Category Archives: Dentro le mura

Lettera di Anastasios Theofilou: riflessioni su evasioni e rivolte

diffondiamo da contrainfo

detenutitettoProbabilmente ha qualche interesse a commentare gli ultimi due tentativi di fuga da carceri di massima sicurezza. Una con elicottero dal carcere di Trikala, e l’altra con una piccola “bugia” dal carcere di Malandrino.
Nel primo caso è emerso che la polizia non ha esitato, al fine di consolidare la dottrina della tolleranza zero, di mettere in pericolo la vita di decine di persone, citando la sua intenzione di evitare una fuga, un atto punibile come un reato minore…
Nel secondo caso abbiamo visto cosa possa ottenere un prigioniero facendo passare una semplice radio come il telecomando di una bomba (!) quando i meccanismi dell’applicazione della legge sanno che non scherza con la sua libertà. Anche se in fine non è riuscito a fuggire, ha mantenuto in scacco per 24 ore  un carcere intero con unica la sua unica arma, la determinazione.
Ma ciò che conta veramente in questi due casi è il cambiamento nel senso della fuga e la sua mutazione in un percorso individuale del detenuto. Fino alla fine degli anni ’90 la ribellione e Continue reading


Agente aggredito da un detenuto nel carcere di Ivrea

ultimo-chiude-la-porta-porta-chiusaIl sindacato di Polizia penitenziaria Osapp denuncia un altro fatto increscioso avvenuto all’interno di un carcere. Questa volta non a Torino, ma nella prima cintura, ad Ivrea. Un agente – secondo quanto riportato dal segretario generale Leo Beneduci – è stato aggredito da un detenuto e lanciato violentemente contro un’inferriata di una cella.

Il poliziotto si è procurato in questo modo un trauma cranico guaribile in cinque giorni, salvo complicazioni. L’aggressore è un ragazzo di 25 anni di origine gabonese, in carcere per reati legati alla droga. Il sindacato continua a denunciare fatti di questo genere e ribadisce la pericolosità del lavoro di un Continue reading


Detenuto del Cerialdo prende a schiaffi un agente penitenziario.

images (8)Un detenuto presso la casa circondariale di Cuneo, D.F.R., è stato condannato a 5 mesi per lesioni aggravate. L’uomo è stato invece assolto dall’imputazione di percosse, perché il fatto non costituisce reato.

I fatti. D.F.R., italiano, in carcere al Cerialdo dove sta scontando gravi reati, avrebbe sferrato un calcio alla coscia di un agente penitenziario, mentre stavano giocando una partitella a pallone. Il detenuto, a seguito dell’episodio, veniva portato in una saletta, per ricostruire il fatto e redigere il rapporto disciplinare.

D.F.R., che si giustificava di non aver dato un calcio di proposito, diede uno schiaffo in volto al mio collega, Continue reading


Carceri: detenuto suicida a Macomer

BloodMoon(ANSA) – CAGLIARI, 20 APR – Un detenuto marocchino si e’ tolto la vita durante la notte nel carcere di Macomer con l’uso di gas. Lo denuncia il deputato Pdl, Mauro Pili, che ha presentato un’interrogazione al ministro della Giustizia. ”Mancanza di personale e precarieta’ del sistema sanitario nelle carceri sono ormai una costante – ha detto Pili – che sta mettendo a serio rischio l’intero sistema carcerario sardo”. Il suicidio e’ avvenuto intorno a mezzanotte e sarebbe stato riscontrato solo alla conta dei detenuti.


Torino: Polizia Penitenziaria scopre passaggio di telefono tra due detenuti

motorola-first_cell_phone“Nel carcere di Torino l’attenta vigilanza di un nostro poliziotto ha scoperto il tentativo di cessione da un detenuto all’altro di un telefono cellulare. Quanto avvenuto ci impone di tornare a chiedere al Dipartimento dell’’Amministrazione Penitenziaria interventi concreti.

Come, ad esempio, la dotazione ai Reparti di Polizia Penitenziaria di adeguata strumentazione tecnologica per contrastare l’indebito uso di telefoni cellulari o altra strumentazione elettronica da parte dei detenuti nei penitenziari italiani. Non a caso, in più occasioni il primo Sindacato della Polizia Penitenziaria, il SAPPE, ha richiamato l’attenzione delle Autorità dipartimentali in ordine ad alcune situazioni che con una certa frequenza interessano gli Istituti penitenziari ed in particolare sull’indebito uso di telefoni cellulari e Continue reading


Reggio Emilia, eroina tra i detenuti del carcere

imagesLa polizia penitenziaria ha sequestrato quasi mezzo etto di eroina già tagliata, suddivisa in dosi e pronta per essere spacciata dentro alla casa circondariale reggiana di via Settembrini.
Ad accorgersi del traffico di droga un agente in servizio nel settore dove sono rinchiusi detenuti con alle spalle reati per spaccio. Il poliziotto si è accorto che uno dei carcerati, di origine tunisina, ha tentato di lanciare un mandarino da una cella all’altra. Dai successivi controlli Sono così scattati i controlli e all’interno di due celle occupate da quattro tunisini gli agenti hanno rinvenuto 47 grammi di eroina che sarebbe poi stata ceduta ad altri detenuti. I quattro sono stati denunciati e trasferiti in altre carceri della regione.
L’operazione ha tuttavia generato malumori tra i carcerati e uno di questi si è autolesionato ed è stato trasportato in ospedale. In Emilia Romagna i detenuti tossicodipendenti sono Continue reading


Aggressione in carcere: detenuto con problemi psichici ferisce un poliziotto

aUn agente di polizia penitenziaria aggredito da un detenuto nel carcere di Bari: a denunciare l’episodio è il segretario generale della Uil penitenziari, Eugenio Sarno. Secondo quanto riferito dal sindacalista, il recluso, affetto da problemi psichici, avrebbe aggredito e picchiato il poliziotto durante il trasferimento da una sezione all’altra, provocando all’agente una sospetta frattura del femore e varie ferite.

