(ANSA) – CAGLIARI, 20 APR – Un detenuto marocchino si e’ tolto la vita durante la notte nel carcere di Macomer con l’uso di gas. Lo denuncia il deputato Pdl, Mauro Pili, che ha presentato un’interrogazione al ministro della Giustizia. ”Mancanza di personale e precarieta’ del sistema sanitario nelle carceri sono ormai una costante – ha detto Pili – che sta mettendo a serio rischio l’intero sistema carcerario sardo”. Il suicidio e’ avvenuto intorno a mezzanotte e sarebbe stato riscontrato solo alla conta dei detenuti.
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Prigionieri – Lettera di Greg dal carcere di Torino
diffondiamo da informa-azione questa lettera di Greg dal carcere delle Vallette di Torino:
Ciao a tutti e a tutte, amici e amiche, compagni e compagne.
Innanzitutto un occhiolino a chi pensa a me. Non è perchè sono nei guai che finora non ho potuto mandarvi delle mie notizie. Comunque come diceva uno dei due latitanti foggiani: per mandare una lettera bisogna avere qualcosa da dire. Quindi andiamo.
Sono messo bene in cella con Paolo. Quando la digos mi ha arrestato a due passi dall’Asilo occupato, ho provato a sfuggire dalle loro mani. Appena svegliato e mal organizzato con gli amici perchè non eravamo compatti, non ce l’ho fatta. Cazzo se correvano questi cinque merdosi digossini! Dopo un passaggio all’ospedale, più per rompergli le palle che per le piccole ferite che avevo, quindi costringendoli a portarmi di qua e di là , piuttosto che tornare in strada a fare il loro lavoro infame, mi hanno portato Continue reading
Temuco: Nuovo blog per i compagni del 28M
http://libertad28m.blogspot.com.ar/
Questo è il nuovo blog aperto per informare a riguardo dex compagnx detenutx e arrestatx a Temuco, in Cile, durante la infima repressione del 28 marzo
Svizzera: Aggiornamenti su Marco Camenisch
diffondiamo da contrainfo
CH – 4. Update noniberazione (società a rischio zero);
Premessa: è tuttora pendente il ricorso (5 marzo 2013) in 2. istanza contro la 2. negazione (5/2/2013) in 1. istanza (dipartimento amministrazione penitenziaria ZH) della mia liberazione condizionale. In questa seconda negazione il DAP ZH richiede a Lenzburg una presa di posizione sulla mia liberazione condizionale da inoltrare per dicembre 2013.
22. marzo 2013: confermando le sue previe dichiarazioni orali – e l’esistenza, perlomeno, di una certa contraddizione interna agli apparati repressivi -, la direzione Lenzburg ha inviato, anzitempo, al DAP ZH competente un rapporto di conduzione con richiesta di trasferimento in quest’estate 2013 in un Continue reading
Torino: Polizia Penitenziaria scopre passaggio di telefono tra due detenuti
“Nel carcere di Torino l’attenta vigilanza di un nostro poliziotto ha scoperto il tentativo di cessione da un detenuto all’altro di un telefono cellulare. Quanto avvenuto ci impone di tornare a chiedere al Dipartimento dell’’Amministrazione Penitenziaria interventi concreti.
Come, ad esempio, la dotazione ai Reparti di Polizia Penitenziaria di adeguata strumentazione tecnologica per contrastare l’indebito uso di telefoni cellulari o altra strumentazione elettronica da parte dei detenuti nei penitenziari italiani. Non a caso, in più occasioni il primo Sindacato della Polizia Penitenziaria, il SAPPE, ha richiamato l’attenzione delle Autorità dipartimentali in ordine ad alcune situazioni che con una certa frequenza interessano gli Istituti penitenziari ed in particolare sull’indebito uso di telefoni cellulari e Continue reading
Reggio Emilia, eroina tra i detenuti del carcere
La polizia penitenziaria ha sequestrato quasi mezzo etto di eroina già tagliata, suddivisa in dosi e pronta per essere spacciata dentro alla casa circondariale reggiana di via Settembrini.
Ad accorgersi del traffico di droga un agente in servizio nel settore dove sono rinchiusi detenuti con alle spalle reati per spaccio. Il poliziotto si è accorto che uno dei carcerati, di origine tunisina, ha tentato di lanciare un mandarino da una cella all’altra. Dai successivi controlli Sono così scattati i controlli e all’interno di due celle occupate da quattro tunisini gli agenti hanno rinvenuto 47 grammi di eroina che sarebbe poi stata ceduta ad altri detenuti. I quattro sono stati denunciati e trasferiti in altre carceri della regione.
L’operazione ha tuttavia generato malumori tra i carcerati e uno di questi si è autolesionato ed è stato trasportato in ospedale. In Emilia Romagna i detenuti tossicodipendenti sono Continue reading
Aggressione in carcere: detenuto con problemi psichici ferisce un poliziotto
Un agente di polizia penitenziaria aggredito da un detenuto nel carcere di Bari: a denunciare l’episodio è il segretario generale della Uil penitenziari, Eugenio Sarno. Secondo quanto riferito dal sindacalista, il recluso, affetto da problemi psichici, avrebbe aggredito e picchiato il poliziotto durante il trasferimento da una sezione all’altra, provocando all’agente una sospetta frattura del femore e varie ferite.
“Quelle delle aggressioni in danno al personale in servizio negli istituti penitenziari – sottolinea il sindacalista – costituisce una delle problematiche più cogenti della difficile quotidianità penitenziaria. Il corpo di polizia penitenziaria paga un tributo salatissimo, tanto che nell’ultimo triennio sono più di 1800 le unità che hanno riportato ferite conseguenti ad aggressioni”.
