Tag Archives: solidarietà ai compagni

Presidio a Modena in solidarietà con gli arrestati

cordatesaDOMENICA 24 novembre a Modena dalle ore 16 presidio in piazza MURATORI(via emilia centro) in solidarietà ad Andrea, Sabbo e Gabriele.

Questi tre nostri compagni sono stati arrestati il 16 giugno scorso in seguito ad un saluto sotto il CIE, durante il quale l’accensione di qualche fuoco artificiale, lanciato in Continue reading


Appello per una mobilitazione internazionale [23-30 Agosto 2014]

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23-30 Agosto 2014 – Settimana dedicata ai prigionieri anarchici – Appello per una mobilitazione internazionale

Nell’estate del 2013 diversi gruppi della Croce Nera Anarchica hanno discusso sulla necessità di organizzare una Giornata Internazionale per i prigionieri anarchici. Dato che già esistono giornate dedicate ai diritti Continue reading


No Tav – Libertà per gli arrestati No Tav + resoconto presidio Vallette

da notav.info

cordatesaUna violenza preannunciata quella della Questura che ieri sera, non appena è partita la passeggiata notturna da Giaglione, già emanava farneticanti comunicati paventando lo spauracchio del black block travisato tra i manifestanti valligiani.

Una violenza preordinata quella delle forze dell’ordine, che caricano  con la celere i No Tav ancora distanti dalle reti e completamente a freddo. Lo fanno all’interno di un sentiero di montagna strettissimo e pericoloso dove la gente cade, viene calpestata e poi ferita, ripetutamente, dai manganelli di Continue reading


Reggio Emilia, comunicato di solidarietà per Ciruz e Riki

cordatesaSolidarietà ed indignazione. Sono le prime reazioni scatenate quando veniamo a
sapere che Ciruz e Riki, già con obbligo di dimora nel comune di Reggio Emilia
e divieto di uscita dalle 22.00 alle 6.00 sulle spalle dal 24 gennaio, sono
stati condannati in primo grado rispettivamente a 2 anni e 2 mesi e a 1 anno e
4 mesi oltre a 10.000 € di danni da versare al comune di Reggio Emilia.
Per chi non lo sapesse, Ciruz e Riki stanno subendo questo processo per aver
solidarizzato con il movimento No Tav, facendo delle scritte su un muro.

Le misure cautelari prese nei loro confronti quindi, come ognuno può
accorgersi, sono fuori da ogni logica rispetto all’entità Continue reading


T.A.Z. contro la repressione a Milano

cordatesaCHE L’HARDCORE ALIMENTI IL CONFLITTO

Parco via San Dionigi, Milano

Primo parchetto a destra venendo dal centro in Via San Dionigi a Milano (Zona corvetto)
M3 (LINE GIALLA) LINEE 95, 84, 77 E 93!

Che l’hardcore alimenti il conflitto!! La T.A.Z. programmata per domenica e in seguito annullata CI SARà COMUNQUE!!
Ancora più forti di ieri dobbiamo rispondere agli arresti di 7 compagni attivi a Milano. Per tutti loro, contro la repressione, per far si che la parola RESISTENZA non sia il nome con cui loro chiamano un reato.

CONCERTO DALLE 16.00 con:

ESSERE, HARDCORE MILANO
WARPATH, CRUST MILANO
CORPSE, POWERVIOLENCE MILANO
Psycho fellowship, POST HC Monza.
NEGOT, PUNK BERGAMO
REJECTS, DARKGRIND MILANO

… presto nuove conferme!

OGNUNO è LIBERISSIMO DI PORTARE LA PROPRIA DISTRO ACCOMPAGNATA E SORRETTA DAL PROPRIO TAVOLINO!


Comunicato dell’ex Cuem sugli arresti di stamattina

Pubblichiamo qui di seguito il testo prodotto dall’assemblea tenutasi oggi, mercoledì 19 giugno, a seguito dell’operazione poliziesca contro chi si oppose allo sgombero della Libreria Ex-Cuem dell’Università di Milano.

 

Libreria Ex-Cuem – Università Clandestina

 

Mercoledì  19 giugno alle 6 di mattina la polizia si è presentata nelle case di  dieci ragazzi e ragazze per i fatti del 6maggio. Sette di loro sono agli arresti domiciliari, tre indagati a piede libero. Le accuse sono resistenza, danneggiamento e travisamento.

 

Quei giorni li ricordiamo tutti. Il Continue reading


Arresti a Milano per lo sgombero dell’ex Cuem

MASSIMA SOLIDARIETA’ AI NOSTRI COMPAGNI FINITI NELLE MANI DELLA REPRESSIONE DI STATO!

LIBER* TUTT*     LIBER* SUBITO

cordatesa

Diffondiamo da InfoAut

Questa mattina a Milano è scattata un’operazione giudiziaria nei confronti di dieci studenti accusati di resistenza, danneggiamento e travisamento; per 7 di loro sono stati disposti gli arresti domiciliari, altri 3 sono indagati a piede libero.

Le accuse si riferiscono ai fatti del 6 maggio scorso, quando la polizia fece irruzione all’interno dell’università Statale per impedire agli studenti di occupare un’aula in seguito allo sgombero dell’ex Cuem libreria autogestita, spazio di aggregazione e di lotta devastato e sgomberato poche ore prima per ordine della governance universitaria.

Gli studenti, determinati nel difendere i propri spazi all’interno dell’ateneo e decisi a non tollerare la presenza della polizia nell’università, erano stati caricati più volte fino ad essere spinti brutalmente verso l’ingresso. L’intimidazione non impedì peraltro agli studenti di riappropriarsi dell’ex Cuem il giorno successivo dopo un partecipato corteo per le vie di Milano.

A poco più di un mese di distanza arriva la risposta repressiva contro chi decise di resistere in difesa di uno spazio sottratto all’abbandono e restituito all’autogestione e ai bisogni degli studenti: agli arrestati di questa mattina va quindi la nostra solidarietà.

Per le 12 è stato convocato un appuntamento all’ex Cuem per decidere come organizzare la risposta a questa operazione; seguiranno aggiornamenti.


Torino – Un arresto e un ricercato

diffondiamo da informa-azione

fuck-off-357bIn attesa di maggiori dettagli, apprendiamo che la questura sta proseguendo nella sua rappresaglia per un episodio di autodifesa in cui una pattuglia della digos era stata cacciata mentre cercava di acciuffare due compagne, intente ad oscurare le telecamere e scrivere “servi dei padroni” su una sede della UIL. Nei confronti di Camille, agli arresti domiciliari a cui era già sottoposta per un’altro procedimento, sono state aggiunte tutte le restrizioni possibili; un compagno è attualmente ricercato, mentre Michele è stato arrestato e portato alle Vallette.