“Quelle delle aggressioni in danno al personale in servizio negli istituti penitenziari – sottolinea il sindacalista – costituisce una delle problematiche più cogenti della difficile quotidianità penitenziaria. Il corpo di polizia penitenziaria paga un tributo salatissimo, tanto che nell’ultimo triennio sono più di 1800 le unità che hanno riportato ferite conseguenti ad aggressioni”.

“Per quanto riguarda la gestione dei detenuti e detenuti psicopatici – conclude – non possiamo non rivolgere ai vertici dell’amministrazione penitenziaria l’invito che nell’ambito della realizzazione dei circuiti penitenziari vengano individuate e predisposte aree detentive nelle quali oltre ad un percorso custodiale possa affiancarsi un adeguato sostegno e trattamento sanitario”.

Fonte


Costola rotta in carcere, undici agenti indagati

images (6)REGGIO EMILIA – Undici agenti della polizia penitenziaria sono stati iscritti nel registro degli indagati per lesioni gravi. Sulla vicenda sta indagando, secondo quanto scrive la Gazzetta di Reggio, il sostituto procuratore Maria Rita Pantani che sta cercando di capire se corrisponde al vero la testimonianza del 19enne georgiano Guran Shatirishvili che, per ben due volte, ha sostenuto di essere stato picchiato in un corridoio, quindi fuori dalla cella, durante la sua permanenza alla Pulce.
Shatirishvili era finito in carcere il 10 luglio 2012 dopo un furto in alcune cantine in via Mantegna che era degenerato in un tentato omicidio. Una banda di georgiani, composta da quattro persone, aveva cercato di forzare le cantine della via ma un residente, che aveva sentito i rumori, aveva chiamato la polizia.
I poliziotti erano scesi nelle cantine ed erano stati aggrediti dai georgiani che li avevano colpiti a pugni e a sprangate in testa con il Continue reading


Sassari: detenuto 66enne ucciso da cancro al pancreas

tristeSassari, 31 marzo 2013. Jacques De Deker, cittadino belga, muore nel Centro clinico del carcere di San Sebastiano. Era malato di cancro al pancreas e aveva 66 anni. Era in carcere all’agosto 2006 e doveva scontare complessivamente 12 anni e 4 mesi, pena derivante da due diverse condanne per traffico di droga.
Il tumore gli era stato diagnosticato nel 2008 e da allora si era battuto per ottenere prima la possibilità di curarsi fuori dal carcere e in seguito – sfumata ormai ogni possibilità di cura – almeno di poter morire “accanto ai miei due bambini e a mia moglie, in Belgio”, come lui stesso scrive in una lettera-appello del marzo 2009. Invece, quattro anni più tardi, morirà in una cella del carcere di Sassari. Di seguito la cronaca della sua vicenda, attraverso le pagine del quotidiano “La Nuova Sardegna”.

Ha un tumore ma resta in carcere
21 aprile 2010
Nell’ottobre del 2008 gli è stato Continue reading


Viterbo – Spari in carcere contro agente penitenziario

colpi-di-pistolaTragedia sfiorata nel carcere di Mammagialla, a Viterbo dove sono stati esplosi dei colpi d’arma da fuoco contro un’agente di sorveglianza.
A darne notizia è il segretario nazionale dell’Ugl Polizia penitenziaria, Giuseppe Moretti, esprimendo “solidarieta’ e vicinanza al personale di Polizia penitenziaria della casa circondariale”. I fatti si sono verificati ieri mattina e fortunatamente il colpo non ha investito l’agente di sorveglianza. La struttura di Viterbo “opera in forte carenza d’organico – spiega Moretti – nonostante l’invio di diverse unita’ e con una media di circa 700 detenuti ristretti di cui oltre 50 di massima sicurezza. Si tratta di una situazione di tensione significativa proprio in questo reparto, in cui i reclusi, proprio al momento dell’accaduto, usufruivano dei colloqui con i loro familiari”. Per il sindacalista “e’ allarmante quanto accaduto – continua Moretti – soprattutto se messo in relazione agli episodi dei Continue reading


Carcere – Lettera di Maurizio Alfieri

Diffondiamo da informa-azione

bandito-rapina-passamontagnaCarissimi/e compagni/e, famigliari, amici e solidali di nostro fratello Stefano,
inizio questa mia abbracciandovi tutti/e al mio cuore con eterno bene, sperando che tutti/e stiate bene di salute, lo stesso posso dirvi di me, sempre a testa alta, contro le prevaricazioni e le ritorsioni di qualche “benpensante aguzzino”, che mi danno la possibilità di vivere con molti agi e tutti i comfort, che mi danno l’opportunità di rigenerare l’anima e lo spirito, quello spirito ribelle che le mura non potranno mai rinchiudere, quelle “catene” che si sciolgono come neve al sole, “grazie di cuore”, gliene sono grato.

Voglio spiegarvi qualcosa sul mio povero papà, che io ho sempre amato e amo, anche se adesso non c’è più.
Mio papà lavorava 20 ore al giorno per permettere a tutti i suoi figli (sei, tre maschi e tre femmine) di poter mangiare, di trovare sempre un piatto caldo a tavola, di poterci comprare un cappotto o un paio di scarpe una volta all’anno, soprattutto per me, che ero il più piccolo e desiderava che io studiassi, solo che l’ho fatto fino alla 5° elementare, perché avevo capito la “schiavitù del lavoro”, che gli oppressi e i poveri rimanevano sempre Continue reading


Nelle segrete del carcere c’è una miniera di scrittori

SCRITTOREMastica e scrivi. A Regina Coeli fa freddo, dicono che l’umidità arrivi da sotto, di lato, dal fiume. Lo senti anche se è mattina e nella sala, a destra, dopo un paio di corridoi, appena al di là del terzo cancello, ci sono solo posti in piedi. Racconti dal carcere. Sono tre anni che nei penitenziari italiani c’è qualcuno che scrive con l’idea di entrare in un’antologia. Sono gli scrittori della cella accanto, che buttano giù i loro racconti in fretta, perché anche qui il tempo passa in fretta, bisogna solo imparare a contarlo. E scrivere aiuta. Ogni tasto, ogni lettera, è un battito e ogni battito batte il tempo. Se stai qui è per raccontare questo premio letterario, con l’ora d’aria. Chi lo ha voluto è una giornalista, Antonella Boielli Ferrara. Il premio porta il nome di Goliarda Sapienza, con quella scrittura da corde di violino, per troppo tempo dimenticata, donna violata dall’elettroschok, finita in carcere nel 1980 per aver rubato alcuni oggetti a casa di amiche e morta ormai da 17 anni.
La cosa, il concorso, funziona così. Ogni Continue reading


