giovane gli arresti domiciliari. Una decina di giorni fa era tornato in libertà, con l’obbligo di firma, l’altro arrestato, Simone Di Renzo.

PASKA

Revocato l’obbligo di dimora a Paska, imprigionato per i fatti dell’ex-cuem a Milano

LIBER* TUTT*


Roma, blitz dei Ros contro anarchici. Due arresti per terrorismo internazionale

cordatesaArrestati a Roma due anarchici accusati di aver compiuto 13 attentati nella capitale. L’operazione antiterrorismo è stata guidata dai carabinieri del Ros e da quelli del Comando provinciale di Roma, che stanno eseguendo due ordinanze di custodia cautelare in carcere e numerose perquisizioni nei confronti di persone appartenenti alla struttura eversiva Fai-Fri (Federazione anarchica informale-Fronte rivoluzionario Continue reading


Rivolta al Cie di Modena: 70 mila euro di danni e 9 arrestati

cordatesa“Ancora una volta la città senza Polizia a causa dell’ennesima rivolta al C.I.E conclusasi con circa 70 mila euro di danni e 9 arrestati”. A denunciare il nuovo inquietante episodio e a chiedere pubblicamente alle autorità locali e nazionali di intervenire per risolvere questo annosos problema sono gli uomini del sindacato di polizia Siulp. I fatti la scorsa notte. “Ancora una volta migliaia di soldi dei contribuenti gettati al vento. Con gli stessi soldi quanto carburante o auto si potevano comprare? – spiega il Siulp – Mentre tutti gli equipaggi delle forze di Polizia venivano impiegati al C.I.E. per sedare la Continue reading


Reggio Emilia, comunicato di solidarietà per Ciruz e Riki

cordatesaSolidarietà ed indignazione. Sono le prime reazioni scatenate quando veniamo a
sapere che Ciruz e Riki, già con obbligo di dimora nel comune di Reggio Emilia
e divieto di uscita dalle 22.00 alle 6.00 sulle spalle dal 24 gennaio, sono
stati condannati in primo grado rispettivamente a 2 anni e 2 mesi e a 1 anno e
4 mesi oltre a 10.000 € di danni da versare al comune di Reggio Emilia.
Per chi non lo sapesse, Ciruz e Riki stanno subendo questo processo per aver
solidarizzato con il movimento No Tav, facendo delle scritte su un muro.

Le misure cautelari prese nei loro confronti quindi, come ognuno può
accorgersi, sono fuori da ogni logica rispetto all’entità Continue reading


Torino – Un arresto e un ricercato

diffondiamo da informa-azione

fuck-off-357bIn attesa di maggiori dettagli, apprendiamo che la questura sta proseguendo nella sua rappresaglia per un episodio di autodifesa in cui una pattuglia della digos era stata cacciata mentre cercava di acciuffare due compagne, intente ad oscurare le telecamere e scrivere “servi dei padroni” su una sede della UIL. Nei confronti di Camille, agli arresti domiciliari a cui era già sottoposta per un’altro procedimento, sono state aggiunte tutte le restrizioni possibili; un compagno è attualmente ricercato, mentre Michele è stato arrestato e portato alle Vallette.

Per scrivere al compagno in carcere:

Michele Garau
C.C. via Pianezza 300
10151 Torino


“Repressione” italiana: carcere per chi manifesta a volto coperto“

cordatesaUna sciarpa che copre il volto per sfuggire all’occhio “invadente” delle telecamere Digos. Una mano sulla bocca per non respirare l’odore acre dei lacrimogeni. O un cappello “tenuto basso” per non essere del tutto riconoscibili: scene classiche da manifestazioni. Scene che da oggi potrebbero essere punite con il carcere. E’ questo, in soldoni, quello che prevede una condanna del tribunale della Procura di Genova che ha disposto pene variabili fra i nove e i quattordici mesi per sette persone accusate di resistenza e “travisamento”. 

Gli accusati, sette studenti liguri che Continue reading


Oggi niente polizia

Diffondiamo da Macerie

aUn’ottantina di persone, tra compagni e solidali, ha dato vita questa mattina ad un vivace corteo per le strade di Aurora e di Porta Palazzo. Non solo al grido di «Greg, Paolo e Marta liberi!», ma anche e soprattutto di «Basta polizia!»: già, perché se oggi come oggi un corteo non riusce certo a liberare tre persone dalla prigione, può riuscire invece a tenere lontana la polizia dal mercato più affollato – e militarizzato – della città. E così, alcuni agenti della Digos, inseguiti, se la sono dovuta dare a gambe; e pure qualche auto di pattuglia è stata costretta a ingranare la retromarcia precipitosamente, tra le risate dei passanti. Del solito pattuglione misto – alpini, vigili urbani e polizia – che setaccia tutti i giorni il mercato non si è vista neppure l’ombra dall’apparire in piazza del corteo in poi. E per finire pure la celere, arrivata in forze quando il corteo era oramai a metà del suo percorso, se ne è rimasta in disparte in via Milano – temendo probabilmente che la situazione divenisse ancora più incontrollabile. Fra tutti, la sorte peggiore è toccata ad un’auto del Continue reading


Torino – Arresti e misure cautelari, tre compagni in carcere

Apprendiamo che a Torino, in seguito all’emissione di 6 misure cautelari, in mattinata e nell’arco della giornata ci sono stati alcuni fermi e arresti.

Diffondiamo da informa-azione

aI capi di imputazione riguardano la cacciata di un fotografo del fogliaccio xenofobo e forcaiolo “CronacaQui” durante un presidio sotto il Cie di corso Brunelleschi, per cui era stata espulsa una compagna francese.

Delle 6 misure cautelari, quattro sono mandati di custodia in carcere e due di altro genere. I primi hanno portato all’arresto di Paolo, Marta e Greg, mentre un compagno non risulta repreribile.
Rispetto agli altri due provvedimenti cautelari, sappiamo che uno riguarda il divieto di dimora a Torino per una compagna francese, mentre il secondo non è stato probabilmente notificato. La polizia è ancora a caccia.
Durante queste operazioni altri compagni sono stati fermati e trattenuti in questura; Greg è stato pestato e portato in ospedale, quindi trasferito in carcere.

Per scrivere e inviare telegrammi agli arrestati:

Borzì Martina Lucia
Poupin Gregoire Yves Robert
Milan Paolo
C.C. via Pianezza 300
10151 Torino


Palestina – Due attivisti ISM arrestati, rischiano espulsione

riceviamo e diffondiamo:

Aggiornamenti:

Marco ha deciso di resistere alla deportazione ed urgono DONAZIONI per far fronte alle spese legali

Aggiornamento del 10 febbraio: attivista ISM in sciopero della fame!

Dave e Marco sono detenuti nel carcere di Givon e rischiano la deportazione.

palestina_0Uno di loro, Marco Di Renzo (54 anni), ha deciso di iniziare uno sciopero della fame da stasera(ieri sera per chi legge) in solidarietà con i prigionieri politici palestinesi e per protestare contro la sua espulsione illegittima. Ha deciso anche di smettere di prendere i sui farmaci per la pressione sanguigna, esponendo la sua vita a seri rischi date le sue condizioni di salute dovute ad una precedente tiroidectomia.

Le accuse contro di lui sono la presenza in una zona militare chiusa e l’aver aggredito un soldato con la sua macchina fotografica, accusa questa completamente falsa.

10 Febbraio 2013 | International Solidarity Movement, South Hebron Hills, Palestina Occupata.

Due attivisti dell’ISM (International Solidarity Movement), sono stati arrestati nel villaggio di Canaan e si trovano ora di fronte ad un procedimento di espulsione. Ci si aspetta che giungano di fronte al tribunale a Gerusalemme nel corso della giornata.

Forze di occupazione israeliane ieri hanno sventato due tentativi da parte di attivisti palestinesi di stabilire un nuovo villaggio vicino Yata, nelle colline a sud di Hebron, per protestare contro la politica d’insediamenti illegali di Israele. L’avamposto, denominato “Canaan Village”, è il quinto di una serie di accampamenti di protesta che sono stati messi in atto  in seguito alla costruzione di Bab Al-Shams il mese scorso. L’obiettivo di questi villaggi improvvisati è quello di riappropriarsi della proprietà palestinese della terra, attraverso azioni concrete, e di protestare contro gli insediamenti illegali di Israele.

