Category Archives: Comunicati, critiche e riflessioni
Lunedì, 29 Aprile 2013
Prigioniera del 28M si trova al momento in regime d’isolamento e punizione nel CPF di Temuco per dimostrarsi ribelle e insultare il magistrato. Nessuno è a conoscenza di quanti giorni rimarrà in isolamento. Non può ricevere visite ne pacchi di nessun genere, fino a nuovo ordine! Le informazioni che riceviamo sono scarse, che si sappia che le compagne sono tormentate e maltrattate.
¡¡¡¡ LIBERTAD A LXS PRESXS DEL 28 M !!!!!
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Dalle ore 15.00 di sabato 20 Aprile, si e’ tenuto sotto le mura del CIE modenese, un presidio, in solidarieta’ ai reclusi della struttura, al quale hanno partecipato circa una sesantina di solidali antirazzisti, provenienti da diverse realta’, vedi oltre Modena, anche Bologna, Verona, Trento, Torino, Cremona e Parma. Non appena noi solidali siamo arrivati al CIE, un solerte funzionario della Questura ha tentato invano, di consegnare il foglio che riportava le prescrizioni del Questore inerenti la manifestazione. Nessuno lo ha ritirato. Per circa due ore, abbiamo gridato slogan (vedi, “SOLIDARITE’ AVEC LES SANS PAPIERS”, “FUOCO AI CIE” in lingua araba, ” DI CIE E CARCERI NON NE VOGLIAMO PIU’, COLPO SU COLPO LI BUTTEREMO GIU’ “), salutato con un megafono gli internati e fatto battiture sulla recinzione esterna del CIE. I reclusi hanno risposto calorosamente con battiture e grida. Durante lo svolgersi della manifestazione, qualcuno degli “ospiti” e’ riuscito a contattarci telefonicamente, e a riferirci che Continue reading
Commenti disabilitati su Resoconto presidio sotto al CIE di Modena del 20 aprile | tags: basta cie, centro di identificazione ed espulsione, CIE, immigrati in lotta, lager di stato, modena, presidio, resoconto giornata di lotta, solidarietà | posted in Comunicati, critiche e riflessioni, Contro carcere, CIE e OPG, Presidi, cortei, saluti e iniziative, Tutti
diffondiamo da informa-azione
24 aprile 2013 – Con la chiusura delle indagini preliminari (415 bis) notificata l’ 11 marzo 2013 si andrà a processo per Nicola ed Alfredo per 280 bis (attentato con finalità di terrorismo) con procedimento stralciato dal fascicolo per 270bis, sempre per il ferimento dell’ Ad di Ansaldo Nucleare Adinolfi, che rimane aperto con una terza indagata. Per il 280 bis non è stata ancora fissata l’ udienza preliminare, si sta attendendo anche che la Procura depositi le trascrizioni delle intercettazioni ambientali mancanti che, dopo due proroghe richieste dai periti del tribunale, dovrebbero essere pronte il 5 giugno (a quanto pare i periti non riescono a capire e trascrivere il dialetto napoletano… che tanto cristallino pareva ai magistrati genovesi quando è dovuto servire a corroborare la tesi accusatoria, con il solito meccanismo pretestuoso con cui vengono interpretate sempre le intercettazioni ambientali). A maggio è fissato Continue reading
Commenti disabilitati su Aggiornamenti su Nicola e Alfredo e informazioni sulla sorveglianza tecnologica | tags: aggiornamento su detenuti, alfredo e nicola, anarchici, anticarceraria, CordaTesa, sorveglianza tecnologica | posted in Comunicati, critiche e riflessioni, Contro carcere, CIE e OPG, Dentro le mura, Tutti
diffondiamo da contrainfo
Probabilmente ha qualche interesse a commentare gli ultimi due tentativi di fuga da carceri di massima sicurezza. Una con elicottero dal carcere di Trikala, e l’altra con una piccola “bugia” dal carcere di Malandrino.
Nel primo caso è emerso che la polizia non ha esitato, al fine di consolidare la dottrina della tolleranza zero, di mettere in pericolo la vita di decine di persone, citando la sua intenzione di evitare una fuga, un atto punibile come un reato minore…
Nel secondo caso abbiamo visto cosa possa ottenere un prigioniero facendo passare una semplice radio come il telecomando di una bomba (!) quando i meccanismi dell’applicazione della legge sanno che non scherza con la sua libertà. Anche se in fine non è riuscito a fuggire, ha mantenuto in scacco per 24 ore un carcere intero con unica la sua unica arma, la determinazione.
Ma ciò che conta veramente in questi due casi è il cambiamento nel senso della fuga e la sua mutazione in un percorso individuale del detenuto. Fino alla fine degli anni ’90 la ribellione e Continue reading
Commenti disabilitati su Lettera di Anastasios Theofilou: riflessioni su evasioni e rivolte | tags: Anastasios Theofilou, anticarceraria, carcere, CordaTesa, evasioni, grecia, rivolte | posted in Comunicati, critiche e riflessioni, Contro carcere, CIE e OPG, Corrispondenze galeotte, Dentro le mura, Fuggiaschi, Tutti
Venerdì 19 Aprile 2013
Saluti indomiti, saluti selvaggi a tutt* per essere partecipi alla situazione in cui si trovano le ragazze detenute nel carcere di Temuco.
Oltre a salutare e ringraziare per la solidarietà dimostrata ovunque, vogliamo dare qualche recente informazione del processo giudiziario che si sta preparando contro le 3 compagne accusate di “detenzione di materiale per la fabbricazione di esplosivo e collocazione di ordigni”:
− La difesa delle ragazze (2 avvocati personali e uno assegnato dallo stato) al momento non ha potuto fare nulla, neanche visionare gli atti, in quanto la Procura sta ritardando la consegna in modo da poter controllare le prove, dichiarazioni, campioni di sangue e perizie realizzate fino al momento per conto del Dipolcar (Dirección de Inteligencia Policial de Carabineros de Chile) e OS-9 (Departamento de Investigaciones Criminales de Chile).
− Comprendiamo che questa situazione è uno stratagemma utilizzato dallo Stato per poter ritardare una possibile richiesta d’appello alla Continue reading
Commenti disabilitati su Aggiornamenti giudiziari arresti 28M, Temuco, Cile | tags: 28 marzo, 28M, Ariadna, carcere, cile, Roxana, Temuco, Yaritza | posted in Comunicati, critiche e riflessioni, Contro carcere, CIE e OPG, Corrispondenze galeotte, Tutti
diffondiamo da anarres-info
La situazione nel CIE sta mutando.
Dopo la lunga stagione di lotte culminata con la distruzione pressoché totale del CIE di Gradisca nel dicembre del 2011, le politiche verso i CIE sono lentamente cambiate. I Centri sono ancora la punta dell’iceberg legislativo costruito per mantenere sotto costante ricatto gli immigrati nel nostro paese, tuttavia rappresentano sempre di più un problema sia economico che di immagine per i governi di turno.
Chi lotta viene duramente represso: i prigionieri che protestano possono essere arrestati, rinchiusi in isolamento, espulsi immediatamente o semplicemente obbligati a dormire in terra.
In questi stessi anni è cambiato, complice l’obbligatorio recepimento della direttiva europea sui rimpatri, Continue reading
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diffondiamo da informa-azione
Martedì, 16 di Aprile, Gabriel è passato davanti all’Audiencia Nacional. Non ha dichiarato niente riguardo ai fatti di cui è accusato in Italia, rifiutando così di uniformarsi a false categorie quali innocenza o colpevolezza. Così che si è trattato solo della convalida del Mandato di arresto europeo spiccato contro di lui. Gli argomenti presentati dalla difesa sono stati accolti dal Tribunale e pare che l’Euro-mandato non può essere eseguito al momento. Per ora non sono stati fissati i termini della prossima udienza.
Il compagno continua ad essere fermo e forte. Da parte nostra continueremo attenti alla prossima sporca giocata dei diversi Stati che, con le loro leggi, con le loro gurerre e la distruzioine generalizzata non hanno remore nel seminare terrore per aumentare il controllo su ogni aspetto della vita e trarre profitto da ogni cosa.
Con rabbia e ribellione! Per l’anarchia!
Commenti disabilitati su Prigionieri – Aggiornamenti su Gabriel Pombo Da Silva | tags: anarchico, anticarceraria, carcere, CordaTesa, detenuto, Gabriel Pombo Da Silva, Mandato di arresto europeo, prigionieri | posted in Comunicati, critiche e riflessioni, Contro carcere, CIE e OPG, Tutti
http://libertad28m.blogspot.com.ar/
Questo è il nuovo blog aperto per informare a riguardo dex compagnx detenutx e arrestatx a Temuco, in Cile, durante la infima repressione del 28 marzo
Commenti disabilitati su Temuco: Nuovo blog per i compagni del 28M | tags: 28M, anarchici, anticarceraria, carcere, cile, compagni incarcerati, CordaTesa, detenuti, nuovo blog, processo, repressione, Temuco | posted in Comunicati, critiche e riflessioni, Contro carcere, CIE e OPG, Tutti
diffondiamo da contrainfo
CH – 4. Update noniberazione (società a rischio zero);
Premessa: è tuttora pendente il ricorso (5 marzo 2013) in 2. istanza contro la 2. negazione (5/2/2013) in 1. istanza (dipartimento amministrazione penitenziaria ZH) della mia liberazione condizionale. In questa seconda negazione il DAP ZH richiede a Lenzburg una presa di posizione sulla mia liberazione condizionale da inoltrare per dicembre 2013.
