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Roma 15 ottobre 2011 – Né spettatori né vittime

cordatesaIl 14 Novembre si terrà presso il tribunale di Roma, a Piazzale Clodio, la nuova udienza del processo del terzo troncone di indagini a carico di 18 persone accusate di “devastazione e saccheggio” e alcune di loro di tentato omicidio.

Un processo che da alcuni mesi sta mostrando la volontà politica e l’accanimento vendicativo con cui lo Stato e nel suo specifico la Procura della Repubblica di Roma Continue reading


A testa alta! Per la solidarietà agli/alle imputati/e della giornata del 15 Ottobre.

cordatesa Il 4 Aprile scorso sono stati rinviati a giudizio 18 persone accusate del reato di devastazione e saccheggio in seguito ai fatti avvenuti durante la manifestazione del 15 Ottobre. Tre di loro sono accusate anche di tentato omicidio.
In ordine di tempo, queste persone sono solo le ultime ad essere sottoposte a processo per i fatti accaduti durante quella giornata:
Prima di loro molti giovani ragazzi/e si sono visti infliggere pene pesantissime e sproporzionate rispetto i fatti contestati per resistenza a pubblico ufficiale, mentre per i militanti di Azione Antifascista Teramo l’accusa di devastazione e saccheggio ha già portato in sede di giudizio a condanne a 6 anni con rito abbreviato, oltre al dover pagare 60000 euro di risarcimento danni.
Quando la ribellione rompe gli argini del dissenso Continue reading


Cena benefit a Milano per Marina e dibattito su devastazione e saccheggio

malfmarinawebMERCOLEDI’ 24 APRILE:

DALLE ORE 20 IN POI

CENA BENEFIT A SEGUIRE DIBATTITO SU DEVASTAZIONE E SACCHEGGIO

CIRCOLO DEI MALFATTORI
TORRICELLI 19

METRO 2 FERMATA ROMOLO;
LINEA 90/91 VIALE LIGURIA;

PER INFO MALFATTORI.NOBLOGS.ORG


La libertà non cade dal cielo

diffondiamo da Rete evasioni

15-ottobre-225Il 15 Ottobre 2011, come a Genova nel 2001, eravamo 300.000 a gridare per le strade di Roma la nostra rabbia contro le politiche di austerità, un grido che voleva risvegliare le coscienze di una Italia ancora assopita di fronte alla crisi economica provocata dalle grandi lobby del capitalismo globale e fatta pagare in maniera pesantissima,per intero, alle classi subalterne. Questo mentre in tutta Europa e nei Paesi arabi si sviluppavano mobilitazioni e rivoluzioni.

Una manifestazione che non poteva essere incastonata nelle logiche del corteo – parata  più affini alla rappresentanza politica sindacale. Le tante iniziative prodotte sin dalla partenza del corteo, infatti, hanno voluto segnalare simboli e responsabili della crisi, indicando nella riappropriazione diretta l’unica possibilità di porre le nostre vite “contro e  fuori” dalle politiche di saccheggio ed austerità che stiamo subendo.