Sabato mattina presto, circa 30 attivisti sono stati bloccati nel loro tentativo di costruire le tende, vicino all’insediamento Karmel, dai soldati israeliani che sono arrivati ​​sulla scena per rimuovere il telaio in acciaio delle tende e confiscare parte del materiale. “Siamo venuti qui per costruire un villaggio palestinese su terra palestinese, e per utilizzare liberamente la nostra terra nel modo che vogliamo. In quanto palestinesi, abbiamo il diritto di possedere questa terra.” Dichiara Younis Araar, attivista e coordinatore dei comitati popolari nel sud della West Bank.

Per nulla scoraggiati dal rapido intervento dell’esercito e la demolizione delle tende, gli attivisti si sono riorganizzate e si sono spostati vicino a Tuwani per ricostruire il villaggio intorno alle ore 9. Circa 40 attivisti, utilizzando il materiale residuo, hanno costruito una tenda e l’hanno circondata con dei muri di pietra, piantando nel suolo la bandiera palestinese. Così il villaggio di Canaan è stato ripristinato come proprietà palestinese in una zona di terra che si trova sotto la minaccia di confisca a causa delle estensioni previste per il vicino insediamento di Ma’on.

Il numero dei manifestanti è cresciuto, a poco a poco la popolazione nelle vicinanze e altri attivisti si sono aggiunti e sono entrati in azione, fino a raggiungere circa le 120 persone. Mezz’ora dopo l’arrivo dei manifestanti, l’esercito è arrivato sul posto ed ha dichiarato l’area, fra i canti degli attivisti palestinesi, zona militare chiusa. L’esercito ha poi utilizzato grandi quantità di “skunk water”(l’acqua chimica puzzolente) contro i manifestanti. Dopo aver disperso la folla, i soldati hanno sparato il getto d’acqua direttamente contro la tenda e gli attivisti che si erano rifiutati di abbandonarla, nonostante l’odore terribile, causando il crollo della tenda stessa sotto la pressione dell’acqua. Gli attivisti hanno abbandonato la tenda e l’esercito ha assunto il controllo dello spiazzo dove era situata la tenda, ormai distrutta.

Tuttavia, i manifestanti si sono rifiutati di abbandonare la zona ed hanno continuato a cantare rivolti verso i soldati. Vari giornalisti, fotografi e videoreporter si trovavano sul posto ed hanno documentato gli eventi. Senza alcun motivo apparente, i soldati improvvisamente balzarono in avanti, afferrando un videoreporter palestinese nel tentativo di arrestarlo, il che ha suscitato l’intervento della folla di attivisti che hanno funto da scudo nel tentativo d’impedire l’arresto. Sono seguiti scontri tra decine di manifestanti ed i soldati, che hanno condotto a numerosi arresti, tra cui almeno tre giornalisti ed un volontario italiano dell’ISM. Poco dopo, una donna è rimasta ferita a causa del tentativo di arresto da parte dei soldati, suscitando, di conseguenza, ulteriori scontri tra esercito ed i manifestanti che hanno cercato di proteggerla. Il risultato è stato un ulteriore arresto di un altro palestinese ed un volontario inglese dell’ISM. Secondo un portavoce dell’esercito, sono stati arrestati cinque palestinesi durante l’azione.

In seguito alla tenda rubata dall’esercito, ed ai diversi fotografi e videoreporter arrestati ed intimiditi, la protesta sembra perdere il suo vigore e la sua organizzazione intorno alle ore 11. Anche se gli abitanti dei villaggi e altri attivisti hanno continuato a manifestare, non sono state coordinate ulteriori azioni e l’esercito non è intervenuto ulteriormente per disperdere i manifestanti. Nel corso delle successive 3 o 4 ore, le persone erano per lo più sedute nella zona, sparse nel campo e nella strada che porta ad esso, chiacchierando tra loro, con l’esercito in piedi a guardare. Solo un paio di dozzine di persone sono rimaste davanti, di fronte alla fila dei soldati. Queste ultime, tuttavia, sono riuscite a raccogliersi in due lunghe file, proprio di fronte ai soldati, per recitare la preghiera Dhuhr, in un magnifico atto di resistenza non-violenta.

Nonostante la breve esistenza del villaggio Canaan, questa è parte di una serie incoraggiante di villaggi di protesta sorti nel corso dell’ultimo mese. Mentre la Cisgiordania ha visto un aumento delle azioni di attivismo diretto nel corso delle ultime settimane, la comunità internazionale sta diventando sempre più critica nei confronti della politica degli insediamenti illegali di Israele e delle altre azioni in netta violazione del diritto internazionale. Segni questi di speranza per il popolo palestinese e per la loro lotta per la giustizia e la dignità.

Nel giorno del boicottaggio dei prodotti agricoli israeliani, Marco decide di resistere all’espulsione e di unirsi in sciopero della fame in solidarietà con i prigionieri politici palestinesi.
Le spese legali hanno un costo di qualche migliaia di euro, chi volesse dare il suo contributo lo può fare attraverso questo link https://www.paypal.com/it/webapps/mpp/send inserendo luposolo@libero.it come e-mail.


Aggiornamento! – Attivisti NoTav “assaltano” Chiomonte Due valsusini arrestati dalla polizia + comunicati

LIBERI! LIBERATI STASERA (11-02-13)

Un centinaio di persone ha effettuato tagli alle recinzioni nell’area del cantiere e appicato incendi nei boschi. Uno dei fermati aveva un sacchetto con oltre 130 pietre

bacioUn centinaio di attivisti del movimento No Tav ha preso d’assalto nella  notte il cantiere della Torino-Lione a Chiomonte Un quadro elettrico esterno alle recinzioni è stato incendiato interrompendo l’illuminazione nell’area: in quel momento sono iniziati gli attacchi lungo il perimentro e in alcuni punti gli attivisti hanno tagliato le recinzioni e sono entrate all’interno dell’area al di sopra dell’imbocco del tunnel geognostico.

Hanno tolto uno dei cartelloni delle ditte appaltatrici mentre altri gruppi distraevano l’attenzione delle forze dell’ordine a presidio dell’area appiccando piccoli incendi nel bosco vicino.
Lanciati anche pietre e petardi. Danneggiato un mezzo usato nel cantiere e abbattuta una torre faro.Durante una perlustrazione nei boschi sono stati trovati bulloni, biglie, materiale esplodente e diversi involucri di petardi espolsi.

Le forze dell’ordine hanno arrestato due valligiani: Cristian Rivetti, 33 anni ed Emanuele Davi, 41 anni. Le accuse sono di danneggiamento aggravato e continuato in concorso e resistenza a pubblico ufficiale, e possesso di oggetti atti a offendere. La polizia li ha trovati in possesso di caschetti protettivi, guanti da lavoro, mascherina da saldatore in plastica, occhiali da piscina, torce elettriche, maschere antigas, passamontagna, fionda, un sacchetto in tessuto di jeans contenente 133 pietre (applicato alla cintura di uno dei due), cesoie e una matassa di cavo elettrico.

“Si é trattata di un’inqualificabile azione squadrista – commenta il consigliere provinciale del Pd Antonio Ferrentino –
probabilmente il gruppo dei No Tav era galvanizzato dalle ultime notizie relative alle recinzioni, e i problemi avuti con il Comune di Chiomonte”. Pochi giorni fa, infatti, era stato reso noto il contenzioso – con successivo ricorso al Tar – tra il Comune che ospita il cantiere della Maddalena, e la societá Ltf, in merito alle reti delle recinzioni, che sarebbero abusive.Aggiunge il deputato del Pd Stefano Esposito “Le azioni di questi teppisti sono coordinate dai sindaci e amministratori che danno le dritte politiche”.

Fonte

no tav

Dom. 10 febbraio, fiaccolata per Emanuele e Cristian

Dopo il fermo di Emanuele e Cristian nella serata di venerdì 8 febbraio 2013, il movimento NoTav vuole dare un segnale forte di vicinanza e solidarietà ai due. La risposta davanti all’ennesima intimidazione non è tardata ad arrivare, indicendo una fiaccolata per le vie di Mattie. Riportiamo qui sotto l’invito del Movimento NoTav e del comitato NoTav di Mattie a partecipare all’iniziativa.

Il comitato NoTav di Mattie e il movimento NoTav invitano tutti coloro che vogliono portare solidarietà a Cristian e Lele alla fiaccolata che si snoderà per le vie del paese passando vicino alle case dei compagni che stanno subendo l’ennesima prova intimidatoria.

Ritrovo DOMENICA 10 FEBBRAIO ore 20.30 presso la piazza del Comune di Mattie

Comitato MATTIE NOTAV

bacioIL MOVIMENTO NON SI ARRESTA!