“Per quanto riguarda la gestione dei detenuti e detenuti psicopatici – conclude – non possiamo non rivolgere ai vertici dell’amministrazione penitenziaria l’invito che nell’ambito della realizzazione dei circuiti penitenziari vengano individuate e predisposte aree detentive nelle quali oltre ad un percorso custodiale possa affiancarsi un adeguato sostegno e trattamento sanitario”.
Opg: un problema ancora aperto. In Sicilia 1.522 detenuti in più
Intervista a CordaTesa su RadioBlackOut riguardo l’opuscolo autoprodotto
Un’intervista con un compagno che ha collaborato alla realizzazione di un opuscolo di inchiesta sul carcere di Monza e l’economia che vive e prospera su di esso.
Un breve estratto dall’introduzione:
“In questo opuscolo viene analizzata l’economia carceraria intesa come insieme di attività economiche legate a doppio filo al carcere, sia che siano basate sul lavoro dei detenuti sia che siano quelle legate al mantenimento quotidiano della struttura e delle persone recluse al suo interno. L’oggetto della nostra ricerca è il carcere di Monza, il carcere della città in cui viviamo. […] Scopriamo così che questo particolare ramo del business nasconde delle storie marce e intrise di tutte i vizi propri degli appalti e più in generale dell’amministrazione pubblica del nostro paese, particolari ben lontani dalla favola del buon samaritano che si dedica ai più deboli.
Sgravi fiscali, regimi di quasi monopolio, possibilità di uno sfruttamento massimo, speculazioni. E’ questo il rovescio della medaglia della propaganda dei fautori delle politiche sociali e delle attività alternative dietro le mura”.
Ascolta l’intervista con Simone, del csoa Boccaccio di Monza:
Per richiedere copie dell’opuscolo scrivete a questo indirizzo:
cordatesa@autistici.org
Costola rotta in carcere, undici agenti indagati
REGGIO EMILIA – Undici agenti della polizia penitenziaria sono stati iscritti nel registro degli indagati per lesioni gravi. Sulla vicenda sta indagando, secondo quanto scrive la Gazzetta di Reggio, il sostituto procuratore Maria Rita Pantani che sta cercando di capire se corrisponde al vero la testimonianza del 19enne georgiano Guran Shatirishvili che, per ben due volte, ha sostenuto di essere stato picchiato in un corridoio, quindi fuori dalla cella, durante la sua permanenza alla Pulce.
Shatirishvili era finito in carcere il 10 luglio 2012 dopo un furto in alcune cantine in via Mantegna che era degenerato in un tentato omicidio. Una banda di georgiani, composta da quattro persone, aveva cercato di forzare le cantine della via ma un residente, che aveva sentito i rumori, aveva chiamato la polizia.
I poliziotti erano scesi nelle cantine ed erano stati aggrediti dai georgiani che li avevano colpiti a pugni e a sprangate in testa con il Continue reading
Viterbo – Spari in carcere contro agente penitenziario
Tragedia sfiorata nel carcere di Mammagialla, a Viterbo dove sono stati esplosi dei colpi d’arma da fuoco contro un’agente di sorveglianza.
A darne notizia è il segretario nazionale dell’Ugl Polizia penitenziaria, Giuseppe Moretti, esprimendo “solidarieta’ e vicinanza al personale di Polizia penitenziaria della casa circondariale”. I fatti si sono verificati ieri mattina e fortunatamente il colpo non ha investito l’agente di sorveglianza. La struttura di Viterbo “opera in forte carenza d’organico – spiega Moretti – nonostante l’invio di diverse unita’ e con una media di circa 700 detenuti ristretti di cui oltre 50 di massima sicurezza. Si tratta di una situazione di tensione significativa proprio in questo reparto, in cui i reclusi, proprio al momento dell’accaduto, usufruivano dei colloqui con i loro familiari”. Per il sindacalista “e’ allarmante quanto accaduto – continua Moretti – soprattutto se messo in relazione agli episodi dei Continue reading
Gabriel Pombo da Silva: Solidarietà anarchica contro l’Europa delle polizie e contro tutte le autorità.
Diffondiamo da Radioazione
Il 13 Giugno 2012, dopo diverse operazioni contro altri compagni, lo Stato italiano ha lanciato un giro di vite contro decine di anarchici, denominata ”Ardire”, portando avanti 40 perquisizioni, 24 rinvii a giudizio e 8 arresti. Questa volta, si avrebbe dato anche una dimensione supplementare, accusando inoltre a compagni già incarcerati in diversi paesi europei, tra cui Grecia, Svizzera e Germania. Come al solito, lo Stato tende a mostrare il suo volto autoritario contro quello sorridente dei suoi nemici irriducibili, costruendo, ad esempio, dei ruoli di leader, esecutori e di coordinatori all’interno di un’ennesima “associazione sovversiva”, lì dove ci sono affinità, corrispondenza con i prigionieri, lotta e volontà di combattere. E così che Gabriel Pombo da Silva e Marco Camenisch, imprigionati per molti anni, si ritrovano in quest’indagine in Continue reading
Nelle segrete del carcere c’è una miniera di scrittori
Mastica e scrivi. A Regina Coeli fa freddo, dicono che l’umidità arrivi da sotto, di lato, dal fiume. Lo senti anche se è mattina e nella sala, a destra, dopo un paio di corridoi, appena al di là del terzo cancello, ci sono solo posti in piedi. Racconti dal carcere. Sono tre anni che nei penitenziari italiani c’è qualcuno che scrive con l’idea di entrare in un’antologia. Sono gli scrittori della cella accanto, che buttano giù i loro racconti in fretta, perché anche qui il tempo passa in fretta, bisogna solo imparare a contarlo. E scrivere aiuta. Ogni tasto, ogni lettera, è un battito e ogni battito batte il tempo. Se stai qui è per raccontare questo premio letterario, con l’ora d’aria. Chi lo ha voluto è una giornalista, Antonella Boielli Ferrara. Il premio porta il nome di Goliarda Sapienza, con quella scrittura da corde di violino, per troppo tempo dimenticata, donna violata dall’elettroschok, finita in carcere nel 1980 per aver rubato alcuni oggetti a casa di amiche e morta ormai da 17 anni.