Per scrivere al compagno in carcere:

Michele Garau
C.C. via Pianezza 300
10151 Torino


A testa alta! Per la solidarietà agli/alle imputati/e della giornata del 15 Ottobre.

cordatesa Il 4 Aprile scorso sono stati rinviati a giudizio 18 persone accusate del reato di devastazione e saccheggio in seguito ai fatti avvenuti durante la manifestazione del 15 Ottobre. Tre di loro sono accusate anche di tentato omicidio.
In ordine di tempo, queste persone sono solo le ultime ad essere sottoposte a processo per i fatti accaduti durante quella giornata:
Prima di loro molti giovani ragazzi/e si sono visti infliggere pene pesantissime e sproporzionate rispetto i fatti contestati per resistenza a pubblico ufficiale, mentre per i militanti di Azione Antifascista Teramo l’accusa di devastazione e saccheggio ha già portato in sede di giudizio a condanne a 6 anni con rito abbreviato, oltre al dover pagare 60000 euro di risarcimento danni.
Quando la ribellione rompe gli argini del dissenso Continue reading


Presidio al CIE di Torino

basta cie


Cile – Temuco – Maxi Repressione per i compagni anarchici..aggiornamento

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Temuco. Ieri mattina, 28 marzo, la polizia ha effettuato una serie di perquisizioni tra cui due case occupate. Una in Plaza Dreve conosciuta come Espacio Pandemia e l’altra è la biblioteca Amanecer. Secondo la procura, la polizia e la stampa durante le perquisizioni sarebbero stati trovati estintori,   polvere nera, timer, gas butano e un manuale di bombe artigianali. Infine dicono di aver trvato un testo rivendicativo di un’azione.

 

Molti compagni sono stati arrestati anche solo per non aver dato i loro nominativi agli sbirri. I compagni arrestati, invece, per il possesso d’armi sono 2 o 3 e non si esclude che possono essere accusati per la legge contro il terrorismo.

 

Il 26 marzo, quindi due giorni prima, i compagni di Espacio Pandemia avevano scritto un comunicato in cui parlavano di un continuo controllo, da circa due mesi, da parte degli sbirri nei loro confronti e dello spazio. I bastardi in divisa hanno, più volte, chiesto agli abitanti della zona cosa i compagni facessero in quel posto, e cosa organizzassero senza mai ottenere nulla. Il magistrato che si occupa di tutta questa storia è Paredes Cristian. Seguiranno aggiornamenti…

 

SOLIDARIETA’ CON I COMPAGNI ARRESTATI A TEMUCO!

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La mattina del 28 marzo, in cui si commemorava la “giornata del giovane combattente”, la polizia ha fatto irruzione in due si ti compagni: L’occupazione di Dreves e la Biblioteca Amanecer.

 

Ivan Bezmalinovic, celebre generale di Pacos, ha praticamente affermato che questa è un’indagine coordinata tra Carabineros e magistratura, e che sono stati trovati, durante le perquisizioni, timer simili a quelli usati negli attacchi contro la Gendarmeria e gli stessi Carabineros.

 

A detta degli infami repressori, nell’occupazione di Dreves, sarebbero stati trovati 400gr di polvere nera, due estintori, fusibili, gas butano, orologi, batterie, cavi ed altro materiale secondo loro molto importante. Nella Biblioteca Amanecer, invece, sarebbe stato trovato un taccuino in cui ci sarebbe stata scritta una rivendicazione.

 

In questa operazione sono stati arrestati 12 compagni: 7 per aver negato l’identificazione agli sbirri, 2 per detenzione di marihuana e 3 sulla legge sul controllo di armi.

 

Il procuratore di Temuco, Cristian Perez, ha tenuto a precisare, come procedura usuale di ogni fottuta democrazia, che nel mirino non c’è tutto il movimento ma solo tre persone che si sono macchiate di certi reati.

 

Agli arrestati è stato fatto il prelievo di DNA per compararlo con quello degli oggetti rinvenuti dopo gli attacchi. In Cile, come in tutto il mondo, è diventata una pratica molto diffusa quella di fare una banca genetica. In Cile, i prigionieri Mapuche, hanno anche subito percosse e torture per l’estrazione del DNA.

 

I compagni nella stessa serata del 28/03 sono stati trasferiti dal Commissariato al Tribunale.

 

Il giorno seguente il Tribunale di Temuco era circondato in tutto il perimetro da un grosso contingente di sbirri anti sommossa; questo è accaduto per la prima volta da quando è stato costruito.

 

Ci sono state udienze diverse, in base al reato imputato, contro i compagni arrestati.

 

Tre compagne, Ariadna Torres TorresRoxana Marin Laurie e Yaritza Grandòn sono state accusate di appartenere alla “Cèlula Nòmade Incendiaria”, quindi per fabbricazione e porto di materiale esplosivo nei due attacchi contro la Gendarmeria e le Forza Speciali, ma senza essere formalizzata sotto la legge Anti-terrorismo.

 

Le tre compagne durante l’udienza hanno rilasciato delle dichiarazioni in cui fanno capire(Ariadna e Roxana che è incinta di 5 mesi) che sia l’estintore che il taccuino, rispettivamente, non sono stati trovati durante la loro presenza ma sono apparsi all’improvviso. Yaritza, invece, ha affermato che i giorni 26 e 27 febbraio  lei era a fare un esame a Talcahuano, ed ha preso un autobus per tornare a Temuco il 3 marzo arrivando a casa alle 05:00 del mattino.

 

Il giudice ha concesso 5 mesi di indagine e gli arresti preventivi per tutte e tre le compagne.

 

In un’altra udienza è stato valutato il reato per possesso di droga(100gr di marihuana) nei confronti dei compagni arrestati nella casa di Amanecer. In questo caso il giudice ha decretato 3 mesi di indagini e l’arresto preventivo per i tre compagni.

 

Questa situazione, a detta dei compagni di quelle zone, ricorda molto l’arresto del compagno Esteban Huiniguir nel 2008. Fu arrestato in seguito ad una perquisizione a casa e dove furono trovate, a tre compagni che vivevano con lui, alcune moltov. Esteban per alcune piante di marihuana, che gli furono trovate a casa, fu accusato di “semina”  e “microtraffico” e condannato a 3 anni ed un giorno + 541 giorni per un’altra condanna per aver fatto parte del MJL(Movimento Juvenil Lautaro). Esteban è stato scarcerato nel 2012.

 

Per gli altri 7 compagni arrestati per non aver permesso la loro identificazione, la corte ha deciso di condannarli con una multa di 2 UTM, a cui i compagni hanno già dichiarato di appellarsi, e sono stati poi scarcerati.

 

Le difese dei compagni arrestati per entrambe i tipi di reati ricorreranno alla Corte d’Appello.

 

Bisogna ricordare che già in passato la polizia aveva fatto irruzione in alcune case dicendo di aver trovato polvere nera, esplosivi,estintori e fusibili. In due casi in particolare furono arrestati due compagni. Nel 2009 il compagno basco Luzarraga Asel che fu condannato a 220 giorni di carcere, senza che gli venisse formalizzata l’accusa per la legge Anti-Terrorismo. Nel 2010 Waikilaf Cadin Calfunao fu condannato a 3 anni e 541 giorni di reclusione.

 

SOLIDARIETÀ CON TUTTI I COMPAGNI ARRESTATI A TEMUCO!

 

FUOCO ALLE GALERE DI TUTTO IL MONDO!

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La libertà non cade dal cielo

diffondiamo da Rete evasioni

15-ottobre-225Il 15 Ottobre 2011, come a Genova nel 2001, eravamo 300.000 a gridare per le strade di Roma la nostra rabbia contro le politiche di austerità, un grido che voleva risvegliare le coscienze di una Italia ancora assopita di fronte alla crisi economica provocata dalle grandi lobby del capitalismo globale e fatta pagare in maniera pesantissima,per intero, alle classi subalterne. Questo mentre in tutta Europa e nei Paesi arabi si sviluppavano mobilitazioni e rivoluzioni.

Una manifestazione che non poteva essere incastonata nelle logiche del corteo – parata  più affini alla rappresentanza politica sindacale. Le tante iniziative prodotte sin dalla partenza del corteo, infatti, hanno voluto segnalare simboli e responsabili della crisi, indicando nella riappropriazione diretta l’unica possibilità di porre le nostre vite “contro e  fuori” dalle politiche di saccheggio ed austerità che stiamo subendo.

