Torino: Polizia Penitenziaria scopre passaggio di telefono tra due detenuti

motorola-first_cell_phone“Nel carcere di Torino l’attenta vigilanza di un nostro poliziotto ha scoperto il tentativo di cessione da un detenuto all’altro di un telefono cellulare. Quanto avvenuto ci impone di tornare a chiedere al Dipartimento dell’’Amministrazione Penitenziaria interventi concreti.

Come, ad esempio, la dotazione ai Reparti di Polizia Penitenziaria di adeguata strumentazione tecnologica per contrastare l’indebito uso di telefoni cellulari o altra strumentazione elettronica da parte dei detenuti nei penitenziari italiani. Non a caso, in più occasioni il primo Sindacato della Polizia Penitenziaria, il SAPPE, ha richiamato l’attenzione delle Autorità dipartimentali in ordine ad alcune situazioni che con una certa frequenza interessano gli Istituti penitenziari ed in particolare sull’indebito uso di telefoni cellulari e altra strumentazione elettronica da parte dei detenuti per le comunicazioni con l’esterno. Mi auguro che dopo il ritrovamento del telefono cellulare all’interno del carcere di Torino (si faccia concretamente qualcosa per contrastare questo grave fenomeno”.

Lo dichiara Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE, la prima e più rappresentativa organizzazione di Categoria.

“Sulla questione relativa all’utilizzo abusivo di telefoni cellulari e di altra strumentazione tecnologica che può permettere comunicazioni non consentite”, prosegue il SAPPE, “è ormai indifferibile adottare tutti quegli interventi che mettano in grado la Polizia Penitenziaria di contrastare la rapida innovazione tecnologica e la continua miniaturizzazione degli apparecchi che risultano sempre meno rilevabili con i normali strumenti di controllo.

A nostro avviso appaiono pertanto indispensabili interventi immediati compresa la possibilità di “schermare” gli istituti penitenziari al fine di neutralizzare la possibilità di utilizzo di qualsiasi mezzo di comunicazione non consentito e quella di dotare tutti i reparti di Polizia Penitenziaria di appositi rilevatori di telefoni cellulari per ristabilire serenità lavorativa ed efficienza istituzionale, anche attraverso adeguati ed urgenti stanziamenti finanziari.””

“Nonostante le chiacchiere di Tamburino e Pagano, Capo e vice Capo DAP che pontificano sugli effetti salvifici di questa soluzione” conclude Capece “la vigilanza dinamica dei penitenziari voluta dall’Amministrazione Penitenziaria per alleggerire l’emergenza carceraria è una resa dello Stato alla criminalità. Pensare a un regime penitenziario aperto; a sezioni detentive sostanzialmente autogestite da detenuti previa sottoscrizione di un patto di responsabilità favorendo un depotenziamento del ruolo di vigilanza della Polizia Penitenziaria, relegata ad un servizio di vigilanza dinamica che vuol dire porre in capo ad un solo poliziotto quello che oggi lo fanno quattro o più Agenti, a tutto discapito della sicurezza e mantenendo il reato penale della “colpa del custode”; ebbene, tutto questo è fumo negli occhi.

La realtà penitenziaria è che la Polizia Penitenziaria ha settemila agenti in meno, che i Baschi Azzurri non fanno formazione ed aggiornamento professionale perché l’Amministrazione evidentemente ha altro a cui pensare, come anche per le conseguenze di quell’effetto burn out dei poliziotti determinato dall’invivibilità di lavorare in sezioni detentive sistematicamente caratterizzate da eventi critici – suicidi, tentati suicidi, aggressioni, risse, atti di autolesionismo, colluttazioni.”

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