Il movimento non si arresta e, si assume la responsabilità dell’azione avvenuta nella serata di venerdì 8 febbraio scorso presso il cantiere Clarea. Un’azione che non è la prima e non sarà di certo l’ultima; una resistenza che continuerà finché rimarranno in piedi muri, reti e cantieri.
Per imporre una grande mala opera sempre più insostenibile,loro si preparano ad accrescere tecnologie di guerra e repressione ai danni della popolazione, delle finanze pubbliche e dei diritti reali.
Noi non ci faremo certo intimidire e, con la forza e la lucidità che ci vengono dalla consapevolezza di essere nel giusto, continueremo la lotta per la liberazione del territorio, delle nostre vite e del futuro di tutti.

Cristian ed Emanuele, nostri compagni valsusini, sono tutti noi. Denunciamo il loro fermo come l’ennesima vile intimidazione nei confronti della valle e del movimento NoTav, e ne pretendiamo l’immediata liberazione.

LIBERI TUTTI! LIBERI SUBITO! ORA E SEMPRE NOTAV!

Comitato di lotta popolare Bussoleno

bacio

La rassegnazione non è di casa da queste parti…

Commentiamo l’ennesima notte di resistenza notav al cantiere della Maddalena. Quel cantiere che installato con la forza, fortificato abusivamente, e difeso da centinaia di uomini e mezzi delle forze dell’ordine e dell’esercito continua a subire incursioni e avversità varie.

Da tempo le notti non sono tranquille per l’apparato di sicurezza ed è stato così anche questa notte come si evince dal video che ci è stato recapitato, dove si vedono centinaia di notav intenti a danneggiare le reti, il cantiere e la strumentazione interna, visto che almeno metà fortino è rimasto al buio.

Le bandiere notav sventolano all’interno della fortificazione e si confrontano anche con un mezzo dell’esercito, il famigerato Lince, che preferisce la fuga di fronte alla determinazione.

Sono Cronache di Resistenza, non hanno altro nome.

I giornali locali titolano paroloni e nascondono la contraddizione di un cantiere illegittimo e illegale che continua a far spendere soldi pubblici ad una collettività che necessita d’altro, rispetto all’ennesimo furto ai danni dei servizi sociali e alle vere prorità di questo paese.

Dalle cronache si apprende di due valsusini fermati e arrestati in circostanze che non sono chiare, e non sicuramente durante l’assalto al cantiere. Ci dispiace per i vari Numa, Esposito e Ferrentino ma i due notav sono di Mattie, Val Susa, la Valle che Resiste e non fanno parte dei soliti mostri da sbandierare: centri sociali antagonisti o il bau bau dell’anarco insurrezionalista.

A Cristian ed Emanuele va tutta la nostra solidarietà e non mancheremo nel più breve tempo possibile di dimostarla mobilitandoci.

Nonostante i trionfalismi della lobby si tav, il dato di fatto è che la resistenza popolare a questa nefandezza non si arrende e non si rassegna, e  la lotta continua…

NO TAV


Lettera di Dayvid “Ciga” x Corteo Teramo di domani

LETTERA DI DAYVID “CIGA” IN RISPOSTA ALLA MANIFESTAZIONE NAZIONALE
INDETTA A TERAMO SABATO 9 FEBBRAIO 2013

Ciao a tutt*, mi chiamo Dayvid Ceccarelli e sono attualmente detenuto presso il carcere di Alba (Cuneo).
La mia custodia cautelare e’ motivata da articoli del vecchio codice Rocco, arricchiti con leggi speciali del
1975, leggi create dal fascismo per reprimere e punire i dissidenti politici. “Grazie” a queste leggi rischio assieme
ad altri compagni da 8 a 20 anni di reclusione, ma nonostante cio’ non voglio smettere di usare l’unica arma che ho: la parola.
Non sono solito a discorsi retorici, preferisco agire piuttosto che parlare.
Scrivo queste righe nello stesso modo in cui ho sempre cercato di vivere la mia vita: sinceramente e con cuore.
Magari spesso, nella foga del momento e sopraffatto dalle emozioni, sbaglio, ma con le migliori intenzioni e
sicuramente con sincerita’.
Voglio farvi sapere quanto mi abbia fatto piacere apprendere che finalmente ci sara’ una manifestazione di solidarieta’ per
gli arrestati, i fermati e gli indagati accusati delle “violenze” accadute a Roma il 15 Ottobre 2011.
Non dico questo perche’ anche io sono fra questi (non so ancora quando saro’ processato assieme ad altri 25
compagni coimputati), ma lo dico perche’ sono felice del fatto che finalmente in Italia un’insieme di individui
scenderanno in piazza per chiedere a gran voce la liberta’ per i 6 compagni condannati a 6 anni di reclusione
per l’assalto al blindato e per gli altri 25 che sono, con diverse misure restrittive, in attesa di giudizio a causa delle
“violenze” di quel giorno e che la piazza non ha paura di chiedere la verita’.
Il 15 ottobre 2011 si dovrebbe ricordare solo per le nobili motivazioni che hanno fatto sì che le piazze di Roma si gremissero
di gente in quanto era la “giornata mondiale dell’indignazione”. Ma cosi’ non e’.
In ogni caso, finalmente, dei compagni diranno “basta” alla repressione in atto e chiederanno verita’.
Inoltre alle varie istituzioni vorrei domandare qual’e’ la vera violenza?” Non e’ forse violenza affamare una popolazione?
Distruggere il futuro di una generazione intera?Privare delle pensioni i pensionati?Sfruttare gli operai negando loro prima
la sicurezza del posto di lavoro, e poi togliendo uno dopo l’altro i diritti basilari che anni di lotte sindacali avevano conquistato?
Tutto questo e’ stato ottenuto con la complicita’ di tutti gli schieramenti politici, del sistema bancario italiano ed europeo,
dei sindacati confederati e nel silenzio assordante di quella parte di sinistra extraparlamentare che sembra avere come
unico scopo quello di conquistare una comodissima poltrona in parlamento.
In questi giorni stiamo assistendo al solito teatrino del tutti contro tutti, delle promesse e delle speranze per poter
appunto accaparrarsi un posto in parlamento per poi alla fine, nella migliore delle ipotesi, non cambiare nulla.
Io il 15 ottobre ero in piazza per una manifestazione pacifica assieme a migliaia e migliaia di persone per dire “basta”,
la popolazione italiana, europea e mondiale non ne puo’ piu’ di essere sempre l’unica a pagare per colpa delle
speculazioni internazionali. Perche’ il ceto medio e i poveri devono sempre essere sfruttati mentre gli sfruttatori sono
sempre piu’ ricchi e potenti? E’ ora di finirla! Noi la crisi non la paghiamo!! Questo volevamo dire durante la giornata
mondiale dell’indignazione! Ma questi discorsi per lo stato sono da reprimere immediatamente, prima che attecchiscano
e contagino altre persone.
Termino questa mia lettera ringraziando tutt* di scendere in piazza e sperando di potermi unire a voi al piu’ presto.

Dayvid “Ciga”

Per chi avesse voglia di scrivergli:

Dayvid Ceccarelli
c/o Casa Circondariale
via vivaro n 14
12051 Alba (CN)

E’ importante fargli sentire la nostra salidarietà!

teramo


Repressione dopo corteo anticarcerario a Cuneo

Il 14 luglio durante una manifestazione contro la repressione subita dal movimento no tav presso il carcere di Cuneo in solidarietà al nostro compagno Mao e a tutti gli arrestati No Tav, quello che era nato come presidio si è trasformato presto in un corteo partecipato e determinato che ha deciso di percorrere la strada che conduce dal carcere alla stazione ferroviaria.
Verso la fine del percorso una macchina ha tentato di spezzare il corteo e nel farlo investiva alcuni compagni. Con un assurdo ribaltamento dei fatti a distanza di più di sei mesi, oggi 16 gennaio 2013, quattro provvedimenti di custodia cautelare hanno raggiunto alcuni compagni presenti, accusandoli di “concorso anomalo in rapina”. E’ questa una delle strategie più usate dalle questure negli ultimi tempi per reprimere il dissenso: dal g8 di Genova alla Valsusa passando per i fatti del 15 ottobre: colpire nel mucchio inventandosi reati inesistenti e basati sull’utilizzo indiscriminato del dispositivo del concorso.
Questa formula permette allo stato di colpire con misure repressive chi partecipa alle lotte indipendentemente da qualunque (presunta) responsabilità individuale ma soltanto sulla base della loro identità e del loro agire politico.
Due degli arrestati sono compagni dei nostri collettivi e per questo motivo ci sentiamo colpiti in prima persona.
Esprimiamo pieno appoggio e calorosa solidarietà a entrambi i nostri compagni colpiti, in particolare al nostro compagno Peppino ristretto agli arresti domiciliari con l’odioso divieto di comunicare con l’esterno. Questa restrizione mette in luce lo scopo dell’ operazione repressiva:privare il movimento monzese di alcuni dei suoi membri più attivi e presenti nelle lotte che quotidianamente porta avanti sul territorio. Vediamo inoltre in questa operazione l’ennesimo tentativo di colpire, criminalizzare e mettere a tacere una delle voci di dissenso più radicale degli ultimi anni come quella No Tav.
Tutto ciò ovviamente non fermerà le nostre manifestazioni di solidarietà a lui e a tutti gli altri inquisiti.