Come tutti e tutte sappiamo, non si è fatto attendere l’intervento dei tutori dell’ordine, che hanno tentato di stroncare sul nascere la combattività di una manifestazione e di un possibile movimento attraverso una gestione di piazza letteralmente criminale, con caroselli di blindati lanciati a tutta velocità, utilizzo di lacrimogeni e idranti, cariche che hanno tentato di sgomberare piazza San Giovanni.
La resistenza della piazza, però,  è stata forte, partecipata e determinata, nutrita da una rabbia covata nella quotidianità per le condizioni di ingiustizia, sfruttamento, saccheggio dei territori che ci vengono consegnate ed imposte. Una resistenza ed una rabbia che rivendichiamo non solo come giuste, ma anche come necessarie  allo sviluppo di un processo di trasformazione radicale dell’esistente che ci porti a liberare le nostre vite dallo sfruttamento e dalle gabbie del capitalismo.
In quella giornata e nei mesi successivi si sono susseguiti arresti e processi, con condanne pesantissime. Oggi è arrivata a chiusura l’indagine che coinvolge 25 compagne e compagni accusati del reato di devastazione e saccheggio. Un nuovo processo sta così per cominciare. Si, perché ancora una volta proprio come a Genova 2001 lo Stato e i suoi magistrati hanno “tirato fuori dal cilindro” questo reato per affibbiare condanne pesantissime,un monito a chiunque pensi e provi a mettere il proprio corpo e le propria esistenza in gioco, partecipando a un processo di conflitto e di cambiamento. Una drammatica beffa visto che quel giorno, come altre mille e mille volte eravamo scesi in piazza proprio contro chi devasta e saccheggia quotidianamente le nostre vite!
Al di là della narrazione e delle valutazioni su quella giornata e delle sue conseguenze legali, sentiamo con forza la necessità di aprire, dentro ed oltre i recinti delle realtà di movimento, un confronto ed una discussione che non eluda il tema della repressione, ma che ci porti al contrario collettivamente a farcene carico e ad affrontarlo. L’utilizzo della fattispecie di reato di“devastazione e saccheggio” viene sempre più di frequente utilizzata per colpire ogni forma di espressione di rabbia e conflittualità. Le lotte sociali sono ridotte così a mero problema di ordine pubblico, additate come fatto delinquenziale.
Su questa base, vorremmo iniziare un ragionamento concreto, partendo da un confronto tra chi agisce le lotte sociali qui a Roma, città grande, difficile, complessa, ricca di storia, di esperienze e pratiche concrete dell’alternativa allo stato di cose presenti. Un confronto che sia in grado di superare i disperati ed isolati urli contro la repressione, che abbia la capacità di costruire un filo rosso che a partire della rivendicazione di una “libertà di movimento e di conflitto” riesca, quindi, a proiettarsi ben oltre la miseria del presente.
E’ in atto, infatti, un ampio processo di criminalizzazione sociale e di controllo sociale preventivo che colpisce chiunque non si piega alle leggi del mercato, marcando in forme diverse la propria alterità e/o incompatibilità. Pensiamo, ad esempio, a quei particolari laboratori della repressione che si sperimentano negli stadi, sui migranti, sul precariato delle periferie.
Non solo, va posta la giusta attenzione al tentativo di interdizione delle lotte sociali attraverso l’uso di dispositivi di controllo e repressione, il bavaglio mediatico imposto alle opposizioni, il controllo poliziesco sugli attivisti, l’uso della legislazione speciale antiterrorismo. Tasselli che, se considerati nel contesto politico e sociale nel quale si ascrivono,  contribuiscono a delineare uno scenario  a dir poco preoccupante ed allarmante, una vera e propria svolta autoritaria e liberticida degli apparati dello stato.
La proposta che lanciamo è quella di confrontarsi e  ragionare insieme attorno a questi temi per costruire una campagna politica comune: perché se è vero che la migliore risposta alla repressione la si dà continuando a portare avanti e a sviluppare i propri percorsi di lotta giorno dopo giorno; è altrettanto vero che, per dare spazio allo sviluppo dei conflitti stessi, è necessario denunciare con forza che problemi sociali come la casa, il lavoro, la scuola, non possano essere trattati come questioni di ordine pubblico. Che si criminalizzano studenti, lavoratori, sfrattati, disoccupati che legittimamente protestano contro i tagli a scuola, sanità, la riforma pensionistica, lo smantellamento dei residui di welfare, la precarietà delle condizioni di vita e di lavoro, le privatizzazioni, i licenziamenti, la devastazione dei territori in nome del profitto.
Questo, come abbiamo detto, in una fase in cui le condizioni di vita di larghe fasce di popolazione sono letteralmente in caduta libera,rappresenta un segnale chiaro e preoccupante rispetto al presente ed al futuro che la governance capitalistica vorrebbe cucirci addosso. Appare necessario e urgente, di contro, trasformare l’ingovernabilità e la rabbia crescente, indicare la direzione di marcia collettiva verso un’altra idea di società, verso una nuova utopia possibile da immaginare e conquistare insieme.
Lanciamo già da ora un presidio per il 4 aprile prossimo, di fronte al Tribunale di Roma, per sostenere i compagni e compagni che vedranno iniziare il processo contro di loro e proponiamo un’assemblea pubblica per il 12 aprile prossimo che, a partire dalla ineludibile solidarietà e complicità con gli/le compagni/e sotto processo, abbia la volontà di iniziare a tessere un ragionamento collettivo ed un percorso comune.
Inoltre in solidarietà con le/i compagne/i di Teramo ed in particolar modo con Davide Rosci, attualmente detenuto nel carcere di Viterbo, invitiamo tutte e tutti a partecipare al presidio sotto al Tribunale di Roma l’11 aprile, giorno in cui si esprimerà il Tribunale del riesame.
Libere Tutte – Liberi Tutti
 
 
Compagni e Compagne di Roma

Presidio davanti al carcere di Ferrara

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La mattina del 13 giugno 2012, i ros dei carabinieri portano a termine la cosiddetta “Operazione Ardire” che porta all’arresto di dieci compagni, accusati di “associazione  sovversiva con finalità di terrorismo”. Sono accusati di fare parte della Federazione Anarchica Informale e di essere gli autori di numerosi attentati per mezzo dell’invio di plichi esplosivi inviati ad altrettanti responsabili del dominio.
Il 14 settembre vengono arrestati altri due compagni accusati di essere gli esecutori della gambizzazione dell’a.d. di Ansaldo Nucleare Adinolfi.
Dopo parecchi mesi di reclusione nel lager di Alessandria, Stefano, Sergio, Alessandro, Peppe, Alfredo e Nicola vengono trasferiti, tra il 6 e il 9 marzo, nel carcere di Ferrara, fresco dell’apertura della nuova sezione di Alta Sicurezza, dove i compagni sono tuttora rinchiusi.

 

RIMANE PRIORITARIO DIMOSTRARE LA SOLIDARIETÀ A TUTTI COLORO CHE VENGONO SEQUESTRATI DALLO STATO E RILANCIARE LA COMPLICITÀ RIVOLUZIONARIA.