La cosa, il concorso, funziona così. Ogni Continue reading
Carceri: Sulmona, agente salva internato
Un internato 50enne della provincia di Napoli e’ stato salvato dall’intervento di un poliziotto penitenziario in servizio presso il reparto penale del carcere di Sulmona. L’uomo era riverso nella sua cella privo di sensi e in arresto cardiocircolatorio quando e’ stato notato dal poliziotto che ha dato l’allarme. L’intervento immediato ha evitato il peggio. Sulle cause che hanno portato al malore del 50enne che ha problemi di tossicodipendenza, sono in corsi indagini.
Fonte ANSA
Pm pestato da un boss in carcere, indagati tre secondini
Può un boss della ‘ndrangheta calabrese detenuto in un carcere di massima sicurezza riuscire ad aggredire a pugni un pm arrivato per interrogarlo? E’ quello che è accaduto nel carcere di Mammagialla a Viterbo nel novembre scorso quando Domenico Gallico, boss della omonima ndrina, è riuscito ad aggredire e malmenare il Pm calabrese Giovanni Musarò giunto sul posto per interrogarlo. Come rivela il Corriere del Sera per quell’episodio sono ora indagati tre agenti della polizia penitenziaria in servizio presso la casa circondariale di Viterbo. Episodio ancora più grave se si pensa che il boss, oltre ai precedenti per il suo ruolo di capomafia, non è nuovo a Continue reading
Agenti di sorveglianza privati per le carceri ticinesi
L’Associazione per la difesa del servizio pubblico del Canton Ticino protesta per la decisione del Parlamento ticinese di concedere la privatizzazione parziale della sorveglianza all’interno del carcere.
L’Associazione aveva invitato il Gran consiglio a respingere questa proposta poichè si tratta di compiti istituzionali che non possono essere delegati a ditte private. L’uso di mezzi coercitivi deve essere prerogativa di agenti pubblici chiamati a ripondere all’Autorità politica.
Permettere a ditte private di assumere compiti, seppur in via eccezionale, all’interno del carcere stesso costituisce un pericolo grave per il funzionamento del Continue reading
Rissa nel Carcere di Lucca: due detenuti in ospedale
Tensione nel Carcere di Lucca dove nella terza sezione, che raccoglie 67 detenuti, sabato scorso è scoppiata una rissa. La notizia è stata diffusa dal Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria che riferisce: «Arabi, georgiani, italiani e rumeni si sono affrontati colpendosi con caffettiere, lame delle scatolette ed altro. Due detenuti, un marocchino ed un rumeno, sono stati violentemente colpiti e si è reso necessario portarli all’Ospedale».
Pare che le ragioni dello scoppio di violenza siano scaturite da in precedenti alterchi tra alcuni dei detenuti coinvolti nella rissa: «La rissa, breve ma violenta, solo per il pronto Continue reading
Brescia, tenta l’evasione dal carcere con un balzo
Ci ha provato, ma nonostante la notevole agilità, il salto oltre le mura del carcere di Canton Mombello a Brescia e verso la libertà non gli è riuscito.
Durante l’ora d’aria, un detenuto moldavo di 24 anni, condannato a una pena di due anni e mezzo, con un balzo ha scavalcato il muro (altro circa sei metri) che circonda il cortile interno e si è poi nascosto tra i mezzi parcheggiati nello spazio tra le due cinte murarie, in attesa di poter sgusciare all’esterno della casa circondariale.
Un sorvegliante però si è accorto della sua presenza e ha lanciato l’allarme. L’uomo è così stato riacciuffato e riportato in cella. E’ accaduto lunedì tra le 13,30 e le 16,45, il periodo in cui i detenuti vengono fatti uscire dalle celle. Ora deve rispondere anche di tentata evasione e probabilmente la sua permanenza tra le mura di Continue reading
Anarchici hanno assediato il carcere delle Vallette
Il 12 aprile, dalle 18,50 alle 19,40 circa, una trentina di anarchici hanno assediato il perimetro del carcere Lorusso e Cutugno scagliando pietre, bombe carta ed altri oggetti contundenti contro il personale di Polizia Penitenziaria. A dichiararlo è Leo Beneduci, segretario del sindacale autonomo di Polizia Penitenziaria Osapp.
Per fortuna, continua Beneduci, in questa occasione non si sono registrati danni fisici agli agenti, ma solo a un’auto protetta inviata sul posto per mantenere l’ordine pubblico. “E’ evidente – afferma Beneduci – che simili aggressioni ai presidi di sicurezza della Repubblica, quali sono gli Istituti Penitenziari, si stanno registrando sempre più frequentemente ed in aree geografiche diversificate ed è per questo che è divenuta necessaria ed improcrastinabile che le massime Autorità Politiche affrontino in modo determinato e risolutivo l’ormai annosa questione penitenziaria”.