Carceri: Sulmona, agente salva internato

Svenimento1Un internato 50enne della provincia di Napoli e’ stato salvato dall’intervento di un poliziotto penitenziario in servizio presso il reparto penale del carcere di Sulmona. L’uomo era riverso nella sua cella privo di sensi e in arresto cardiocircolatorio quando e’ stato notato dal poliziotto che ha dato l’allarme. L’intervento immediato ha evitato il peggio. Sulle cause che hanno portato al malore del 50enne che ha problemi di tossicodipendenza, sono in corsi indagini.

Fonte ANSA


Pm pestato da un boss in carcere, indagati tre secondini

mazzatezl2Può un boss della ‘ndrangheta calabrese detenuto in un carcere di massima sicurezza riuscire ad aggredire a pugni un pm arrivato per interrogarlo? E’ quello che è accaduto nel carcere di Mammagialla a Viterbo nel novembre scorso quando Domenico Gallico, boss della omonima ndrina, è riuscito ad aggredire e malmenare il Pm calabrese Giovanni Musarò giunto sul posto per interrogarlo. Come rivela il Corriere del Sera per quell’episodio sono ora indagati tre agenti della polizia penitenziaria in servizio presso la casa circondariale di Viterbo. Episodio ancora più grave se si pensa che il boss, oltre ai precedenti per il suo ruolo di capomafia, non è nuovo a Continue reading


Agenti di sorveglianza privati per le carceri ticinesi

perchè_no2L’Associazione per la difesa del servizio pubblico del Canton Ticino protesta per la decisione del Parlamento ticinese di concedere la privatizzazione parziale della sorveglianza all’interno del carcere.

L’Associazione aveva invitato il Gran consiglio a respingere questa proposta poichè si tratta di compiti istituzionali che non possono essere delegati a ditte private. L’uso di mezzi coercitivi deve essere prerogativa di agenti pubblici chiamati a ripondere all’Autorità politica.

Permettere a ditte private di assumere compiti, seppur in via eccezionale, all’interno del carcere stesso costituisce un pericolo grave per il funzionamento del Continue reading


Rissa nel Carcere di Lucca: due detenuti in ospedale

rissaTensione nel Carcere di Lucca dove nella terza sezione, che raccoglie 67 detenuti, sabato scorso è scoppiata una rissa. La notizia è stata diffusa dal Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria che riferisce: «Arabi, georgiani, italiani e rumeni si sono affrontati colpendosi con caffettiere, lame delle scatolette ed altro. Due detenuti, un marocchino ed un rumeno, sono stati violentemente colpiti e si è reso necessario portarli all’Ospedale».

Pare che le ragioni dello scoppio di violenza siano scaturite da in precedenti alterchi tra alcuni dei detenuti coinvolti nella rissa: «La rissa, breve ma violenta, solo per il pronto Continue reading


Brescia, tenta l’evasione dal carcere con un balzo

parkour1Ci ha provato, ma nonostante la notevole agilità, il salto oltre le mura del carcere di Canton Mombello a Brescia e verso la libertà non gli è riuscito.
Durante l’ora d’aria, un detenuto moldavo di 24 anni, condannato a una pena di due anni e mezzo, con un balzo ha scavalcato il muro (altro circa sei metri) che circonda il cortile interno e si è poi nascosto tra i mezzi parcheggiati nello spazio tra le due cinte murarie, in attesa di poter sgusciare all’esterno della casa circondariale.
Un sorvegliante però si è accorto della sua presenza e ha lanciato l’allarme. L’uomo è così stato riacciuffato e riportato in cella. E’ accaduto lunedì tra le 13,30 e le 16,45, il periodo in cui i detenuti vengono fatti uscire dalle celle. Ora deve rispondere anche di tentata evasione e probabilmente la sua permanenza tra le mura di Continue reading


Agente aggredito da detenuto al Ferrante Aporti: prognosi di 15 giorni


images (4)Un giovane detenuto di nazionalità tunisina ha aggredito un poliziotto all’ Istituto Minorile Ferrante Aporti di Torino. E’ accaduto sabato scorso. A denunciarlo Leo Beneduci, segretario generale dell’Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria (Osapp).

 L’agente – riferisce l’ Osapp – è stato accompagnato al Pronto soccorso delle Molinette dopo le prime cure è stato dimesso con una prognosi di 15 giorni. Lo stesso detenuto, che ha già aggredito in passato altri agenti, ha poi tentato di ferirsi con frammenti di un neon.

“Se a questo si aggiunge che tra la notte del 13 e il 14 Aprile un improvviso black out ha reso sicuramente più difficoltoso del solito il turno di servizio per il personale del Corpo di Polizia Penitenziaria, è naturale affermare – dichiara Beneduci – che per l’Istituto Minorile Ferrante Aporti sono stati sicuramente due giorni di fuoco”.

Fonte


Lettera di Roxana dal carcere femminile di Temuco (Cile)

libertadcuchilloDal gruppo di appoggio libertadpresxs28m@gmail.com riceviamo, traduciamo e pubblichiamo una lettera di Roxana, compagna antiautoritaria imprigionata per mezzo di una infame montatura. Nonostante il suo stato di gravidanza gli apparati repressivi cileni hanno scelto lei per accollarle dei fantomatici ordigni esplosivi trovati proprio prima della giornata del combattente (28\3), ricorrenza molto sentita il Cile come giorno di lotta.

Giovedì, 11 Aprile 2013.