 

TERRORISTA È LO STATO

 

Sabato 23 marzo, ore 12
Presidio sotto il carcere di Ferrara, 
Via Arginone 327

 

Come arrivare al carcere di Ferrara:

 

Per chi arriva in auto:

 

Uscire a Ferrara Sud, seguire le indicazioni per il Centro e entrare su Via Bologna.
Alla prima rotonda, svoltare a sinistra su Via Veneziani direzione fiera.
Alla rotonda, in corrispondenza dell’entrata in Fiera, in fondo a Via Veneziani, svoltare a destra su Via Aldo Ferraresi.
Proseguire dritto alla prima rotonda e a sinistra alla seconda, entrando in Via Arginone e seguire le indicazioni per la casa circondariale.

 

Per chi arriva in treno:

 

Usciti dalla stazione, seguire sulla destra Via San Giacomo. Alla prima fermata sulla destra (100 metri), prendere il bus n. 7 (h. 11:45; 12:20) fino alla fermata carcere.

 


Condannata per gli scontri NOTAV arrestata per blitz anarchico

stencil_sfrattiTorna in carcere Marianna Valenti, nota attivista No Tav già condannata in primo grado per aver preso nel settembre 2011 a un attacco al cantiere di Chiomonte. E’ stata arrestata dalla Digos per aver preso parte al blitz degli anarchici alle ex Nuove di corso Vittorio. L’accusa è di resistenza e violenza a pubblico ufficiale. Durante il raid di ieri mattina – quando una quarantina di anarchici hanno messo a soqquadro la sede degli ufficiali giudiziari e occupato parte dell’edificio – è sempre stata in prima linea. In manette, con le stesse accuse, anche un’altra ragazza italiana e una donna brasiliana

Fonte  Repubblica.it

Lunedì mattina, in risposta alla paratica degli sfratti a sorpresa, alcune famiglie e compagni solidali decidono di occupare l’ufficio delle pubbliche relazioni degli ufficiali giudiziari. Alla fine della giornata di lotta, tre compagne vengono tratte in arresto; una di loro è Claudia, una sfrattata di origine brasiliana, le altre sono Simona e Marianna. Simona è stata sicuramente pestata, con segni evidenti, delle altre due non abbiamo informazioni certe. Come sempre accade quando lasciano troppi segni, le accuse messe in campo contro le compagne sono di resistenza e lesioni.
Mercoledì mattina si terrà l’udienza di convalida degli arresti a porte chiuse.

DA PARTE NOSTRA MASSIMA SOLIDARIETA’

AL FIANCO DI CHI LOTTA! MARIANNA LIBERA SUBITO!

BASTA SFRATTI; BASTA TAV!

Per capire meglio diffondiamo da Macerie

Sfratti anticipati? Casini assicurati!

In Borgo Vittoria un nutrito picchetto antisfratto aspetta l’Ufficiale Giudiziario. Per la cronaca, oggi l’ufficiale è Lino Mazzeoben conosciuto da molti di quelli che da mesi in città resistono agli sfratti per essere tra i più fedeli servitori dei padroni di casa. Come già successo altre volte, Mazzeo non si presenta per paura di affrontare il picchetto, ma questa volta decide di fare il gradasso più del solito. Contattato al telefono dalla famiglia sotto sfratto, spiega più o meno così la situazione: «Avete organizzato il picchetto? E allora oggi lo sfratto non lo eseguiamo, rimandiamo le carte al giudice e sarà lui a decidere quando eseguirlo. Ma a voi non verrà più comunicata nessuna data!». La minaccia di usare la strategia dello sfratto a sopresa è chiara, ma il picchetto non si perde d’animo e decide di prendere l’iniziativa. Alcuni rimangono a guardia della casa per evitare scherzi, e una quarantina di sfrattandi e solidali decide di prendere un bus e andare nella tana del lupo: l’Ufficio Notificazioni Esecuzioni e Protesti, la base degli Ufficiali Giudiziari che si trova nelle vecchie carceri Nuove, a due passi dal Tribunale. Un piccolo corteo chiassoso negli uffici parte alla ricerca del direttore, che già altre volteera stato messo alle strette e aveva lasciato il foglio con il rinvio. Ma questa volta si protesta anche contro le nuove mosse della Questura, che sembra proprio aver deciso di usare sistematicamente la tecnica degli sfratti a sorpresa.

L’ufficio viene velocemente chiuso al pubblico, e si riempie di polizia: agenti in divisa e in borghese, accompagnati da una ventina di celerini. Il gruppone che aveva occupato gli uffici viene radunato nel cortile interno, la polizia lascia uscire subito le donne con i bambini piccoli e pretende di identificare tutti gli altri. Inizia una lunga fase di stallo: da una parte chi aveva occupato l’ufficio e vuole la proroga, dall’altra la polizia che vuole i documenti. Intanto fuori si forma un piccolo presidio che viene caricato non appena decide di bloccare Corso Vittorio Emanuele, e qui la celere si porta via un solidale. Anche all’interno degli uffici c’è un po’ di parapiglia, qualcuno viene preso di peso dalla celere e caricato su un blindato, c’è chi si sente male e chi si arrampica sulle finestre e sale verso il cornicione.

Alla fine i fermati sono dieci, di cui tre ragazze che non avevano con loro i documenti d’identità. Vengono tutti portati nella Questura di via Tirreno, e anche lì fuori si forma un presidio solidale: una sessantina di persone che per un paio di ore chiedono la liberazione dei fermati, facendo un gran baccano con slogan, pietre battute sui pali e scoppiando alcuni petardoni. In sette vengono rilasciati dopo alcune ore, le tre ragazze senza documenti invece rimangono dentro: chi esce racconta di averle viste passare nel corridoio della Questura, peste e ammanettate; una, addirittura, viene presa a calcida un agente delle volanti giusto di fronte al gabbione dove erano rinchiusi gli altri. Al momento non sappiamo se la Polizia deciderà di arrestarle o meno, né che cosa sia successo esattamente nel tempo trascorso tra il loro fermo e l’arrivo in corso Tirreno: ve lo racconteremo nelle prossime ore.

Aggiornamento 12 marzo, ore 19. Claudia, Marianna e Simona si trovano alle Vallette. Gli avvocati ancora non hanno potuto vedere gli atti né parlare con le arrestate per cui ancora non sappiamo  cosa sia successo ieri dentro la camionetta e poi nel cortile della Questura di via Tirreno. Domani, in carcere e a porte chiuse, si svolgerà l’udienza di convalida.

macerie @ Marzo 11, 2013

Assi nella manica

Da qualche settimana tirava un’aria rilassata ai picchetti antisfratto. Ufficiali Giudiziari che arrivano senza farsi pregare troppo, rinvii generosi, anche di tre mesi, senza tante discussioni. E soprattutto nessuna concentrazione di sfratti in unico giorno per i mesi di maggio e giugno. Il tutto accompagnato da sorrisi beffardi e frasi sibilline, come se gli Ufficiali Giudiziari sapessero di avere qualche asso nella manica. E forse giovedì scorso hanno deciso di inziare a calarne qualcuno.

Al mattino presto alcune camionette piene di celerini si parcheggiano in via Renier, inBorgo San Paolo. Sono lì per assediare un alloggio dove vive una famiglia che da qualche mese resiste allo sfratto. “Piccolo” particolare: il prossimo accesso era stato fissato per il 19 marzo, e quindi per giovedì mattina non era stata organizzata nessuna resistenza. Lo sfratto anticipato viene eseguito senza troppa fatica: questurini, ufficiale giudiziario, proprietà e avvocato se la sbrigano in fretta e se ne vanno soddisfatti. Per gli amanti degli aspetti tecnici segnaliamo che si tratta di una procedura ai margini della legge, ma pur sempre legale. Si può anticipare uno sfratto senza comunicarlo all’inquilino, basta trovare un giudice che ci metta la firma, ed è risaputo che i padroni di case, come tutti i padroni, trovano facilmente dalla loro partegiudici compiacenti. In questo caso pare che l’autorizzazione sia stata firmata dal Dr. Marco Nigra, Giudice del Tribunale di Torino, magistrato sinistro e democratico.