A Sollicciano venerdì di passione: una rissa tra detenuti e un tentativo di impiccagione
Giornata rovente ed impegnativa ieri a Sollicciano (Firenze) con una rissa tra detenuti e un tentativo di impiccagione.
Grazie alla professionalità del personale di Polizia Penitenziaria si è evitato il peggio e si è salvata un’ulteriore vita umana che avrebbe aumentato il numero dei morti nelle carceri.
Tutto ciò, accade a 48 ore dal consiglio comunale indetto per il 15 Aprile nel Salone De’ Dugento, alla presenza del Garante dei detenuti On. Franco Corleone, che esporrà la relazione annuale 2012 in Palazzo Vecchio Piazza Signoria a Firenze ove la UIL PA Penitenziari sarà presente.
“Le carceri Toscane sono al collasso e nessuno lo denuncia! Organici del Continue reading
Quei treni per detenuti fermi sul binario morto
Qualcuno suggerisce di rottamarli, a costo di spenderci altri soldi. Ai patiti di modelli particolari non dispiacerebbe vederli esposti in un museo storico ferroviario. Altri chiedono di spostarli alla scuola della polizia penitenziaria di Roma, dove già c’è l’auto del corpo rimasta coinvolta nella strage di Capaci. Il risultato non cambierebbe. Sarebbero tutti palliativi, tentativi inutili di scrostare via la ruggine e il danno. Un’altra storia all’italiana. L’ennesimo spreco.
Da otto anni al Deposito locomotive in via del Lazzaretto sono fermi, e vanno in malora, cinque treni speciali acquistati nel 1996 dal Continue reading
Amanda shock “Molestata in carcere dalle guardie”
Rivelazioni choc quelle di Amanda Knox, la giovane per cui è stata annulata l’assoluzione per l’omicidio di Meredith Kercher, che parla nel suo libro verità “Waiting to be Heard” nuovi particolari sui giorni in carcere.
La Knox denuncia molestie sessuali da parte delle guardie del carcere: «Il secondino mi chiedeva con chi avevo fatto sesso, voleva sapere quanti ragazzi avevo e se volevo andare a letto con lui». Parla anche di richieste di rapporti lesbo da parte di alcuni secondini. La parte più importante delle sue rivelazioni riguarda però Raffaele Argiro, guardia carceraria, già accusato di aver molestato un’altra detenuta e ora in pensione. «Ero così sorpresa e scandalizzata dalle sue provocazioni che qualche volta mi chiedevo se non stessi capendo male quello che mi stava dicendo», continua Amanda, «Quando mi accorgevo che voleva parlare di sesso provavo a cambiare argomento».
Il poliziotto ha però smentito tutto e denunciato la Knox per diffamazione: «Le ho chiesto quanti fidanzati avesse avuto, ma era sempre lei a iniziare a parlare di sesso».
Girotondo. Piccola inchiesta su alcuni sciacalli della moneta prigioniera
Rendiamo disponibile per il download la nostra ultima produzione in versione stampabile al seguente link:
In questo opuscolo viene analizzata l’economia carceraria intesa come insieme di attività economiche legate a doppio filo al carcere, sia che siano basate sul lavoro dei detenuti sia che siano quelle legate al mantenimento quotidiano della struttura e delle persone recluse al suo interno. L’oggetto della nostra ricerca è il carcere di Monza, il carcere della città in cui viviamo. […] Scopriamo così che questo particolare ramo del business nasconde delle storie marce e intrise di tutte i vizi propri degli appalti e più in generale dell’amministrazione pubblica del nostro paese, particolari ben lontani dalla favola del buon samaritano che si dedica ai più deboli.
Sgravi fiscali, regimi di quasi monopolio, possibilità di uno sfruttamento massimo, speculazioni. E’ questo il rovescio della medaglia della propaganda dei fautori delle politiche sociali e delle attività alternative dietro le mura.
(estratto dell’Introduzione)
Per richiedere copie dell’opuscolo scrivete a questo indirizzo:
cordatesa@autistici.org
Carceri: l’allarme degli psichiatri “Un detenuto su 3 soffre di malattie mentali”
In Italia un detenuto su tre soffre di malattie mentali. Sul totale della popolazione carceraria (circa 70 mila persone) sono quindi 20 mila quelli che convivono con una patologia psichiatrica. Psicosi, depressione, disturbi bipolari e di ansia, anche severi, sono la norma nel 40% dei casi a cui vanno aggiunti poi i disturbi di personalità borderline e antisociale. “Persone a volte già ammalate, altre che si ammalano durante la detenzione complici il sovraffollamento, le condizioni di vita quotidiana inimmaginabili, la popolazione straniera di difficilissima gestione”. E’ la fotografia scattata dagli esperti riuniti oggi a Roma per il congresso dei Giovani psichiatri “La psichiatria tra pratica clinica e responsabilità professionale”. Ecco che negli ultimi anni in Italia si è assistito al picco di suicidi nei penitenziari “quelli compiuti in carcere hanno numeri 9 volte superiori rispetto alla popolazione generale – precisano – con tassi aumentati negli ultimi anni di circa il 300% (dai 100 del decennio 1960-1969 a più di 560 nel 2000-2009 con oltre il 36% di decessi)”.
Il problema andrà ad acuirsi. Lancia poi l’allarme Claudio Mencacci, presidente della Società italiana di psichiatria (Sip): con la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari (Opg) si acuirà il problema del sovraffollamento in carcere, già ora a livelli record con 150 detenuti per 100 posti, contro i 107 del resto d’Europa. Quando chiuderanno tra un anno, una parte dei loro detenuti tornerà in carcere, e se la situazione non cambierà, potrebbe diventare esplosiva.
