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Aggiornamento sui compagni detenuti

Diffondiamo da Radiazione

anarchia2_fondo-magazinePer quanto riguarda Marco Camenisch stanno discutendo il suo ricorso sulla “non liberazione”. Per ora hanno fatto capire che è troppo presto per liberarlo( 2/3 già scontati…) e che molto probabilmente dovrà seguire un iter diverso con permessi premio ecc. Secondo Marco questo non accadrà prima di uno o due anni.

Per Gabriel Pombo da Silva la corrispondenza è molto rallentata, o addirittura qualche volta viene rispedita al mittente ma non da Alicante, dove il compagno è detenuto, ma da Madrid. Evidentemente li c’è lo smistamento delle Poste Carcerarie…

Per Elisa Di Bernardo, unica compagna della “Op. Ardire” ancora detenuta in carcere a Rebibbia, il giorno 21 marzo gli sono stati dati altri 3 mesi di censura sulla posta. Motivo sarebbe la fitta corrispondenza di Elisa con Marco Camenisch e Gabriel Pombo da Silva. Oltre alla censura sta avendo notevoli ritardi nel ricevere la posta…anche quella dei familiari(addirittura con ritardi di 1 mese). Una cosa buona sarebbe quella di fare un vero e proprio massiccio invio di lettere alla compagna in questo periodo.


Detenuto si suicida nelle carceri di Catanzaro

Un detenuto sottoposto a regime di alta sicurezza si è suicidato nelle carceri di Catanzaro.

impiccato2Si tratta di un uomo di 55 anni di originalità campana il quale si è tolto la vita impiccandosi nella sua cella.

A dare la triste notizia di quanto successo è stato il sindacato della Polizia Penitenziaria Sappe.

Così si sono espressi Giovanni Battista Durante e Damiano Bellucci, rispettivamente segretario generale aggiunto del Sappe e segretario nazionale: “’Un altro morto nelle affollate carceri italiane le cui notizie somigliano sempre di più a un bollettino di guerra”.

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Se sei malato in galera, crepa

Ci sono detenuti con il cancro, la leucemia, il diabete, l’Alzheimer, l’epilessia. Per non dire dei disabili. E nelle carceri italiane sono quasi sempre abbandonati come bestie. Una vergogna a cui bisogna mettere fine

images (2)Antonio respira a fatica, si trascina zoppicando appoggiandosi al muro. I suoi passi lenti dalla cella all’infermeria sono un calvario quotidiano che percorre quasi nell’oscurità. Il diabete gli ha portato via la vista e il piede sinistro è ormai consumato dalla cancrena. Michele, invece, quando è entrato a Rebibbia pesava più di novanta chili. Oggi, divorato dall’anoressia, non arriva a trentotto.

Nei penitenziari italiani Antonio e Michele non sono eccezioni. L’elenco di reclusi con patologie gravi è sterminato: ci sono persone colpite dall’Alzheimer e dal cancro, leucemici ed epilettici come ha raccontato “l’Espresso” un mese fa. Dati ufficiali non esistono ma secondo le stime di alcune associazioni – tra cui Antigone e Ristretti Orizzonti – il 47 per cento dei detenuti ha bisogno di assistenza per seri problemi medici o psicologici: quasi 31 mila persone tra le 66 mila e 685 rinchiuse negli istituti di pena.

Adesso il caso di Angelo Rizzoli ha permesso di aprire uno squarcio su questi drammi: i legali hanno denunciato la situazione dell’editore settantenne arrestato per bancarotta, provocando interrogazioni parlamentari e l’intervento del Guardasigilli. Rizzoli soffre di sclerosi multipla ma nella sezione detenuti dell’ospedale Pertini di Roma non c’è la possibilità di fisioterapia e quindi il morbo stava avanzando. Il Tribunale del Riesame gli aveva negato la possibilità di andare ai domiciliari ma adesso il gip lo ha autorizzato: potrà curarsi in un centro adeguato.

Più a Nord, nel carcere di Busto Arsizio esiste un reparto di fisioterapia completamente attrezzato: non è stato mai aperto. Uno spreco e un paradosso rispetto al panorama disastroso delle prigioni italiane: ci sono istituti clinici solo in tredici penitenziari su 207. La Corte europea dei diritti dell’uomo è stata perentoria: «Le disfunzioni strutturali del sistema penitenziario non dispensano lo Stato dai suoi obblighi verso i detenuti malati». Chi non assicura terapie adeguate viola la Convenzione europea e all’Italia sono già state inflitte diverse condanne. L’ultima lo scorso gennaio: un detenuto di Foggia, parzialmente paralizzato e costretto a scontare la pena in una cella di pochi metri quadrati, verrà risarcito per il danno morale. Una sentenza poco più che simbolica: lo Stato dovrà pagargli 10 mila euro.

Spesso però il danno più grave viene dalla burocrazia, che impedisce di fatto le cure specifiche. L’acquisto dei farmaci deve essere autorizzato dal direttore, mentre i ricoveri e persino le visite urgenti passano attraverso procedure lente e complesse, con effetti disumani. Certo, bisogna impedire le fughe e i contatti con l’esterno: il trasferimento in centri clinici è uno strumento utilizzato soprattutto dagli uomini di mafia per evadere o mantenere i rapporti con i clan. Ma, a causa della carenza di mezzi e organici, troppe volte diventa impossibile organizzare il trasporto in ospedale, che prevede la sorveglianza costante da parte degli agenti. Così soltanto a Roma nelle ultime settimane quattro persone sono morte nei penitenziari.

Anche i disabili faticano a ricevere assistenza adeguata. Nelle carceri italiane sono quasi mille. Come Cataldo C., 65 anni, detenuto a Parma per reati di droga. Nel 1981 è stato colpito da un proiettile e il trauma midollare lo ha costretto sulla sedia a rotelle. Da allora deve sottoporsi a una particolare terapia riabilitativa, la idrokinesiterapia, con iniezioni al midollo spinale, per alleviare il dolore e permettergli un parziale recupero. I medici hanno più volte dichiarato la sua totale incompatibilità con il carcere, che fra l’altro non ha ambienti idonei per chi si muove sulla sedia a rotelle. Le istanze presentate dal difensore Francesco Savastano sono state bocciate e oggi l’uomo non può più neppure sottoporsi alle iniezioni: Cataldo C. ha perso anche quel poco di mobilità che era riuscito a recuperare grazie alle cure.

Dietro le sbarre moltissimi detenuti si ammalano di anoressia. Arrivano a perdere più della metà del peso e si riducono a larve umane, esposte a traumi e infezioni. Alessio M., 48 anni, dal 2011 è recluso ad Avellino, in attesa di giudizio per usura. A raccontare la sua storia attraverso l’associazione “Detenuto Ignoto” è la moglie Lucia: «Soffre di una forma di idrocefalo che gli provoca mal di testa lancinanti, parzialmente curati con un drenaggio alla testa di cui è tuttora portatore».