Grazie a tutte le persone che mi sono state vicine in qualche maniera. Grazie per l’appoggio e per le dimostrazioni di affetto, in questi momenti dove ci hanno tolto l’unica cosa che ci appartiene, la libertà.

A mio figlio Leon e a me sono riusciti a rinchiuderci fisicamente in queste quattro mura, però non
sono riusciti a rinchiuderci mentalmente ed emotivamente in questo assurdo e ridicolo montaggio
creato da parte della procura, della polizia, dai giornalisti e dallo stato.

La forza, il coraggio e la determinazione sono rimasti intatti per resistere a tutto quello che mi
aspetta, a me, a mio figlio Leon e al mio compagno.
Questo essere che si trova dentro di me, sta Continue reading


A Sollicciano venerdì di passione: una rissa tra detenuti e un tentativo di impiccagione

estintore-logo-vettoriale_34-51861Giornata rovente ed impegnativa ieri a Sollicciano (Firenze) con una rissa tra detenuti e un tentativo di impiccagione.

Grazie alla professionalità del personale di Polizia Penitenziaria si è evitato il peggio e si è salvata un’ulteriore vita umana che avrebbe aumentato il numero dei morti nelle carceri.

Tutto ciò, accade a 48 ore dal consiglio comunale indetto per il 15 Aprile nel Salone De’ Dugento, alla presenza del Garante dei detenuti On. Franco Corleone, che esporrà la relazione annuale 2012 in Palazzo Vecchio Piazza Signoria a Firenze ove la UIL PA Penitenziari sarà presente.

Le carceri Toscane sono al collasso e nessuno lo denuncia! Organici del Continue reading


Amanda shock “Molestata in carcere dalle guardie”

892Rivelazioni choc quelle di Amanda Knox, la giovane per cui è stata annulata l’assoluzione per l’omicidio di Meredith Kercher, che parla nel suo libro verità “Waiting to be Heard” nuovi particolari sui giorni in carcere.
La Knox denuncia molestie sessuali da parte delle guardie del carcere: «Il secondino mi chiedeva con chi avevo fatto sesso, voleva sapere quanti ragazzi avevo e se volevo andare a letto con lui». Parla anche di richieste di rapporti lesbo da parte di alcuni secondini. La parte più importante delle sue rivelazioni riguarda però Raffaele Argiro, guardia carceraria, già accusato di aver molestato un’altra detenuta e ora in pensione. «Ero così sorpresa e scandalizzata dalle sue provocazioni che qualche volta mi chiedevo se non stessi capendo male quello che mi stava dicendo», continua Amanda, «Quando mi accorgevo che voleva parlare di sesso provavo a cambiare argomento».
Il poliziotto ha però smentito tutto e denunciato la Knox per diffamazione: «Le ho chiesto quanti fidanzati avesse avuto, ma era sempre lei a iniziare a parlare di sesso».

Fonte


Testimonianza dal carcere di Monza

scrittura_ferri_mestiere-filteredSono convivente di un detenuto del carcere di Monza, vorrei raccontarvi la sua per fortuna breve
esperienza.

Si tratta di uno straniero extracomunitario senza permesso di soggiorno, particolare che probabilmente
porta a ricevere un trattamento peggiore rispetto ad un italiano o ad uno straniero in regola con i
documenti.

A causa del sovraffollamento non ha visto una cella regolamentare per le prime 5 settimane:

3 settimane è stato in una cella di transito, non riscaldata (in pieno inverno), minuscola, senza
tavolo per mangiare e con l’intero spazio del pavimento occupato da 2 materassi per gli ultimi
arrivati.(4 persone in una cella da 2). Il freddo a gennaio era tale che la sera non riuscivano ad
addormentarsi. La ‘salvezza’per loro è stata l’arrivo in cella di un ragazzo grande e grosso che
con il suo corpo e il suo fiato alzava la temperatura notturna della cella appena si addormentava!
Ovviamente la mancanza di riscaldamento non era compensata da un maggior numero di coperte,
e loro dormivano con gli asciugamani sopra la coperta!

Le ultime 2 settimane, sempre per mancanza di spazio, lui e un altro clandestino sono stati
spostati IN CELLA DI ISOLAMENTO: poco riscaldata, senza possibilità di cucinare nemmeno il tè,
ovviamente estremamente penosa essendo ‘il carcere dentro il carcere’. Inizialmente gli parlarono
di “situazione momentanea, solo 3 o 4 giorni, un’emergenza”, ma si protrasse per ben 2 settimane!

L’aspetto più incredibile e grottesco è stato che, pur essendo in isolamento non per punizione
ma per mancanza di spazio, non gli sono state fatte concessioni rispetto al regolamento (tranne
la possibilità di fare il colloquio): quindi non ha più potuto -ad esempio- avere giornali o riviste e
ha dovuto restituire il libro preso alla biblioteca, perché il regolamento dice che in isolamento è
vietato avere libri o riviste!

Dopo alcuni giorni in isolamento, le sue condizioni di salute sono molto peggiorate: ha avuto una
forte crisi emorroidaria e problemi ai denti, ma nessuna richiesta di visita medica è stata ascoltata.

E’ riuscito a farsi finalmente spostare in una cella regolamentare solo dopo aver minacciato di
compiere atti di autolesionismo. Guarito ‘in proprio’ dalle emorroidi, ha però perso 2 denti.

Ho dovuto provvedere io all’acquisto di una coperta, perché quelle in dotazione sono molto molto
sporche e piene di polvere.

La figura dell’educatore, fondamentale in carcere, è una figura fantasma a Monza: mai visto uno
all’orizzonte. Probabilmente è inesistente anche il medico, o comunque poco presente.

Nonostante il regolamento preveda la possibilità di ricevere una piccola radiolina per posta,a lui e
agli altri stranieri non vengono consegnate.

Il cibo è veramente veramente scadente.

Pare che i detenuti vengano picchiati con regolarità, anche se a lui non ho notizia che sia successo.

Sulle finestre, forse non tutte, ma su quelle di un intero blocco, sono state posizionate, davanti alle
grate, delle ulteriori reti metalliche di colore bianco, con il risultato di mandare bagliori accecanti
all’interno delle celle quando c’è il sole! (ma chi li pensa questi colpi di genio?).