22. marzo 2013: confermando le sue previe dichiarazioni orali – e l’esistenza, perlomeno, di una certa contraddizione interna agli apparati repressivi -, la direzione Lenzburg ha inviato, anzitempo, al DAP ZH competente un rapporto di conduzione con richiesta di trasferimento in quest’estate 2013 in un Continue reading
Commenti disabilitati su Svizzera: Aggiornamenti su Marco Camenisch | tags: aggiornamento su detenuto, ambientalista radicale, anarchico ambientalista, anticarceraria, carcere, carceri svizzere, CordaTesa, detenuto, marco camenisch, marco camenisch libero sibito | posted in Comunicati, critiche e riflessioni, Contro carcere, CIE e OPG, Tutti
Diffondiamo da Radioazione
Il 13 Giugno 2012, dopo diverse operazioni contro altri compagni, lo Stato italiano ha lanciato un giro di vite contro decine di anarchici, denominata ”Ardire”, portando avanti 40 perquisizioni, 24 rinvii a giudizio e 8 arresti. Questa volta, si avrebbe dato anche una dimensione supplementare, accusando inoltre a compagni già incarcerati in diversi paesi europei, tra cui Grecia, Svizzera e Germania. Come al solito, lo Stato tende a mostrare il suo volto autoritario contro quello sorridente dei suoi nemici irriducibili, costruendo, ad esempio, dei ruoli di leader, esecutori e di coordinatori all’interno di un’ennesima “associazione sovversiva”, lì dove ci sono affinità, corrispondenza con i prigionieri, lotta e volontà di combattere. E così che Gabriel Pombo da Silva e Marco Camenisch, imprigionati per molti anni, si ritrovano in quest’indagine in Continue reading
Commenti disabilitati su Gabriel Pombo da Silva: Solidarietà anarchica contro l’Europa delle polizie e contro tutte le autorità. | tags: anarchici, anticarceraria, carcere, comunicato, CordaTesa, detenuto, Gabriel Pombo Da Silva, no stato, solidarietà, trasferimento in italia | posted in Comunicati, critiche e riflessioni, Contro carcere, CIE e OPG, Tutti
“Nel 2012 la polizia penitenziaria siciliana ha effettuato 18.230 servizi di traduzione per un totale di 45.064 detenuti tradotti per un costo complessivo che si puo’ prefigurare tra i 4 e i 4,5 milioni di euro”.
Lo scrive in una nota Gioacchino Veneziano, coordinatore regionale della Uilpa Penitenziari Sicilia, che illustra nel dettaglio l’enorme movimentazione di carcerati. “Detenuti tradotti per motivi sanitari 7.566, per permessi con scorta 4.595. Le traduzioni con autoveicoli 17.374, quelle per via aerea 606, per via mare 171, pedonali 87. I detenuti tradotti classificati comuni o a media sicurezza – prosegue Veneziano – sono stati 30.398, quelli classificati ad Alta Sicurezza 13.739, i detenuti tradotti e sottoposti al 41-bis sono stati 17, i collaboratori di giustizia o loro familiari 117, gli Continue reading
Commenti disabilitati su Carceri: in Sicilia quasi 20.000 traduzioni, costo 4,5 milioni di euro | tags: anticarceraria, classico esempio di sprechi all’italiana, CordaTesa, economia carceraria, sicilia, traduzioni, trasferimenti detenuti | posted in Comunicati, critiche e riflessioni, Contro carcere, CIE e OPG, Tutti
Dal gruppo di appoggio libertadpresxs28m@gmail.com riceviamo, traduciamo e pubblichiamo una lettera di Roxana, compagna antiautoritaria imprigionata per mezzo di una infame montatura. Nonostante il suo stato di gravidanza gli apparati repressivi cileni hanno scelto lei per accollarle dei fantomatici ordigni esplosivi trovati proprio prima della giornata del combattente (28\3), ricorrenza molto sentita il Cile come giorno di lotta.
Giovedì, 11 Aprile 2013.
Grazie a tutte le persone che mi sono state vicine in qualche maniera. Grazie per l’appoggio e per le dimostrazioni di affetto, in questi momenti dove ci hanno tolto l’unica cosa che ci appartiene, la libertà.
A mio figlio Leon e a me sono riusciti a rinchiuderci fisicamente in queste quattro mura, però non
sono riusciti a rinchiuderci mentalmente ed emotivamente in questo assurdo e ridicolo montaggio
creato da parte della procura, della polizia, dai giornalisti e dallo stato.
La forza, il coraggio e la determinazione sono rimasti intatti per resistere a tutto quello che mi
aspetta, a me, a mio figlio Leon e al mio compagno.
Questo essere che si trova dentro di me, sta Continue reading
Commenti disabilitati su Lettera di Roxana dal carcere femminile di Temuco (Cile) | tags: 28 marzo, cile, Roxana, Temuco | posted in Comunicati, critiche e riflessioni, Contro carcere, CIE e OPG, Corrispondenze galeotte, Dentro le mura, Tutti
Sono convivente di un detenuto del carcere di Monza, vorrei raccontarvi la sua per fortuna breve
esperienza.
Si tratta di uno straniero extracomunitario senza permesso di soggiorno, particolare che probabilmente
porta a ricevere un trattamento peggiore rispetto ad un italiano o ad uno straniero in regola con i
documenti.
A causa del sovraffollamento non ha visto una cella regolamentare per le prime 5 settimane:
3 settimane è stato in una cella di transito, non riscaldata (in pieno inverno), minuscola, senza
tavolo per mangiare e con l’intero spazio del pavimento occupato da 2 materassi per gli ultimi
arrivati.(4 persone in una cella da 2). Il freddo a gennaio era tale che la sera non riuscivano ad
addormentarsi. La ‘salvezza’per loro è stata l’arrivo in cella di un ragazzo grande e grosso che
con il suo corpo e il suo fiato alzava la temperatura notturna della cella appena si addormentava!
Ovviamente la mancanza di riscaldamento non era compensata da un maggior numero di coperte,
e loro dormivano con gli asciugamani sopra la coperta!
Le ultime 2 settimane, sempre per mancanza di spazio, lui e un altro clandestino sono stati
spostati IN CELLA DI ISOLAMENTO: poco riscaldata, senza possibilità di cucinare nemmeno il tè,
ovviamente estremamente penosa essendo ‘il carcere dentro il carcere’. Inizialmente gli parlarono
di “situazione momentanea, solo 3 o 4 giorni, un’emergenza”, ma si protrasse per ben 2 settimane!
–
L’aspetto più incredibile e grottesco è stato che, pur essendo in isolamento non per punizione
ma per mancanza di spazio, non gli sono state fatte concessioni rispetto al regolamento (tranne
la possibilità di fare il colloquio): quindi non ha più potuto -ad esempio- avere giornali o riviste e
ha dovuto restituire il libro preso alla biblioteca, perché il regolamento dice che in isolamento è
vietato avere libri o riviste!
Dopo alcuni giorni in isolamento, le sue condizioni di salute sono molto peggiorate: ha avuto una
forte crisi emorroidaria e problemi ai denti, ma nessuna richiesta di visita medica è stata ascoltata.
E’ riuscito a farsi finalmente spostare in una cella regolamentare solo dopo aver minacciato di
compiere atti di autolesionismo. Guarito ‘in proprio’ dalle emorroidi, ha però perso 2 denti.
Ho dovuto provvedere io all’acquisto di una coperta, perché quelle in dotazione sono molto molto
sporche e piene di polvere.
La figura dell’educatore, fondamentale in carcere, è una figura fantasma a Monza: mai visto uno
all’orizzonte. Probabilmente è inesistente anche il medico, o comunque poco presente.
Nonostante il regolamento preveda la possibilità di ricevere una piccola radiolina per posta,a lui e
agli altri stranieri non vengono consegnate.
Il cibo è veramente veramente scadente.
Pare che i detenuti vengano picchiati con regolarità, anche se a lui non ho notizia che sia successo.
Sulle finestre, forse non tutte, ma su quelle di un intero blocco, sono state posizionate, davanti alle
grate, delle ulteriori reti metalliche di colore bianco, con il risultato di mandare bagliori accecanti
all’interno delle celle quando c’è il sole! (ma chi li pensa questi colpi di genio?).
Probabilmente a causa di tutti i malfunzionamenti, il personale è sempre di pessimo umore,
sgarbato e aggressivo.
Nonostante la situazione di palese violazione della costituzione italiana e europea e
delle convenzioni internazionali sui diritti umani dovuta principalmente -ma non solo- al
sovraffollamento, le richieste di domiciliari vengono rigettate molto spesso senza motivazioni
fondate, come ho potuto sperimentare di persona nel nostro caso specifico e come ho potuto
osservare nel tempo parlando con i familiari di altri detenuti.
Vorrei che qualche giudice si facesse ogni tanto – anche una sola volta- un giro nella sala d’attesa
dei colloqui, a osservare la sofferenza dei bambini, spesso con una madre sola nervosa e stanca –
sfinita- . Io dico che la mancanza di sostegno e protezione di queste famiglie con bambini piccoli è
esso stesso un reato attribuibile a noi tutti – lo Stato Italiano.
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Tra 436 giorni i procedimenti contro i presunti colpevoli della morte di Giuseppe Uva rischiano di andare in prescrizione. Occorre mobilitarsi affinchè ciò non accada. nei prossimi giorni Lucia Uva ha convocato a Varese una manifestazione, è importante esserci. Contattate Lucia e fate di tutto per sostenere la sua lotta che è anche la nostra, per una giustizia giusta e una sicurezza sicura, e per il diritto alla verità.
Irene Testa
Associazione Detenuto Ignoto
se puoi comunicacelo, scrivendo a questo indirizzo mail: detenutoignotogmail.com
CASO UVA: PM DENUNCIATO = NON NOTIZIA
Nessuna tra le più importanti testate italiane oggi ha riportato questa notizia: una giovane donna, una comune cittadina ha sporto denuncia per favoreggiamento e abuso in atti d’ufficio contro un magistrato. Eppure nella giornata di ieri erano anche uscite un paio di agenzie. I protagonisti della storiaccia sono, loro malgrado la famiglia Uva e il pm Agostino Abate di Varese. La firmataria dell’esposto presentato ieri alla Procura di Brescia è Angela De Milato (figlia di Lucia Uva(nella foto), nipote di Giuseppe morto tra la notte del 14 giugno 2008). La ragazza è stata molto chiara: “Ho deciso di dire basta ai soprusi contro mia mamma e mio zio. Ho sporto denuncia contro il pm. Dovrà processare tutta la nostra famiglia per farci tacere”.