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Bolzano, carcere di Via Dante invaso dalle zecche. E’ ancora emergenza per detenuti e dipendenti

zeccaE’ vecchia, troppo piccola, ottocentesca: da anni oramai, l’antica struttura del carcere di Via Dante, che si affaccia da un lato sul parco del Talvera, lamenta carenze e problemi che non sono certo nuovi alle amministrazioni locali e nazionali.

Lavori promessi e mai completati, sovraffollamento, proteste, e da qualche mese, una massiccia presenza di piccoli e indesiderati ospiti: perché ad aggravare le condizioni igienico-sanitarie di un luogo mai troppo salubre, ci pensano adesso persino le zecche, la cui presenza è stata registrata da lavoratori e detenuti indignati.

Anche la caserma della polizia penitenziaria è in piena fase di invasione, tanto da spingere il sindacato Uilpa a sporgere denuncia, lamentando una condizione “fuori dagli standard di legge sull’igiene e la salute dei dipendenti”.

Già lo scorso novembre, in Comune, si parlava della necessità di disinfestare carcere e caserma; ora le zecche sono tornate, e si muovono senza paura, tra finestre, letti, docce, sulle mani di chi è costretto ad agire quotidianamente negli ambienti che hanno invaso. E’ un grosso pericolo per la salute di chi lavora in una struttuta che oramai è agli sgoccioli; parola di Maria Rita Nuzzaci, la direttrice del carcere, che dalle pagine dell’ “Alto Adige”, racconta di una situazione oramai insostenibile, dove tre o quattro disinfestazioni l’anno non riescono a debellare un problema tanto grave, dove i muri ammuffiscono, a causa della vicinanza al fiume, dove l’atmosfera sembra più “asburgica” oggi che cento anni fa.

A completare il quadro, ci si mettono i topi, che attraversano saltuariamente i corridoi del carcere prima di giungere al Talvera, rendendo sempre più urgenti i lavori per la costruzione del nuovo carcere a Bolzano Sud.

In occasione della tradizionale visita del Vescovo ai detenuti nei giorni della Pasqua, la Nuzzaci aveva ultimato l’ultimo report sulla mancanza di attrezzature, finanziamenti, interventi per la manutenzione, persino materiale di cancelleria; ma della prima pietra al cantiere di Bolzano Sud, che il subcommissario incaricato dal ministero degli interni, Luis Durnwalder, aveva promesso entro la fine del 2012, non c’è traccia.

Il progetto del nuovo carcere, complice la crisi, è sparito da sei mesi, ogni comunicato stampa ufficiale sembra essersi volatilizzato, gli appelli delle cariche pubbliche, da Franco Corleone, ex sottosegretario alla giustizia, al prefetto di Bolzano Valerio Valenti, verranno per qualche tempo accantonati. Realisticamente, lavori che andrebbero realizzati con la massima urgenza rischiano di lasciare al carcere di via Dante il tempo necessario per cadere definitivamente a pezzi.

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Grecia: 25 anni di carcere per 3 leader gruppo estrema sinistra

aaaaa(AGI) – Atene, 3 apr. – Mano pesante dei magistrati contro tre leader del gruppo di estrema sinistra greco Lotta rivoluzionaria, che nel 2007 lancio’ un razzo contro l’ambasciata Usa ad Atene. Nikos Maziotis, sua moglie Panagiota Roupa e Costas Gournas sono stati condannati a 50 anni di carcere a testa, ma ne dovranno scontare la meta’. Maziotis e Roupa sono pero’ latitanti dal giugno scorso e per questo sono stati giudicati in contumacia dal tribunale speciale istituito presso il carcere di massima sicurezza di Korydallos. I due erano usciti di prigione nel 2011 e avevano l’obbligo di firma ma sono fuggiti, probabilmente all’estero. Altri due militanti del gruppo sono stati condannati a sette anni e mezzo di carcere e altri due sono stati assolti per insufficienza di prove. Lotta rivoluzionaria, considerato il gruppo di estrema sinistra piu’ pericoloso d’Europa, e’ operativa dal 2003. Di fatto e’ l’erede di 17 novembre, un’organizzazione terroristica che aveva fatto 23 morti tra il 1975 e il 2000. E’ inserita nelle liste dei gruppi terroristici stilate da Ue e Usa e tra gli attentati al suo attivo ci sono anche quelli contro un ministro dell’Interno, la Borsa di Atene e diverse banche. I vertici del gruppo sono stati catturati nel 2010 dopo che un militante era rimasto ucciso in una sparatoria con la polizia.


Nuovi abusi contestati a prete del carcere S.Vittore

aaaa(ANSA) – MILANO, 3 APR – Salgono a 11 gli episodi di abusi sessuali ai danni di giovani detenuti contestati ad Alberto Barin, di 51 anni, ex cappellano del carcere di San Vittore.

L’uomo e’ stato arrestato il 20 novembre 2012 in conseguenza di 6 casi accertati dalle indagini congiunte di squadra mobile e polizia penitenziaria. Ora il gip di Milano Enrico Manzi ha emesso un’ordinanza per altri 5 casi, si tratta di detenuti di 20/30 anni provenienti per lo piu’ dal nord Africa.


Carceri: un caso sospetto di tbc a Messina

 

tubercolosi-mantoux(AGI) – Palermo, 3 apr. – Un detenuto italiano ristretto presso la carcere di Messina e’ stato ricoverato d’urgenza nel “Repartino” dell’ospedale Papardo per sospetta Tbc. Lo rende noto e’ il segretario generale aggiunto del sindacato di polizia penitenziaria Osapp, Mimmo Nicotra, secondo cui l’ammalato svolgeva attivita’ lavorativa nella cucina detenuti della casa circondariale di Gazzi ed e’ per questo che precauzionalmente la direzione dell’istituto di pena ha isolato per motivi sanitari anche tutti gli altri detenuti che hanno lavorato negli stessi ambienti carcerari o che hanno diviso spazi comuni detentivi cui il malato. E’ stata avviata la profilassi di vaccinazione sia del personale di polizia penitenziaria, sia di quello socio-educativo e dei reclusi. “Episodi di questo tipo -commenta Nicotra- mostrano ancora, e qualora ve ne fosse la necessita’, tutte le lacune della sanita’ penitenziaria italiana perche’ e’ impensabile, al giorno d’oggi, che il personale del corpo di polizia penitenziaria debba correre evidenti rischi di contagio per loro stessi e le loro famiglie in assenza di protocolli periodici che possano prevenire o attutire l’impatto altamente deleterio di simili eventi contagiosi”.

Fonte AGI.it


Libero dopo 17 anni un monaco che chiedeva libertà per il Tibet

aaaLhasa (AsiaNews) – In un raro gesto di disgelo, le autorità cinesi hanno liberato dopo 17 anni di carcere un monaco e attivista tibetano che si era battuto per l’indipendenza del Tibet e il ritorno del Dalai Lama, in carcere per “attività controrivoluzionarie” e “minacce allo Stato socialista”. La liberazione è confermata da diverse fonti tibetane raccolte da Radio Free Asia: Jigme Gyatso, 52 anni, è tornato nella sua casa di Sangchu (nella provincia del Gansu) dopo essere stato liberato dalla famigerata prigione di Chushul, nei pressi di Lhasa.