Probabilmente a causa di tutti i malfunzionamenti, il personale è sempre di pessimo umore,
sgarbato e aggressivo.

Nonostante la situazione di palese violazione della costituzione italiana e europea e
delle convenzioni internazionali sui diritti umani dovuta principalmente -ma non solo- al
sovraffollamento, le richieste di domiciliari vengono rigettate molto spesso senza motivazioni
fondate, come ho potuto sperimentare di persona nel nostro caso specifico e come ho potuto
osservare nel tempo parlando con i familiari di altri detenuti.

Vorrei che qualche giudice si facesse ogni tanto – anche una sola volta- un giro nella sala d’attesa
dei colloqui, a osservare la sofferenza dei bambini, spesso con una madre sola nervosa e stanca –
sfinita- . Io dico che la mancanza di sostegno e protezione di queste famiglie con bambini piccoli è
esso stesso un reato attribuibile a noi tutti – lo Stato Italiano.


Evasione dal carcere di Sequedin (FR)

evasioneLille, 13 aprile 2013  – Come in un film il ‘re’ dei rapinatori francesi, Redoine Faid, è evaso stamane dal carcere di Sequedin, vicino Lille, in una sequenza di azioni spettacolari tra cui la presa di cinque ostaggi, tutti liberati, e l’esplosione di alcuni ordigni.

Esperto di rapine e di attacchi ai furgoni blindati, Faid, 40 anni, soprannominato il ‘Dottore’, è famoso per aver rilasciato diverse interviste ultimamente e aver pubblicato un libro “Braquer (rapinatore, ndr.)” in cui racconta di essersi ispirato per le sue rapine ai grandi film americani, come Heat di Michael Mann.

Arrestato a giugno del 2011 per un attacco a mano armato a un furgone che era costato la vita a una poliziotta, Faid era rinchiuso nel carcere di Lille dopo aver avuto numerose condanne tra cui una di venti anni nel 1997.Era uscito di prigione nel 2009 ed era diventato una ‘stella mediatica’ raccontando di spettacolari furti per cui indossava, come Robert de Niro in Heat, la maschera da Hockey.

Stamane, prima dell’evasione, aveva ricevuto in carcere la sua compagna che, come sospetta la polizia, gli avrebbe fornito l’esplosivo che aveva fatto detonare per aprire la porta della cella. Aveva quindi preso cinque ostaggi facendosi scudo con il loro corpo, ne aveva liberati quattro ed era salito su un auto e scappato verso l’autostrada. Lì aveva rilasciato l’ultimo ostaggio per poi incendiare l’auto e scomparire.

Fonte:


Usa: rivolta a Guantanamo

Rivolta-nel-carcere-di-Bali_gal_portrait(ANSA) – ROMA, 13 APR – Disordini si sono registrati oggi nel carcere speciale Usa di Guantanamo, a Cuba: alcuni detenuti hanno aggredito con armi improvvisate le guardie, dopo la decisione del comandante del carcere di spostare in un’altra sezione dei detenuti in sciopero della fame. Lo riferisce la stampa Usa. Gli agenti hanno sparato alcuni colpi di arma da fuoco. “Non ci sono stati feriti”, precisano i militari americani.


Consiglieri comunali entrano a Sanquirico: il commento di Nicola Fuggetta (M5S)

SanquiricovistaLa visita al carcere di #Monza è stata un pugno nello stomaco. Per me era la prima volta. La situazione è di emergenza, come nel resto del paese. Sovraffollamento della popolazione carceraria. Scarsa applicazione della legge Smuraglia sul lavoro per i detenuti. Sottodimensionameno della pianta organica della polizia penitenziaria. Quanto alla struttura, va ricordato che la casa circondariale è una delle “carceri d’oro” degli anni ’80 con conseguenti carenze gravi per la povertà dei materiali usati. In sostanza ci piove dentro. Il teatro e la cappella sono inagibili. In molti laboratori e spazi polivalenti ci sono infiltrazioni. Mi ha colpito molto l’isolamento. Dentro l’istituto sono vietati cellulari, tablet, computer, chiavette USB, radio, qualunque mezzo per comunicare con l’esterno non solo per gli ospiti, ma anche per agenti, operatori, medici, insegnanti, educatori e visitatori. Anche la struttura del carcere è isolata dal resto della città. Mi domando come si possa perseguire la finalità rieducativa prevista dalla costituzione in luogo del genere. È difficile che una persona possa migliorare in questo carcere.

In fondo, credo abbia ragione @PaoloPiffer che a San Quirico ci lavora. Il comune può fare molto. Anzi, qualcosina già fa per migliorare la condizione degli ospiti. Forse unico fra i comuni, ha istituito un servizio di anagrafe all’interno della casa circondariale che è sempre più “frequentato” dai detenuti.
C’è una falegnameria ben attrezzata in grado di produrre mobili e oggetti in legno di ottima fattura, su commessa, anche da privati, a condizioni agevolate, per il tramite dell’associazione EXIT. Se avete bisogno di un armadio, di una libreria, di un gioco per bambini o di un mobile da cucina fateci un pensiero. Ne vale la pena..

Fonte:


San Vittore, storia del detenuto col cellulare nella scarpa

aMilano, 13 aprile 2013 – Nascondeva un cellulare nelle scarpe. E con quel telefonino era diventato un piccolo boss del carcere. Già, perchè parliamo di un detenuto. Un romeno 25enne – in galera da quattro mesi per furto e con precedenti penali per reati contro il patrimonio – che non si come e da quando tempo usava il cellulare in cella e lo metteva a disposizione dei suoi compagni in cambio di favori e prebende.

La scoperta è stata casuale. E risale all’altro ieri pomeriggio quando la direzione del carcere di San Vittore aveva deciso di trasferire il romeno a Opera. Insieme ad altri detenuti inseriti nel programma di uno sfoltimento del penitenziario cronicamente sovraffollato.
Come vuole la prassi in questi casi tutti i detenuti all’arrivo vengono minuziosamente perquisiti, per ovvie ragioni. Ed è stato proprio nel corso di questa perquisizione, estesa sia ai propri bagagli che alla propria persona, che un agente ha notato qualcosa di strano nelle scarpe.