Come tutti e tutte sappiamo, non si è fatto attendere l’intervento dei tutori dell’ordine, che hanno tentato di stroncare sul nascere la combattività di una manifestazione e di un possibile movimento attraverso una gestione di piazza letteralmente criminale, con caroselli di blindati lanciati a tutta velocità, utilizzo di lacrimogeni e idranti, cariche che hanno tentato di sgomberare piazza San Giovanni.
La resistenza della piazza, però,  è stata forte, partecipata e determinata, nutrita da una rabbia covata nella quotidianità per le condizioni di ingiustizia, sfruttamento, saccheggio dei territori che ci vengono consegnate ed imposte. Una resistenza ed una rabbia che rivendichiamo non solo come giuste, ma anche come necessarie  allo sviluppo di un processo di trasformazione radicale dell’esistente che ci porti a liberare le nostre vite dallo sfruttamento e dalle gabbie del capitalismo.
In quella giornata e nei mesi successivi si sono susseguiti arresti e processi, con condanne pesantissime. Oggi è arrivata a chiusura l’indagine che coinvolge 25 compagne e compagni accusati del reato di devastazione e saccheggio. Un nuovo processo sta così per cominciare. Si, perché ancora una volta proprio come a Genova 2001 lo Stato e i suoi magistrati hanno “tirato fuori dal cilindro” questo reato per affibbiare condanne pesantissime,un monito a chiunque pensi e provi a mettere il proprio corpo e le propria esistenza in gioco, partecipando a un processo di conflitto e di cambiamento. Una drammatica beffa visto che quel giorno, come altre mille e mille volte eravamo scesi in piazza proprio contro chi devasta e saccheggia quotidianamente le nostre vite!
Al di là della narrazione e delle valutazioni su quella giornata e delle sue conseguenze legali, sentiamo con forza la necessità di aprire, dentro ed oltre i recinti delle realtà di movimento, un confronto ed una discussione che non eluda il tema della repressione, ma che ci porti al contrario collettivamente a farcene carico e ad affrontarlo. L’utilizzo della fattispecie di reato di“devastazione e saccheggio” viene sempre più di frequente utilizzata per colpire ogni forma di espressione di rabbia e conflittualità. Le lotte sociali sono ridotte così a mero problema di ordine pubblico, additate come fatto delinquenziale.
Su questa base, vorremmo iniziare un ragionamento concreto, partendo da un confronto tra chi agisce le lotte sociali qui a Roma, città grande, difficile, complessa, ricca di storia, di esperienze e pratiche concrete dell’alternativa allo stato di cose presenti. Un confronto che sia in grado di superare i disperati ed isolati urli contro la repressione, che abbia la capacità di costruire un filo rosso che a partire della rivendicazione di una “libertà di movimento e di conflitto” riesca, quindi, a proiettarsi ben oltre la miseria del presente.
E’ in atto, infatti, un ampio processo di criminalizzazione sociale e di controllo sociale preventivo che colpisce chiunque non si piega alle leggi del mercato, marcando in forme diverse la propria alterità e/o incompatibilità. Pensiamo, ad esempio, a quei particolari laboratori della repressione che si sperimentano negli stadi, sui migranti, sul precariato delle periferie.
Non solo, va posta la giusta attenzione al tentativo di interdizione delle lotte sociali attraverso l’uso di dispositivi di controllo e repressione, il bavaglio mediatico imposto alle opposizioni, il controllo poliziesco sugli attivisti, l’uso della legislazione speciale antiterrorismo. Tasselli che, se considerati nel contesto politico e sociale nel quale si ascrivono,  contribuiscono a delineare uno scenario  a dir poco preoccupante ed allarmante, una vera e propria svolta autoritaria e liberticida degli apparati dello stato.
La proposta che lanciamo è quella di confrontarsi e  ragionare insieme attorno a questi temi per costruire una campagna politica comune: perché se è vero che la migliore risposta alla repressione la si dà continuando a portare avanti e a sviluppare i propri percorsi di lotta giorno dopo giorno; è altrettanto vero che, per dare spazio allo sviluppo dei conflitti stessi, è necessario denunciare con forza che problemi sociali come la casa, il lavoro, la scuola, non possano essere trattati come questioni di ordine pubblico. Che si criminalizzano studenti, lavoratori, sfrattati, disoccupati che legittimamente protestano contro i tagli a scuola, sanità, la riforma pensionistica, lo smantellamento dei residui di welfare, la precarietà delle condizioni di vita e di lavoro, le privatizzazioni, i licenziamenti, la devastazione dei territori in nome del profitto.
Questo, come abbiamo detto, in una fase in cui le condizioni di vita di larghe fasce di popolazione sono letteralmente in caduta libera,rappresenta un segnale chiaro e preoccupante rispetto al presente ed al futuro che la governance capitalistica vorrebbe cucirci addosso. Appare necessario e urgente, di contro, trasformare l’ingovernabilità e la rabbia crescente, indicare la direzione di marcia collettiva verso un’altra idea di società, verso una nuova utopia possibile da immaginare e conquistare insieme.
Lanciamo già da ora un presidio per il 4 aprile prossimo, di fronte al Tribunale di Roma, per sostenere i compagni e compagni che vedranno iniziare il processo contro di loro e proponiamo un’assemblea pubblica per il 12 aprile prossimo che, a partire dalla ineludibile solidarietà e complicità con gli/le compagni/e sotto processo, abbia la volontà di iniziare a tessere un ragionamento collettivo ed un percorso comune.
Inoltre in solidarietà con le/i compagne/i di Teramo ed in particolar modo con Davide Rosci, attualmente detenuto nel carcere di Viterbo, invitiamo tutte e tutti a partecipare al presidio sotto al Tribunale di Roma l’11 aprile, giorno in cui si esprimerà il Tribunale del riesame.
Libere Tutte – Liberi Tutti
 