L’uomo era stato condannato nel 1996 a 15 anni di carcere. La sua colpa principale era quella di aver fondato l’Associazione per il movimento libero tibetano (o Gruppo per l’indipendenza tibetana e la verità), organizzazione para-legale che chiedeva autonomia culturale e religiosa per la regione.

Nel 2004, dopo 8 anni di reclusione, è stato condannato ad altri 3 anni di detenzione per aver urlato in carcere “Lunga vita al Dalai Lama”. Il rilascio di Jigme era previsto per il marzo del 2014, ma le sue condizioni di salute sono molto peggiorate e hanno imposto una scarcerazione più rapida. L’uomo, subito dopo il suo arresto, è stato picchiato duramente tanto da impedirgli ora di camminare bene ed è stato più volte ricoverato in ospedale.

Nel maggio del 1998 Jigme Gyatso ha fatto parte del gruppo di prigionieri che aveva urlato slogan per la libertà del Tibet durante la visita di una delegazione dell’Unione Europea nel carcere di Drapchi, dove era ristretto. Subito dopo la fine della visita ufficiale, gli agenti della pubblica sicurezza si sono lanciati sul gruppo per punirli: nove di loro morirono in seguito alle percosse.

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Presidio sotto al CIE di Torino

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Sui tetti

Diffondiamo da Macerie

 

aaContinua lo sciopero della fame di tutti i reclusi del Cie di Torino, e i prigionieri raccontano che due di loro da diversi giorni stanno portando avanti anche lo sciopero della sete. Per sostenerli nella loro lotta, lunedì sera una ventina di solidali si è data appuntamento in corso Brunelleschi per un saluto con slogan, battiture e petardi. Come al solito, da dentro la risposta non si è fatta attendere. Inoltre, e questa è una novità, si sentivano chiaramente le urla delle donne prigioniere. Martedì mattina i reclusi dell’area gialla del Cie di Torino salgono sui tetti delle camerate: chiedono che siano liberati almeno quelli che hanno già passato sei mesi dietro le sbarre.

Cogliamo infine l’occasione per pubblicare un un video girato a febbraio dai reclusi di Torino, e tenuto nascosto per tutelarne l’autore. Nelle immagini si vedono chiaramente i pasti consumati sul pavimento a causa della rimozione dei tavoli, e lo stato delle latrine.

scarica il file in formato mp4.


Sulmona, internato ‘evade’ nel giorno di Pasqua

Pasqua-2013-a-RomaUn assistente capo di polizia penitenziaria di stanza del carcere di Sulmona ha fermato e arrestato a Pasqua un internato che si era reso irreperibile dopo essere uscito in licenza premio dal penitenziario Peligno e nel quale non era rientrato alla scadenza del periodo concessogli.

Alle 6.30, mentre si stava recando al lavoro per svolgere il suo turno di servizio, ha notato l’uomo in zona stazione e lo ha subito fermato. Il 50enne è stato ricondotto nella casa di reclusione per essere sottoposto all’internamento, dopo essere stato dichiarato socialmente pericoloso.Il pugliese rischia per l’infrazione fatta la proroga della misura di sicurezza e la mancata attribuzione di ulteriori licenze.

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Appicca incendio nel carcere di Vicenza

fire-wallpapers_27436_1920x1080Intorno alle 11.15 un detenuto extracomunitario, recluso nella Casa Circondariale di Vicenza, ha appiccato il fuoco nella propria cella. A seguito del denso fumo uscito dalla seconda sezione del carcere, i detenuti sono stati mandati ai cortili passeggi. Il rapido intervento degli agenti di Polizia Penitenziaria ha permesso di mettere in salvo il detenuto, chiuso in bagno con un asciugamano bagnato sulla testa. E’ stato tratto in salvo dai baschi azzurri intervenuti, che hanno quindi spento il fuoco con un estintore mentre altri detenuti venivano messi in salvo.

Dopo alcuni minuti sono giunti anche i Vigili del Fuoco, quando l’incendio era stato ormai domato. Due agenti sono stati accompagnati al Pronto Soccorso per accertamenti, intossicati dal fumo. Il detenuto e’ stato visitato dal medico di guardia e trovato in buone condizioni, tanto che per lui non e’ stato chiesto il ricovero in ospedale. L’incendio, a quanto si e’ appreso, e’ stato appiccato in piu’ punti contemporaneamente. Tutti i detenuti sono stati fatti rientrare nelle proprie celle e la situazione e’ tornata alla normalita’.

Fonte Adnkronos


Abruzzo/Detenuto morto nel carcere di Castrogno.

images (1)TERAMO. E’ morto in carcere, probabilmente per un infarto.
Vincenzo Fabiano, 35 anni, di Pescara, era rinchiuso nel penitenziario di Castrogno da qualche mese per reati legati allo spaccio di stupefacenti. Si è sentito male nella notte, i suoi compagni di cella lo hanno trovato senza vita e hanno fatto scattare l’allarme. Quando le guardie penitenziarie sono arrivate per prestare i primi soccorsi, però, non c’è stato nulla da fare.
Da qualche settimana l’uomo, insieme al suo avvocato, era impegnato a dimostrare che le sue condizioni di salute non erano compatibili con il regime carcere. Tra qualche giorno era stata fissata anche una udienza davanti al giudice di sorveglianza per decidere se era possibile provvedere a misure restrittive alternative.
«Quella del detenuto Fabiano sembra essere una morte annunciata», commenta Alessio Di Carlo, dei Radicali Abruzzo. Di Carlo rende noto il contenuto delle denunce di Marco Fabiano, fratello del giovane deceduto, secondo il quale le precarie condizioni dell’uomo, attestate da numerosi certificati, imponevano il ricovero in una struttura sanitaria ad hoc.
«I fatti dichiarati dal fratello del defunto sono di estrema gravità», ha spiegato l’esponente radicale, «visto che, a detta dello stesso, era stato chiaramente ipotizzato il rischio di decesso e che, nonostante questo, ogni istanza tesa a far trasferire il Fabiano è stata rigettata: una volta tanto, dunque, l’accaduto non sembra direttamente riconducibile al dramma del sovraffollamento, che pure affligge Castrogno, ma ad una dissennata valutazione delle condizioni fisiche del detenuto».
Di Carlo ha concluso ricordando che «come radicali abruzzesi saremo in prima linea, come sempre, a tutela dei diritti delle persone detenute e dei loro familiari e, a cominciare da giovedì, quando verranno resi noti gli esiti dell’autopsia, valuteremo l’avvio di iniziative di lotta nonviolenta volte al ripristino della legalità violata».

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Velletri: muore detenuto in carcere

dead_set_tv_logoSesto caso di morte di un detenuto negli ultimi quattro anni nel carcere di Velletri: a comunicarlo l’Osservatorio permanente sulle morti in carcere. A morire è stato lo scorso 27 marzo il giovane Mohamed Saadaoui di 27 anni.