Apparivano un po’ troppo alte e di una foggia particolare al punto che hanno destato i sospetti della guardia che ha obbligato il 25enne a togliersele per meglio analizzarle. E si è scoperto che nella suola era stato ricavato un vano abbastanza voluminoso per nascondere non solo un cellulare, ma anche un cavetto per porte Usb e un caricabatterie.

Pochi minuti dopo la scoperta, mentre ormai il cellulare era nelle mani di un agente di polizia penitenziaria, il telefonino ha iniziato a squillare, ma alla risposta, l’interlocutore ha riattaccato forse comprendendo che qualcosa era andato storto. Ovviamente nessun detenuto è autorizzato a tenere e usare un cellulare. Le telefonate sono occasionalmente concesse solo a certi detenuti e dopo un permesso speciale o del magistrato o del direttore del carcere, il romeno non godeva di alcun privilegio in questo senso. Ma che potesse disporre del telefonino – si è scoperto dopo – era cosa nota a molti. Diversi amici e compagni di braccio sapevano che dietro un compenso potevano utilizzare il cellulare del romeno. Il compenso in questione – così hanno ammesso in tanti – era rappresentato da sigarette, da qualche spicciolo, o il favore riguardava qualche lavoretto supplementare (tipo mettere in ordine la stanza o fare la spesa o cucinare).

Non è stato possibile accertare come quel telefono sia entrato in carcere. Sicuramente durante un colloquio. A questo proposito le indagini dovranno accertare se ci sono state complicità interne. Intanto, il romeno, come prevede il rigido regolamento interno è stato sottoposto al regime di isolamento ed escluso dalle attività ricreative in compagnia degli altri detenuti.


Tomaso ed Elisabetta, a scontare l’ergastolo in India

jail-7In India, accusati di omicidio, sono detenuti due nostri connazionali che però non indossano divise, Tomaso Bruno, 28 anni, di Albenga, ed Elisabetta Boncompagni, 39 anni, di Torino. La loro storia è meno nota all’opinione pubblica di quella dei due fucilieri ma non meno problematica.

È da più di tre anni che questi due giovani combattono contro quello che lo stesso Bruno definisce «assurdo sistema della giustizia indiana». Mai si sarebbero aspettati di incappare in questa brutta storia. Del resto, non erano andati nel grande Paese asiatico per svolgere lavori rischiosi, ma per coronare il sogno di un viaggio. Uno sogno trasformatosi in un incubo.

Per riavvolgere il nastro della loro storia si parte da Londra, la città in cui abitavano sia Tomaso sia Elisabetta. Per festeggiare il capodanno 2010 Elisabetta e il compagno, Francesco Montis, altro tragico protagonista di questa vicenda, decidono di raggiungere degli amici in India, nell’Uttar Pradesh. Al viaggio si aggiunge anche Tomaso Bruno. È Francesco a chiedergli di partecipare.

La mattina del 4 febbraio Tomaso ed Elisabetta trovano Francesco in agonia sul letto, in una stanza dell’hotel Buddha di Chentgani, alla periferia della città di Varanasi, dove soggiornano. Chiamano rapidamente i soccorsi, che tuttavia si rivelano vani. Sul luogo non arriva un’ambulanza, ma un taxi che trasporta il ragazzo in ospedale, dove un medico ne constata il decesso. Mentre Tomaso si mette in contatto con l’Ambasciata Italiana a Nuova Dehli, la polizia di Varanasi impone ai due ragazzi di non uscire dall’albergo, vieta loro di utilizzare internet e concede solo l’uso dei telefoni cellulari.

L’attesa in albergo si fa angosciante. Tomaso Bruno ed Elisabetta Boncompagni in quei momenti di disperazione non riescono neanche a realizzare l’atroce destino che li aspetta. La loro angoscia si tramuta in paura.

Le autorità indiane sono convinte: i due italiani vengono accusati dell’omicidio del loro amico. Il 7 febbraio 2010 Tomaso ed Elisabetta sono tratti in arresto con l’accusa di aver strangolato Francesco, sulla base di un esame postmortem sul cadavere della vittima secondo il quale il decesso sarebbe avvenuto per asfissia da strangolamento. Lo Studio Legale Titus (nominato su indicazione dell’Ambasciata Italiana per difendere i due giovani) fa eseguire una controperizia dalla quale si evince che la morte è sì avvenuta per asfissia, ma non da strangolamento bensì per altre cause.

Da quella data Tomaso ed Elisabetta sono detenuti nel carcere di Varanasi, in quanto la polizia si è riservata il deposito della chiusura delle indagini sino allo scadere dei termini (90 giorni) con continui rinvii ogni 14 giorni. Le richieste di libertà su cauzione presentate dallo Studio Legale Titus durante il lungo corso del processo, costellato da intoppi e rinvii di udienze, sono state tutte respinte dal giudice.

Un estenuante stillicidio giudiziario che arriva sino al 23 luglio 2011, ore 17:30 locali. In quella data viene emessa la sentenza di condanna all’ergastolo per Tomaso Bruno ed Elisabetta Boncompagni. E pensare che in fase di lettura della sentenza le prospettive sono apparse ancora più cupe: il pm, sentito infatti che il giudizio era di colpevolezza, ha richiesto il massimo della pena, ovvero la pena di morte. Estrema condanna evitata soltanto perché il giudice l’ha ritenuta eccessiva, dal momento che in India è riservata esclusivamente a chi commette gravi atti di terrorismo.

La notizia, qui in Italia, fatica a sgomitare tra i bollettini meteo che aggiornano sul caldo di luglio e un attentato che in Norvegia ha provocato la morte di 77 persone. La condanna di questi due giovani da parte di un Tribunale indiano non occupa più di qualche trafiletto su alcuni giornali. Familiari e amici dei due ragazzi tentano, invece, di concedere una degna eco alle parole che Tomaso Bruno, subito dopo la sentenza, ha avuto la forza di scrivere sul suo profilo Facebook: «La battaglia per ottenere giustizia è ancora lunga, ma alla fine tutto si risolverà con l’assoluzione».

