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Brescia, tenta l’evasione dal carcere con un balzo

parkour1Ci ha provato, ma nonostante la notevole agilità, il salto oltre le mura del carcere di Canton Mombello a Brescia e verso la libertà non gli è riuscito.
Durante l’ora d’aria, un detenuto moldavo di 24 anni, condannato a una pena di due anni e mezzo, con un balzo ha scavalcato il muro (altro circa sei metri) che circonda il cortile interno e si è poi nascosto tra i mezzi parcheggiati nello spazio tra le due cinte murarie, in attesa di poter sgusciare all’esterno della casa circondariale.
Un sorvegliante però si è accorto della sua presenza e ha lanciato l’allarme. L’uomo è così stato riacciuffato e riportato in cella. E’ accaduto lunedì tra le 13,30 e le 16,45, il periodo in cui i detenuti vengono fatti uscire dalle celle. Ora deve rispondere anche di tentata evasione e probabilmente la sua permanenza tra le mura di Continue reading


Meno di un metro quadrato a testa Celle da lager a Canton Mombello

bbBrescia, 7 aprile 2013 – «Come si vive a Canton Mombello? Eravamo sette in una cella da sei di due metri per quattro con sei brande, sei armadietti, un tavolo, un frigo e quattro sgabelli. Lascio un po’ immaginare». Il problema del sovraffollamento a Canton Mombello è ormai noto ma sorprendono sempre i racconti di chi il carcere l’ha vissuto. Come Vincenzo, uscito quattro mesi fa dopo una detenzione di sei mesi per furto e che ieri era nel piazzale della casa circondariale, in occasione della visita del deputato bresciano di Sel. «Era impossibile aprire la finestra per arieggiare, i vestiti bisognava lavarli a turni e là dentro, credetemi, non c’è un buon odore – racconta -. Dalle celle si esce solo un’ora e mezzo al mattino e un’ora e mezzo al pomeriggio. Per il resto della giornata si sta a porte chiuse». A oggi nel carcere, costruito per 208 persone, ce ne sono 450, circa un centinaio in meno rispetto al picco del 2012 ma comunque troppi.

Vincenzo racconta che in una cella di 20 metri quadrati vivevano addirittura in 22 con due bagni. «Con tutte le conseguenze anche per l’igiene – aggiunge -. Ricordo che, quando ero dentro, per un periodo hanno chiuso la sala del biliardino per scabbia. Io stesso sono stato in cella per 15 giorni con un detenuto che aveva la tubercolosi, che poi è stato trasferito altrove». A marzo scorso un altro detenuto era stato ricoverato al Civile per tubercolosi, che, secondo il personale sanitario, era stata contratta prima di entrare in carcere. I casi di malati, dunque, potrebbero essere diversi.

Tanto che il Comitato per la chiusura del carcere presenterà la settimana prossima un esposto alla Procura, alla Corte europea dei diritti dell’uomo, oltre che ad Asl e sindaco, per denunciare le condizioni di vita dei detenuti e la possibilità di un’epidemia di tubercolosi. «Si tratta di una malattia che si può presentare in forma attiva e in forma latente – precisa Beppe Corioni -. Le condizioni igieniche carenti, come il non ricambio di aria, ne favoriscono lo sviluppo. Vogliamo che si faccia chiarezza».

Un po’ di sollievo potrebbe arrivare in occasione dell’apertura del carcere di Cremona. «Il nuovo carcere a Brescia – interviene Marco Fenaroli, candidato alle primarie del centrosinistra di Brescia -? Il Pgt ha individuato l’area ma non c’è nessun riferimento a un nuovo istitutonel Piano carceri nazionale. Chissà quando si farà». Intanto Sel si sta già muovendo per avanzare tre proposte di legge: introdurre il reato di tortura, abrogare il reato di clandestinità e abolire la legge sulla recidiva. «Canton Mombello è un vero e proprio lager nella civile Brescia – argomenta – Luigi Lacquaniti, il deputato bresciano di Sel -. Encomiabile, anzi quasi eroico, il lavoro del personale e dell’amministrazione penitenziaria. Ma non è possibile mantenere questa situazione».

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Canton Mombello, caso di tubercolosi in cella

Cristobal_Rojas_37aAllarme tubercolosi a Canton Mombello. Un detenuto di 42 anni, di nazionalità italiana, in cella dalla metà di gennaio, è risultato positivo al test di di Mantoux. L’uomo era in stanza con altre otto persone, immeditamente sottoposte all’esame della “tubercolina” e alla profilassi del caso. 
Stessa procedura per il personale di polizia penitenziaria e
 per le altre persone venute a contatto con il malato durante la sua permanenza in carcere.
La malattia, in una situazione come quella in cui si trovano i carcerati della casa circondariale di Brescia, può creare davvero un pericolo epidemia, date le condizioni di sovraffollamento della struttura.
Il 42enne è stato ricoverato in ospedale, nel reparto infettivi dell’Ospedale civile di Brescia, in isolamento, e sottoposto a terapia antibiotica.

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