 
Compagni e Compagne di Roma

Lettera di Dayvid “Ciga” x Corteo Teramo di domani

LETTERA DI DAYVID “CIGA” IN RISPOSTA ALLA MANIFESTAZIONE NAZIONALE
INDETTA A TERAMO SABATO 9 FEBBRAIO 2013

Ciao a tutt*, mi chiamo Dayvid Ceccarelli e sono attualmente detenuto presso il carcere di Alba (Cuneo).
La mia custodia cautelare e’ motivata da articoli del vecchio codice Rocco, arricchiti con leggi speciali del
1975, leggi create dal fascismo per reprimere e punire i dissidenti politici. “Grazie” a queste leggi rischio assieme
ad altri compagni da 8 a 20 anni di reclusione, ma nonostante cio’ non voglio smettere di usare l’unica arma che ho: la parola.
Non sono solito a discorsi retorici, preferisco agire piuttosto che parlare.
Scrivo queste righe nello stesso modo in cui ho sempre cercato di vivere la mia vita: sinceramente e con cuore.
Magari spesso, nella foga del momento e sopraffatto dalle emozioni, sbaglio, ma con le migliori intenzioni e
sicuramente con sincerita’.
Voglio farvi sapere quanto mi abbia fatto piacere apprendere che finalmente ci sara’ una manifestazione di solidarieta’ per
gli arrestati, i fermati e gli indagati accusati delle “violenze” accadute a Roma il 15 Ottobre 2011.
Non dico questo perche’ anche io sono fra questi (non so ancora quando saro’ processato assieme ad altri 25
compagni coimputati), ma lo dico perche’ sono felice del fatto che finalmente in Italia un’insieme di individui
scenderanno in piazza per chiedere a gran voce la liberta’ per i 6 compagni condannati a 6 anni di reclusione
per l’assalto al blindato e per gli altri 25 che sono, con diverse misure restrittive, in attesa di giudizio a causa delle
“violenze” di quel giorno e che la piazza non ha paura di chiedere la verita’.
Il 15 ottobre 2011 si dovrebbe ricordare solo per le nobili motivazioni che hanno fatto sì che le piazze di Roma si gremissero
di gente in quanto era la “giornata mondiale dell’indignazione”. Ma cosi’ non e’.
In ogni caso, finalmente, dei compagni diranno “basta” alla repressione in atto e chiederanno verita’.
Inoltre alle varie istituzioni vorrei domandare qual’e’ la vera violenza?” Non e’ forse violenza affamare una popolazione?
Distruggere il futuro di una generazione intera?Privare delle pensioni i pensionati?Sfruttare gli operai negando loro prima
la sicurezza del posto di lavoro, e poi togliendo uno dopo l’altro i diritti basilari che anni di lotte sindacali avevano conquistato?
Tutto questo e’ stato ottenuto con la complicita’ di tutti gli schieramenti politici, del sistema bancario italiano ed europeo,
dei sindacati confederati e nel silenzio assordante di quella parte di sinistra extraparlamentare che sembra avere come
unico scopo quello di conquistare una comodissima poltrona in parlamento.
In questi giorni stiamo assistendo al solito teatrino del tutti contro tutti, delle promesse e delle speranze per poter
appunto accaparrarsi un posto in parlamento per poi alla fine, nella migliore delle ipotesi, non cambiare nulla.
Io il 15 ottobre ero in piazza per una manifestazione pacifica assieme a migliaia e migliaia di persone per dire “basta”,
la popolazione italiana, europea e mondiale non ne puo’ piu’ di essere sempre l’unica a pagare per colpa delle
speculazioni internazionali. Perche’ il ceto medio e i poveri devono sempre essere sfruttati mentre gli sfruttatori sono
sempre piu’ ricchi e potenti? E’ ora di finirla! Noi la crisi non la paghiamo!! Questo volevamo dire durante la giornata
mondiale dell’indignazione! Ma questi discorsi per lo stato sono da reprimere immediatamente, prima che attecchiscano
e contagino altre persone.
Termino questa mia lettera ringraziando tutt* di scendere in piazza e sperando di potermi unire a voi al piu’ presto.