PEPPINO LIBERO TUTTI LIBERI. A Sarà Düra! Dalle valle alla città la lotta non si arresta!

Contro il carcere e la società che lo crea
FOA Boccaccio 003 & CordaTesa

boccaccio.noblogs.org
cordatesa.noblogs.org

notav

 


Aggiornamento Atene: Comunicato dei 92 arrestati di Villa Amalias dall’interno del quartier generale della polizia

atene[15:36] Dalla mattina del 12 Gennaio, poche ore prima di una grande manifestazione di solidarietà che abbia avuto luogo nel centro di Atene, i 92 arrestati dalla rioccupazione di Villa Amalias sono stati portati davanti a un giudice di interrogazione nei tribunali di Evelpidon. Circa 25 compagni sono stati rilasciati fino ad ora, senza cauzione monetaria, ma con il termine restrittivo di presentarsi ad una stazione della polizia una volta al mese. Il procedimento giudiziario sarà lungo.

Nel frattempo, azioni di solidarietà per le occupazioni e gli spazi liberati hanno avuto luogo in diverse città greche, a Salonicco, Patrasso, Chania, Rethymno e Heraklion (a Creta), Mitilini (a Lesvos), così come a Naxos.

[18:55] Ad Atene, un totale di 42 arrestati sono stati rilasciati finora. Secondo le nuove informazioni, sono obbligati a presentarsi ad una stazione della polizia vicina alla loro residenza ogni mese, ma sono anche posti al divieto di uscire dal paese fino al loro processo.

[20:07] Altre 26 persone arrestate dalla rioccupazione di Villa Amalias sono ora rilasciate; 68 sono per le strade.

[22:28] Finalmente tutti i 92 compagni sono liberi

LA PASSIONE PER LA LIBERTÀ È PIÙ FORTE DA TUTTE LE CELLE

COMUNICATO: 11/01/2013

solidarity-with-villa-amalias-squatDopo gli avvenimenti repressivi di ieri, dopo l’evacuazione della rioccupata Villa Amalias e l’arresto dei 92 compagni/e che abbiamo partecipato alla rioccupazione, dopo l’evacuazione dell’occupazione simbolica della sede centrale degli uffici della DIMAR (“Sinistra Democratica”) e il fermo dei 38 compagni/e dopo l’evacuazione dell’occupazione di Patission 61& Scaramanga e l’arresto di 8 compagni è arrivata l’ora della giustizia “imparziale” di mostrare i suoi denti.

Dopo la nostra detenzione per più di 24 ore in questura, i 92 arrestati occupanti di Villa Amalias, siamo stati presentati oggi al procuratore accusati di due reati minori e un crimine.

Nei tribunali di Evelpidon, il procuratore confermando il suo ruolo, visto che ha rifiutato di avviare il processo, con la scusa della mancanza delle prove accusatorie, ha rinviato per Sabato mattina. È chiaro che la mancanza di prove (o anche la mancanza di reato) viene cercata di essere recuperata con la nostra processione con gravi accuse, con qualsiasi sacrificio, in modo da guarire, il battuto dalla rioccupazione di Villa Amalias, morale della polizia

Dichiariamo apertamente che non faremo un passo indietro, che non ci terrorizziamo né dalla repressione della polizia, né dalle acrobazie giudiziarie.

Dalle celle di detenzione di GADA solleviamo i nostri pugni, salutando le migliaia dei solidali che negli ultimi due giorni e notti sono stati per le strade, al di fuori del quartier generale della polizia (GADA) e ai tribunali di Evelpidon inviando il messaggio della lotta e della resistenza.

Invitiamo tutte le persone del mondo della resistenza e della lotta di partecipare alla manifestazione di solidarietà alle 12:00 presso Propilea, Sabato 12/01, per dare un’altra risposta massiccia e dinamica all’arroganza del potere.

NEMMENO UN PASSO INDIETRO

TUTTO CONTINUA

I 92 arrestatI/e di Villa Amalias

PS. E un’altra cosa… Le uniche persone che possano parlare per i fatti della rioccupazione siamo i 92 arrestati, e certamente non i pappagalli dei media.

fonte


SCONTRI A ROMA DEL 15 OTTOBRE, CONDANNATI A 6 ANNI GLI ASSALITORI DEL BLINDATO DEI CARABINIERI

camionetta al rogoSei anni di carcere per gli autori dell’assalto al blindato in Piazza San Giovanni a Roma durante gli scontri del 15 ottobre del 2011 in occasione della manifestazione degli indignados. E’ questa la decisione del gup Massimo Battistini che ha condannato Davide Rosci, Marco Moscardelli, Mauro Gentile, Mirko Tomassetti, Massimiliano Zossolo e Cristian Quatraccioni per reati di devastazione e resistenza a pubblico ufficiale. Oltre agli anni di carcere i sei ragazzi dovranno pagare un risarcimento di 30mila euro a testa per il carabiniere aggredito e per il ministero della Difesa che si è costituito parte civile.

ALEMANNO: SENTENZA È RISARCIMENTO MORALE AD ARMA E A CITTÀ – “Giusta la sentenza che colpisce gli autori del vergognoso assalto al blindato dei Carabinieri del 15 ottobre 2011 e che rappresenta un risarcimento morale all’Arma e a tutti i cittadini romani – ha commentato il primo cittadino della Capitale -. Sei anni sono un giusto monito per tutti coloro che scambiano il diritto di manifestare con quello di indirizzare le propria violenza contro le forze dell’ordine nella città di Roma”.

scontri-roma-15-ottobreDA INFOAUT

Dure le condanne inflitte dal tribunale di Roma per gli scontri avvenuti il 15 ottobre del 2011 in Piazza San Giovanni: 6 anni di reclusione per l’attacco al furgone dei carabinieri. Bisognerebbe forse dar meno ascolto ai “consigli” degli avvocati…

Dopo la grande giornata di rabbia esplosa in piazza San Giovanni a Roma contro il governo dell’austerità e contro le politiche del debito, nella quale il protagonismo di studenti/esse, precari/e, disoccupati/e, lavoratori/rici, facevano sentire la loro indignazione ai politici romani, arrivano le sentenze per l’attacco al furgone dei carabinieri: 6 anni di reclusione ciascuno per i sei compagni di Azione Antifascista di Teramo.

Dure le condanne inflitte a termine del rito abbreviato dal gup di Roma Massimo Battistini (la Procura aveva chiesto 8 anni) che per l’occasione, oltre ai reati di resistenza e lesioni a pubblico ufficiale pluriaggravata e un risarcimento di 30 mila euro per il carabiniere ferito, rispolvera il reato di devastazione e saccheggio ereditato e ancora presente nell’ordinamento giuridico dal codice penale fascista, il cosiddetto “Codice Rocco”. Sono le stesse condanne già comminate ai/le compagni/e già condannat* per le giornate del G8 2001 a Genova.

”L’attribuzione agli imputati del delitto di devastazione e saccheggio – ha commentato l’avvocato Maria Cristina Gariup, che difende alcuni degli imputati – non è condivisibile. Si tratta di una responsabilità oggettiva della quale manca la prova materiale. Non c’è la prova di quanto contestato agli atti”. Infatti, durante quella giornata in piazza san Giovanni eravamo in tanti/e, stanchi/e di subire le politiche dei tagli lacrime e sangue solo per coloro che ogni giorno devo fare i conti con una quotidianità sempre più attaccata dalla casta politica. Una buona parte della generazione che sta pagando tanto ha risposto in modo determinato all’attacco dei politicanti e dei “tecnici”, contribuendo a praticare una giornata di conflitto sociale.

Proprio per questo motivo sembra chiaro come questa condanna provi ad intimidire le lotte sociali all’interno di una fase politica sempre più in difficoltà a trovare un’uscita dalla crisi economica. Una punizione esemplare,politica, confermata, da quanto si legge anche nella dichiarazione del sindaco Alemanno che, oltre a considerare giuste le condanne, dichiara: “Sei anni sono un giusto monito per tutti coloro che scambiano il diritto di manifestare con quello di indirizzare le propria violenza contro le forze dell’ordine nella città di Roma”. In risposta alla pesante condanna, gli avvocati degli imputati fanno sapere che faranno ricorso.