Si dà vita fin da subito ad una serie di iniziative finalizzate a far conoscere all’opinione pubblica la vicenda dei due amici detenuti in India e di esprimer loro solidarietà. In questo senso si batte tenacemente Marina Maurizio, mamma di Tomaso Bruno che mentre scriviamo si trova in India, per svolgere una delle frequenti visite al figlio detenuto insieme ad Elisabetta Boncompagni nel carcere «District Jail» di Benares, ma comunemente conosciuto dalla popolazione locale con il nome di «Choucaghat». «che a detta degli altri detenuti – racconta Tomaso Bruno a Linkiesta – è uno tra i peggiori dell’Uttar Pradesh, se non di tutta l’India».

Tomaso non ha mai avuto particolari problemi nell’adattarsi alla vita carceraria indiana. «Il mio rapporto con gli altri detenuti è stato buono sin da subito, più imparo la loro lingua e la loro cultura e più sono accettato. Per questo devo essere grato al mio “fratello” tibetano Pempa Tsering, che grazie alla sua perfetta conoscenza dell’inglese e dell’hindi, mi ha fatto, sin da subito, con infinita pazienza, da traduttore simultaneo». Il carcere «District Jail» di Benares conta circa 1.800 detenuti, la gran parte è in attesa di giudizio e la percentuale dei criminali pericolosi è minima. «La maggior parte dei detenuti è gente normale incappata in un modo o nell’altro nell’assurdo sistema della giustizia indiana».

Molto probabilmente, anche per questo, ci racconta Tomaso, non è stato difficile inserirsi. «È per me è motivo di orgoglio l’essere passato in poco tempo dallo status di “straniero”, e quindi rispettato perché tale, a quello di “fratello”, e quindi rispettato per quello che è». «Viviamo in stanzoni da 100/120 persone con un piccolo spiazzo di fronte dove poter camminare. I cancelli delle stanze restano aperti dalle 6.00 alle 12.30 e dalle 15.00 alle 19.30». Qui, «c’è un’area con sei rubinetti e una pompa a mano» dove possiamo lavarci e lavare i panni. Poco più dietro ci sono le latrine: 12 in tutto. Tomaso le racconta come l’unica parte fatiscente del carcere, «visto che non dispongono di acqua corrente».

I due italiani si sono dovuti adattare alle abitudini indiane, ma i problemi più grandi, sottolinea Tomaso, sono il clima e le cure mediche. «Da aprile a ottobre c’è un caldo torrido e le ventole che pendono dal soffitto sono quasi sempre ferme visto che l’elettricità va e viene». Le cure mediche «lasciano un pochino a desiderare». A «District Jail» c’è solo un piccolo ospedale: «Le medicine sono di bassa qualità e la mia impressione è che sia meglio cercare di non ammalarsi». Il cibo è rigorosamente vegetariano, «ma in uno modo o nell’altro si riesce tutti i giorni a mettere insieme tre pasti decenti».

Quelli che stanno vivendo i due giovani e i loro familiari sono mesi concitati, di attesa. Recentemente, la Corte Suprema indiana ha giudicato «ammissibile» il ricorso contro la condanna all’ergastolo. La prossima tappa di questo loro calvario è ora fissata per il 3 settembre, data dell’udienza del massimo tribunale indiano. Ma Tomaso Bruno preferisce rimanere con i piedi per terra: «Sono realista e penso che ribaltare due sentenze di ergastolo non sia un’impresa semplice neanche per uno dei migliori penalisti indiani come sembra essere Mr. Mukul Rohatgi, il nostro nuovo avvocato». «Tuttavia – conclude Tomaso – il fatto che il ricorso sia stato accolto senza problemi, alimenta quel piccolo fuoco di speranza che dentro di me non si è mai spento». Fuoco di speranza che facciamo anche nostro.

In questo senso, può essere utile ricordare che il 30 ottobre del 2012 è entrato in vigore un «Accordo bilaterale» tra Italia e India che dovrebbe permettere il trasferimento delle persone già condannate nel Paese d’origine. Se è pur vero che l’ultima parola spetta all’India, dovrà essere il governo italiano a richiederne l’applicazione.

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Carcere – Ultime da Tolmezzo

Diffondiamo da informa-azione

aAssieme a parole di apprezzamento per il presidio del 30 marzo, dal carcere di Tolmezzo sono arrivate alcune informazioni da diffondere.
Apprendiamo che Massimo Russo, comandante della squadretta di picchiatori, è stato trasferito dal carcere di Tolmezzo (a quanto si dice, in quello di Udine).
Gira anche voce che il carcere di Tolmezzo – dove già esistono una sezione di 41 bis e una di Alta Sorveglianza – debba diventare una struttura adibita in toto all’Alta Sorveglianza, con trasferimenti previsti per luglio.
Se mettiamo insieme queste informazioni con i nuovi progetti di AS previsti in Sardegna e con altre sezioni speciali costruite in fretta e furia in altre carceri (come a Ferrara), appare evidente che il dominio si sta preparando ai possibili conflitti fuori e dentro le prigioni con le armi classiche dell’isolamento e della differenziazione.
Questi progetti, così come la presenza di compagni e compagne in carcere, devono diventare parte concreta delle lotte.
Aspettare passivamente, per i nemici del dominio, sarebbe una pessima idea.


Carceri tedesche: scoperte cellule di infiltrati neonazisti nelle carceri della Germania

aLa Germania dopo Hitler trascorre gran parte della sua esistenza a ripulire l’immagine dall’estremismo, dando prova di notevole apertura, progresso e civiltà se non fosse per l’ombra neonazista che continua a gravare sulla bandiera. Il neonazismo è vivo, anzi è più che vivo, e tenta di infilarsi in ogni dove per rendere vive le sue cellule sparse in giro per il paese.