Dayvid “Ciga”

Per chi avesse voglia di scrivergli:

Dayvid Ceccarelli
c/o Casa Circondariale
via vivaro n 14
12051 Alba (CN)

E’ importante fargli sentire la nostra salidarietà!

teramo


Lettera di Dayvid dal carcere di Alba

la-libertc3a0-iii-214/01/2013
Ciao ragazzi,
vi scrivo queste due righe sul perchè sono dentro, il che, non sapendolo bene neppure io non è semplice. Dunque sono stato arrestato l’11/04/2012 con l’accusa di devastazione dopo la manifestazione milanese che chiedeva la liberazione dei NO TAV arrestati per i fatti del 3 Luglio. Sono stato scarcerato il giorno dopo con obbligo di firma fino alla data della camera di consiglio, dove mi hanno condannato a nove mesi. Nella pena hanno inglobato un mio vecchio definitivo per un’occupazione. Alla camera di consiglio il giudice,visto il parere favorevole dei servizi sociali e il contratto di lavoro ha deciso di farmi scontare la pena presso di loro. Mi hanno quindi revocato l’obbligo di firma e attendevo il definitivo per Febbraio per vedere le condizioni (orario di rientro etc.)
Ero un uomo libero, che aspettava il definivo senza altri carichi pendenti.
Ad Ottobre la sorpresa: il nucleo operativo dei carabinieri nucleo informatico si presenta a casa della mia ragazza,dove non avevo neanche il domicilio, e mi arrestano usando come motivazione che la casa dove avevo la residenza non era
ritenuta idonea per scontare la pena. Voglio sottolineare che in quella residenza avevo già scontato due mesi con obbligo di firma,e che nella richiesta di sorveglianza c’era un’altra abitazione ritenuta idonea dai servizi sociali.
Portato a S.Vittore ho passato quasi un mese in mezzo ad interrogatori non sapendo ancora bene il motivo dell’arresto. Dopo un mese un altra sorpresa: mi è stato notificato dalla Digos di Milano e di Roma una custodia cautelare per il fatti del corteo del 15 Ottobre “Giornata Mondiale dell’Indignazione”,i reati di cui mi si accusa sono:
– devastazione e saccheggio
– più persone che concorrono nel reato
– circostanza aggravante: quando una o più persone concorrono,organizzano o
promuovono il reato (fino a metà in più della pena)
– circostanza aggravante: l’aver commesso il reato per conseguire o assicurare a
sé o agli altri l’impunibilità (fino a metà in più della pena)
– Legge Speciale del 75: disciplina il controllo delle armi, delle munizioni, e degli
esplosivi (da uno a tre anni)
Questo è più o meno quello che ho capito, voglio solamente ricordare che insieme a me ci sono altre 14 persone in custodia, tutte identificate di cui non ne conosco uno.
In più, pare ci sia in giro per i tribunali di Lecco e Milano un’indagine della Digos per terrorismo che il mio legale è riuscito solo a scorgere ma che non compare negli atti ufficialmente nonostante sia stata usata durante gli interrogatori, dove mi sono sempre avvalso della facoltà di non rispondere, visto la mia estraneità ai fatti, visto che il mio riconoscimento e stato fatto confrontando lo zaino secondo loro da me indossato a Milano durante il corteo del 30 Marzo con uno identico avvistato negli scontri di Roma, un comunissimo Seven blu.
Spero di avervi chiarito le idee, perchè io non ci sto capendo un cazzo.