Sull’argomento, nei giorni scorsi Ilaria Cucchi aveva scritto una lettera riferendosi alle accuse mosse dal Csm a taluni magistrati che con le loro dichiarazioni avrebbero nuociuto all’immagine della Magistratura stessa. Ma Ilaria scrive anche: “Da cittadina mi chiedo come si possa non pensare che il primo pm del caso Aldrovandi non abbia nuociuto all’immagine della Magistratura querelando Patrizia Moretti per aver criticato le sue non indagini sulla morte del figlio. E che dire allora del dott. Agostino Abate, titolare personalizzato del caso della morte di Giuseppe Uva?. Quel pm non solo ha manifestato apertamente il suo odio personale nei confronti di Lucia allontanandola arbitrariamente dall’aula del suo processo un paio di volte insieme a noi, non solo l’ha infamata in modo subdolo facendo più volte esplicito riferimento al fatto che lei avrebbe “manipolato” il povero corpo di Giuseppe sul tavolo dell’obitorio in riferimento alle terribili 78 macchie di sangue che avevano i suoi pantaloni e che è stato dimostrato essere uscito dal suo povero ano, ma ora sta facendo di tutto per portare a prescrizione reati commessi in danno di suo fratello la notte in cui morì , sottraendoli alla cognizione di un cip quando lo stesso Giudice penale di Varese aveva ordinato che si procedesse nelle indagini per essi “.
Tornando alla questione Uva, evidentemente trattata come una “non-notizia” visto il silenzio tombale dei quotidiani la preoccupazione è grande. Perché Angela De Milato, semplice cittadina ha avuto un diverso trattamento da parte della stampa rispetto all’ultimo tweet di qualsiasi politicante di passaggio. O presunto tale.
Eppure questa donna nell’esposto presentato dal legale Fabio Amato ha dichiarato cose di importanza generale, considerando che quello che sta passando la famiglia potrebbe accadere ad ognuno di noi.
“Ritengo di dover denunciare le condotte e sottoporle all’autorità giudiziaria, chiedendo che vengano svolte indagini nei confronti del dott. Agostino Abate e di ogni altro che venisse ritenuto responsabile, per le ipotesi di reato che fossero ritenute sussistenti”.
I pm di Varese sono giunti peraltro a dare valutazioni sulle abitudini di vita di Giuseppe Uva definendolo anche un “senza fissa dimora”. Tralasciando poi il “dettaglio” che come era emerso nei giorni scorsi, la famiglia aveva già presentato richiesta di avocazione al procuratore generale della Corte d’Appello di Milano del procedimento penale (5509/09) della Procura di Varese. Un atto deciso alla luce delle stesse parole scritte dal pm: “La conclusione naturale di questa indagine doveva essere quindi la richiesta di archiviazione al competente Giudice, non emergendo ipotesi di reato di responsabilità…(prosegue)”. Smentendo poi se stesso poche righe più avanti: “Essendo quindi emerse ipotesi di reato a carico di persone indicate in rubrica non si procede alla richiesta di archiviazione e si formalizza il presente avviso di conclusione delle indagini ai sensi dell’articolo 415bis”.
Per chi non ricordasse la vicenda di Giuseppe Uva va detto che per quella morte non è ancora stato ascoltato nessun testimone (neppure l’amico Alberto Biggiogero condotto in caserma insieme a Giuseppe la stressa notte) e neppure messe agli atti delle conversazioni telefoniche registrate (disponibili in you tube) tra carabinieri e 118. In compenso però la sorella Lucia Uva è stata denunciata per gli insulti che aveva scritto contro quegli stessi carabinieri che al telefono ridacchiavano tra di loro parlando della notte precedente e facendo il nome di Giuseppe Uva. Traducendo: per il morto viene indagata la sorella per quello che ha scritto.
Ma torniamo all’atto di Angela: “I magistrati sono perfettamente consapevoli che tra 436 giorni si prescrivono tutti i reati configurati dagli avvocati miei e di mia mamma, ma anche dal Giudice penale di Varese, compreso quello ipotizzata bile in via riduttiva di omicidio colposo”.
“Che l’anomalo 425 bis sopra descritto dove si trasforma il 5509/09 in una diffamazione che vede imputata l’originale denunciante Lucia Uva, viene redatto e notificato, stranamente, proprio durante il procedimento istaurato presso la Procura Generale di Milano con richiesta di avocazione di quel fascicolo”. Termini che possono apparire incomprensibili ai non addetti ai lavori ma fondamentali per ogni singolo cittadino che potrebbe trovarsi nelle stesse condizioni della famiglia Uva. Tanto che riprendendo un passaggio della lettera di Ilaria Cucchi ci si chiede: “Forse per la giustizia le vite di Patrizia e Lucia non valgono un procedimento disciplinare verso che ha sbagliato e poi addirittura si accanisce contro di loro?”.
Sulla morte di Uva lo stesso Giudice di Varese Muscato, aveva espressamente disposto e ordinato che la Procura procedesse proprio su questi fatti specifici e sulla notizia di reato. Le parole del Giudice erano state: “Sullo sfondo va rimarcato con chiarezza come costituisca un legittimo diritto dei congiunti di Giuseppe Uva – innanzitutto sul piano dei più elementari sentimenti propri della specie umana – conoscere, dopo quasi quattro anni, se gli accadimenti intervenuti antecedentemente all’ingresso del oro congiunto in Ospedale siano ravvisabili profili di reato; e ciò tenuto conto che permangono ad oggi ignote ragioni per le quali Giuseppe Uva – nei cui confronti risulta essere stato redatto un verbale di arresto o di fermo, mentre sarebbe stata operata una semplice denuncia per la contravvenzione di cui all’art. 659 cp –è stato prelevato e portato in caserma, così come tuttora conosciuti rimangono gli accadimenti intervenuti all’interno della stazione dei carabinieri di Varese (certamente concitati, se è vero che sul posto confluirono anche alcune volanti della Polizia) ed al cui esito Uva – che mai in precedenza aveva manifestato problemi di natura psichiatrica – verrà ritenuto necessitare di un intervento particolarmente invasivo quale il Tso, Trattamento sanitario obbligatorio”.
Ma tutto ciò e molto altro ancora per i giornali è “non-notizia”…
di Elisabetta Reguitti
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Diffondiamo un racconto di un viaggio trovato in rete, dal testo si evince che “quello che colpisce è il carcere”
È una mattina luminosa, l’aria è frizzante, il cielo terso, e ci pare la giornata ideale per visitare il ghiacciaio Martial, a sette chilometri da Ushuaia. Raggiungiamo in taxi il punto in cui si prende la seggiovia ed eccoci salire lentamente, dondolando sotto un sole piacevole ma non caldo, con il bavero tirato su e i guanti alle mani. Amo le seggiovie; ti godi l’aria aperta sospeso sopra boschi e torrenti, mentre i cavi ti trasportano sempre più in alto con una rilassante indolenza silenziosa. L’ho usata ogni volta che ho potuto, soprattutto sulle Dolomiti, ma qui è differente perché so di essere davvero molto lontano dalla mia Italia.
Arrivati a destinazione, davanti a noi si staglia la montagna e il ghiacciaio a cui diede il nome – nel 1883 – l’esploratore francese Louis Martial. Quassù, a circa ottocento metri sul livello del mare (non saliamo oltre perché non attrezzati), non sappiamo più se ammirare i ghiacci eterni o il panorama che appare sotto di noi: la città di Ushuaia, il Canale di Beagle, l’isola Navarino (la più australe del Cile) con il suo Puerto Williams, provincia dell’Antartica Chilena; il canale Murray la separa dall’isola Hoste, una terra ricoperta da tundra e ghiacciai e “raccontata” da Giulio Verne. Una vista bellissima, suggestiva, che comprende parte dei luoghi costeggiati con l’imbarcazione il giorno prima.
Camminiamo tra i sentieri in salita, non sempre agevoli, accompagnati dalla voce di un torrente che arriva dalla montagna portando a valle le sue limpide acque: un perlage di luci che si trasformano in musica sotto i raggi del sole. I ciottoli lisci e le pietre aguzze sono tasti bagnati; è sapiente il tocco dell’acqua. Qui puoi stare davvero in silenzio (solo i suoni della natura sono silenzio) e fermarti in ogni senso… puoi non pensare, non parlare, lasciarti andare al freddo che penetra le narici, al tiepido sole sui capelli, ai colori e a quella musica, al crepitio sotto gli scarponi che calpestano terra e sassolini. Puoi, anzi, devi farlo, centellinando ogni cosa per esser certo di portarla con te a casa.
Tornando giù ci fermiamo al rifugio per un sandwich queso y jamon (un panino con formaggio e prosciutto) che, dopo la camminata, pare il panino più buono del mondo!
Il pomeriggio è dedicato a una visita particolare, stavolta al chiuso: il carcere di Ushuaia. Dal 1884 al 1994 la città divenne una colonia penale destinata a pericolosi criminali ai quali erano riservati i lavori forzati; tra ergastolani purtroppo conosciuti (come il feroce serial killer Cayetano Santo Godino, di origini italiane, ucciso da alcuni prigionieri, e altri tristemente famosi), vi erano anche delinquenti comuni, prigionieri politici, sovversivi o anarchici che senza esclusione di colpi inseguivano l’idea di un mondo migliore. I prigionieri tagliavano la legna, costruivano la cittadina, la ferrovia e lo stesso carcere, grandissimo e a forma di stella. Non potevano di certo pensare di fuggire da un luogo così remoto, tra montagne e ghiacciai, sempre battuto da un vento gelido e tanto vicino all’Antartide; i pochi che ci provarono morirono assiderati nelle foreste, ma anche molti di coloro che a fuggire non pensavano neppure, morirono di stenti e malattie.
Il carcere è stato trasformato in museo, ma vi è un’ala rimasta intatta che a vederla si suppone fatiscente e che in realtà mostra una verità triste, inquietante, lugubre assolutamente da visitare e osservare… Celle minuscole, buie, collocate in due piani, dei corridoi con una piccola stufa per ciascuno, bagni terribili per uomini tenuti come bestie e in condizioni igieniche inimmaginabili, e vecchie foto a mostrare relitti umani in pigiama a righe, con palle di ferro ai piedi…
A percorrere quei corridoi, a entrare in quelle celle dai portoni cigolanti, a leggere i nomi incisi alle pareti, a soffermarsi attoniti davanti ai bagni, viene da pensare che in fondo, morire in fuga, mal protetti da una foresta gelata e bersagliati dal vento, poteva non essere la cosa peggiore.