 

La mossa dello sfratto anticipato, per la verità, non è nuova. Meno di un anno fa, nel cuore della Barriera di Milano, la Questura aveva già usato questa strategia: sfratto anticipato di una settimana per paura di incontrare resistenza, eseguito senza troppa fatica. La persona sfrattata si era già sistemata da tempo in un’occupazione abitativa del quartiere, e quindi la mossa non gli aveva creato grandi problemi. In risposta, erano stati improvvisati nei giorni seguenti alcuni corteini e volantinaggi al mercato di Porta Palazzo, in quello di Piazza Cerignola e in Borgo Vittoria. E sui muri della Barriera di Milano erano anche comparsi scritte e manifesti per raccontare la storia e ricordare i responsabili materiali dell’escuzione dello sfratto.

È ancora presto per tirare delle conclusioni, ma se la Questura deciderà di utilizzare sistematicamente questa nuova strategia, episodi come questo segneranno senza dubbio un cambio di passo. I capoccioni che si ritrovano ogni settimana al Tavolo per la Sicurezza e l’Ordine Pubblico avranno senza dubbio constatato il fallimento della strategia dei “terzi martedì del mese”. Concentrare tanti sfratti in un solo giorno non ha portato i risultati sperati, al contrario ha provocato un rafforzamento della resistenza. Barricate davanti ai portoni e strade bloccate, decine di sfrattandi e solidali – torinesi ma non solo – pronti a resistere dall’alba e soprattutto un sacco di rinvii conquistati con la forza della lotta. Quella che doveva essere la mossa vincente per stroncare la resistenza agli sfratti, si è rivelata per ora un flop.

Il piatto piange: qualche carota e qualche briciola

Intanto, mentre la Questura mette a punto le sue strategie, inzia a scaldarsi la macchina dell’assegnazione di case popolari, perchè la minaccia del bastone per funzionare bene deve essere accompagnata da qualche carota. A partire dalla primavera l’ATC dovrebbe iniziare ad assegnare decine di alloggi, ma non riuscirà sicuramente a far fronte alle migliaia di richieste ricevute. Come fare dunque, visto che i procedimenti di sfratto aumentano ogni anno, la resistenza continua, si allarga e si rafforza e chi rimane senza casa decide sempre più spesso di occuparne una vuota? Ed è qui, pronto a coniugare profitto e gestione della miseria, che interviene il cosidetto “terzo settore”.

A lanciarsi per primo è stato Mauro Maurino, responsabile del Consorzio Connecting People. Per i lettori più affezionati di //Macerie e storie di Torino//  e in generale per tutti i nemici dei Centri di Identificazione e Espulsione, Maurino dovrebbe essere una vecchia conoscenza. La settimana scorsa,  intervistato da un cronista locale di Repubblica in merito alla fine della cosiddetta “emergenza profughi”, Maurino oltre a piangere miseria come al solito ha pensato bene di rilanciare. Visto che l’affare dei profughi libici sta sfumando, ha subito fatto notare che «le strutture utilizzate per gli stranieri possono garantire un’alternativa anche per l’emergenza abitativa». Un bel business per lui e per le sue cooperative, e qualche castagna tolta dal fuoco all’amministrazione comunale e alla Questura. La posta in gioco, giusto per essere chiari, è presto spiegata nell’articolo: se le cooperative sociali si occupassero degli sfrattati, questo «potrebbe scongiurare altre occupazioni di case da parte dei senzatetto». Quando si dice “giocare a carte scoperte”…

Pochi giorni dopo si fanno avanti CaritasCompagnia di San Paolo e Philip Morris, unite in una Santa Alleanza che ha annunciato di voler intervenire sulla questione emergenza casa dando vita al progetto Sis.te.r. La Chiesa, una fondazione bancaria e una multinazionale del tabacco mettono sul piatto “ben” 70mila euro, una cifra ridicola con la quale vorrebbero offrire alle famiglie che vengono sfrattate alcuni appartamenti per il soggiorno temporaneo. Ad occuparsi del progetto sarà Synergica, giovane cooperativa sociale che in appena due anni di vita ha già messo in piedi diversi programmi di housing e mix sociale in collaborazione con Comune di Torino,fondazioni cattoliche e cooperative rosse.

Staremo a vedere cosa succederà nelle prossime settimane. Per i mesi di marzo e aprile sono ancora in programma i “terzi martedì del mese”, e vedremo se la Questura preferirà ancora una volta prendere tempo o deciderà di forzare. Nei prossimi giorni capiremo anche se proveranno a ripetere la mossa degli sfratti anticipati, decidendo dialzare la posta. Questa scelta metterebbe sicuramente in seria difficoltà le reti di resistenza agli sfratti che sono nate e cresciute in città negli ultimi anni. Ma la scelta di trasformare di fatto gli sfratti in sgomberi, approffittando del fattore sorpresa, non è certo una mossa che aiuta la pace nel mondo. E potrebbe essere una buona occasione per uscire dal calendario delle scadenze definite dalla controparte, per dare finalmente il giro a questo tavolo di bari da quattro soldi.

macerie @ Marzo 10, 2013


Fino all’ultima maceria

diffondiamo da informa-azione

sbarreCarcere come punizione. Che sia per ammonire chi ancora non dissuaso dall’idea del “crimine paga”, che sia per stroncare i riottosi alle pubbliche leggi, che sia semplicemente perché così funziona un’istituzione che rinchiude. Il carcere quello fatto di soprusi, angherie, umiliazioni è fatto di vetri che dividono affetti, minuti di incontro, per chi può, strappati alla costruita monotonia quotidiana, di burocrazia, di censura della posta, di isolamento, di botte.
In questi giorni Sergio, un compagno detenuto in AS2 e trasferito da pochi giorni da Alessandria a Ferrara, è in sciopero della fame da settimane per essersi visto negare i colloqui con la sua compagna.
Maddalena, una compagna detenuta ad Agrigento, subisce da mesi le pressanti attenzioni dei secondini di turno, senza piegare la testa ed è anche lei in sciopero della fame per il continuo regime d’isolamento a cui è sottoposta.
“Normale amministrazione” per chi distribuisce anni di galera e per chi quelle galere le gestisce. Noi che vogliamo vedere radere al suolo ogni forma di reclusione e ogni spasimo di autorità non ci abitueremo mai alla normale amministrazione.

Rinnoviamo la nostra solidarietà e la nostra complicità per i compagn* rinchiusi in AS2 e a tutt* i prigionier* che non piegano la testa di fronte a questo esistente.

Cassa antirepressione Alpi occidentali


Presidio x gli arrestati + comunicato

WEB_Presidio27febb2013

 

comunicato

PRECISAZIONI E SOLIDARIETA’

Mercoledì 27 febbraio si terrà a Trento il processo contro gli anarchici trentini accusati di associazione sovversiva con finalità di terrorismo.

Nessuna prova sui fatti specifici contestati, ma generiche accuse di aver compiuto azioni illegali e di aver organizzato e animato le lotte sociali contro il progetto TAV e la base di Mattarello.

Ingenti risorse economiche investite e anni di indagine con pedinamenti e intercettazioni, coordinati dalla procura di Trento, per un inchiesta che da subito si è rivelata debole.