E’ meglio curarli fuori dal carcere. “Il superamento degli Opg e il passaggio dell’assistenza psichiatrica nelle carceri al sistema sanitario nazionale devono avvenire parallelamente – spiega Mencacci – nell’ambito della riorganizzazione della sanità penitenziaria e delle nuove competenze dei dipartimenti di salute mentale (dsm)”. Nessuno però “ha ancora predisposto risorse per questa operazione. E’ inderogabile – continua – che i Dsm, siano potenziati e dotati delle risorse necessarie e sufficienti per garantire tale operatività in carcere, anche attraverso una dotazione di personale rispondente ai compiti affidati, e di strutture sovranazionali, quali i Centri di osservazione neuropsichiatrica (Conp, servizi intracarcerari per la gestione dell’urgenza) e i Reparti di osservazione psichiatrica (Rop, aree specialistiche di osservazione diagnostica qualificata a tempo definito)”.
Il ruolo delle Regioni. In particolare, secondo la Sip, “le regioni devono completare la presa in carico dei soggetti internati e incrementare l’assistenza negli istituti di pena, fornendo alle Asl le risorse per i dsm (Diagnostic and Statistical Manual) – conclude Mencacci – Servono anche tavoli di discussione regionali tra magistrati ordinari e di sorveglianza, Dipartimento assistenza penitenziaria (Dap) e Dsm per coordinare meglio la rete della salute mentale nelle carceri, ottimizzare la sezione speciale di osservazione psichiatrica regionale, e dare un’interpretazione corretta della misura di sicurezza per quando non ci saranno più gli opg, con un protocollo concordato tra personale sanitario e del ministero di Giustizia”
San Vittore, storia del detenuto col cellulare nella scarpa
Milano, 13 aprile 2013 – Nascondeva un cellulare nelle scarpe. E con quel telefonino era diventato un piccolo boss del carcere. Già, perchè parliamo di un detenuto. Un romeno 25enne – in galera da quattro mesi per furto e con precedenti penali per reati contro il patrimonio – che non si come e da quando tempo usava il cellulare in cella e lo metteva a disposizione dei suoi compagni in cambio di favori e prebende.
La scoperta è stata casuale. E risale all’altro ieri pomeriggio quando la direzione del carcere di San Vittore aveva deciso di trasferire il romeno a Opera. Insieme ad altri detenuti inseriti nel programma di uno sfoltimento del penitenziario cronicamente sovraffollato.
Come vuole la prassi in questi casi tutti i detenuti all’arrivo vengono minuziosamente perquisiti, per ovvie ragioni. Ed è stato proprio nel corso di questa perquisizione, estesa sia ai propri bagagli che alla propria persona, che un agente ha notato qualcosa di strano nelle scarpe.
Apparivano un po’ troppo alte e di una foggia particolare al punto che hanno destato i sospetti della guardia che ha obbligato il 25enne a togliersele per meglio analizzarle. E si è scoperto che nella suola era stato ricavato un vano abbastanza voluminoso per nascondere non solo un cellulare, ma anche un cavetto per porte Usb e un caricabatterie.
Pochi minuti dopo la scoperta, mentre ormai il cellulare era nelle mani di un agente di polizia penitenziaria, il telefonino ha iniziato a squillare, ma alla risposta, l’interlocutore ha riattaccato forse comprendendo che qualcosa era andato storto. Ovviamente nessun detenuto è autorizzato a tenere e usare un cellulare. Le telefonate sono occasionalmente concesse solo a certi detenuti e dopo un permesso speciale o del magistrato o del direttore del carcere, il romeno non godeva di alcun privilegio in questo senso. Ma che potesse disporre del telefonino – si è scoperto dopo – era cosa nota a molti. Diversi amici e compagni di braccio sapevano che dietro un compenso potevano utilizzare il cellulare del romeno. Il compenso in questione – così hanno ammesso in tanti – era rappresentato da sigarette, da qualche spicciolo, o il favore riguardava qualche lavoretto supplementare (tipo mettere in ordine la stanza o fare la spesa o cucinare).
Non è stato possibile accertare come quel telefono sia entrato in carcere. Sicuramente durante un colloquio. A questo proposito le indagini dovranno accertare se ci sono state complicità interne. Intanto, il romeno, come prevede il rigido regolamento interno è stato sottoposto al regime di isolamento ed escluso dalle attività ricreative in compagnia degli altri detenuti.
Tomaso ed Elisabetta, a scontare l’ergastolo in India
In India, accusati di omicidio, sono detenuti due nostri connazionali che però non indossano divise, Tomaso Bruno, 28 anni, di Albenga, ed Elisabetta Boncompagni, 39 anni, di Torino. La loro storia è meno nota all’opinione pubblica di quella dei due fucilieri ma non meno problematica.
È da più di tre anni che questi due giovani combattono contro quello che lo stesso Bruno definisce «assurdo sistema della giustizia indiana». Mai si sarebbero aspettati di incappare in questa brutta storia. Del resto, non erano andati nel grande Paese asiatico per svolgere lavori rischiosi, ma per coronare il sogno di un viaggio. Uno sogno trasformatosi in un incubo.
Per riavvolgere il nastro della loro storia si parte da Londra, la città in cui abitavano sia Tomaso sia Elisabetta. Per festeggiare il capodanno 2010 Elisabetta e il compagno, Francesco Montis, altro tragico protagonista di questa vicenda, decidono di raggiungere degli amici in India, nell’Uttar Pradesh. Al viaggio si aggiunge anche Tomaso Bruno. È Francesco a chiedergli di partecipare.