Fonte
Commenti disabilitati su Vivere o morire nel carcere di Ushuaia | tags: anticarceraria, argentina, carcere, CordaTesa, penitenziario dismesso, racconto di un visitatore al carcere, ushuaia, viaggio, visita al carcere | posted in Comunicati, critiche e riflessioni, Tutti
In un quintetto base sarebbe il pivot , quello attorno al quale ruota la squadra. Purtroppo però non si tratta di un gioco, semmai di una partita della vita, molto più spesso della morte. Fabio Anselmo è il legale delle quattro donne più conosciute tra le tante che rimangono anonime alla ricerca della verità sui decessi degli uomini delle loro famiglie. Cucchi, Aldrovandi, Uva e Ferulli: fermati o arrestati, tutti comunque in “c u s t odia”. Tutti morti. Negli ultimi sette giorni dal suo studio di Ferrara sono uscite una querela all’ex ministro Giovanardi (per aver detto che la macchia rossa fotografata sotto la testa di Federico Aldrovandi non è sangue) e una denuncia al pm di Varese Agostino Abate per favoreggiamento e abuso in atti d’ufficio fatta dalla nipote di Uva. Una buona media… Il contesto politico e culturale in cui ci muoviamo ha una diretta conseguenza con l’andamento dei processi. L’attenzione dei media è l’unica via per eludere insabbiamenti, presunte indagini e le ostilità oggettive di una politica. Ricordiamo nel caso di Stefano Cucchi, lo stesso Giovanardi allora ministro, parlava di “zombie sieropositivo” per affibbiare alla vittima la responsabilità della sua morte. Domani alla Corte di Assise si riparte con le requisitorie, il 15 a Rebibbia le parti civili. Senza i riflettori dei media, questi processi spesso non vengono nemmeno celebrati. Parliamo di decessi avvenuti durante uno stato di custodia. Negli ultimi dieci anni i soli casi conclamati sono almeno 17 e per molti non è ancora dato sapere chi siano i colpevoli. Perché lo Stato ha così paura della verità? Perché non ama essere messo in discussione. Le violenze di Stato sono un problema reale, pur evitando una criminalizzazione generalizzata, i fatti ci dimostrano che questi non sono accadimenti sporadici ma al contrario molto diffusi. Da decenni lo testimoniano gli stessi rapporti europei. Gli atteggiamenti dei sindacati di polizia poi devono far riflettere. I reati commessi dai singoli non possono essere difesi d’u f f icio dalle corporazioni, dalle associazioni di categoria. Servirebbe un efficace controllo preventivo delle tutele pubbliche. Se lo Stato non è in grado di licenziare chi ha abusato dei suoi poteri (caso Aldrovandi) perde di credibilità. E intanto le famiglie travolte da queste tragedie rimangono sole ed emarginate. Poche resistono. Alcune ipotecano la casa e si indebitano per i processi. Altre rinunciano. La questione rimane aperta: forze dell’ordine chiamate a tutelare la sicurezza dei cittadini che diventano carnefici. Manca un’adeguata formazione per gli agenti della Polizia di Stato? L’analisi è complessa; sicuramente manca un’adeguata attività di formazione alla quale si aggiunge un diffuso sentimento di frustrazione dovuto all’incapacità dello Stato di garantire in modo reale e concreto la certezza del diritto e della pena. Spesso poi l’operato delle forze dell’ordine viene vanificato da cavilli e trappole processuali dei quali si possono avvantaggiare quelli che hanno disponibilità economiche. I poliziotti in strada spesso rischiano la pelle e chi interpreta il proprio mestiere talvolta cede alla tentazione di essere il giustiziere, detentore esclusivo della legalità. Dal suo punto di vista, la smilitarizzazione del corpo ha cambiato qualcosa? Non credo sia un problema ascrivibile solo a forze dell’ordine militarizzate, ma piuttosto di carattere generale che investe tutti, nessuna escluso. La posto in gioco però è alta, perché viene messo in discussione il contratto sociale tra Stato e cittadini. Lo Stato può usare la violenza soltanto come ultima scelta possibile e deve essere proporzionata alle circostanze contingenti. Se la utilizza è perché non sussiste alcun altro rimedio. Quando accade il contrario, chi sbaglia deve essere perseguito senza ritrosia o tentennamenti. In concreto purtroppo ci imbattiamo spesso nella scarsa sensibilità di pm e giudici rispetto al verificarsi di questi episodi che mettono in discussione i loro rapporti funzionali con le forze dell’ordine. Esistono decine di commissioni parlamentari, il più delle volte mummificate. Una sui morti nelle mani dello Stato forse avrebbe di che occuparsi. Non credo nelle commissioni parlamentari, perché non ho fiducia nella nostra classe politica. Basta pensare all’a pprovazione della legge sulla tortura dove lo Stato italiano ha dato l’ennesima prova di pregiudizio culturale. Preferiamo subire i richiami dell’Onu nell’ipocrisia di chi ritiene che in Italia non esista la tortura. Lecondizioni delle nostre carceri sono tortura. Allora mi domando: chi non vuole la legge sulla corruzione? I corrotti. Chi non vuole quella sulla tortura? Nelle prossime settimane sono fissate le udienze per Cucchi, Uva e Ferulli, l’uomo pestato da poliziotti in una strada di Milano le cui immagini sono state l’unica prova contro gli aggressori. Come ci si prepara a udienze dove sotto accusa sono le forze dell’o rd ine e un magistrato? Per Uva l’udienza del 16 è finta perché il pm porta a giudizio dei medici per una colpa che non esiste neppure per il suo consulente. Ferulli è tutto da iniziare, mentre il processo Cucchi entra nel vivo, ci affidiamo alla Corte perché si appropri dello scempio che è stato fatto a Stefano.
Fonte
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Car* compagn* e fratelli carcerati,
Ho ricevuto l’opuscolo n. 77 dove veniva pubblicata la mia lettera dal carcere di Teramo. Da allora ad oggi (parliamo di poco più di un mese) me ne hanno fatte di tutti i colori. Per chi vive la nostra situazione potrebbe essere qualcosa di strano, ma penso che per molti, così come anche per me, è assurdo questo trattamento.
Il mio è stato un arresto politico che mirava a zittirmi e creare terra bruciata intorno a me, volevano farmi capire che mettersi contro questa società ingiusta comportava un prezzo alto da pagare e che combattere il sistema borghese non poteva avvenire così come stavamo facendo noi.
Infatti nella mia piccola Teramo si era creato un movimento non solo attivo, ma anche forte numericamente e determinato. Vedevano in noi un pericolo e hanno così utilizzato le loro armi per annientarci. Prima ci hanno accusato di essere un’associazione a delinquere e poi incriminati per i fatti di Roma. La macchina dello stato ha fatto il meglio di sé e lo ha fatto perché aveva paura di chi non era disposto ad abbassare la testa. Io ho deciso di affrontarli a viso aperto e quando hanno capito che dal carcere di Teramo non ero cambiato, mi hanno trasferito prima a Rieti, dove mi hanno messo solo in cella e trattenuto la corrispondenza e poi, non contenti, mi hanno portato nel carcere di Viterbo (carcere duro) e messo per 4 giorni in isolamento in una cella senza riscaldamento dove non avevo coperte e ho dormito con il giubbotto ad una temperatura intorno ai 4/5°. Sia a Rieti che a Viterbo non mi hanno motivato il trasferimento, di fatto agivano come nei peggiori anni della dittatura fascista. Solo quando sono venuti i consiglieri del PRC del Lazio, guarda caso, mi hanno portato in sezione 1/2 ora prima che venissero davanti alla mia cella.
È un modo di fare squallido, penoso oltre che vile. Fanno gli angeli quando sanno di avere le spalle al muro e poi come dei lupi ti sbranano quando chiudono i cancelli. Io non mi son perso d’animo, e da subito ho informato fuori di quanto accadeva. Ho capito che l’unica arma che abbiamo è quella della controinformazione. Ho affidato comunicati ai miei cari e fuori molti si sono indignati.
Non contenti di quanto mi avevano già fatto, mi hanno messo in cella con un macedone con l’AIDS. Io non ho nulla contro chi purtroppo ha contratto questa malattia, ma porca puttana neanche me lo hanno detto, lo sono venuto a sapere da terzi e poi ho avuto conferma da lui. Dico, almeno informatevi in caso di ferimenti…
Io non so più che si vogliono inventare, ma non cadrò alle loro provocazioni e anche se a volte la testa viaggia e pensa a male, io resterò lucido.
So di non essere solo e che fuori i compagn* si stanno muovendo per sputtanare il loro modo di agire e forte del loro sostegno io lotto fino alla fine.
Come noi sono stati molti i compagni e le compagne che hanno pagato con la galera le proprie idee e dalla loro resistenza dobbiamo prendere esempio. La storia ci ha insegnato che chi si metteva contro veniva perseguitato e che le loro idee di libertà e giustizia sociale erano giuste.
Dobbiamo essere fiduciosi e spingere chi è fuori a continuare la battaglia, dobbiamo fargli sentire la nostra voglia di non mollare ed essere tenaci. Raccontiamo quello che subiamo e quello che vediamo, se stiamo in silenzio facciamo il loro gioco.
La situazione carceraria è la vergogna dell’Italia in terra ma a conoscerla siamo solo noi e i nostri cari, sono convinto che se solo qualcuno entrasse e vedesse questo scempio le chiuderebbero tutte. Qui dentro non ci sono regole ed è l’unico posto in Italia dove vige una situazione senza alcun controllo.
Proviamo a cambiare lo stato di cose chiedendo a chi è fuori di essere la nostra voce. Ci vogliono 10-100-1000 Ampi Orizzonti. Spezziamo le catene, liberiamo la mente. Un abbraccìo! Davide (falce martello stella)
Viterbo, 2 aprile 2013 [ndr: data timbro]
Davide Rosci, strada San Salvatore, 14b – 01100 Viterbo
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Al momento dell’arrivo delle ragazze, di cui tre accusate di esplosivi e una per traffico di droga,
l’ambiente all’interno del Centro Penitenziario Femminile era abbastanza teso. Le detenute
denunciano di subire trattamenti vessatori (pestaggi, perquisizioni, umiliazioni durante le visite).