L’ultimo scandalo scoperto in Assia rende la sua minaccia ancora più preoccupante per l’abilità di mascherarsi e riprodursi come un cancro silenzioso. Die Bild spiega che le autorità dell’Assia hanno scoperto una rete neonazista all’interno delle carceri tedesche: “Si fingevano un’associazione che aveva l’obiettivo di aiutare i carcerati, sostenendo economicamente le loro famiglie” ma dopo alcune ricerche si è scoperta la vera natura delle operazioni: con il pretesto dell’aiuto finanziario, la rete neonazista permetteva la comunicazione tra i membri in carcere e all’esterno, attraverso l’utilizzo di codici e messaggi nascosti ancora difficili da interpretare e, a prima vista, non imputabili all’estrema destra. Ecco quanto è successo.

MANUALE DEL GIOVANE NEONAZISMO – Non è la prima volta che l’estremismo di destra prova a intrufolarsi nelle carceri tedesche, Der Spiegel ricorda che nel 2011, il ministro Hans-Peter Friedrich vietò la “Hilfsorganisation fuer nationale politische Gefangene und deren Angehoerige” (HNG) ovvero un’organizzazione che si occupava di provvedere ai ‘prigionieri’ politici nazionali e alle loro famiglie perché “glorificava il nazismo” e “rifiutava la democrazia”. HNG aveva l’obiettivo di aiutare 600 membri dichiarati “prigionieri” a causa della manifestazione del loro estremismo di destra. A niente è valso l’annullamento dell’associazione perché due anni dopo, in Germania si parla di nuovo del tentativo neonazista di farsi largo nelle carceri. Sueddeutsche Zeitung e Die Bild sostengono che la rete neonazista, all’attacco delle carceri, avesse contatti anche con l’ambiente Nationalsozialistischer Untergrund (NSU), il gruppo terroristico che ha firmato i delitti del kebab. La nuova rete comunicava attraverso codici e simboli e il ministro di Giustizia Joerg-Uwe Hahn ha confermato le indagini, spiegando che tutto il materiale è stato analizzato e sequestrato: “Non vogliamo che si ripetano i crimini NSU e anche gli errori nelle indagini”.

Il politico si riferiva al risarcimento di 900 mila euro del governo tedesco ai parenti delle dieci persone uccise dalla cellula terroristica Clandestinità Nazionalsocialista: i crimini si sono consumati tra il 2000 e il 2007 ma Berlino ha impiegato cinque anni per rendere giustizia alle vittime, come ha scritto Die Zeit. Il risarcimento alle vittime della Nsu del 2012 è stato un importante passo in avanti e da allora “I ministri federali hanno promesso di indagare negli archivi allo scopo di trovare informazioni sui crimini più datati, in modo tale da sistemare la questione del ‘riconoscimento governativo’”. Solo la prossima settimana inizierà il processo contro Beate Zschaepe, l’unica sopravvissuta della banda del Kebab, e altri quattro presunti complici coinvolti. È chiaro che, alla luce dello scandalo dell’indagine trascurata NSU, l’attenzione del governo sia alta.

SBARRE E NEONAZISMO – Sueddeutsche Zeitung spiega che sono finiti agli arresti diversi estremisti di destra accusati di aver tentato di costruire una rete nazionale, che avrebbe anche intrecci con la NSU. I carcerati implicati nella rete sono stati trasferiti e separati dagli altri. Il ministro di Giustizia Hahn ha intenzione di parlare con i ministri di Giustizia delle altre province per analizzare la questione mentre i controlli nelle carceri dell’Assia sono aumentati: “Le forze dell’ordine dovrebbero avere una formazione più approfondita al punto da essere in grado di bloccare sul nascere questo tipo di infiltrazioni” ha scritto il giornale tedesco anche se “Non è facile tenere d’occhio la rete neonazista”.

Uno dei neonazisti coinvolti nella rete e arrestato, è già noto alle forze dell’ordine per essere l’autore di una lettera anonima in cui è comparso come “la mente di tutti gli attacchi NSU”. Un’accusa forte che adesso sarà valutata nelle indagini. Da un’interrogatorio precedente, l’uomo ha raccontato di essersi incontrato più volte “con Beate Zschäpe, Uwe Mundlos und Uwe Böhnhardt” (i tre componenti del trio terrorista di cui oggi è in vita solo Zschäpe ndr). Dalle nuove indagini risulta un file a nome “Paulchen Panther” sul suo computer che risalirebbe agli anni NSU ma che gli inquirenti devono ancora visionare. La moglie lo ha difeso dicendo che era solo “un file sulla Pantera Rosa e niente di più” e poi ha detto: “Lo abbiamo anche guardato insieme”.

Fonte: giornalettismo.com


Torino – gatti randagi e ratti in mensa del carcere

aUna denuncia di quelle che non può passare inosservata. L’Osapp di Torino, l’Organizzazione Sindacale Autonoma di Polizia Penitenziaria, ha chiesto una bonifica urgente della mensa della Casa Circondariale del capoluogo piemontese. Il motivo è molto semplice: nel locale c’è scarsissima igiene dovuta alla presenza di una “miriade” di ratti e gatti.

“E’ necessaria una urgente verifica ispettiva da parte della competente Asl“. A fare la richiesta è il vice segretario generale dell’Osapp Gerardo Romano, secondo il quale non si tratta più solo una questione di invasione di topi e gatti, ma si tocca un problema molto più grande. “Questa volta c’è in gioco la salute dei poliziotti penitenziari e delle loro famiglie per le molteplici malattie che questi animali portano”.

Gatti randagi e ratti non solo girano per i locali del penitenziario come se nulla fosse, ma – come è nella propria natura – segnano il territorio con urine e feci, che gli agenti trovano dappertutto. “E’ impensabile – continua il sindacalista dell’Osapp -, che nel 2013 si debba ancora fare i conti con invasioni di topi e di gatti che girano indisturbati in locali dove si consumano i pasti e questo con possibili gravi ripercussioni sulla salute dei fruitori della mensa stessa. Inoltre si aggiunga il cattivo odoro con cui si è costretti a consumare i pasti”.“

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