La mattina del 4 febbraio Tomaso ed Elisabetta trovano Francesco in agonia sul letto, in una stanza dell’hotel Buddha di Chentgani, alla periferia della città di Varanasi, dove soggiornano. Chiamano rapidamente i soccorsi, che tuttavia si rivelano vani. Sul luogo non arriva un’ambulanza, ma un taxi che trasporta il ragazzo in ospedale, dove un medico ne constata il decesso. Mentre Tomaso si mette in contatto con l’Ambasciata Italiana a Nuova Dehli, la polizia di Varanasi impone ai due ragazzi di non uscire dall’albergo, vieta loro di utilizzare internet e concede solo l’uso dei telefoni cellulari.
L’attesa in albergo si fa angosciante. Tomaso Bruno ed Elisabetta Boncompagni in quei momenti di disperazione non riescono neanche a realizzare l’atroce destino che li aspetta. La loro angoscia si tramuta in paura.
Le autorità indiane sono convinte: i due italiani vengono accusati dell’omicidio del loro amico. Il 7 febbraio 2010 Tomaso ed Elisabetta sono tratti in arresto con l’accusa di aver strangolato Francesco, sulla base di un esame postmortem sul cadavere della vittima secondo il quale il decesso sarebbe avvenuto per asfissia da strangolamento. Lo Studio Legale Titus (nominato su indicazione dell’Ambasciata Italiana per difendere i due giovani) fa eseguire una controperizia dalla quale si evince che la morte è sì avvenuta per asfissia, ma non da strangolamento bensì per altre cause.
Da quella data Tomaso ed Elisabetta sono detenuti nel carcere di Varanasi, in quanto la polizia si è riservata il deposito della chiusura delle indagini sino allo scadere dei termini (90 giorni) con continui rinvii ogni 14 giorni. Le richieste di libertà su cauzione presentate dallo Studio Legale Titus durante il lungo corso del processo, costellato da intoppi e rinvii di udienze, sono state tutte respinte dal giudice.
Un estenuante stillicidio giudiziario che arriva sino al 23 luglio 2011, ore 17:30 locali. In quella data viene emessa la sentenza di condanna all’ergastolo per Tomaso Bruno ed Elisabetta Boncompagni. E pensare che in fase di lettura della sentenza le prospettive sono apparse ancora più cupe: il pm, sentito infatti che il giudizio era di colpevolezza, ha richiesto il massimo della pena, ovvero la pena di morte. Estrema condanna evitata soltanto perché il giudice l’ha ritenuta eccessiva, dal momento che in India è riservata esclusivamente a chi commette gravi atti di terrorismo.
La notizia, qui in Italia, fatica a sgomitare tra i bollettini meteo che aggiornano sul caldo di luglio e un attentato che in Norvegia ha provocato la morte di 77 persone. La condanna di questi due giovani da parte di un Tribunale indiano non occupa più di qualche trafiletto su alcuni giornali. Familiari e amici dei due ragazzi tentano, invece, di concedere una degna eco alle parole che Tomaso Bruno, subito dopo la sentenza, ha avuto la forza di scrivere sul suo profilo Facebook: «La battaglia per ottenere giustizia è ancora lunga, ma alla fine tutto si risolverà con l’assoluzione».
Si dà vita fin da subito ad una serie di iniziative finalizzate a far conoscere all’opinione pubblica la vicenda dei due amici detenuti in India e di esprimer loro solidarietà. In questo senso si batte tenacemente Marina Maurizio, mamma di Tomaso Bruno che mentre scriviamo si trova in India, per svolgere una delle frequenti visite al figlio detenuto insieme ad Elisabetta Boncompagni nel carcere «District Jail» di Benares, ma comunemente conosciuto dalla popolazione locale con il nome di «Choucaghat». «che a detta degli altri detenuti – racconta Tomaso Bruno a Linkiesta – è uno tra i peggiori dell’Uttar Pradesh, se non di tutta l’India».
Tomaso non ha mai avuto particolari problemi nell’adattarsi alla vita carceraria indiana. «Il mio rapporto con gli altri detenuti è stato buono sin da subito, più imparo la loro lingua e la loro cultura e più sono accettato. Per questo devo essere grato al mio “fratello” tibetano Pempa Tsering, che grazie alla sua perfetta conoscenza dell’inglese e dell’hindi, mi ha fatto, sin da subito, con infinita pazienza, da traduttore simultaneo». Il carcere «District Jail» di Benares conta circa 1.800 detenuti, la gran parte è in attesa di giudizio e la percentuale dei criminali pericolosi è minima. «La maggior parte dei detenuti è gente normale incappata in un modo o nell’altro nell’assurdo sistema della giustizia indiana».
Molto probabilmente, anche per questo, ci racconta Tomaso, non è stato difficile inserirsi. «È per me è motivo di orgoglio l’essere passato in poco tempo dallo status di “straniero”, e quindi rispettato perché tale, a quello di “fratello”, e quindi rispettato per quello che è». «Viviamo in stanzoni da 100/120 persone con un piccolo spiazzo di fronte dove poter camminare. I cancelli delle stanze restano aperti dalle 6.00 alle 12.30 e dalle 15.00 alle 19.30». Qui, «c’è un’area con sei rubinetti e una pompa a mano» dove possiamo lavarci e lavare i panni. Poco più dietro ci sono le latrine: 12 in tutto. Tomaso le racconta come l’unica parte fatiscente del carcere, «visto che non dispongono di acqua corrente».