L’arrivo della nuova funzionaria e le sue crudeli pratiche hanno fatto in modo di collassare la già
dura pseudo convivenza delle interne, le quali già devono resistere al peso giornaliero di vivere
lontano dai propri cari, ricevendo offese e denigrazioni, sia verso di loro che verso i propri familiari
e amici.
I FATTI
Questa mattina, verso le 10:20, in orario di visite, le detenute del CPF hanno iniziato una rivolta
in uno dei dormitori, bruciando sedie, materassi, lenzuola, televisori, richiedendo la fine dei
maltrattamenti verso di loro e verso i familiari. Le dichiarazioni dei familiari e amici delle ragazze
prigioniere raccontano che mentre il fuoco ardeva e bruciava tutto, i funzionarie e gendarmi
(assistenti sociali, sociologi ed educatori) si dedicavano a guardare come le ragazze urlavano di
aprire le porte delle celle, visto che il fuoco avanzava e l’aria diventava irrespirabile dal fumo,
mantenendo un’attitudine complice e indifferente alle sopraffazioni della gendarmeria.
All’interno del CPF esiste il modulo di Maternità nel quale risiedono tre detenute incinte, una di
esse è la compagna Roxana Marín (accusata per materiale esplosivo, fatto che denunciamo come
montaggio), nell’altro raggio le altre detenute ( Yaritza Grandon, Ariadna Torres e Silvana Lamilla,
le prime due accusate di materiale esplosivo e l’altra ragazza per traffico di droga, fatti dei quali
denunciamo come parte dello stesso montaggio).
Dopo una mezzora, la gendarmeria ha fatto irruzione con estintori, manganelli e gas urticante,
attuando con estrema violenza contro le ragazze che si stavano asfissiando dal fumo e dal fuoco
ormai prossimo. Fuori dal Penitenziario abbiamo potuto parlare con i familiari delle ragazze
recluse, e una di esse, ci ha confermato che sua figlia Eliana Becerra Ganga di 23 anni porta avanti
uno sciopero della fame e dei liquidi da 36 giorni, richiedendo un’immediata revisione della sua
condizione, in quanto si trova da un’ anno detenuta senza avere nessuna condanna né nessun
processo in vista. L’altra richiesta è che venga sottoposta a cure mediche visto che soffre di un
cancro allo stomaco, che dovuto allo sciopero della fame è peggiorato. La madre di Eliana denuncia
che durante la visita di questa mattina, è stata picchiata dai gendarmi mentre veniva portata fuori dal
CPF nel momento della rivolta.
Abbiamo potuto parlare con lei e ci ha riferito che sua figlia è costantemente picchiata e torturata
dai funzionari della gendarmeria, di fatto è stata trasferita arbitrariamente da Villarica e durante la
durata del viaggio, un’ora e mezza è stata ripetutamente colpita e insultata.
Verso le 13:40 gli agenti antisommossa della gendarmeria (U.S.E.P.), affiancati dai carabinieri
hanno fatto irruzione con le camionette per il trasferimento di 10 recluse, tra di loro Eliana Becerra.
I familiari delle ragazze hanno sollecitato informazioni di dove verranno portate e la lista di tutte le
ragazze trasferite.
L’unica risposta che abbiamo ricevuto è stata l’assoluta indifferenza di questi bastardi, che hanno
effettuato questa azione repressiva con inaudita violenza, fregandosene altamente se fuori c’erano
familiari e amici delle detenute.
Urlavamo i nomi dei nostri cari e anche loro rispondevano con urla. Dalle camionette ci urlavano
che le ragazze incinte erano state picchiate e affumicate dal gas urticante, la stesso sistema si
ripeteva sulle detenute che si trovano nell’altro modulo.
Dall’interno delle camionette si udivano i tonfi dei colpi ricevuti alle ragazze, in modo che non
potessero dirci cosa fosse successo durante l’irruzione della gendarmeria per mettere fine alla
rivolta.
Gli unici nomi che siamo riuscite ad ascoltare tra urla e rumori di colpi sono: Katherine Fabres,
Eliana Becerra e Antonella, di cui non abbiamo capito il cognome.
Ricordiamo che nessuna delle ragazze trasferite ha ricevuto condanna per i fatti che le si accusa.
Facciamo un appello a stare attenti a ciò che può accadere all’interno del CPF di Temuco,
facciamo in modo che nessun prigioniero si senta solo, men che meno nelle condizioni in cui si
trovano in questi momenti. La solidarietà è più che una parola scritta, deve essere attiva e costante a
favore della libertà di coloro che sentiamo dentro di noi come affini, sorelle, fratelli e compagn*
Temuco, 04-04-2013
FAMILIARES Y AMIGXS PREXS 28-M
¡¡¡LIBERTAD INMEDIATA Y SIN CONDICIONES, LOS MONTAJES CAERAN Y
CAERAN!!!
¡¡¡ROXANA, YARITZA, ARIADNA, SILVANA Y JOTA PE A LA KALLE AHORA!!!
¡DESDE KUALKIER PARTE AULLAMOS POR LA LIBERTAD!
Commenti disabilitati su Nota dei familiari e amici delle detenute presenti nella rivolta del carcere femminile di Temuco. | tags: Ariadna, cile, jota pe, rivolta carcere, Roxana, silvana, Temuco, Yaritza | posted in Comunicati, critiche e riflessioni, Contro carcere, CIE e OPG, Dentro le mura, Tutti
Silvana e Jota Pe agli arresti domiciliari
Oggi 5 Aprile, alle 9:00 am presso il Tribunale di Temuco si è svolto l’appello della compagna
Silvana e del compagno Jota Pe, ricordiamo che entrambi si trovavano sequestrati nelle carceri di
Temuco, all’interno del montaggio del 28 Marzo.
Nell’appello si è deciso di concedere l’arresto domiciliare notturno a entrambi, mentre dura
l’inchiesta. Da una parte ci rallegra sapere che non si trovano più abitando le fredde celle dello stato
cileno, ma dall’altra parte dobbiamo continuare vigili in quanto ancora si trovano prigionieri e sotto
inchiesta. Inoltre ricordiamoci che Yaritza, Ariadna e Roxana si trovano ancora incarcerate.
Contro tutte le gabbie!
[NdA: ai 2 compas ai domiciliari avevano accollato un pò d’erba mentre ai 3 in gabbio gli hanno accollato i fantomatici ordigni esplosivi]
jota pe
Commenti disabilitati su 2 dei 5 compas di Temuco sono ai domiciliari | tags: 28 marzo, anticarceraria, Ariadna, cile, jota pe, mapuche, prigionieri, Roxana, silvana, Temuco, Yaritza | posted in Comunicati, critiche e riflessioni, Contro carcere, CIE e OPG, Scarcerazioni e carcerazioni, Tutti
Temuco. Ieri mattina, 28 marzo, la polizia ha effettuato una serie di perquisizioni tra cui due case occupate. Una in Plaza Dreve conosciuta come Espacio Pandemia e l’altra è la biblioteca Amanecer. Secondo la procura, la polizia e la stampa durante le perquisizioni sarebbero stati trovati estintori, polvere nera, timer, gas butano e un manuale di bombe artigianali. Infine dicono di aver trvato un testo rivendicativo di un’azione.
Molti compagni sono stati arrestati anche solo per non aver dato i loro nominativi agli sbirri. I compagni arrestati, invece, per il possesso d’armi sono 2 o 3 e non si esclude che possono essere accusati per la legge contro il terrorismo.
Il 26 marzo, quindi due giorni prima, i compagni di Espacio Pandemia avevano scritto un comunicato in cui parlavano di un continuo controllo, da circa due mesi, da parte degli sbirri nei loro confronti e dello spazio. I bastardi in divisa hanno, più volte, chiesto agli abitanti della zona cosa i compagni facessero in quel posto, e cosa organizzassero senza mai ottenere nulla. Il magistrato che si occupa di tutta questa storia è Paredes Cristian. Seguiranno aggiornamenti…
SOLIDARIETA’ CON I COMPAGNI ARRESTATI A TEMUCO!
La mattina del 28 marzo, in cui si commemorava la “giornata del giovane combattente”, la polizia ha fatto irruzione in due si ti compagni: L’occupazione di Dreves e la Biblioteca Amanecer.
Ivan Bezmalinovic, celebre generale di Pacos, ha praticamente affermato che questa è un’indagine coordinata tra Carabineros e magistratura, e che sono stati trovati, durante le perquisizioni, timer simili a quelli usati negli attacchi contro la Gendarmeria e gli stessi Carabineros.
A detta degli infami repressori, nell’occupazione di Dreves, sarebbero stati trovati 400gr di polvere nera, due estintori, fusibili, gas butano, orologi, batterie, cavi ed altro materiale secondo loro molto importante. Nella Biblioteca Amanecer, invece, sarebbe stato trovato un taccuino in cui ci sarebbe stata scritta una rivendicazione.
In questa operazione sono stati arrestati 12 compagni: 7 per aver negato l’identificazione agli sbirri, 2 per detenzione di marihuana e 3 sulla legge sul controllo di armi.
Il procuratore di Temuco, Cristian Perez, ha tenuto a precisare, come procedura usuale di ogni fottuta democrazia, che nel mirino non c’è tutto il movimento ma solo tre persone che si sono macchiate di certi reati.
Agli arrestati è stato fatto il prelievo di DNA per compararlo con quello degli oggetti rinvenuti dopo gli attacchi. In Cile, come in tutto il mondo, è diventata una pratica molto diffusa quella di fare una banca genetica. In Cile, i prigionieri Mapuche, hanno anche subito percosse e torture per l’estrazione del DNA.
I compagni nella stessa serata del 28/03 sono stati trasferiti dal Commissariato al Tribunale.
Il giorno seguente il Tribunale di Temuco era circondato in tutto il perimetro da un grosso contingente di sbirri anti sommossa; questo è accaduto per la prima volta da quando è stato costruito.
Ci sono state udienze diverse, in base al reato imputato, contro i compagni arrestati.
Tre compagne, Ariadna Torres Torres, Roxana Marin Laurie e Yaritza Grandòn sono state accusate di appartenere alla “Cèlula Nòmade Incendiaria”, quindi per fabbricazione e porto di materiale esplosivo nei due attacchi contro la Gendarmeria e le Forza Speciali, ma senza essere formalizzata sotto la legge Anti-terrorismo.