Sono ancora in corso gli accertamenti sulla morte del giovane, ma pare che il decesso sia avvenuto per l’inalazione del gas della bomboletta in dotazione ai detenuti. Sull’esatta dinamica dei fatti saranno le indagini a fare chiarezza.

Negli ultimi 4 anni gli altri decessi nel carcere di Velletri sono avvenuti 2 per suicidio, 1 per malattia e tre per causa ancora da accertare. In questi stessi giorni si è registrato un altro decesso nel carcere di Teramo che è uno dei penitenziari italiani con il più alto numero di morti.

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Iraq: eseguire quattro condanne a morte, comminate per reati di terrorismo

Cappio-001Il ministero della Giustizia iracheno ha annunciato che sono state eseguite le condanne a morte comminate all’ex leader di al-Qaeda a Baghdad, Munaf Abdul Raheem al-Rawi, e ad altri tre detenuti accusati di terrorismo. ‘Le esecuzioni dei quattro terroristi sono state portate a termine per impiccagione, sono state eseguite per il loro ruolo nella guida di gruppi terroristici che hanno pianificato e sferrato un gran numero di attacchi criminali contro la popolazione in varie province’, si legge in una nota del ministero di Baghdad. Al-Rawi era stato arrestato nella capitale irachena nel marzo di tre anni fa ed e’ stato condannato a morte per la pianificazione di una serie di attacchi contro ministeri, alberghi, ambasciate e luoghi di culto islamici e cristiani.

Fonte: Adnkronos


Kuwait: eseguite tre impiccagioni per omicidio, le prime esecuzioni dal 2007

imagesTre uomini condannati per omicidio sono stati impiccati in Kuwait. Le ultime esecuzioni nell’emirato risalivano al 2007. L’agenzia Kuna riferisce che le condanne a morte sono state eseguite nella prigione centrale, ma non fornisce altri dettagli. Secondo la stampa, i condannati impiccati sono un pachistano per l’omicidio di una coppia di kuwaitiani, un saudita colpevole di avere ucciso un connazionale, mentre il terzo, definito un apolide arabo, era stato riconosciuto colpevole di avere ucciso una donna e i suoi cinque bambini. Nel braccio della morte delle carceri del Kuwait ci sono almeno 44 condannati. Da quando l’emirato ha introdotto la pena di morte nel 1960 sono stati giustiziati 69 uomini e tre donne.

Fonte: Ansa


Muore detenuto palestinese, Hamas evoca Intifada

Thousands of Palestinians attend rare Fatah rally in Hamas-run Gaza(ANSAmed) – TEL AVIV/RAMALLAH, 02 APR – Hamas evoca una “nuova Intifada” dopo la morte di Maysara Abu Hamadiya (64 anni), un palestinese condannato all’ergastolo nel 2002 per aver partecipato all’organizzazione di un attentato suicida a Gerusalemme, sventato. La notizia del decesso ha scatenato disordini nei Territori e nelle carceri israeliane.

Affetto da un tumore alla gola, Abu Hamadiya è spirato oggi in un ospedale di Beer Sheva (Neghev), dove era stato ricoverato due giorni fa per un aggravamento della sue condizioni. Immediata la condanna del presidente palestinese Abu Mazen secondo cui Israele va considerato responsabile della sua morte. La gravità della malattia di Abu Hamadiya, ha aggiunto il ministro per i detenuti Issa Karake, era nota da mesi ma è stata “trascurata”. “Israele si è macchiato di un crimine orrendo”, ha aggiunto Karake, secondo cui questa morte – la seconda in due mesi di un palestinese detenuto in Israele – deve essere oggetto di indagini internazionali.

Anche sulla affiliazione politica di Abu Hamadiya la versione israeliana differisce da quella palestinese. A Hebron (Cisgiordania) era noto come una figura di spicco di al-Fatah. Ma secondo Israele negli ultimi anni aveva stretto legami con Hamas.

E da Gaza, Hamas ha espresso cordoglio per la sua morte e ha invocato una nuova intifada nei Territori. Subito dopo la sua morte, incidenti si sono verificati in diversi penitenziari di Israele. In Cisgiordania gravi disordini sono stati segnalati a Hebron (dove dimostranti hanno lanciato bottiglie incendiarie contro soldati israeliani) e a Nablus. Domani nei Territori sarà osservata una giornata di lutto.


Lettera di Silvana, prigioniera a Temuco

pinera-y-los-mapucheUn saluto pieno di energia per tutt* quell* che mi conoscono, apprezzano e sono preoccupat* per la situazione nella quale mi hanno coinvolto in questo momento. Per prima cosa voglio ringraziare l’affetto e l’appoggio incondizionato di mia madre, del mio caro figlio, sorelle, fratello, famiglia, e la molteplicità di compagn*, amiche e amici con le quali ci ritroviamo e ci riconosciamo nella quotidianetà della vita, condividendo i più bei pensieri, idee, sogni, e creando in ogni istante, in ogni luogo dove ci troviamo col fine di realizzare nel possibile e nell’impossibile di ogni realtà una vita degna, onesta e libera.

La privazione della mia libertà e del compagno prigioniero nel carcere di Temuko, chiaramente rientra nel contesto di un folle montaggio, questa volta portato avanti dal famigerato procuratore anti-mapuche a adesso persecutore di idee Miguel Angel Velazquez.

Il giorno 28 Marzo, verso le 5:00 am, Sono state perquisite due case di Temuko ad opera degli apparati repressivi dello Stato-GOPE, con mandato verbale per la presunta collocazione di ordigni esplosivi in entrambi i casi.
Il risultato della perquisizione della casa dove mi trovavo è stata la distruzione dell’immobile, sequestro di computer, cellulari, macchine fotografiche e soldi tra le altre cose. Al termine dell’operazione ci informano della nostra condizione di detenuti, ossia, per “traffico di droga”. Siamo stati condotti a verificare lesioni all’ospedale regionale della città, inseguito ci hanno condotto all’ottavo commisariato dove ci mantengono assieme agli altri 10 arrestati per più di 30 ore senza poter andare in bagno, dalle 5 del mattino alle 10 del mattino seguente. Negandoci di bere, e negando il bagno anche a una compagna detenuta al 5 mese di gravidanza. Nella lunga detenzione-sequestro ci è stato negato il diritto di comunicazione telefonica con avvocati, familiari e amici, nel nostro specifico caso fino al giorno di oggi non abbiamo potuto ottenere questo diritto come detenuti.

Devo segnalare che all’ottavo commisariato hanno violato la mia dignità al non rispettare la mia negazione al prelievo del sangue, per il quale sono stata violentata, ammanettata e obbligata da due donne e due uomini carabinieri delle Forze Speciali.