Tra le accuse più assurde che vengono mosse agli attivisti trentini vi è quella di aver organizzato e diretto gli scontri avvenuti il 3 luglio 2011 in val di Susa tra migliaia di attivisti NO TAV e le forze di polizia durante l’assedio al cantiere della Maddalena di Chiomonte.

In merito, il Movimento NO TAV al fine di consegnare alla storia quella che è stata la realtà dei fatti ci tiene a precisare quanto segue:

 

-la giornata del 3 luglio è stata un espressione della rabbia e indignazione popolare valsusina per la pesante aggressione subita dal territorio della valle e dalla sua gente con lo sgombero della Libera Repubblica della Maddalena e l’installazione del cantiere TAV

 

-le migliaia di persone protagoniste dell’assedio hanno risposto alle violenze della polizia che quel giorno ha lanciato più di quattromila proiettili di gas lacrimogeno CS, anche ad altezza uomo

 

-numerosi gli attivisti accorsi da ogni parte d’Italia quel giorno per sostenere le istanze, ormai ventennali, del movimento valsusino e per solidarizzare con la popolazione sotto attacco

 

-il Movimento NO TAV non ha capi né gregari, ma si avvale della disponibilità e della volontà di tutti coloro che hanno deciso da che parte stare e che lottano per impedire la distruzione dei territori in nome del profitto

 

-le azioni di disturbo al cantiere di Chiomonte sono proseguite nei mesi dopo il 3 luglio e continuano tutt’oggi e, a sottolineare l’illegalità e l’illegittimità di quei lavori, ci sono anche gli innumerevoli esposti prodotti dai legali del movimento

 

-per i fatti del 3 luglio è in corso a Torino un processo che riguarda 52 persone, e che si configura come un vero e proprio attacco politico al movimento che da anni si batte contro la costruzione dell’inutile nuova ferrovia Torino-Lione.

 

Esprimiamo solidarietà e vicinanza a tutti coloro che sono colpiti da inchieste della magistratura per aver lottato insieme a noi contro il devastante progetto TAV.

 

L’assemblea dei comitati NO TAV

Valle di Susa, 24 febbraio 2013


Disordini per lo sgombero 2009 del Boccaccio, giovane condannato

Riportiamo l’articolo dei fatti del 2009, dove i servi dei padroni hanno attaccato con la solita violenza chiudendo in un’angolo i compagni e aggredendo quello che adesso vogliono far passare per l’aggressore! Rompendogli la testa! Mai un passo indietro!

scimmionaturalmente Solidali e vicini a Scimmio!

Secondo l’accusa aggredì un poliziotto durante una manifestazione

MONZA, 14 Febbraio 2013 – Sei mesi di reclusione con la sospensione condizionale della pena e la non menzione della condanna e 2000 euro di risarcimento alla parte civile.
E’ la condanna inflitta dal Tribunale di Monza per resistenza e violenza a pubblico ufficiale a uno dei giovani che il 20 luglio del 2009 aveva partecipato alla manifestazione di protesta di un gruppo di anarchici contro lo sgombero del Centro sociale Boccaccio dall’ex cinema Apollo in via Lecco a Monza. Ad essere aggredito era stato un assistente capo della Polizia di Stato, che aveva subìto delle lesioni e si è costituito parte civile al processo per ottenere un risarcimento dei danni.

Davanti al giudice ieri è stato chiamato a testimoniare il vicequestore Francesco Scalise, dirigente del Commissariato di polizia di Monza allora come ancora adesso. “Il Questore di Milano aveva disposto lo sgombero dall’ex cinema Apollo degli occupanti del Centro sociale Boccaccio e di altri anarchici – ha ricordato Francesco Scalise – Avevo 60 uomini tra il personale della Digos e del Commissariato di polizia di Stato di Monza. Abbiamo sempre cercato di evitare lo scontro con i manifestanti, ma ad un certo punto però una quarantina di loro si sono messi in corteo non autorizzato. Ho mandato una trentina di poliziotti a seguirli sapendo che i manifestanti si sarebbero diretti in Comune per esprimere il loro disappunto. Non ho assistito personalmente all’aggressione contestata, ma so che si è arrivati all’identificazione dell’imputato dai fotogrammi del filmato delle telecamere del Comune”.
Il pm ha chiesto per l’imputato la condanna a 6 mesi di reclusione, confermata poi dal giudice, mentre la difesa dell’imputato sosteneva che non vi era prova che l’aggressore del poliziotto fosse proprio lui.

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Presidio al tribunale di Monza 22 gennaio ore 8.30 x Peppino e Paolo!

Martedì alle ore 8:30 presidio al Tribunale di Monza in Piazza Garibaldi
per l'udienza preliminare di Paolo e Peppino, i due compagni monzesi 
colpiti dalla repressione.

peppo liberoSIAMO TUTTI CON PE’

Da mercoledì 16 gennaio 2013, Peppino, membro del collettivo del centro 
sociale Boccaccio, è stato colpito da un provvedimento repressivo che 
lo obbliga agli arresti domiciliari, con divieto di comunicazione con 
l’esterno.

E’ accusato di “concorso anomalo in rapina”, insieme ad altri tre 
compagni NOTAV (tra cui anche Paolo, altro compagno monzese), per 
un episodio verificatosi il 14 luglio 2011 a Cuneo, nell’ambito di 
un corteo spontaneo che concludeva una giornata di solidarietà e 
sostegno a Maurizio (altro compagno allora detenuto nel carcere di 
Cuneo per i fatti successivi allo sgombero della Maddalena in 
Valsusa del 3 luglio 2011).

Prima di entrare nel merito di questa assurda vicenda processuale, 
crediamo doveroso ricordare chi è Peppino e qual è il contributo 
che quotidianamente offre nello sviluppo delle attività del Boccaccio, 
in particolar modo in quelle rivolte all’esterno.

Peppino è uno dei fondatori del Comitato Monzese per il Diritto alla 
Casa ed è in prima linea nel supporto a coloro che rischiano di 
essere sfrattati dalle proprie abitazioni. Tutti i martedì pomeriggio 
cura un servizio rivolto agli inquilini, uno sportello di consulenza 
legale di base, che nel corso di questi mesi, in cui l’emergenza a
bitativa ha coinvolto numerosi singoli e nuclei famigliari, ha 
registrato numerosi accessi. Insieme ad altri membri del Comitato 
ha appena concluso la scrittura di un progetto relativo alla pratica 
dell’autorecupero che sarà presentato nella prima settimana di 
febbraio all’Amministrazione comunale.

Peppino è tra i promotori dei corsi organizzati nell’ambito delle 
attività della palestra popolare del Boccaccio. In particolare è 
tra i responsabili del corso di boxe attivato a partire da settembre: 
trattasi di corsi gratuiti aperti a tutti coloro che vogliano 
condividere attraverso la pratica sportiva momenti di socialità 
svincolati da interessi economici e competizione.

Peppino, che ha conosciuto sulla propria pelle la disumanità del 
sistema carcerario, partecipa attivamente ai progetti di Cordatesa, 
gruppo che si occupa di sviluppare una riflessione critica 
sull’apparato repressivo, volto al superamento della società 
carceraria, proponendosi come interlocutore con i famigliari dei 
detenuti del carcere di Monza. E’ in questo ambito che opera anche 
Paolo, l’altro compagno monzese denunciato e colpito da un 
provvedimento di obbligo di dimora nei confini comunali.