Le tre compagne durante l’udienza hanno rilasciato delle dichiarazioni in cui fanno capire(Ariadna e Roxana che è incinta di 5 mesi) che sia l’estintore che il taccuino, rispettivamente, non sono stati trovati durante la loro presenza ma sono apparsi all’improvviso. Yaritza, invece, ha affermato che i giorni 26 e 27 febbraio lei era a fare un esame a Talcahuano, ed ha preso un autobus per tornare a Temuco il 3 marzo arrivando a casa alle 05:00 del mattino.
Il giudice ha concesso 5 mesi di indagine e gli arresti preventivi per tutte e tre le compagne.
In un’altra udienza è stato valutato il reato per possesso di droga(100gr di marihuana) nei confronti dei compagni arrestati nella casa di Amanecer. In questo caso il giudice ha decretato 3 mesi di indagini e l’arresto preventivo per i tre compagni.
Questa situazione, a detta dei compagni di quelle zone, ricorda molto l’arresto del compagno Esteban Huiniguir nel 2008. Fu arrestato in seguito ad una perquisizione a casa e dove furono trovate, a tre compagni che vivevano con lui, alcune moltov. Esteban per alcune piante di marihuana, che gli furono trovate a casa, fu accusato di “semina” e “microtraffico” e condannato a 3 anni ed un giorno + 541 giorni per un’altra condanna per aver fatto parte del MJL(Movimento Juvenil Lautaro). Esteban è stato scarcerato nel 2012.
Per gli altri 7 compagni arrestati per non aver permesso la loro identificazione, la corte ha deciso di condannarli con una multa di 2 UTM, a cui i compagni hanno già dichiarato di appellarsi, e sono stati poi scarcerati.
Le difese dei compagni arrestati per entrambe i tipi di reati ricorreranno alla Corte d’Appello.
Bisogna ricordare che già in passato la polizia aveva fatto irruzione in alcune case dicendo di aver trovato polvere nera, esplosivi,estintori e fusibili. In due casi in particolare furono arrestati due compagni. Nel 2009 il compagno basco Luzarraga Asel che fu condannato a 220 giorni di carcere, senza che gli venisse formalizzata l’accusa per la legge Anti-Terrorismo. Nel 2010 Waikilaf Cadin Calfunao fu condannato a 3 anni e 541 giorni di reclusione.
SOLIDARIETÀ CON TUTTI I COMPAGNI ARRESTATI A TEMUCO!
FUOCO ALLE GALERE DI TUTTO IL MONDO!
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Commenti disabilitati su Mobilitazioni in solidarietà agli arrestati di Roma 15 ottobre | tags: 15 ottobre, anticarceraria, arrestati roma, assemblea, carcere, chiamata di solidarietà, CordaTesa, mobilitazione, repressione | posted in Comunicati, critiche e riflessioni, Contro carcere, CIE e OPG, Presidi, cortei, saluti e iniziative, Tutti
#OpCoisp – TANGO DOWN
Salve, servi dello Stato.
apprendiamo dell’ennesima dimostrazione di viltà alla quale avete dato adito.
Il vostro pseudo-sindacato manifesta solidarietà verso mani colpevoli e sporche di sangue innocente.
Insabbiate la verità, sprezzanti di una madre orfana di un figlio strappatole barbaramente da quattro assassini, rendendovi complici di una sanguinosa mattanza e di un dolore che non può essere sopito.
Infangate i diritti umani incarnando il ruolo di capri espiatori, mentre vi prodigate in azioni violente, repressive e deplorevoli.
L’ombra del sangue di Federico è più viva che mai.
Non dimentichiamo chi è caduto per mano di vili assassini asserviti al potere.
Non dimentichiamo lo strazio delle madri e dei padri che chiedono giustizia e rispetto. Le loro urla e le loro lacrime sono anche le nostre.
E a loro ci stringiamo, con la promessa di utilizzare tutte le armi in nostro possesso per indagare sulle morti impunite, per fare luce laddove lo Stato complice vuole imporre il silenzio.
Visto l’elevato numero di violenze e vittime, ne elencheremo solo alcune.
VITTIME DELLO STATO:
Federico Aldrovandi (2005)
Stefano Cucchi (2009)
Riccardo Rasman (2006)
Giuseppe Uva (2008)
Niki Aprile Gatti (2008)
Carlo Giuliani (2001)
Massimo Casalnuovo (2011)
Gregorio Durante (2011)
Aldo Bianzino (2007)
Gabriele Sandri (2007)
Simone La Penna (2009)
Manuel Eliantonio (2008)
Marcello Lonzi (2003)
Michele Ferrulli (2011)
Dino Budroni (2011)
Carmelo Castro (2009)
Daniele Franceschi (2010)
Giuseppe Casu (2006)
Piero Bruno (1975)
Giovanni Ardizzone (1962)
Rodolfo Boschi (1975)
SOPRAVVISSUTI
Luciano Isidro Diaz
Stefano Gugliotta
Luigi Morneghini
Paolo Scaroni
Il sangue sparso per mano di deplorevoli divise è il sangue di tutti.
Che giustizia sia fatta, dunque.
SIC SEMPER TYRANNIS
We are Anonymous
We are Legion
We do not forgive
We do not forget
Expect Us
#Anonymous #ACAB #Humanrights #Italy
Fonte: Anonymous
Commenti disabilitati su Anonymous oscura il sito del Coisp in solidarietà ad Aldrovandi | tags: aldrovandi, anonymous, coisp | posted in Assassinii di stato, Comunicati, critiche e riflessioni, Contro carcere, CIE e OPG, Presidi, cortei, saluti e iniziative, Tutti
diffondiamo da RadioAzione
A fine gennaio 2013 il compagno Gabriel Pombo da Silva, dopo anni di carcere tedesco, viene trasferito in Spagna sotto regime F.I.E.S.
Ma ad Aachen non lo hanno dimenticato, e una notizia di qualche giorno fa, da parte della stampa tedesca, parla di una scoperta all’interno della cella che segregava Gabriel.
In poche parole, nella ex cella di Gabriel sarebbe stata trovata una buca ben camuffata dove, sempre secondo la stampa tedesca e la direzione del carcere di Aachen, il compagno avrebbe tenuto nascosto documenti ed altro materiale. La stessa stampa infierisce con un titolo “Buco in cella…anarchico, hai dimenticato i tuoi strumenti in cella?“, alludendo al ritrovamento nella buca di seghe, lettere ed altri oggetti.
I giornalisti si rivelano sempre di più il braccio armato, anche se di sola penna, della magistratura mondiale. Dove la magistratura tace, parlano loro. In Italia non molti giorni fa era accaduta la medesima cosa nei confronti dei due compagni ALfredo Cospito e NIcola Gai. Ricordiamo che gli esami sui caschi erano risultati negativi per i R.I.S., mentre per la stampa affermava l’opposto.
Giornalisti, una volta che vi piace tanto indagare…occhio alla penna!
Commenti disabilitati su Aachen[Germania]:Il carcere, la stampa tedesca e la nostalgia di aver perso Gabriel | tags: aachen, anarchico, carcere, detenuto, Gabriel Pombo Da Silva, germania, giornalisti, infamie, pennivendoli, trasferimento | posted in Comunicati, critiche e riflessioni, Contro carcere, CIE e OPG, Tutti
SIAMO TUTTI CON PE’
Dopo la revoca dell’odioso divieto di comunicazione, il nostro compagno Peppino torna a farsi sentire sul blog con la seguente lettera indirizzata non solo al collettivo ma a tutti i frequentatori del Boccaccio e tornerà quindi a partecipare all’attività politica di questo spazio sociale… per quanto si possa fare da costretto in casa ovviamente.
Noi non smetteremo di seguire e informare circa l’evolversi repressivo di questo infame castello accusatorio il cui epilogo (si spera) è fissato per il 26 giugno al Tribunale di Cuneo.
Intanto è possibile scrivere a Pè utilizzando il nostro indirizzo (via Rosmini 11) o consegnandoci direttamente a mano lettere o cartoline durante le nostre serate. La solidarietà è un arma… usiamola!
Carissimi,
finalmente mi hanno revocato l’odioso divieto di comunicazione e ovviamente colgo al volo l’occasione per salutare e ringraziare tutti i compas, le amici e i sorelli che in questi due mesi hanno fatto sentire la loro solidarietà… c’è poco da fare, scalda il cuore più di una molotow, è un raggio di senso che squarcia l’assurdità del contesto.
Un ringraziamento particolare anche a tutti coloro che si sono sbattuti per permettermi di scrivere la tesi che purtroppo sto per finire…. peccato era un buon passatempo. Senza di voi non ce l’avrei mai fatta!
L’assurdità del contesto dicevamo…. bhè la conoscete tutti…
il 14\7 durante un presidio\corteo anticarcerario, dopo che noi aspettavamo da oltre 5 mesi la scarcerazione del nostro compagno Maurizio, tenuto prigioniero in regime di isolamento totale, un’automobilista ha pensato bene di non poter aspettare 5 minuti a passare. Taglia il corteo nonostante vi siano compagni in mezzo alla strada davanti alla sua auto e ne nasce un battibecco caratterizzato da una vivacissima stupidità e immaturità da ambo le parti.
Morale: in 4 siamo accusati di concorso anomalo in rapina aggravata!!!
All’inizio non capivo che minchia di reato fosse “concorso anomalo in rapina aggravata”, poi grazie a google ho capito che anomalo significa che rischio seriamente di andare in galera anche se non ho fatto un cazzo…bhe in effetti è abbastanza anomalo!!!
Tale reato prevede la colpevolezza del concorrente in un reato diverso (e più grave) da quello assieme effettuato consapevolmente, se il reato più grave ha avuto modo d’essere grazie alla situazione venutasi a creare dal reato meno grave e se lo sviluppo degli eventi era in qualche modo prevedibile (in concreto o in astratto, qui la dottrina della giurisprudenza si divide), ovvero:
se non avessimo bloccato il traffico(violenza privata) non si sarebbe potuta verificare la rapina.
Se così fosse, allora dovrebbe esserci anche il procuratore Caselli di fianco a noi al banco degli imputati, perchè se lui non avesse ferocemente represso il movimento NoTav e non avesse ingiustamente imprigionato il nostro compagno Maurizio, non si sarebbe verificato il corteo che non avrebbe creato il blocco che non avrebbe permesso la rapina.