Oggi 30 di marzo mi trovo assieme alle due compagne imputate di “ordigni esplosivi” condividendo il modulo con altre 48 prigioniere del sistema capitalista. Dopo l’udienza di formalizzazione ci hanno accusato come “trafficanti di marihuana” (100 grammi che possono drogare a 400 persone) il che consegue a ben 3 mesi di investigazione reclusi in carcere. Queste pratiche sono vecchie, l’annullare, il disprezzare, così come sbatterci in prima pagina per la morbosità dei mezzi di comunicazione, in modo da svincolare la persecuzione politica e insediare il delitto comune.

Sono tranquilla, abbiamo avuto dalle altre prigioniere un’affettuosa accoglienza, da parte di donne solidarie, da una tazza di tè a oggetti per la pulizia, vestiti, conversazioni, molta allegria e al di fuori delle circostanze continuiamo sognando e loro anche dopo mesi, anni, da un’eternità che sono rinchiuse continuano belle, libere e matte!

Vi saluto fino alla prossima lettera. Rimango qua dall’altro lato del muro assieme alle altre, col mio spirito più forte che mai e le mie convinzioni ancora più decise; e da ogni occhio con dolcezza sogno.

Ci vediamo presto, affetto e un forte abbraccio a mio figlio, madre, sorelle, fratello, nonna, famiglia in generale, wenui, lamgien, compas e amici.

PEWKAYAL!

¡LA LIBERTAD ES EL CRIMEN QUE PERSIGUEN!

Saluti irascibili!

Silvana Lamilla


Presa política del 28 de marzo –temuko
Secuestrada en el CPF – Temuko warria.

Direcciòn: CALLEJON CARMINE Nº 0249, TEMUCO, Region de la Araucanìa, Chile


Cile – Temuco – Maxi Repressione per i compagni anarchici..aggiornamento

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Temuco. Ieri mattina, 28 marzo, la polizia ha effettuato una serie di perquisizioni tra cui due case occupate. Una in Plaza Dreve conosciuta come Espacio Pandemia e l’altra è la biblioteca Amanecer. Secondo la procura, la polizia e la stampa durante le perquisizioni sarebbero stati trovati estintori,   polvere nera, timer, gas butano e un manuale di bombe artigianali. Infine dicono di aver trvato un testo rivendicativo di un’azione.

 

Molti compagni sono stati arrestati anche solo per non aver dato i loro nominativi agli sbirri. I compagni arrestati, invece, per il possesso d’armi sono 2 o 3 e non si esclude che possono essere accusati per la legge contro il terrorismo.

 

Il 26 marzo, quindi due giorni prima, i compagni di Espacio Pandemia avevano scritto un comunicato in cui parlavano di un continuo controllo, da circa due mesi, da parte degli sbirri nei loro confronti e dello spazio. I bastardi in divisa hanno, più volte, chiesto agli abitanti della zona cosa i compagni facessero in quel posto, e cosa organizzassero senza mai ottenere nulla. Il magistrato che si occupa di tutta questa storia è Paredes Cristian. Seguiranno aggiornamenti…

 

SOLIDARIETA’ CON I COMPAGNI ARRESTATI A TEMUCO!

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La mattina del 28 marzo, in cui si commemorava la “giornata del giovane combattente”, la polizia ha fatto irruzione in due si ti compagni: L’occupazione di Dreves e la Biblioteca Amanecer.

 

Ivan Bezmalinovic, celebre generale di Pacos, ha praticamente affermato che questa è un’indagine coordinata tra Carabineros e magistratura, e che sono stati trovati, durante le perquisizioni, timer simili a quelli usati negli attacchi contro la Gendarmeria e gli stessi Carabineros.

 

A detta degli infami repressori, nell’occupazione di Dreves, sarebbero stati trovati 400gr di polvere nera, due estintori, fusibili, gas butano, orologi, batterie, cavi ed altro materiale secondo loro molto importante. Nella Biblioteca Amanecer, invece, sarebbe stato trovato un taccuino in cui ci sarebbe stata scritta una rivendicazione.

 

In questa operazione sono stati arrestati 12 compagni: 7 per aver negato l’identificazione agli sbirri, 2 per detenzione di marihuana e 3 sulla legge sul controllo di armi.

 

Il procuratore di Temuco, Cristian Perez, ha tenuto a precisare, come procedura usuale di ogni fottuta democrazia, che nel mirino non c’è tutto il movimento ma solo tre persone che si sono macchiate di certi reati.

 

Agli arrestati è stato fatto il prelievo di DNA per compararlo con quello degli oggetti rinvenuti dopo gli attacchi. In Cile, come in tutto il mondo, è diventata una pratica molto diffusa quella di fare una banca genetica. In Cile, i prigionieri Mapuche, hanno anche subito percosse e torture per l’estrazione del DNA.

 

I compagni nella stessa serata del 28/03 sono stati trasferiti dal Commissariato al Tribunale.

 

Il giorno seguente il Tribunale di Temuco era circondato in tutto il perimetro da un grosso contingente di sbirri anti sommossa; questo è accaduto per la prima volta da quando è stato costruito.

 

Ci sono state udienze diverse, in base al reato imputato, contro i compagni arrestati.

 

Tre compagne, Ariadna Torres TorresRoxana Marin Laurie e Yaritza Grandòn sono state accusate di appartenere alla “Cèlula Nòmade Incendiaria”, quindi per fabbricazione e porto di materiale esplosivo nei due attacchi contro la Gendarmeria e le Forza Speciali, ma senza essere formalizzata sotto la legge Anti-terrorismo.

 

Le tre compagne durante l’udienza hanno rilasciato delle dichiarazioni in cui fanno capire(Ariadna e Roxana che è incinta di 5 mesi) che sia l’estintore che il taccuino, rispettivamente, non sono stati trovati durante la loro presenza ma sono apparsi all’improvviso. Yaritza, invece, ha affermato che i giorni 26 e 27 febbraio  lei era a fare un esame a Talcahuano, ed ha preso un autobus per tornare a Temuco il 3 marzo arrivando a casa alle 05:00 del mattino.

 

Il giudice ha concesso 5 mesi di indagine e gli arresti preventivi per tutte e tre le compagne.

 

In un’altra udienza è stato valutato il reato per possesso di droga(100gr di marihuana) nei confronti dei compagni arrestati nella casa di Amanecer. In questo caso il giudice ha decretato 3 mesi di indagini e l’arresto preventivo per i tre compagni.

 

Questa situazione, a detta dei compagni di quelle zone, ricorda molto l’arresto del compagno Esteban Huiniguir nel 2008. Fu arrestato in seguito ad una perquisizione a casa e dove furono trovate, a tre compagni che vivevano con lui, alcune moltov. Esteban per alcune piante di marihuana, che gli furono trovate a casa, fu accusato di “semina”  e “microtraffico” e condannato a 3 anni ed un giorno + 541 giorni per un’altra condanna per aver fatto parte del MJL(Movimento Juvenil Lautaro). Esteban è stato scarcerato nel 2012.

 

Per gli altri 7 compagni arrestati per non aver permesso la loro identificazione, la corte ha deciso di condannarli con una multa di 2 UTM, a cui i compagni hanno già dichiarato di appellarsi, e sono stati poi scarcerati.