Una condanna così dura fa pensare. O meglio, rende opportuna una valutazione costruttiva, umile, riguardo a quanto siano opportune le scelte alternative al rito ordinario: se da un lato non si discute la scelta personale dei compagni sulla decisione del rito abbreviato, dall’altro lato vala la pena valutare quanto possano influire le indicazioni, dettate dalla forma mentis degli avvocati di turno. Quasi sempre per essi l’uso alternativo al rito ordinario, magari da tramutarsi nello scontare il più a lungo possibile la pena nel proprio domicilio, sembra essere il più opportuno per gli/le assistiti/e. Alla luce di queste condanne, considerando che ad oggi i compagni si trovano ancora ai domiciliari dallo scorso aprile, pensiamo che qualche domanda valga la pena porsela per il futuro…

Ad ascoltare i “consigli” degli avvocati si rischia spesso di imboccare sentieri la cui utilità ci appare dubbia. Percorsi che sull’immediato sembrano essere più convenienti, rischiano di tramutarsi in condanne esemplari che si iniziano a pagare da subito. Nell’affrontare processi di questo tipo, molti avvocati (fortunatamenti non tuttt*) affrontano la contesa mossi dall’obiettivo della minimizzazione della pena (intento lodevole ma cui raramente corrsiponde un ritorno reale), convinti che il tramutare grosse pene in arresti domiciliari sia il risultato migliore ottenibile. L’approccio (con tutto il rispetto) è un po’ quello di ridurre il reato politico a incidente tra ultras. Accade così che molt* compagn* deleghino agli specialisti del Diritto scelte che riteniamo più proficuo elaborare collettivamente con le proprie realtà politiche di riferimento (che permetteono anche di costruire e vivere politicamente i processi). Non intendiamo con questo sostenere che esistono ricette per eludere la repressione. La repressione esiste e lo Stato lo esercita ogni qualvolta ne ha la possibilità, mosso dalla paura che giornate come quella del 15 ottobre (e del 14 dicembre, e infinite altre…) possano ripetersi. Queste note non pretendono insegnare niente, vogliono solo mettere qualche pulce nelle orecchie. Soluzioni belle e pronte non ce ne sono ma la secolare esperienza delle lotte dei/le proletari/e insegnano che il rito ordinario e l’allungamento dell’iter processuale sono spesso preferibili e permettono, se non altro, di elaborare nel tempo strategie ulteriori e più meditate, fuggendo alle pressioni molteplici della contingenza.

I compagni di Azione Antifascista di Teramo terranno giovedì una conferenza stampa al club Gagarin di Teramo, in via Capuani 61, alle ore 11, per fare il punto della situazione e per illustrare anche il processo che si terrà il 10 gennaio a Teramo contro 13 suoi militanti accusati di associazione a delinquere dalla Procura teramana.

Nel frattempo Davide Rosci, uno dei compagni condannati inizierà a breve uno sciopero della fame per protestare contro il reato di devastazione e saccheggio

A loro, ei/le detenut* del G8 va il nostro più sincero e fraterno saluto!

www.infoaut.org


Algeria, carcere e repressione delle proteste degli attivisti

L’Algeria è stato tra i paesi meno toccati dalle rivolte del Medio Oriente e dell’Africa del Nord. Nel 2011 il governo ha accettato di abolire lo stato d’emergenza, in vigore nei precedenti 31 anni, ma con vecchie e nuove limitazioni alla libertà di manifestazione, di associazione e di stampa è riuscito a tenere sotto controllo l’informazione e la protesta sociale, che nel paese prende forma di lotta contro la corruzione, le politiche economiche e l’impunità che ha dominato la fine del “decennio nero”, dal 1992 al 2002.

rivoluzioni-spa-macchiIl 2013 potrebbe riservare delle novità, affatto positive. Da un lato, la possibile escalation degliscontri con Al Qaeda nel Maghreb islamico, anche rispetto a come evolverà la situazione nel vicino Mali, i cui territori del nord sono controllati da gruppi armati islamisti e su cui il Consiglio di sicurezza ha recentemente autorizzato una forza militare internazionale.

Dall’altro, la repressione nei confronti degli attivisti per i diritti umani pare aumentare. Il 2 gennaio Taher Belabès, coordinatore del Comitato nazionale per la difesa dei diritti dei disoccupati, è stato arrestato a Ouargla, nel sud del paese, per “ostacolo al flusso della circolazione” e “incitamento a manifestare”, reati per i quali sono previsti fino a cinque anni di carcere.

Come a Siliana, in Tunisia, a Ouargla le forze di polizia sono intervenute in massa per disperdere una manifestazione pacifica convocata per chiedere lavoro e le dimissioni delle autorità locali, incapaci di affrontare la crescente mancanza d’impiego in una zona ricca di giacimenti e nella quale operano numerose compagnie petrolifere. In questo centro dell’Algeria meridionale, le proteste vanno avanti da tempo.

Non si è trattato del primo arresto nei confronti di chi manifesta per il diritto al lavoro: nel 2012 era accaduto allo stesso Belabès e ad altri cinque attivisti. In passato, però, quasi tutte le persone fermate venivano trattenute per poche ore, interrogate, “ammonite” a stare calme e poi rilasciate. Con la rilevante eccezione di Abdelkader Kherba, arrestato lo scorso agosto mentre guidava una protesta per il diritto all’acqua e protagonista di uno sciopero della fame lungo quasi un mese, prima di essere prosciolto e scarcerato.

A dare uno status legale a questi arresti arbitrari è la legge 19 del 1991 sugli incontri pubblici e le manifestazioni, che obbliga gli organizzatori a chiedere l’autorizzazione otto giorni prima del loro svolgimento. L’autorizzazione può essere negata se l’iniziativa “è contraria ai valori nazionali o pregiudica i simboli della Rivoluzione del 1° novembre (del 1954, Ndr), l’ordine pubblico o la morale”.

Amnesty International e il Relatore speciale delle Nazioni Unite sulla libertà d’espressione continuano a chiedere l’abrogazione della legge o, come minimo, la sostituzione dell’obbligo di autorizzazione con quello di notifica e la fine dei poteri discrezionali di diniego del permesso di svolgimento.


Repressione in Val Susa 2012

Su 160 mila agenti della Questura di Torino impegnati in attività per l’ordine pubblico ben 130 mila sono stati utilizzati per presidiare il cantiere della Maddalena di Chiomonte per lavori di realizzazione dell’Alta Velocità Torino-Lione. A rendere noti questi dati il questore Aldo Faraoni che ha tracciato un bilancio sull’operato della polizia nel corso del 2012.

Si scopre così che l’ottanta per cento degli agenti del capoluogo piemontese ha avuto almeno un turno tra le montagne della Valle. E non solo: “Abbiamo fatto in modo che tutti fossero informati sulla situazione in Valsusa e pronti ad intervenire”, precisa Faraoni aggiungendo come “è nostro interesse cercare di mantenere la situazione calma il più possibile ed evitare situazioni come il 2011, anno di grande conflittualità”.

Eppure, se per il questore il 2012 è sembrato un anno più tranquillo chissà che nel 2013 ormai alle porte la situazione non cambi e lo scenario non sia quello di una resa dei conti definitiva. Per Faraoni, infatti, c’è una data e un evento che potrebbero cambiare le sorti della Valle dove da vent’anni ci si oppone alla Tav. Il 9 gennaio, quando sarà presentato il progetto definitivo per la Torino-Lione. “Allora, prima o poi arriverà la trivella e lì i giochi arriveranno alla fine”. Così spiega Faraoni respingendo l’ipotesi di chi gli chiede se è pensabile che i No Tav spostino il conflitto tra Susa e Bussoleno, facendo passere in secondo piano il cantiere da più di un anno scenario di scontri. “Per il cantiere ci sono scadenze molto ravvicinate, e stiamo tenendo presente soprattutto quello”. Dunque non resta che aspettare e vedere quali saranno le prossime mosse di una partita che i No Tav non sembrano proprio intenzionati a perdere.


Avellino, quattro detenuti evadono

Le forze dell’ordine sono ancora alla ricerca di tre dei quattro detenuti evasi dal carcere di Bellizzi Irpino in provincia di Avellino. Il quarto è stato ripreso dai carabinieri a Potenza. La Polizia penitenziaria e i Carabinieri stanno effettuando una vasta battuta a caccia dei tre evasi, anche con l’ausilio di un elicottero. I tre evasi dal carcere di Avellino, attualmente ricercati, sono, secondo quanto riferisce la Uil Pa Penitenziari, Cristiano Valanzano, nato a Vico Equense (Napoli), fine pena nel 2028, Salvatore Castiglione, nato a Crotone, fine pena nel 2036 e Fabio Pignataro, nato a Mesagne (Brindisi), fine pena nel 2025.