Peppino è coinvolto nell’attività quotidiana di skipping, ossia di 
quella pratica che, in accordo con alcuni commercianti monzesi, prevede 
il recupero da parte del Boccaccio degli alimenti invenduti (destinati 
a essere eliminati) e di una loro immediata ridistribuzione nell’ambito 
di cene di autofinanziamento per progetti sociali o direttamente a 
persone in estrema difficoltà economica.

Oltre a queste attività specifiche, Peppino è indubbiamente attivo in 
tanti altri fronti di lotta: in particolar modo è coinvolto spesso in 
presidi, manifestazioni ed eventi legati alla tutela del territorio e 
i suoi cori sono diventati un’immancabile colonna sonora nell’ambito 
delle manifestazioni NOTAV, No Pedemontana, No TEM.

La sua assenza coatta da tutte queste attività rende ancor più 
inaccettabile il provvedimento restrittivo che lo ha colpito.

Peppino era a Cuneo per portare la propria solidarietà a Maurizio e a 
denunciare la criminalizzazione del movimento NOTAV messa in atto 
dalla magistratura. Al termine della giornata, nel corteo che stava 
riportando tutti i compagni dal carcere verso la stazione, è irrotta, 
investendo alcuni manifestanti, una vettura. E’ questo l’episodio 
rispetto al quale è stato messo in atto da parte degli inquirenti un 
ribaltamento dei fatti che ha portato all’assurda accusa di “concorso 
anomalo in rapina”. Accusa costruita semplicemente sulla deposizione 
della conducente del veicolo che dichiara di essere stata derubata di 
una borsa contenente valori per circa 2000 euro (!).

Un capo di imputazione di questo tipo appare assolutamente pretestuoso, 
in quanto si sottolinea l’estraneità degli imputati rispetto alla rapina, 
ma, come sta accadendo sempre più frequentemente colpisce in maniera 
indiscriminata ricorrendo al dispositivo del concorso.
Questa formula permette allo Stato di colpire con misure repressive chi 
partecipa alle lotte indipendentemente da qualunque (presunta) 
responsabilità individuale, ma soltanto sulla base della loro identità e 
del loro agire politico.

Vediamo inoltre in questa operazione l’ennesimo tentativo di colpire, 
criminalizzare e mettere a tacere una delle voci di dissenso più radicale 
degli ultimi anni come quella NOTAV: opporsi a questa dinamica è 
fondamentale per tutelare il diritto al dissenso e le pratiche di 
resistenza che quotidianamente riteniamo necessario mettere in atto.

Esprimiamo quindi pieno appoggio e calorosa solidarietà a tutti i compagni 
colpiti dal provvedimento in questione, in particolare al nostro compagno 
Peppino ristretto agli arresti domiciliari con l’odioso divieto di comunicare 
con l’esterno. Chiediamo il suo immediato ritorno in libertà, nonchè la 
rimozione dell'obbligo di dimora a Paolo.

Corteo nazionale per gli arrestati del 15ottobre

teramo


Repressione dopo corteo anticarcerario a Cuneo

Il 14 luglio durante una manifestazione contro la repressione subita dal movimento no tav presso il carcere di Cuneo in solidarietà al nostro compagno Mao e a tutti gli arrestati No Tav, quello che era nato come presidio si è trasformato presto in un corteo partecipato e determinato che ha deciso di percorrere la strada che conduce dal carcere alla stazione ferroviaria.
Verso la fine del percorso una macchina ha tentato di spezzare il corteo e nel farlo investiva alcuni compagni. Con un assurdo ribaltamento dei fatti a distanza di più di sei mesi, oggi 16 gennaio 2013, quattro provvedimenti di custodia cautelare hanno raggiunto alcuni compagni presenti, accusandoli di “concorso anomalo in rapina”. E’ questa una delle strategie più usate dalle questure negli ultimi tempi per reprimere il dissenso: dal g8 di Genova alla Valsusa passando per i fatti del 15 ottobre: colpire nel mucchio inventandosi reati inesistenti e basati sull’utilizzo indiscriminato del dispositivo del concorso.
Questa formula permette allo stato di colpire con misure repressive chi partecipa alle lotte indipendentemente da qualunque (presunta) responsabilità individuale ma soltanto sulla base della loro identità e del loro agire politico.
Due degli arrestati sono compagni dei nostri collettivi e per questo motivo ci sentiamo colpiti in prima persona.
Esprimiamo pieno appoggio e calorosa solidarietà a entrambi i nostri compagni colpiti, in particolare al nostro compagno Peppino ristretto agli arresti domiciliari con l’odioso divieto di comunicare con l’esterno. Questa restrizione mette in luce lo scopo dell’ operazione repressiva:privare il movimento monzese di alcuni dei suoi membri più attivi e presenti nelle lotte che quotidianamente porta avanti sul territorio. Vediamo inoltre in questa operazione l’ennesimo tentativo di colpire, criminalizzare e mettere a tacere una delle voci di dissenso più radicale degli ultimi anni come quella No Tav.
Tutto ciò ovviamente non fermerà le nostre manifestazioni di solidarietà a lui e a tutti gli altri inquisiti.

PEPPINO LIBERO TUTTI LIBERI. A Sarà Düra! Dalle valle alla città la lotta non si arresta!

Contro il carcere e la società che lo crea
FOA Boccaccio 003 & CordaTesa

boccaccio.noblogs.org
cordatesa.noblogs.org

notav

 


Torino – rivolta e fiamme al Cie di corso Brunelleschi

14 Gennaio – Momenti di fuoco e rivolta stasera al Centro di Identificazione ed Espulsione di Corso Brunelleschi a Torino.

cie 2Scintilla della rabbia: la mancanza di riscaldamento in una delle sezioni del lager, con gravi conseguenze sui prigionieri più anziani.

Alcuni rivoltosi si sono arrampicati sul tetto della struttura e lì hanno dato fuoco a dei materassi. Altri hanno incendiato masserizie in un’altra parte dell’edificio.

Fonte: Radioblackout

Ore 1.00 – Riportiamo anche che alcuni compagni sono stati fermati fuori dal lager dai servi di stato.

ore 1:42 – Quattro macchine ancora fermate dalla polizia in piazza Sabotino. Chi può vada a portare solidarietà ai fermati.

ore 1:52 – Tutti liberi i compagni precedentemente fermati. Buonanotte.


Prigionieri – Resoconto del presidio anticarcerario per Madda al Paglierelli

occhiGiorno 14 dicembre ci siamo ritrovati sotto il carcere Pagliarelli di Palermo per esprimere la nostra solidarietà e infondere coraggio alla compagna detenuta Madda e a tutti i prigionieri, urlando il disprezzo contro ogni tipo di gabbia e contro tutti gli aguzzini.
Dopo mezz’ora di cori e botti in una stradina adiacente al complesso carcerario, un nutrito gruppo di polizia penitenziaria ha fatto la sua comparsa, pistola alla mano, per tentare di spegnere quella scintilla di solidarietà verso gli oppressi e di rabbia contro gli oppressori.
L’arroganza che accomuna tutte le guardie non ci ha scoraggiato, anzi abbiamo continuato ad intonare cori per chi, a pochi metri di distanza, ci ascoltava da dietro le odiate sbarre

Con l’atteggiamento intimidatorio che li contraddistingue , i servi in divisa hanno proceduto ad identificazioni e perquisizioni, alle quali è seguito un trasporto coatto all’interno del carcere di tutti noi partecipanti al presidio, venendo poi rilasciati dopo appena un paio d’ore.

Se i cani da guardia dello Stato credono di aver messo a tacere le nostre voci, di aver sopito i nostri spiriti in rivolta, di aver spento almeno per un po’ quella luce che anima i nostri cuori e mai ci abbandona, si sbagliano: la loro volontà di reprimere ci ha soltanto resi più determinati nel voler abbattere ogni prigione, sempre in lotta contro l’esistente che le produce.