 

Le difese dei compagni arrestati per entrambe i tipi di reati ricorreranno alla Corte d’Appello.

 

Bisogna ricordare che già in passato la polizia aveva fatto irruzione in alcune case dicendo di aver trovato polvere nera, esplosivi,estintori e fusibili. In due casi in particolare furono arrestati due compagni. Nel 2009 il compagno basco Luzarraga Asel che fu condannato a 220 giorni di carcere, senza che gli venisse formalizzata l’accusa per la legge Anti-Terrorismo. Nel 2010 Waikilaf Cadin Calfunao fu condannato a 3 anni e 541 giorni di reclusione.

 

SOLIDARIETÀ CON TUTTI I COMPAGNI ARRESTATI A TEMUCO!

 

FUOCO ALLE GALERE DI TUTTO IL MONDO!

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Serata benefit per Dayvid, in carcere per Roma 15 ottobre e Milano NOTAV

Sabato 6 aprile (compleanno di Dayvid “Ciga”) serata benefit presso Circolo Anarchico Ponte della Ghisolfa, viale Monza 255 (Milano)

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Mobilitazioni in solidarietà agli arrestati di Roma 15 ottobre

roma_per web24 aprile 11 aprile


Monza – “Carcere disumano”, detenuto chiede di uscire. Decide la Consulta

svuota carcereResta drammatica la situazione nelle carceri italiane. E mentre la neo-eletta presidente della Camera, Laura Boldrini, ha di recente dichiarato che la riforma del sistema carcerario “non si può rimandare” e che bisogna “trovare misure alternative alla detenzione”, per rimediare ai ritardi della politica ecco che la magistratura si mette in modo di sua iniziativa.

Il Tribunale di Sorveglianza di Milano ha accolto il ricorso di un detenuto del carcere di Monza San Quirico riportando nella sentenza quanto denunciato dallo stesso, ovvero “che la detenzione si starebbe svolgendo con modalità disumane equiparabili a tortura”. Emanuele Greco, 40 anni, originario di Caltanissetta, arrestato nel 2010 a San Giuliano Milanese, in provincia di Milano, deve scontare 15 anni di carcere per diversi reati, tra cui l’associazione mafiosa. Convinto dal suo legale, viste le condizioni carcerarie in cui si trova, ha deciso di presentare ricorso per trovare “differenti forme detentive”. S’è appellato all’articolo 147 del Codice penale che questo tipo di cambiamento lo prevede; ma non se il carcere è disumano: solo, per esempio, se il detenuto si trova in cattive condizioni di salute, non compatibili con la cella.

A questo punto, per non cestinare oggettive e legittime lamentele, il Tribunale di Sorveglianza ha deciso di presentare ricorso presso la Corte costituzionale contro il succitato articolo 147. Esso non contemplando la possibilità di trovare altre forme che non il carcere, quando la detenzione è simile alla tortura, va contro – tra gli altri – all’articolo 27 della Costituzione, dove si afferma che “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.

È da tempo che vengono denunciate le condizioni di invivibilità del carcere di Monza. Qui Greco è costretto a stare in una cella di circa nove metri quadrati dimensionata per due detenuti, mentre vi sono sistemate tre persone. Tenendo poi conto delle suppellettili presenti in quello spazio angusto: un letto a castello, la terza branda, l’armadio per i vestiti, comunque insufficiente per gli indumenti di tre persone che pertanto vengono sistemati sotto il letto; e ancora: i tre sgabelli, un tavolino, delle cassette posizionate una sopra l’altra che fungono da dispensa e un frigorifero con sopra il televisore, i tre detenuti non hanno spazio e quindi non possono scendere dal letto contemporaneamente.

Nella sentenza del Tribunale di Sorveglianza, datata 12 marzo, è specificato poi che “il bagno non è arieggiato e pertanto è maleodorante e non è fornito di acqua calda; che ai muri vi sono muffedi diversi colori, spazio e ampiezza; che il detenuto istante, in quanto più giovane degli altri, deve dormire su una brandina pieghevole, troppo corta per la sua altezza e sistemata necessariamente sotto la finestra e dunque deve sopportare gli spifferi d’aria; che i due suoi compagni di cella sono anziani e malati e nessuno di loro va all’aria e pertanto la cella è sempre occupata e maleodorante”.

Come Milano, anche un altro Tribunale di Sorveglianza, quello di Venezia, di recente ha presentato ricorso alla Corte Costituzionale contro le limitazioni legislative che non permettono di “svuotare le carceri”. A questo punto la via per risolvere il problema del sovraffollamento potrebbe non segnarla il Parlamento, ma la Consulta.

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Detenuto appicca rogo, salvato da agenti

fuoco(ANSA) – CAGLIARI, 31 MAR – Ieri sera un detenuto ha appiccato un rogo nel piccolo reparto del Centro clinico del carcere di Buoncammino, a Cagliari, dove si trovava in stato di osservazione. Il gesto non ha avuto un epilogo drammatico grazie al tempestivo intervento dei baschi blu. “Ha appiccato l’incendio nella propria camera – ha spiegato il coordinatore Uil Penitenziari di Cagliari, Roberto Todde – ma il coraggio degli agenti ha permesso di mettere in salvo l’uomo, gli altri detenuti e contrastare le fiamme”.


A 76 anni finisce in carcere per un reato commesso 17 anni fa

cordatesaQualche milione di lire in prestito gli sono costati uno sfregio sul volto. Ma per alcuni reati il tempo non conta e anche se da quell’episodio sono passati ormai diciassette anni, Antonio Schiavone, colpevole di aver sfregiato con una bottiglia di acido il volto dell’uomo a cui prestò i suoi soldi, è stato arrestato. L’uomo oggi ha 76 anni. La violenta lite all’epoca fece molto scalpore ad Accadia. Era il 20 agosto quando Schiavone allora 59 enne incontrò il debitore, un uomo di 39anni, che si presentò all’appuntamento con il padre. Schiavone voleva indietro i soldi prestati, qualche milione di vecchie lire, e i relativi interessi. L’altro ribadiva che il debito era estinto e che non gli doveva nulla. I due erano nell’auto del più giovane e quando la discussione è degenerata, Schiavone ha estratto una bottiglia con liquido corrosivo e l’ha gettata in faccia al giovane. Non ancora soddisfatto ha impugnato un martello e ha sfondato il parabrezza dell’auto fuggendo a piedi. I Carabinieri avevano identificato l’uomo grazie ad una serie di testimoni oculari, ma lui era scappato a Vieste. Da qui è partita una lunga trafila giudiziaria perchè Schiavone ha sostenuto che l’uomo si era inferto da solo le ferite. Schiavone era stato condannato in primo grado e in appello e pochi giorni fa la Suprema Corte di Cassazione ha rifiutato il ricorso e ha disposto l’esecuzione della pena residua, pari a tre anni e sei mesi, da scontare in carcere.