 – Gli evasi hanno procurato un foro di uscita dal bagno della cella rimuovendo un intero blocco di mattoncini, poi si sono calati con un lenzuolo annodato. Raggiunto il muro di cinta, si è appreso da Eugenio Sarno, segretario generale Uil Penitenziari e da Pasquale Montesano, segretario nazionale dell’Osapp, i detenuti hanno posizionato un contenitore dell’immondizia sul quale hanno posato alcune pedane che hanno funzionato da scala.

I carabinieri li hanno intercettati a bordo di un’auto rubata – La fuga è stata scoperta stamane durante la conta dei detenuti: l’evasione sarebbe avvenuta nella nottata o nelle prime ore della mattinata. I quattro evasi sono stati poi intercettati dai carabinieri nella zona del Potentino a bordo di un’auto rubata. Uno dei quattro è stato arrestato, gli altri tre si sono dati alla fuga. Secondo le notizie in possesso ai sindacati, si tratta di detenuti comuni che erano reclusi al secondo piano della sezione ‘Giovani adulti’ tutti con condanne gravi: il fine pena più breve dei quattro era al 2028.

La Uil: fare luce sulle responsabilità – “La rocambolesca evasione messa in atto da quattro pericolosi delinquenti, ristretti alla Casa Circondariale di Avellino, non può non generare preoccupate riflessioni sull’evento odierno, ma più in generale sulle criticità operative che oberano, sino a portarlo alla completa inefficienza, il sistema penitenziario italiano”. Lo sottolinea Eugenio Sarno, segretario generale della Uil Penitenziari.

PURTROPPO
E’ durata poco più di 24 ore la fuga dei quattro pregiudicati evasi ieri notte dal carcere di Bellizzi Irpino (Avellino). Dopo che ieri era stato bloccato il tarantino Daniele Di Napoli, preso in provincia di Potenza mentre era alla guida di un’automobile rubata, i carabinieri del Comando provinciale di Cosenza hanno arrestato gli altri tre fuggitivi. Si tratta di Cristiano Valanzano, di Castellammare di Stabia, Salvatore Castiglione, di Crotone, e Fabio Pignataro, di Mesagne (Brindisi). I tre sono stati individuati nelle campagne di Sibari di Cassano allo Jonio nei pressi di un casolare diroccato in cui avevano trascorso la notte.


La rivolta non si arresta! Solidarietà con i compagni arrestati

notav_siamoEsprimiamo la nostra totale solidarietà con i due compagni Massimo e Daniela che sono stati arrestati il 27 agosto, e ribadiamo la nostra vicinanza agli altri 40 indagati.

Quando il potere vede il suo dominio messo in discussione, non può far altro che reprimere, e i primi a subire la repressione sono sempre coloro che si fanno portatori di pratiche e concetti che lo mettono in discussione radicalmente.

Osservando il palese collegamento tra i recenti arresti e la resistenza NoTav, appare evidente di come e dove il potere predispone i sui anticorpi, siano essi sbirri, magistrati e pennivendoli vari con il seguito dei loro lacchè. Colpisce là, da dove potrebbe partire il contagio di quella pericolosa malattia chiamata ribellione, per prevenirne la diffusione nelle teste decerebrate da anni di propaganda e di pacificazione sociale democratiche.

Tra le urgenze maggiori sembra ci sia quella zittire compagni come Massimo, sempre in prima linea nella diffusione di idee che mettono in discussione l’esistente e tutti i suoi difensori, con intelligenza e argomentazioni fondate.

 

L’applicazione del 270, associazione sovversiva, nel caso degli anarchici è sempre stato un paradosso e un’assurdità. Come si può imputare a una persona di essere uno dei capi di un’organizzazione eversiva, quando gli anarchici hanno sempre rifiutato ogni forma di organizzazione verticistica, in cui fosse possibile riconoscere un capo? E quanta tracotanza risiede nell’ideazione stessa di questo reato?

Se vediamo le accuse mosse nei loro confronti, troviamo fatti che sono il pane quotidiano di ognuno di noi: dai cortei alle occupazioni, dai volantinaggi ai blocchi.

E’ da anni che vari giudici provano ad incriminare gli anarchici con l’accusa del 270 bis e, anche se finora il gioco non gli è riuscito, non è da escludere che in futuro possa funzionare.

L’art. 270 (associazione sovversiva) è per altro una norma del codice penale, derivata direttamente dal codice Rocco di epoca fascista, che permette in via preventiva la custodia cautelare fino a 18 mesi. Il 270 è un articolo che ha lo scopo di reprimere il dissenso politico.

Non ci meravigliamo quindi che la polizia abbia usato il termine ZECCA(Ixodidae) per definire la loro operazione “contro gli anarchici”.

E’ sufficiente dimostrare la volontà di contrastare il sistema di potere vigente perché possa essere applicato e per questo motivo si basa di indagini legate principalmente a intercettazioni, pedinamenti e ricostruzioni poliziesche.
Alla luce delle difficoltà nel mantenere la pace sociale, che attualmente sta affrontando lo stato, è evidente che i primi a venire colpiti e eliminati sono proprio le persone che hanno sempre lottato e che hanno sempre dimostrato un’esemplare coerenza e costanza.

 

 

Solidarietà e complicità ai compagni colpiti dalla repressione!

Massimo e Daniela liberi subito!

Libertà per tutti gli arrestati NoTav!

 

CordaTesa

FOA Boccaccio 003


Io no-tav, vi racconto la mia esperienza in carcere

Pubblichiamo una riflessione di Zeno, sulla sua esperienza in carcere per la questione TAV. Ora, dopo 4 mesi di arresti domiciliari, è finalmente libero. Ha appena compiuto 20 anni.

BUSSOLENO: MARCIA IN VAL DI SUSA CONTRO IL CANTIERE TAV TORINO-LIONEAlle 6 del mattino del 26 gennaio 2012 sono stato arrestato e condotto nel carcere Due Palazzi dalla Digos di Padova su ordine del procuratore capo di Torino, Giancarlo Caselli, che conduce l’inchiesta sui fatti del 3 luglio 2011 a Chiomonte (val di Susa), quando migliaia di persone assediarono il cantiere della TAV per difendere il loro territorio dalla devastazione ambientale e il paese intero da un gigantesco spreco di denaro pubblico. Dopo due giorni insieme agli altri detenuti, sono stato spostato nella sezione di isolamento. Il 9 febbraio il Tribunale del Riesame mi ha concesso gli arresti domiciliari, in cui mi trovo tuttora, da ormai quattro mesi.