Questo articolo del codice penale sembra la sceneggiatura di una nuova canzone di Jack nucleare:“alla fiera del tav”.
Eppure c’è poco da scherzarci, perchè, come tutti gli altri articoli di concorso, è uno strumento potente nelle mani dei nostri aguzzini; con esso possono liberamente scegliere il reo che preferiscono, indipendentemente dalla responsabilità effettiva dell’individuo nell’accaduto.
Infatti il loro video, unica prova dell’infame castello accusatorio, mostra chiaramente la mia\nostra estraneità alla vicenda e comunque sostenere la prevedibilità dell’esito di rapina data la partecipazione a un corteo segue la stessa logica di un ciclone in America causato da un battito d’ali di farfalla in Cina.
Non mi faccio illusioni però, il video potrebbe non bastare per arrivare a un’assoluzione. Da molti particolari si nota chiaramente l’intento repressivo della procura di Cuneo politicamente molto interessata ad arrivare a condanna: hanno fatto subito una conferenza stampa e il procuratore è addirittura sceso in aula a Torino il giorno del riesame per far notare la sua presenza politica, cosa che nn succede mai a meno che non accoppi qualcuno. Il messaggio era chiaro: occhio Torino che in quel di Cuneo teniamo molto a questa udienza!!
Per quanto riguarda la rapina poi non ne parliamo, fatti ingigantiti all’inverosimile da sbirri, pennivendoli e “vittima”, che dichiara di aver riportato privazioni materiali nell’ordine di migliaia di euro in pochi secondi, nonché delle lesioni corporali guaribili in 20 giorni… da primo referto medico si scoprono essere il caro vecchio colpo di frusta, immancabile in ogni trauma stradale (come la capisco, anche a me è successo molte volte… più volte possibili!!!).
Detto questo però, non posso negare un velo di rammarico e delusione per la palese incapacità che abbiamo dimostrato nel gestire una st…za isterico-reazionaria. Non so quale possa essere la vostra lettura dell’accaduto, ma da un’attenta analisi sull’individuazione del nemico non credo che ne sarebbe uscita sta sciura, o no?
Non voglio fare nessun tipo di ramanzina ma certe cazzate servono unicamente ad aiutare magistratura, sbirri e pennivendoli a fare il loro infame lavoro.
I pennivendoli poi non ne parliamo… se provi a scrivere il mio nome e cognome su google c’è da spaventarsi da quel che esce! Grande fratello di merda! Non che me ne freghi molto ma se volessi riscattare il mio nome sul web dovrei come minimo salvare la vita al papa se no per la rete sarò solo e sempre un violento rapinatore di automobiliste indifese che estrae dall’auto le sue vittime e le aggredisce a calci e pugni per rubargli la borsetta di mirtilli!!! E tutto ciò per essere passato davanti a una macchina, anzi perchè una macchina mi è passata davanti! Pazienza vorrà dire che non mi potrò candidare con M5S!!!
Comunque il primo ostacolo è rimosso; ora posso comunicare e dunque riprendere l’attività politica “da ufficio”… scrivere comunicati, volantini, lettere ai detenuti, insomma sarò un compagno di scartoffie.
E’ importante però continuare a seguire collettivamente la vicenda, far loro capire che i compagni non sono mai soli e che anche noi teniamo molto ai processi che ci riguardano. L’udienza sarà il 26 giugno e una presenza in aula potrebbe dare un segnale forte in tal senso.
Sinceramente spero di non marcire ai domiciliari fino al processo ma di vedervi presto tutti dal vivo e di poter tornare a immergermi totalmente nella vita sociale e politica dello spazio occupato che ho imparato a chiamare casa: il nostro amato Boccaccio!
A palle gonfie vi saluto con libero affetto e massima riconoscenza,
Peppino
“Ognuno odia il potere che subisce. Quindi io odio con particolare veemenza il potere di oggi…” e la procura di Cuneo
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diffondiamo da osservatorio repressione
La giustizia e la verità sulla morte di Giuseppe Uva rischia di essere “prescritta”. Ilaria Cucchi, sorella di Stefano altra vittima di malapolizia, invita a inviare una lettera alla Procura di Milano affinchè il caso non sia chiuso.
Ecco il testo da inviare alla Procura di Milano:
Giuseppe Uva è morto a Varese 1742 giorni fa, dopo aver trascorso una notte nella caserma dei Carabinieri. Nessuna indagine è stata fatta su quanto accaduto quella maledetta notte. Si va incontro alla prescrizione. È ora che quel fascicolo venga tolto dal cassetto del pm Abate e dato a qualcuno che abbia voglia di scoprire cosa è successo a Giuseppe Uva… 1742 giorni fa.
Lucia, sua sorella, aspetta pazientemente risposte.
È stata umiliata, sbeffegggiata…
Ma nessuna risposta le è stata data sulla morte di Giuseppe.
È arrivato il momento che qualcuno si faccia carico della sua dignitosa e composta richiesta di verità e giustizia.
Anche un giudice lo ha ordinato, invano.
Altrimenti si abbia il coraggio di dire a Lucia di voltare pagina e di far finta che nulla sia successo.
1742 giorni fa.
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diffondiamo da informa-azione
Il 4 aprile si terrà a Roma la prima udienza per 25 persone accusate di devastazione e saccheggio e resistenza per la giornata di rivolta del 15 ottobre a Roma. Altre 16 persone hanno già ricevuto in primo grado condanne dai 2 ai 9 anni.
In tutto 6 persone si trovano ai domiciliari, due in carcere e una decina sono sottoposti all’obbligo di firma.
Dopo la rivolta di Genova 2001 è fin troppo chiaro l’utilizzo del reato di devastazione e saccheggio come monito teso a scoraggiare il ripetersi di rivolte popolari ed a smorzare il desiderio di esternare in maniera efficace il proprio dissenso, com’è chiaro l’intento dello stato di tener divisi gli imputati, di processarli separatamente al fine di isolarli e “annientarli”, come è capitato per i primi ad essere giudicati e condannati.
Non ci può più essere l’illusione di poter chiedere, interagire, cambiare qualcosa stando seduti ai tavoli della democrazia o sperando nella giustizia.
E’ fondamentale non lasciare soli i condannati e gli accusati per il 15 ottobre 2011: che nessuno in galera o tra le mura di una casa trasformata in prigione si senta solo; che mai gli venga il dubbio che forse non ne valeva la pena. Affinchè la gioia di una città illuminata dalle fiamme della rivolta non si spenga mai; affinchè il coraggio di abbandonarsi alla passione dei propri desideri e della propria rabbia non diventi mai un rimorso.
E’ fondamentale ribadire che chiunque abbia partecipato alla rivolta del 15 ottobre a Roma ha fatto bene ad esserci.
Che da più città possibili si alzi un grido di rabbia in solidarietà ai prigionieri e agli inquisiti!
Ne va della libertà di tutti noi! Non lasciamoli soli!
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diffondiamo da Rete evasioni
Il 15 Ottobre 2011, come a Genova nel 2001, eravamo 300.000 a gridare per le strade di Roma la nostra rabbia contro le politiche di austerità, un grido che voleva risvegliare le coscienze di una Italia ancora assopita di fronte alla crisi economica provocata dalle grandi lobby del capitalismo globale e fatta pagare in maniera pesantissima,per intero, alle classi subalterne. Questo mentre in tutta Europa e nei Paesi arabi si sviluppavano mobilitazioni e rivoluzioni.
Una manifestazione che non poteva essere incastonata nelle logiche del corteo – parata più affini alla rappresentanza politica sindacale. Le tante iniziative prodotte sin dalla partenza del corteo, infatti, hanno voluto segnalare simboli e responsabili della crisi, indicando nella riappropriazione diretta l’unica possibilità di porre le nostre vite “contro e fuori” dalle politiche di saccheggio ed austerità che stiamo subendo.
Come tutti e tutte sappiamo, non si è fatto attendere l’intervento dei tutori dell’ordine, che hanno tentato di stroncare sul nascere la combattività di una manifestazione e di un possibile movimento attraverso una gestione di piazza letteralmente criminale, con caroselli di blindati lanciati a tutta velocità, utilizzo di lacrimogeni e idranti, cariche che hanno tentato di sgomberare piazza San Giovanni.
La resistenza della piazza, però, è stata forte, partecipata e determinata, nutrita da una rabbia covata nella quotidianità per le condizioni di ingiustizia, sfruttamento, saccheggio dei territori che ci vengono consegnate ed imposte. Una resistenza ed una rabbia che rivendichiamo non solo come giuste, ma anche come necessarie allo sviluppo di un processo di trasformazione radicale dell’esistente che ci porti a liberare le nostre vite dallo sfruttamento e dalle gabbie del capitalismo.
In quella giornata e nei mesi successivi si sono susseguiti arresti e processi, con condanne pesantissime. Oggi è arrivata a chiusura l’indagine che coinvolge 25 compagne e compagni accusati del reato di devastazione e saccheggio. Un nuovo processo sta così per cominciare. Si, perché ancora una volta proprio come a Genova 2001 lo Stato e i suoi magistrati hanno “tirato fuori dal cilindro” questo reato per affibbiare condanne pesantissime,un monito a chiunque pensi e provi a mettere il proprio corpo e le propria esistenza in gioco, partecipando a un processo di conflitto e di cambiamento. Una drammatica beffa visto che quel giorno, come altre mille e mille volte eravamo scesi in piazza proprio contro chi devasta e saccheggia quotidianamente le nostre vite!
Al di là della narrazione e delle valutazioni su quella giornata e delle sue conseguenze legali, sentiamo con forza la necessità di aprire, dentro ed oltre i recinti delle realtà di movimento, un confronto ed una discussione che non eluda il tema della repressione, ma che ci porti al contrario collettivamente a farcene carico e ad affrontarlo. L’utilizzo della fattispecie di reato di“devastazione e saccheggio” viene sempre più di frequente utilizzata per colpire ogni forma di espressione di rabbia e conflittualità. Le lotte sociali sono ridotte così a mero problema di ordine pubblico, additate come fatto delinquenziale.