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Immigrazione: a Lampedusa ripresi gli sbarchi in massa, riaperto il Cpa di Contrada Imbriacola

21_2_are_f1_47_resize_526_394Il miglioramento delle condizioni meteo nel Canale di Sicilia ha fatto sì che in Sicilia riprendessero in modo consistente gli sbarchi di immigrati provenienti dal nord Africa. Negli ultimi due giorni sono state dieci le richieste d’aiuto giunte alla Guardia Costiera, per un totale di oltre 800 migranti.
Le prime cinque richieste d’aiuto, due giorni fa, hanno riguardato altrettanti gommoni avvistati a Sud di Lampedusa. I migranti, tra i quali anche diverse donne e minori, sono stati trasferiti al centro d’accoglienza dell’isola, a contrada Imbriacola.
Ieri sono state quattro le richieste d’intervento. Il primo in mattinata. Il rimorchiatore Asso 25 ha segnalato un gommone con un centinaio di migranti. Nel pomeriggio un’altra imbarcazione con 130 persone è stata segnalata a seguito della telefonata effettuata da un extracomunitario con un telefono satellitare. Verso le 18 la terza richiesta d’aiuto, effettuata sempre da un telefono satellitare, ha riguardato un’imbarcazione con 29 persone a bordo.
La quarta richiesta d’aiuto è giunta alle 19 alla Sala Operativa della Guardia Costiera di Palermo. In questo caso sul barcone in difficoltà nel Canale di Sicilia c’erano novanta persone. Per due occupanti del gommone, raggiunto intorno alle 3 di notte dalla Motovedetta della Capitaneria di porto partita da Lampedusa, il freddo è stato fatale.
Un altro sbarco, infine, è avvenuto nel Siracusano, ad Arcile di Brucoli. Qui 86 migranti egiziani sono stati rintracciati da polizia e carabinieri dopo essere approdati con una piccola imbarcazione.

Zampa (Pd): serve collaborazione con paesi provenienza

“Come prevedibile con l’arrivo della primavera ricominciano gli sbarchi a Lampedusa. È di poche ore fa la notizia di due migranti morti per ipotermia dopo essere stati soccorsi dalle motovedette della Guardia costiera. Le associazioni umanitarie denunciano già da alcuni giorni difficoltà ad incontrare i migranti sbarcati sulle coste dell’isola siciliana”. È quanto dichiara Sandra Zampa, deputata del Partito democratico e già capogruppo in commissione Bicamerale Infanzia.

“Due giovani tunisini – continua – sono stati rimpatriati, secondo quanto riportato da una agenzia di stampa, dopo aver trascorso la notte a Contrada Imbricola. Resta da chiarire se questi ragazzi erano minorenni e quindi se è stato violato il loro diritto all’accoglienza. Intendo dunque presentare un’interrogazione urgente perchè sia fatta chiarezza su questo così come sulle difficoltà registrate dalle organizzazioni umanitarie ad incontrare i migranti sbarcati”.
Per Zampa è “sbagliato proseguire su questa strada. Bisogna mettere in campo iniziative concrete di collaborazione con i paesi di provenienza dei flussi migratori. La mia preoccupazione per la sorte dei migranti riguarda soprattutto le donne e i minori. Il centro di accoglienza di Lampedusa rischia di trovarsi presto in condizioni di sovraffollamento tali da non poter garantire tutela ai minori e soprattutto ai minori non accompagnati”.


Germania: nel carcere di Suhl detenuto prende ragazza in ostaggio, chiede trasferimento

hostage2final1 - CopyUn detenuto di 52 anni della prigione di Suhl, in Turingia, è riuscito a prendere in ostaggio ieri poemriggio una ragazza di 26 anni e minaccia di ucciderla con un coltello sulla gola. L’uomo ha chiesto assistenza legale e il trasferimento in un altro istituto penitenziario. Un commando speciale si trova già sul posto, scrive lo Spiegel online.

Fonte: TM News


Caso Aldrovandi; Ferrara si ferma per abbracciare i genitori di Federico

images (22)Migliaia in piazza Savonarola, al Castello striscione “stop al Coisp”. La mamma Patrizia: “Chiedo alle forze di polizia pulite la forza di liberarsi dalle mele marce”. Anonymous rende inaccessibile il sito del sindacato di Polizia.

Gli agenti condannati rientreranno in servizio nel 2014. Questo pomeriggio Ferrara si è fermata ed è scesa in piazza Savonarola, straripante di persone, per abbracciare i genitori di Federico Aldrovandi, il ragazzo morto nel 2005 durante un controllo di Polizia effettuato da 4 agenti condannati in via definitiva.
Una manifestazione con migliaia di persone che si sono volute stringere attorno a Lino Aldrovandi e a Patrizia Moretti e rispondere così, con la solidarietà senza bandiere di sorta, al sit-in del Coisp messo in scena il 27 marzo per esprimere sostegno ai 4 agenti arrestati.
In piazza, mamma Patrizia è scesa con una grande foto di Federico, ma questa volta era l’immagine di un bel ragazzo bruno, nel pieno dei suoi 18 anni, non quella del cadavere del figlio con la testa in una pozza di sangue che mercoledì mattina la donna ha deciso di mostrare al sit-in del sindacato di Polizia che manifestava proprio sotto le finestre del suo ufficio, in Comune. Sulla cancellata del Castello, simbolo della città, l’associazione Amici di Federico Aldrovandi ha appeso uno striscione blu con la scritta “stop al Coisp”.
In piazza con mamma Aldrovandi anche Lucia Uva, sorella di Giuseppe Uva che 4 anni fa morì in ospedale a Varese dopo essere stato fermato dai Carabinieri. Lucia Uva è stata querelata per diffamazione dei carabinieri, dopo un’intervista televisiva. Un fatto che Patrizia Aldrovandi ha commentato oggi con amarezza. “Questo provvedimento contro la famiglia della vittima era urgente – ha scritto la madre di Federico su Facebook – invece l’indagine disposta dal giudice su quanto successo in quella caserma a Giuseppe 4 anni fa rimane chiusa nella scrivania del Pm e fra poco sarà troppo tardi e cadrà in prescrizione”.
In piazza Savonarola tantissimi ferraresi di ogni età, ma anche persone venute da fuori, associazioni e forze politiche tra cui il Pd e la Cgil di Ferrara e dell’Emilia Romagna.
“Sono meravigliata, questa solidarietà è grande, enorme, ma non è per me, è per Federico, per chi gli vuole bene e per questa città” ha commentato Patrizia Moretti. “Chiedo alle forze di polizia pulite la forza di liberarsi dalle mele marce” ha continuato la mamma di Federico, rinnovando la richiesta di espellere dal corpo i poliziotti condannati.
“Quei signori tra poco torneranno liberi, però quella divisa va loro tolta” le ha fatto eco il padre di Federico, Lino, parlando alla folla da un piccolo palco allestito in piazza. “Il ministro Cancellieri ha detto che non rappresentano la polizia e mi auguro che lo dimostri – ha aggiunto l’uomo che è un agente della Polizia Municipale – io quella divisa la amo e ai poliziotti tendo la mano, ma non agli assassini che disonorano quella divisa”.
Patrizia Moretti è poi tornata sul sit-in del Coisp rimarcando come quell’iniziativa sia stata “un modo di approfittare di questo dolore, è il culmine della disumanità”. Però, ha aggiunto, “in questo modo hanno anche reso palese quanto sia difficile per le famiglie delle vittime lottare quando dall’altra parte ci sono le forze dell’ordine”.
Gli agenti condannati rientreranno in servizio nel 2014. La Commissione disciplinare del Dipartimento di Sicurezza avrebbe infatti deciso, sottolineano fonti sindacali di Polizia, una sospensione dal servizio di sei mesi. La sospensione dal servizio scatterà a giugno e si concluderà alla fine dell’anno. Fino a giugno i poliziotti sconteranno i sei mesi di reclusione restanti dalla condanna a 3 anni e sei mesi (di cui tre anni compresi nell’indulto) per la morte di Federico.
Franco Maccari, segretario Generale del sindacato di Polizia Coisp, oggi è tornato sulle polemiche di questi giorni auspicando “che tutti, principalmente la politica, colgano l’occasione per affrontare le questioni che fin dall’inizio abbiamo voluto mettere in evidenza”.
“Delle persone sono state mandate in carcere a scontare sei mesi di pena mentre la legge prevede che chi abbia da espiare condanne inferiori ai 12 mesi non deve starci. La legge si applica diversamente ai poliziotti? Perché?” ha chiesto Maccari.
In una lettera al ministro dell’Interno, Maccari ha poi sottolineato: “Credere che l’iniziativa del Coisp sia stata rivolta contro la signora Patrizia Moretti è assurdo, come dimostrano tutte le dichiarazioni da sempre rilasciate da questo sindacato di Polizia e non solo, ma come evidenzia anche una banale logica: la mamma di Federico non ha alcun ruolo nell’applicazione delle misure detentive a carico dei quattro poliziotti condannati”.
Intanto un attacco di Anonymous ha reso inaccessibile il sito del Coisp. È stato il blog di Anonymous Italia a rivendicare l’azione #opcoisp Tango Down con una scritta sovrapposta all’immagine di Guy Fawkes, il ribelle mascherato reso celebre dal film V per Vendetta raffigurato mentre abbraccia la madre di Federico.Agenti condannati rientreranno in servizio nel 2014Rientreranno in servizio nel 2014 i quattro agenti condannati per la morte di Federico Aldrovandi. La Commissione disciplinare del Dipartimento di Sicurezza avrebbe infatti deciso, sottolineano fonti sindacali di Polizia, una sospensione dal servizio di sei mesi. La sospensione dal servizio scatterà a giugno e si concluderà alla fine dell’anno. Fino a giugno i poliziotti sconteranno i sei mesi di reclusione restanti dalla condanna a 3 anni e sei mesi (di cui tre anni compresi nell’indulto) per la morte di Federico Aldrovandi.