Questo scritto è uno spaccato parziale e un po’ confuso di quella che è la vita in un carcere italiano e uno spunto per alcune riflessioni, a cui una società che si dice civile non dovrebbe sottrarsi.
In carcere entri ammanettato, è la regola. I funzionari di PG incaricati del trasporto ti accompagnano fino al braccio dove ci sono gli uffici, precisamente all’Ufficio Matricola, e ti consegnano nelle mani degli agenti di polizia penitenziaria, da cui da quel momento dipenderanno quasi tutte le decisioni che riguardano la tua vita all’interno di quelle mura.
In Matricola vieni registrato su un grande librone tipo quello degli alberghi, viene aperto il tuo fascicolo e ti prendono le impronte digitali, con un inchiostro che poi ci mette giorni a venir via. Sempre in Matricola ti prendi un bel “Comunista di merda!” e un “Che cazzo guardi!”, frasi non contenute nel protocollo, ma utili per farti capire che aria tira lì dentro e chi è che comanda.
Finita la parte burocratica passi nello stanzino vicino dove un altro agente (guai a chiamarli “guardie”!) estrae uno per uno ogni oggetto contenuto nella borsa che hai con te, prestando particolare attenzione anche al minimo frammento di fazzolettino di carta, potenziale contenitore di sostanze stupefacenti. Poi ti viene ordinato di toglierti i vestiti e te ne stai nudo come un verme mentre ogni piega, risvolto, cucitura, perfino delle mutande, viene ispezionato. A quel punto devi pregare che l’agente non si infili i guanti di lattice.
Dopo che ti sei rivestito si passa alla registrazione degli oggetti di valore: cellulare, documenti ecc. tutto in una busta, i soldi invece ti vengono accreditati sul libretto carcerario e ti serviranno per comprare quello che ti serve. Anche la borsa ti viene sequestrata, i vestiti che puoi tenere li devi buttare in un sacco nero, tipo quelli della spazzatura.
Il passo successivo è la visita medica: ti misurano la pressione, “Sei alcolizzato?” “No”, “Tossico?” “No”, “Malattie gravi?” “No”, “Okay a posto”, il medico firma e fine della visita.
E’ solo a questo punto che vieni accompagnato alla cella a cui sei stato assegnato ed è a questo punto che realizzi fino in fondo la tua situazione.
In una cella della Casa Circondariale vivono dalle 6 alle 8 persone, ma dovrebbero starcene al massimo 4. E’ uno spazio di pochi metri quadrati in cui ci sono due letti a castello in tripla fila (quello più alto è a più di 2 metri da terra e non sono pochi quelli che si fanno parecchio male cadendo), un angolo “cucina” con lavandino e un tavolino, un’altro tavolino per mangiare e un mobiletto dove riporre gli effetti personali di tutti. Una porta da’ sul bagno, in cui l’acqua calda arriva un’ora al mattino e un’ora verso sera.
In un carcere in cui i posti disponibili sarebbero 95, ma i detenuti sono 220-230, devi essere molto fortunato per avere un letto, se questo non c’è vieni accompagnato al magazzino dove ti prendi un materassino di gommapiuma tutta mangiata e le lenzuola e ti devi sistemare per terra durante la notte, incastrando il tutto sotto un letto durante il giorno, visto che altrimenti non ci sarebbe nemmeno lo spazio per muoversi. Se i tuoi compagni di cella sono gentili, ti insegnano come fare il letto in modo “ermetico”, annodando strette le lenzuola sotto il materasso perchè gli spifferi non ti congelino i piedi. Le finestre sono così isolanti che quando tira vento si crea corrente anche se sono chiuse, i termosifoni funzionano poco e male: il freddo è uno dei maggiori nemici con cui combattere e impari subito i vantaggi del doppio calzino e del doppio maglione. La pulizia della cella è di responsabilità dei suoi occupanti, sempre se sei fortunato hai dei compagni che hanno trovato nel lavare e pulire il loro passatempo preferito e ne hanno fatto un’attività compulsiva, con il risultato che c’è più pulito che in casa tua!
Se sei fortunato, vieni assegnato ad una cella in cui i tuoi compagni hanno un po’ di soldi nel libretto e sono lì da almeno qualche mese: questo significa che hanno diviso la spesa e arricchito al cella di fornellini a gas, la moka, delle pentole, il materiale per le pulizie, il telecomando, il sapone, la carta per scrivere, le carte da gioco. Ti rendi conto di come cose che nelle vita “fuori” ti sembrano assolutamente naturali e insignificanti in quella situazione possano migliorare sensibilmente la tua esistenza.
Se sei fortunato, i tuoi compagni sono generosi e dividono con te queste cose, altrimenti ti tocca aspettare il martedì e il sabato, i giorni in cui viene consegnata la spesa.
Funziona così: il giorno prima vengono distribuite nelle celle le liste dei prodotti acquistabili al sopravitto (lo “spaccio” del carcere) e ognuno scrive la quantità di cose che vuole. Il giorno dopo ti vengono consegnate e ti scalano la spesa dal conto sul libretto. Inizialmente ti sembra un buon sistema, ma poi ti accorgi di come ogni consegna sia momento di grande tensione: spesso non viene consegnato quello richiesto o viene consegnato nella quantità sbagliata senza nessuno a cui rivolgersi per sistemare la cosa, ma soprattutto la tensione si crea perchè si evidenzia la differenza tra chi ha parenti che ricaricano periodicamente il libretto e chi, solo come un cane, non ha i soldi neanche per un pacchetto di tabacco. Questa diseguaglianza innesca un sistema di relazioni perverso che porta a fare di un pacchetto di cicche o una confezione di batterie l’obiettivo della propria giornata, per cui scambiare qualsiasi cosa, concedere favori, fare promesse, spaccare una faccia o infilare armi improvvisate nella pancia del proprio vicino. Si crea un circolo vizioso di potere misero, violenza e sopraffazione nel quale vige il “mors tua vita mea”, un’etica iper-individualista che disgrega le relazioni sociali, gli istinti solidali e cooperativistici delle persone.
La tua giornata è scandita così:
alle 7.30 il lavorante della cucina consegna il latte e il pane; dalle 9 alle 11 si può uscire all’aria; a mezzogiorno viene consegnato il pranzo; dalle 13 alle 15 altra aria; dalle 18 alle 19 si può fare “socialità” in una stanza con un calcetto e un ping-pong; alle 19 consegna della cena; alle 20.30 chiusura della porta blindata delle celle.
Altre possibili variazioni sul tema potrebbero essere: convocazione in Matricola, visita dell’avvocato, convocazione dallo psicologo, dal prete o dall’educatore, partita a calcetto (devi metterti in lista, due volte a settimana), cambio lenzuola, ispezione e “battitura”, cioè quando gli agenti prendono a martellate le inferriate delle finestre per assicurarsi che non siano state manomesse.
Il tempo in cella non ti passa mai, sempre accompagnato da tre imprescindibili costanti: la televisione, il caffè e il fumo.
La TV rimane accesa tra le 20 e le 24 ore giornaliere, quasi sempre a volume altissimo e sintonizzata su programmi improponibili, utili solo a estraniare la mente delle persone e far dimenticare la situazione reale in cui ti trovi. Il controllo del telecomando è prerogativa di colui che in cella ha acquisito la maggiore autorità e la presenza stessa di questo prezioso strumento con annesse batterie funzionanti è un lusso di cui non tutte le celle possono fregiarsi. Si vedono quasi sempre telefilm o qualunque altra cosa che abbia la minore attinenza possibile con la realtà al di fuori delle mura del carcere, i telegiornali sono motivo di interesse solo quando vengono pronunciate le parole “indulto” o “amnistia”, le uniche vere speranze per molti davanti a cui si prospetta un periodo di carcerazione di 5, 10 o 20 anni. Ti viene la pelle d’oca quando tutto il carcere esplode in un boato di grida, cori e sbarre percosse al solo sentire pronunciare queste due magiche parole. E devi reprimere il tuo istinto di spiegare che al momento attuale non c’è alcuna speranza che si verifichino queste evenienze, perchè dovresti togliere anche questa unica speranza a cui tanti si aggrappano?
Il caffè è in produzione continuativa dalla mattina presto fino a notte fonda, è un rito a cui inizialmente cerchi di sottrarti limitandoti nel consumo come se fossi a casa, ma a cui presto cedi per unirti agli altri in questo momento di raccoglimento intorno al tavolino e finendo per ripeterlo tra le 10 e le 15 volte al giorno!
La cicca diventa compagna di vita per tutti, compresi quelli che prima non fumavano, nonchè il prodotto maggiormente scambiato e conteso nel mercato interno che si crea tra i detenuti.
La maggior parte del tempo in cella lo passi disteso a letto, tuo unico nido d’intimità in un luogo tanto promiscuo e unica maniera di combattere il freddo che ti prende quando esci dalle coperte.
Il cortile dell’”aria” è una quadrilatero di cemento, circondato da sbarre e diviso a metà dal corridoio attraverso al quale vi si accede: da una parte i maghrebini, soprattutto tunisini, dall’altra italiani, slavi e i maghrebini che per qualche motivo non possono stare con i loro connazionali. Quando vai all’aria le prime volte è buona prassi farsi accompagnare da qualcuno dei tuoi compagni, che “garantiscono” per te, ti presentano e ti introducono alle basilari regole di convivenza in quell’universo parallelo che è il carcere. Impari quali sono i personaggi a cui rivolgersi se si ha bisogno di qualcosa, quelli da evitare perchè inaffidabili, violenti o amici delle guardie e i reati commessi da ognuno. Subito ti fa un po’ impressione parlare con rapinatori, assassini, trafficanti di droga, ma ti dimentichi in fretta dei motivi per cui sono lì, impari a dare importanza solo allo stretto presente, senza curarti tanto del passato ne’ troppo del futuro, perchè alla fine lì dentro tutti sono allo stesso livello sotto molti punti di vista.