I due italiani si sono dovuti adattare alle abitudini indiane, ma i problemi più grandi, sottolinea Tomaso, sono il clima e le cure mediche. «Da aprile a ottobre c’è un caldo torrido e le ventole che pendono dal soffitto sono quasi sempre ferme visto che l’elettricità va e viene». Le cure mediche «lasciano un pochino a desiderare». A «District Jail» c’è solo un piccolo ospedale: «Le medicine sono di bassa qualità e la mia impressione è che sia meglio cercare di non ammalarsi». Il cibo è rigorosamente vegetariano, «ma in uno modo o nell’altro si riesce tutti i giorni a mettere insieme tre pasti decenti».
Quelli che stanno vivendo i due giovani e i loro familiari sono mesi concitati, di attesa. Recentemente, la Corte Suprema indiana ha giudicato «ammissibile» il ricorso contro la condanna all’ergastolo. La prossima tappa di questo loro calvario è ora fissata per il 3 settembre, data dell’udienza del massimo tribunale indiano. Ma Tomaso Bruno preferisce rimanere con i piedi per terra: «Sono realista e penso che ribaltare due sentenze di ergastolo non sia un’impresa semplice neanche per uno dei migliori penalisti indiani come sembra essere Mr. Mukul Rohatgi, il nostro nuovo avvocato». «Tuttavia – conclude Tomaso – il fatto che il ricorso sia stato accolto senza problemi, alimenta quel piccolo fuoco di speranza che dentro di me non si è mai spento». Fuoco di speranza che facciamo anche nostro.
In questo senso, può essere utile ricordare che il 30 ottobre del 2012 è entrato in vigore un «Accordo bilaterale» tra Italia e India che dovrebbe permettere il trasferimento delle persone già condannate nel Paese d’origine. Se è pur vero che l’ultima parola spetta all’India, dovrà essere il governo italiano a richiederne l’applicazione.
Carcere – Ultime da Tolmezzo
Diffondiamo da informa-azione
Assieme a parole di apprezzamento per il presidio del 30 marzo, dal carcere di Tolmezzo sono arrivate alcune informazioni da diffondere.
Apprendiamo che Massimo Russo, comandante della squadretta di picchiatori, è stato trasferito dal carcere di Tolmezzo (a quanto si dice, in quello di Udine).
Gira anche voce che il carcere di Tolmezzo – dove già esistono una sezione di 41 bis e una di Alta Sorveglianza – debba diventare una struttura adibita in toto all’Alta Sorveglianza, con trasferimenti previsti per luglio.
Se mettiamo insieme queste informazioni con i nuovi progetti di AS previsti in Sardegna e con altre sezioni speciali costruite in fretta e furia in altre carceri (come a Ferrara), appare evidente che il dominio si sta preparando ai possibili conflitti fuori e dentro le prigioni con le armi classiche dell’isolamento e della differenziazione.
Questi progetti, così come la presenza di compagni e compagne in carcere, devono diventare parte concreta delle lotte.
Aspettare passivamente, per i nemici del dominio, sarebbe una pessima idea.
Quattro nuove carceri in Sardegna al posto di due in chiusura: il punto dei detenuti nell’isola
Per quattro carceri che aprono, due chiudono i battenti. E alle proteste sulla realizzazioni dei grandi istituti si contrappongono proteste, invece, contro la soppressione dei piccoli. Sembra un paradosso, ma i distinguo sono d’obbligo. Altre polemiche sono piovute sul Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria quando, il 21 marzo, ha confermato le indiscrezioni circolate sull’addio alle sezioni di Iglesias e Macomer, il primo dedicato ai sex offender, l’altro con estremisti islamici.
La voce più critica che si è levata appartiene a Claudia Lombardo, presidente del Consiglio regionale nata proprio nel Sulcis-Iglesiente. “È incredibile che il Dap tolga alla Sardegna realtà funzionanti come quelle di Iglesias e Macomer, e invece realizzi grandi carceri di massima sicurezza. Siamo di fronte al solito Stato patrigno”. Non era la sola a ritenere infausta questa scelta. In una cittadina come Iglesias, il carcere era quasi una risorsa, nonostante le difficoltà che il provveditorato ha incontrato, talvolta, per far lavorare in quel territorio i detenuti, tutti reclusi per reati legati alla violenza sessuale su donne o minori. Per la criminologa Cristina Cabras, professore associato alla facoltà di Scienze politiche di Cagliari, la decisione invece rispetta un ovvio criterio di razionalizzazione.
“L’Italia ha il triplo di carceri della Spagna con il minor numero di detenuti”, spiega riferendosi ai 223 istituti nostrani per 67mila detenuti, contro gli 82 edifici destinati ai 70mila prigionieri spagnoli. “Com’è possibile lasciare aperto un carcere come Lanusei, ad esempio, che ha soli 31 posti? Si tratta di un costo troppo elevato”. Cristina Cabras sta effettuando uno studio per conto del provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria (Prap) sulla recidiva dei detenuti sardi. In pratica, il provveditorato vuole capire cosa fanno gli ex reclusi una volta in libertà e se qui si raggiungano i livelli italiani, dove tornano a delinquere sette detenuti su dieci, una enormità. A piano carceri completato, la Sardegna sarà una regione ad “autarchia detentiva”, nel senso che ospiterà tutte le tipologie di reclusi, forse caso unico in Italia.
Basti pensare che qui hanno sede tre delle quattro colonie penali del Paese – Isili, Mamone, Is Arenas – che invece sono sotto utilizzate, anche perché i detenuti lavorano e vanno retribuiti. Poi ci saranno le due (forse tre) sezioni per i 41 bis a Uta e Bancali e i due bracci speciali a Massama e Nuchis per detenuti altrettanto pericolosi, quelli soggetti al regime di Alta sicurezza. Si tratta di affiliati alle cosche o comunque condannati per reati legati alla criminalità organizzata. Oppure, capimafia per i quali il regime di carcere duro non viene rinnovato e allora è “declassato” in Alta sicurezza. Ma il piano prevede anche la costruzione di un istituto per madri detenute con i loro figli a Senorbì: sarebbe il secondo in Italia, dopo quello di Milano.