Fonte: Adnkronos


Caso Uva; chiuse indagini sui Carabinieri, ma l’indagata è la sorella di Giuseppe

343345_5467105_gnx0063502_17170204_mediumLuigi Manconi (A Buon Diritto): “Se Lucia è colpevole, allora mi dichiaro corresponsabile” Lucia Uva, sorella di Giuseppe morto a Varese il 14 giugno 2008, è indagata per diffamazione insieme a Mauro Casciari delle “Iene” e Asl direttore di Italia Uno Luca Tiraboschi.

In un’intervista rilasciata nel 2011, Lucia ha affermato che nella caserma dei carabinieri dove il fratello Giuseppe ha perso la vita furono compiute violenze ai suoi danni, e anche una violenza sessuale. Lucia è anche indagata per avere scritto il nome dei carabinieri sulla sua pagina Facebook, chiamandoli “assassini”. “Ho ricevuto l’avviso di garanzia – ha detto Lucia. Sono indagata solo perché ho detto la verità. Continuo a chiedere che venga riaperto il caso per fare chiarezza su quello che è successo quella notte”.
La procura di Varese ha chiuso ieri l’inchiesta bis per accertare se Giuseppe è stato picchiato prima di morire in un letto dell’ospedale della città lombarda. Il Pm Agostino Abate sostiene che i carabinieri e i poliziotti si sono comportati correttamente e non praticarono alcuna violenza, confermando così l’esito della prima inchiesta. La testimonianza di Alberto Biggioero, l’amico di Giuseppe anche lui fermato quella notte, non è stata considerata attendibile.
Ne udì le urla ma non vide la scena del pestaggio, dato che era in un’altra stanza della caserma. La conclusione della procura smentisce tutte le attese della famiglia Uva e di tutti coloro che l’hanno sostenuta: l’avvocato Fabio Anselmo, che difende anche la famiglia Aldrovandi e la famiglia Cucchi, l’associazione “A buon diritto” del senatore Pd Luigi Manconi e “Antigone”.
“Il fascicolo relativo a questa vicenda tragica – ha detto Manconi – resta tenacemente e immotivamente chiuso, mentre il pm che ne è titolare denuncia la sorella della vittima. Ma se Lucia è colpevole, io che seguo da anni la vicenda mi dichiaro corresponsabile e correo”. Patrizia Moretti, madre di Federico Aldrovandi, ha scritto sulla sua pagina Facebook: “Questo provvedimento contro la famiglia della vittima era urgente. Invece l’indagine disposta dal giudice su quanto successo in quella caserma a Giuseppe 4 anni fa rimane chiusa nella scrivania del pm e fra poco sarà troppo tardi e cadrà in prescrizione”.

Fonte: il manifesto


Appuntamento – Assemblea Anticarceraria

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Detenuto imbratta infermeria con le feci

feci1Singolare protesta di un detenuto 41enne di origini siciliane che sta scontando l’ergastolo nel carcere di Sulmona: dopo aver più volte distrutto le suppellettili della sua cella, compresi i sanitari, ha cominciato a cospargere le pareti dell’infermeria del carcere di escrementi, rendendo irrespirabile l’aria del reparto medico.

Il detenuto, che non soffrirebbe di nessuna patologia psichica, sta rendendo difficile il servizio dei poliziotti penitenziari. La protesta è scattata dopo la mancata concessione da parte della direzione, di un personal computer, che il detenuto avrebbe voluto tenere con sé in cella, cosa vietata dal regolamento del carcere. La Uil penitenziari afferma di essere preoccupata dalla reiterazione della protesta del detenuto, il quale ha più volte effettuato lo sciopero della fame e della sete.

“In più l’odore nauseabondo e gli escrementi creano problematiche di tipo igienico sanitarie sia per i detenuti ammalati e ricoverati in infermeria sia per gli agenti di polizia penitenziaria che sorvegliano quei luoghi”, riferisce il responsabile dell’igiene e sanità pubblica del carcere, Fabio Federico, dirigente sanitario del carcere che insieme al sindacato di polizia penitenziaria ha già chiesto, per quanto di competenza, il trasferimento del detenuto in istituti penitenziari dove sia consentito l’utilizzo del computer.

Fonte