Non c’è niente da fare in cortile, l’unica attività è girare per due ore lungo il perimetro per sgranchirti le gambe e respirare un po’ di aria fresca, affiancandoti di volta in volta a quelli con cui vuoi fare quattro chiacchere.
Una cosa fondamentale che devi imparare da subito è il comportamento da tenere con gli agenti: sei costretto a mettere da parte ogni istinto ribellistico, sei inserito in un ambiente in cui non hai alcun vantaggio dalla sfida, la disobbedienza, lo sguardo cattivo. E’ un meccanismo talmente ben rodato che lo stesso detenuto è controllore di se stesso e degli altri, ancora una volta l’individualismo spinto a cui il sistema riduce le relazioni all’interno del carcere impedisce qualunque presa di coscienza collettiva, soffoca ogni possibilità di rivendicazione anche dei diritti più banali. Difficilissimo incrinare tutto questo e solo a costo di accettare privazioni, difficoltà e sacrifici. La figura della guardia non è quella cinematografica che impone “militarmente” il potere, infatti le guardie non sono nemmeno armate, ma viene esercitato un potere più sottile che solo un’istituzione totale come quella del carcere concede, nonostante non manchino gli episodi di violenza sui detenuti.
Percepisci come questa convivenza forzata in un luogo ristretto livelli, senza ovviamente eliminarla, la contrapposizione teoricamente ferrea carceriere-carcerato, finendo per far accettare del tutto supinamente i piccoli e grandi soprusi quotidiani, come se facessero in modo ineluttabile parte del gioco. La sostanziale partecipazione delle guardie all’intreccio di scambi, favori e piccoli traffici e la loro tendenziale neutralità, anche fisica, nelle dispute tra detenuti spingono molti a considerare più comoda e lucrosa l’individuazione del proprio “antagonista” non tanto in colui che gira la chiave della propria cella e garantisce la propria privazione della libertà, quanto semmai nel proprio compagno di cella o sezione.
Quasi subito ti accorgi di come venga utilizzato un altro potente mezzo di controllo: l’uso massiccio e ampiamente incoraggiato di sonniferi, tranquillanti e psicofarmaci. La tossicodipendenza con la conseguente astinenza, lo sfasamento totale dei ritmi vitali in un ambiente del genere, la necessità di staccare la mente dalla realtà che si vive, sono tutti elementi che spingono la maggioranza dei detenuti a imbottirsi di sostanze, consegnate quotidianamente nelle celle, la maggior parte senza nemmeno ricetta, essendo per altre sufficiente andare in infermeria e lamentare una semplice insonnia. Qualcuno ti dirà “Preferisco dormire 14 ore al giorno e restare rincoglionito le altre 10 che dover svegliarmi ogni mattina e pensare che senso dare al mio tempo in questo luogo”. E dall’altra parte è solo un vantaggio avere da controllare una massa di persone docili e sonnacchiose.
Capisci come questa sia un’arma a doppio taglio: aumentando la dipendenza dai farmaci, basta un errore nella somministrazione per scatenare reazioni e crisi dagli esiti anche disastrosi, ma soprattutto non facilita quel lavoro psicologico di riscoperta di sè e di cambiamento che la detenzione dovrebbe toricamente avviare.
Se per qualche motivo finisci in cella d’isolamento la situazione cambia radicalmente, in peggio. La sezione è un piccolo edificio separato dagli altri con una decina di celle al suo interno, ogni cella, sporca e scrostata, è grande più o meno 3×2, con solo un letto, un tavolino e il water. Se sei fortunato trovi la TV, sennò niente. Secondo il regime di isolamento le ore di aria si riducono da quattro a una soltanto, da trascorrere in un cortiletto lungo e stretto rigidamente da solo, guardato a vista tutto il tempo da una guardia. Vieni privato di ogni occasione di socialità con gli altri detenuti e in pratica passi la totalità della giornata chiuso in cella. Essendoci al massimo 5-6 persone per volta è una sezione piuttosto trascurata sotto molti aspetti: i pasti arrivano alle 11 del mattino e alle 17.30, la posta viene spesso dimenticata o consegnata in ritardo, la spesa può non arrivare. Devi abituarti a fare i tuoi bisogni a mezzo metro da dove mangi, con la concreta probabilità che una guardia, passando, ti sorprenda proprio nel momento topico. La doccia non c’è, devi chiedere di essere accompagnato in una stanza a parte, incredibilmente sporca, in quanto è il luogo dove vengono purgati coloro che devono espellere gli ovuli ingeriti, una vera schifezza.
Devi sforzarti a non cadere nell’apatia totale, a cogliere come preziosi quei momenti di distrazione dalla monotonia sfibrante della solitudine: due parole col vicino di cella, due parole con una guardia un po’ più loquace, le visite in Matricola o dallo psicologo, utile peraltro solo a farti a tagliare l’aria. Aspetti con ansia la consegna pomeridiana della posta perchè sai che per una mezzora sarai occupato a leggere e potrai percepire su quella carta la solidarietà che ti circonda. Benedici l’avvocato che ha trovato il tempo di venirti a trovare. Aspetti il mercoledì e il sabato, i giorni nei quali i tuoi genitori possono venire a trovarti, dovendo subire l’umiliazione di ore e ore di attesa per entrare, senza un luogo dove ripararsi, qualcuno che spieghi loro cosa fare o quantomeno faccia trasparire, oltre alla rigida applicazione delle procedure, un po’ di comprensione umana. Eserciti la pazienza, quando vedi come alle guardie basterebbero gesti semplicissimi per migliorare la tua situazione e quella dei tuoi vicini ma non se ne curano minimamente: un accendino allungato tra le sbarre, un pezzo di sapone, un giornale del giorno prima, una telefonata per verificare l’orario di una visita medica, semplici richieste rimesse totalmente al capriccio di coloro che stanno “dall’altra parte”, senza alcuna presa di responsabilità rispetto a quello che succede.
Ad un certo punto, dopo giorni passati in un’attesa angosciante passando da momenti di grande speranza ad altri di sconforto e rassegnazione, ti viene ordinato di raccogliere in fretta tutte le tue cose, perchè l’udienza ha avuto esito positivo e puoi uscire di lì. Butti tutto nel solito sacco nero, regali le cibarie che ti rimangono ai tuoi vicini e con una gioia che fatichi a controllare ti avvii verso l’uscita. Nell’attesa dei tuoi genitori che ti riportino a casa ti fumi quattro cicche di fila per sfogarti e guardi dall’esterno quelle mura in cui sei rimasto confinato.
Ti rendi conto di aver vissuto qualcosa che non si può esprimere a parole nella sua interezza, capisci di essere entrato in un vero e proprio “universo parallelo”, completamente avulso dal mondo circostante, in cui regole e valori sono stravolti, così come vengono stravolte le esistenze di coloro che vi passano. Ti riconnetti alla vita “fuori” sapendo che tu esci, ma altre decine di migliaia di persone rimangono “dentro” e dovranno subire quello che tu hai provato in maniera appena accennata per mesi, anni, decenni. Maturi al tuo interno tante domande che quell’esperienza ti ha instillato:
E’ accettabile che una società releghi tanti uomini in quella condizione?
Quale uomo merita di vedere la sua vita consumarsi nell’assenza di speranza?
E’ prerogativa di una società democratica violare i diritti umani e spingere un uomo al suicidio?
E’ accettabile che un detenuto non abbia alcun modo di far valere i propri diritti, anche quelli legalemente riconosciuti?
Come si fa a non rendersi conto che il carcere per come è adesso non è altro che un luogo di riproduzione all’ennesima potenza delle stesse relazioni devianti che hanno portato al commettere un reato?
Un carcere non dovrebbe essere luogo di recupero e rieducazione?
E poi, rieducazione a cosa?
E’ ammissibile che una persona si faccia anni in carcere in attesa di giudizio?
Come è possibile continuare a trattare la tossicodipendenza e in generale il problema sostanze seguendo i dogmi del proibizionismo, quando più della metà dei detenuti è dentro per reati legati a questo tema e un terzo è tossico?
Sono solo alcuni degli interrogativi che ti nascono dentro toccando con mano la dura realtà del carcere e che continui a portarti dentro.
Soprattutto però ti porti dentro i volti e le storie di marginalità e sofferenza di quelli che hai incontrato, alcuni capaci, nonostante l’ambiente duro e disumano, di gesti buoni e generosi, che assumono il valore di veri e propri atti di resistenza.
E’ anche pensando a loro che ti convinci sempre di più della necessità di moltiplicare gli sforzi per lottare contro questo sistema malato e ingiusto che colpisce sempre i più deboli: anche in questo campo sarebbe quanto mai necessaria la ripresa di conflitto dal basso, che rivendichi risorse, diritti e un profondissimo cambiamento sul piano culturale. Compito quanto mai arduo, con una politica sempre più cieca, autoreferenziale e impermeabile alle necessità di chi veramente subisce drammaticamente, ogni giorno, le conseguenze di scelte fatte secondo becero populismo elettorale o freddo calcolo economico.
ZENO ROCCA
Fonte: notav.info