MADDA LIBERA! TUTTI LIBERI!

FUORI TUTTI DALLE GALERE! DENTRO NESSUNO SOLO MACERIE!

Individualità contro il carcere


SCONTRI A ROMA DEL 15 OTTOBRE, CONDANNATI A 6 ANNI GLI ASSALITORI DEL BLINDATO DEI CARABINIERI

camionetta al rogoSei anni di carcere per gli autori dell’assalto al blindato in Piazza San Giovanni a Roma durante gli scontri del 15 ottobre del 2011 in occasione della manifestazione degli indignados. E’ questa la decisione del gup Massimo Battistini che ha condannato Davide Rosci, Marco Moscardelli, Mauro Gentile, Mirko Tomassetti, Massimiliano Zossolo e Cristian Quatraccioni per reati di devastazione e resistenza a pubblico ufficiale. Oltre agli anni di carcere i sei ragazzi dovranno pagare un risarcimento di 30mila euro a testa per il carabiniere aggredito e per il ministero della Difesa che si è costituito parte civile.

ALEMANNO: SENTENZA È RISARCIMENTO MORALE AD ARMA E A CITTÀ – “Giusta la sentenza che colpisce gli autori del vergognoso assalto al blindato dei Carabinieri del 15 ottobre 2011 e che rappresenta un risarcimento morale all’Arma e a tutti i cittadini romani – ha commentato il primo cittadino della Capitale -. Sei anni sono un giusto monito per tutti coloro che scambiano il diritto di manifestare con quello di indirizzare le propria violenza contro le forze dell’ordine nella città di Roma”.

scontri-roma-15-ottobreDA INFOAUT

Dure le condanne inflitte dal tribunale di Roma per gli scontri avvenuti il 15 ottobre del 2011 in Piazza San Giovanni: 6 anni di reclusione per l’attacco al furgone dei carabinieri. Bisognerebbe forse dar meno ascolto ai “consigli” degli avvocati…

Dopo la grande giornata di rabbia esplosa in piazza San Giovanni a Roma contro il governo dell’austerità e contro le politiche del debito, nella quale il protagonismo di studenti/esse, precari/e, disoccupati/e, lavoratori/rici, facevano sentire la loro indignazione ai politici romani, arrivano le sentenze per l’attacco al furgone dei carabinieri: 6 anni di reclusione ciascuno per i sei compagni di Azione Antifascista di Teramo.

Dure le condanne inflitte a termine del rito abbreviato dal gup di Roma Massimo Battistini (la Procura aveva chiesto 8 anni) che per l’occasione, oltre ai reati di resistenza e lesioni a pubblico ufficiale pluriaggravata e un risarcimento di 30 mila euro per il carabiniere ferito, rispolvera il reato di devastazione e saccheggio ereditato e ancora presente nell’ordinamento giuridico dal codice penale fascista, il cosiddetto “Codice Rocco”. Sono le stesse condanne già comminate ai/le compagni/e già condannat* per le giornate del G8 2001 a Genova.

”L’attribuzione agli imputati del delitto di devastazione e saccheggio – ha commentato l’avvocato Maria Cristina Gariup, che difende alcuni degli imputati – non è condivisibile. Si tratta di una responsabilità oggettiva della quale manca la prova materiale. Non c’è la prova di quanto contestato agli atti”. Infatti, durante quella giornata in piazza san Giovanni eravamo in tanti/e, stanchi/e di subire le politiche dei tagli lacrime e sangue solo per coloro che ogni giorno devo fare i conti con una quotidianità sempre più attaccata dalla casta politica. Una buona parte della generazione che sta pagando tanto ha risposto in modo determinato all’attacco dei politicanti e dei “tecnici”, contribuendo a praticare una giornata di conflitto sociale.

Proprio per questo motivo sembra chiaro come questa condanna provi ad intimidire le lotte sociali all’interno di una fase politica sempre più in difficoltà a trovare un’uscita dalla crisi economica. Una punizione esemplare,politica, confermata, da quanto si legge anche nella dichiarazione del sindaco Alemanno che, oltre a considerare giuste le condanne, dichiara: “Sei anni sono un giusto monito per tutti coloro che scambiano il diritto di manifestare con quello di indirizzare le propria violenza contro le forze dell’ordine nella città di Roma”. In risposta alla pesante condanna, gli avvocati degli imputati fanno sapere che faranno ricorso.

Una condanna così dura fa pensare. O meglio, rende opportuna una valutazione costruttiva, umile, riguardo a quanto siano opportune le scelte alternative al rito ordinario: se da un lato non si discute la scelta personale dei compagni sulla decisione del rito abbreviato, dall’altro lato vala la pena valutare quanto possano influire le indicazioni, dettate dalla forma mentis degli avvocati di turno. Quasi sempre per essi l’uso alternativo al rito ordinario, magari da tramutarsi nello scontare il più a lungo possibile la pena nel proprio domicilio, sembra essere il più opportuno per gli/le assistiti/e. Alla luce di queste condanne, considerando che ad oggi i compagni si trovano ancora ai domiciliari dallo scorso aprile, pensiamo che qualche domanda valga la pena porsela per il futuro…

Ad ascoltare i “consigli” degli avvocati si rischia spesso di imboccare sentieri la cui utilità ci appare dubbia. Percorsi che sull’immediato sembrano essere più convenienti, rischiano di tramutarsi in condanne esemplari che si iniziano a pagare da subito. Nell’affrontare processi di questo tipo, molti avvocati (fortunatamenti non tuttt*) affrontano la contesa mossi dall’obiettivo della minimizzazione della pena (intento lodevole ma cui raramente corrsiponde un ritorno reale), convinti che il tramutare grosse pene in arresti domiciliari sia il risultato migliore ottenibile. L’approccio (con tutto il rispetto) è un po’ quello di ridurre il reato politico a incidente tra ultras. Accade così che molt* compagn* deleghino agli specialisti del Diritto scelte che riteniamo più proficuo elaborare collettivamente con le proprie realtà politiche di riferimento (che permetteono anche di costruire e vivere politicamente i processi). Non intendiamo con questo sostenere che esistono ricette per eludere la repressione. La repressione esiste e lo Stato lo esercita ogni qualvolta ne ha la possibilità, mosso dalla paura che giornate come quella del 15 ottobre (e del 14 dicembre, e infinite altre…) possano ripetersi. Queste note non pretendono insegnare niente, vogliono solo mettere qualche pulce nelle orecchie. Soluzioni belle e pronte non ce ne sono ma la secolare esperienza delle lotte dei/le proletari/e insegnano che il rito ordinario e l’allungamento dell’iter processuale sono spesso preferibili e permettono, se non altro, di elaborare nel tempo strategie ulteriori e più meditate, fuggendo alle pressioni molteplici della contingenza.

I compagni di Azione Antifascista di Teramo terranno giovedì una conferenza stampa al club Gagarin di Teramo, in via Capuani 61, alle ore 11, per fare il punto della situazione e per illustrare anche il processo che si terrà il 10 gennaio a Teramo contro 13 suoi militanti accusati di associazione a delinquere dalla Procura teramana.

Nel frattempo Davide Rosci, uno dei compagni condannati inizierà a breve uno sciopero della fame per protestare contro il reato di devastazione e saccheggio

A loro, ei/le detenut* del G8 va il nostro più sincero e fraterno saluto!

www.infoaut.org