Su questa base, vorremmo iniziare un ragionamento concreto, partendo da un confronto tra chi agisce le lotte sociali qui a Roma, città grande, difficile, complessa, ricca di storia, di esperienze e pratiche concrete dell’alternativa allo stato di cose presenti. Un confronto che sia in grado di superare i disperati ed isolati urli contro la repressione, che abbia la capacità di costruire un filo rosso che a partire della rivendicazione di una “libertà di movimento e di conflitto” riesca, quindi, a proiettarsi ben oltre la miseria del presente.
E’ in atto, infatti, un ampio processo di criminalizzazione sociale e di controllo sociale preventivo che colpisce chiunque non si piega alle leggi del mercato, marcando in forme diverse la propria alterità e/o incompatibilità. Pensiamo, ad esempio, a quei particolari laboratori della repressione che si sperimentano negli stadi, sui migranti, sul precariato delle periferie.
Non solo, va posta la giusta attenzione al tentativo di interdizione delle lotte sociali attraverso l’uso di dispositivi di controllo e repressione, il bavaglio mediatico imposto alle opposizioni, il controllo poliziesco sugli attivisti, l’uso della legislazione speciale antiterrorismo. Tasselli che, se considerati nel contesto politico e sociale nel quale si ascrivono, contribuiscono a delineare uno scenario a dir poco preoccupante ed allarmante, una vera e propria svolta autoritaria e liberticida degli apparati dello stato.
La proposta che lanciamo è quella di confrontarsi e ragionare insieme attorno a questi temi per costruire una campagna politica comune: perché se è vero che la migliore risposta alla repressione la si dà continuando a portare avanti e a sviluppare i propri percorsi di lotta giorno dopo giorno; è altrettanto vero che, per dare spazio allo sviluppo dei conflitti stessi, è necessario denunciare con forza che problemi sociali come la casa, il lavoro, la scuola, non possano essere trattati come questioni di ordine pubblico. Che si criminalizzano studenti, lavoratori, sfrattati, disoccupati che legittimamente protestano contro i tagli a scuola, sanità, la riforma pensionistica, lo smantellamento dei residui di welfare, la precarietà delle condizioni di vita e di lavoro, le privatizzazioni, i licenziamenti, la devastazione dei territori in nome del profitto.
Questo, come abbiamo detto, in una fase in cui le condizioni di vita di larghe fasce di popolazione sono letteralmente in caduta libera,rappresenta un segnale chiaro e preoccupante rispetto al presente ed al futuro che la governance capitalistica vorrebbe cucirci addosso. Appare necessario e urgente, di contro, trasformare l’ingovernabilità e la rabbia crescente, indicare la direzione di marcia collettiva verso un’altra idea di società, verso una nuova utopia possibile da immaginare e conquistare insieme.
Lanciamo già da ora un presidio per il 4 aprile prossimo, di fronte al Tribunale di Roma, per sostenere i compagni e compagni che vedranno iniziare il processo contro di loro e proponiamo un’assemblea pubblica per il 12 aprile prossimo che, a partire dalla ineludibile solidarietà e complicità con gli/le compagni/e sotto processo, abbia la volontà di iniziare a tessere un ragionamento collettivo ed un percorso comune.
Inoltre in solidarietà con le/i compagne/i di Teramo ed in particolar modo con Davide Rosci, attualmente detenuto nel carcere di Viterbo, invitiamo tutte e tutti a partecipare al presidio sotto al Tribunale di Roma l’11 aprile, giorno in cui si esprimerà il Tribunale del riesame.
Libere Tutte – Liberi Tutti
Compagni e Compagne di Roma
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Torno a scrivere dopo alcuni giorni passati in isolamento. Sì, mi sono fatto 4 giorni di isolamento dopo essere stato trasferito dal carcere di Rieti al carcere di Viterbo.
Ora voi vi chiederete cosa mai io abbia potuto fare. La risposta è niente, giuro niente! Così come quando mi tradussero da Teramo a Rieti: non avevo fatto nulla e, per di più non ho potuto conoscere le motivazioni che giustificato questi trasferimenti.
C’è la chiara volontà di punirmi, facendomi capire con questo modo di fare, che la mia voglia di informare chi è fuori e la lotta di tutti coloro che mi sono vicini sono da arginare. Hanno dapprima trattenuto tutta la posta in arrivo che gli scorsi lunedì e martedì mi era arrivata a Rieti, giustificando, in maniera fantasiosa, che all’interno vi fosse qualcosa di pericoloso(?) anche se le avevano aperte e avevano visto che non c’era niente (per la cronaca si trattava di due lettere di miei amici, 4 lettere di mia zia contenenti le foto dei miei adorati nipoti e due cartoline). Hanno di fatto violato la mia privacy e deliberatamente censurato ogni tipo di corrispondenza in arrivo. È palese che hanno agito in modo illegale ed incostituzionale
Poi, non contenti, hanno fatto la cosa più vile ed infame, trasferendomi qui a Viterbo e mettendomi in isolamento! Non mi hanno giustificato la cosa e mi hanno sbattuto in una cella di 5 mq senza riscaldamento e senza poter avere contatti con nessuno. Mi hanno vietato di prendere una coperta e ho dormito tre notti(!) al gelo con solo il giubbino. Ditemi voi se questo è un atteggiamento da paese civile! Trasferire, lasciare al freddo e in isolamento una persona che non ha avuto rapporti disciplinari o altro è il chiaro modo di fare di chi, nel buio e nel silenzio delle carceri italiane, ignora ogni legge morale e giuridica.
Non nascondo di aver provato sconforto, provate a mettervi al posto mio e a vivere in 20 giorni tre cambi di carcere, la censura delle lettere e l’isolamento totale senza sapere quanto tempo duri. È qualcosa che ti fa perdere la fiducia nelle istituzioni, oltre che la testa. Così mi sono affidato ai miei libri e solo la lettura di “Gramsci in carcere e il Partito” e “Oltretorrente”, che narra le gesta di Guido Picelli, gli Arditi del Popolo e le barricate di Parma, mi ha dato la forza e la serenità per affrontare queste vicissitudini. L’esempio di Gramsci e quello di Picelli sono stati per me qualcosa di indescrivibile. Attraverso quelle pagine rigo dopo rigo ho ricaricato il mio cuore e la mia mente.
Ormai pensavo al peggio, convinto di dover rimanere in quello scempio di posto fino all’11 Aprile, data nella quale a Roma ci sarà l’appello per l’aggravamento degli arresti domiciliari in custodia cautelare, invece mi hanno portato in sezione. Solo dopo che il consigliere regionale di Rifondazione Comunista del Lazio, che ringrazio di cuore, era venuto a trovarmi.
Concludo con la mia convinzione personale che continuerò ad urlare: potranno imprigionare il mio corpo, mai la mia mente.
A testa alta! La lotta non si arresta!
Viterbo, Domenica 17/03/13
Davide Rosci
da controlacrisi
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Dato del Dap aggiornato al 18 marzo 2013. Oltre 12mila in attesa di primo giudizio, mentre sono 39.653 i condannati in via definitiva. La capienza regolamentare è di quasi 46 mila posti.
Sono 65.995 i detenuti in Italia al 18 marzo 2013, di cui ben il 18,7 per cento (oltre 12 mila) in attesa di primo giudizio, su una capienza regolamentare delle strutture detentive di quasi 46 mila posti. Questo l’ultimo dato aggiornato fornito dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria durante la conferenza stampa in corso presso il Museo criminologico a Roma di presentazione del “Progetto circuiti regionali”. Secondo i dati del Dap, i condannati in via definitiva sono il 60 per cento, cioè 39.653. Lombardia, Campania, Lazio e Sicilia le regioni col maggior numero di detenuti: 9.233 per la regione Lombardia, 8.412 in Campania, 7.201 nel Lazio e 7.080 in Sicilia.
Nel 2013 già 221 tentati suicidi, 6 evasioni
Dall’inizio del 2013 sono 221 i tentati suicidi registrati nei penitenziari italiani. A fornire il dato è il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, che rileva come siano avvenute nel periodo compreso tra l’1 gennaio e il 19 marzo, 6 evasioni, 3 dal carcere di Varese, 2 da quello di Parma e 1 da quello di Modica. “C’è un numero enorme di tentati suicidi – ha rilevato il vice capo vicario del Dap Simonetta Mattone, durante una conferenza stampa – ma grazie al personale di polizia penitenziaria e alla sua preparazione, si riesce a sventarli. I suicidi sono una realtà drammatica, ma rispetto alla popolazione in carcere, sono un fenomeno estremamente contenuto”. Sulle evasioni dal carcere, Mattone ha aggiunto: “Si tratta di fatti gravi, ma non c’è nessuna emergenza. I casi italiani sono meno rispetto alla media europea”.
Redattore Sociale
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Ciao Nicola! Un posto importante nei nostri ricordi
Nella serata di ieri è morto Nicola Pellecchia, compagno napoletano considerato come uno dei fondatori dei Nap, successivamente passato in carcere nelle Br. Nicola venne arrestato il 13 luglio 1975 a Roma, due anni dopo venne condannato dalla Corte d’Assise di Napoli a 21 anni e 5 mesi di carcere.
Mai dissociato dalla sua scelta, mai pentito per quel percorso che aveva deciso di intraprendere e mai rinnegando il suo impegno politico, Nicola uscì dal carcere scontando tutta la pena, sempre a testa alta nelle durissime condizioni delle carceri speciali, rifiutando qualsiasi collaborazione con lo stato anche quando quest’ultimo, nelle sue innumerevoli strategie, ha cercato di avere il coltello dalla parte del manico, cercando in Nicola un tramite tra brigatisti fuori e in carcere. Un tramite che non trovarono in Nicola, che nella sua fermezza e serenità politica affrontò gli anni del carcere con lucidità e estrema coerenza. Una coerenza dimostrata anche una volta uscito dal carcere, quando si è trasferito nell’isola di Procida, dedicandosi ad organizzare i pescatori dell’isola contro lo strapotere dei grossi mercanti, per difendere i diritti di 200 pescatori, mettendoli insieme.
E se Nicola ha combattuto fino all’ultimo anche con la stessa malattia incurabile che lo ha condotto alla morte, rimane nel ricordo la sua storia, il suo impegno e il suo sguardo fiero che ha saputo guardare oltre i confini di quel mare che lo circondava, mai rinnegato, mai arreso, mai domo.
Da infoaut
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