Fonte: La Nuova Sardegna
Carceri tedesche: scoperte cellule di infiltrati neonazisti nelle carceri della Germania
La Germania dopo Hitler trascorre gran parte della sua esistenza a ripulire l’immagine dall’estremismo, dando prova di notevole apertura, progresso e civiltà se non fosse per l’ombra neonazista che continua a gravare sulla bandiera. Il neonazismo è vivo, anzi è più che vivo, e tenta di infilarsi in ogni dove per rendere vive le sue cellule sparse in giro per il paese.
L’ultimo scandalo scoperto in Assia rende la sua minaccia ancora più preoccupante per l’abilità di mascherarsi e riprodursi come un cancro silenzioso. Die Bild spiega che le autorità dell’Assia hanno scoperto una rete neonazista all’interno delle carceri tedesche: “Si fingevano un’associazione che aveva l’obiettivo di aiutare i carcerati, sostenendo economicamente le loro famiglie” ma dopo alcune ricerche si è scoperta la vera natura delle operazioni: con il pretesto dell’aiuto finanziario, la rete neonazista permetteva la comunicazione tra i membri in carcere e all’esterno, attraverso l’utilizzo di codici e messaggi nascosti ancora difficili da interpretare e, a prima vista, non imputabili all’estrema destra. Ecco quanto è successo.
MANUALE DEL GIOVANE NEONAZISMO – Non è la prima volta che l’estremismo di destra prova a intrufolarsi nelle carceri tedesche, Der Spiegel ricorda che nel 2011, il ministro Hans-Peter Friedrich vietò la “Hilfsorganisation fuer nationale politische Gefangene und deren Angehoerige” (HNG) ovvero un’organizzazione che si occupava di provvedere ai ‘prigionieri’ politici nazionali e alle loro famiglie perché “glorificava il nazismo” e “rifiutava la democrazia”. HNG aveva l’obiettivo di aiutare 600 membri dichiarati “prigionieri” a causa della manifestazione del loro estremismo di destra. A niente è valso l’annullamento dell’associazione perché due anni dopo, in Germania si parla di nuovo del tentativo neonazista di farsi largo nelle carceri. Sueddeutsche Zeitung e Die Bild sostengono che la rete neonazista, all’attacco delle carceri, avesse contatti anche con l’ambiente Nationalsozialistischer Untergrund (NSU), il gruppo terroristico che ha firmato i delitti del kebab. La nuova rete comunicava attraverso codici e simboli e il ministro di Giustizia Joerg-Uwe Hahn ha confermato le indagini, spiegando che tutto il materiale è stato analizzato e sequestrato: “Non vogliamo che si ripetano i crimini NSU e anche gli errori nelle indagini”.
Il politico si riferiva al risarcimento di 900 mila euro del governo tedesco ai parenti delle dieci persone uccise dalla cellula terroristica Clandestinità Nazionalsocialista: i crimini si sono consumati tra il 2000 e il 2007 ma Berlino ha impiegato cinque anni per rendere giustizia alle vittime, come ha scritto Die Zeit. Il risarcimento alle vittime della Nsu del 2012 è stato un importante passo in avanti e da allora “I ministri federali hanno promesso di indagare negli archivi allo scopo di trovare informazioni sui crimini più datati, in modo tale da sistemare la questione del ‘riconoscimento governativo’”. Solo la prossima settimana inizierà il processo contro Beate Zschaepe, l’unica sopravvissuta della banda del Kebab, e altri quattro presunti complici coinvolti. È chiaro che, alla luce dello scandalo dell’indagine trascurata NSU, l’attenzione del governo sia alta.
SBARRE E NEONAZISMO – Sueddeutsche Zeitung spiega che sono finiti agli arresti diversi estremisti di destra accusati di aver tentato di costruire una rete nazionale, che avrebbe anche intrecci con la NSU. I carcerati implicati nella rete sono stati trasferiti e separati dagli altri. Il ministro di Giustizia Hahn ha intenzione di parlare con i ministri di Giustizia delle altre province per analizzare la questione mentre i controlli nelle carceri dell’Assia sono aumentati: “Le forze dell’ordine dovrebbero avere una formazione più approfondita al punto da essere in grado di bloccare sul nascere questo tipo di infiltrazioni” ha scritto il giornale tedesco anche se “Non è facile tenere d’occhio la rete neonazista”.
Uno dei neonazisti coinvolti nella rete e arrestato, è già noto alle forze dell’ordine per essere l’autore di una lettera anonima in cui è comparso come “la mente di tutti gli attacchi NSU”. Un’accusa forte che adesso sarà valutata nelle indagini. Da un’interrogatorio precedente, l’uomo ha raccontato di essersi incontrato più volte “con Beate Zschäpe, Uwe Mundlos und Uwe Böhnhardt” (i tre componenti del trio terrorista di cui oggi è in vita solo Zschäpe ndr). Dalle nuove indagini risulta un file a nome “Paulchen Panther” sul suo computer che risalirebbe agli anni NSU ma che gli inquirenti devono ancora visionare. La moglie lo ha difeso dicendo che era solo “un file sulla Pantera Rosa e niente di più” e poi ha detto: “Lo abbiamo anche guardato insieme”.
Fonte: giornalettismo.com