GRAZIE PER IL SUPPORTO

DAYVID


Vogliamo Dayvid “CIGA” Libero Subito!

cigaCi sono compagni che per le loro idee rischiano di proprio,sacrificando in primis la loro liberta’, 
unica cosa realmente loro e realmente importante.
Dayvid non mette bombe.
Dayvid non stava organizzando nessun atto ecclatante, magari a spese altrui.
Dayvid e’ solo una persona che critica il sistema apertamente e attivamente, magari a volte
con troppa foga, ma sempre con coscienza e sempre forte della convinzione che un altro mondo
sia possibile.
Dayvid non ha santi in paradiso e tantomeno in parlamento.
Dayvid e’ un cane sciolto.
Dayvid e’ anarchico.
Per tutti questi motivi Dayvid e’ in carcere.
Il 28 ottobre 2012, senza palesarsi, degli agenti della digos lo traggono in arresto a casa sua,
dicendogli che devono notificargli qualcosa. Viene invece incarcerato immediatamente a S.Vittore.
Le circostanze che hanno condotto al suo arresto non sono del tutto chiare, e vengono
chiarite solo in parte qualche settimana dopo.La sua VERA colpa e’ essere un attivista NO TAV
e anarchico. Insomma, uno scomodo.
Seguendo schemi che ben conosciamo, un mese dopo dal suo arresto Dayvid viene trasferito
al carcere di Alba- Cuneo, pratica che vorrebbe farlo sentire ulteriormente solo e abbandonato.
Cosi’ invece non sara’, piu’ lo porterete lontano e piu’ i suoi amici urleranno forte.
Non dimentichiamoci di Dayvid e di tutti quelli nelle sue stesse condizioni.
Non lasciamoli soli,
Dayvid potresti essere tu!
CIGA LIBERO!!!


SCONTRI A ROMA DEL 15 OTTOBRE, CONDANNATI A 6 ANNI GLI ASSALITORI DEL BLINDATO DEI CARABINIERI

camionetta al rogoSei anni di carcere per gli autori dell’assalto al blindato in Piazza San Giovanni a Roma durante gli scontri del 15 ottobre del 2011 in occasione della manifestazione degli indignados. E’ questa la decisione del gup Massimo Battistini che ha condannato Davide Rosci, Marco Moscardelli, Mauro Gentile, Mirko Tomassetti, Massimiliano Zossolo e Cristian Quatraccioni per reati di devastazione e resistenza a pubblico ufficiale. Oltre agli anni di carcere i sei ragazzi dovranno pagare un risarcimento di 30mila euro a testa per il carabiniere aggredito e per il ministero della Difesa che si è costituito parte civile.

ALEMANNO: SENTENZA È RISARCIMENTO MORALE AD ARMA E A CITTÀ – “Giusta la sentenza che colpisce gli autori del vergognoso assalto al blindato dei Carabinieri del 15 ottobre 2011 e che rappresenta un risarcimento morale all’Arma e a tutti i cittadini romani – ha commentato il primo cittadino della Capitale -. Sei anni sono un giusto monito per tutti coloro che scambiano il diritto di manifestare con quello di indirizzare le propria violenza contro le forze dell’ordine nella città di Roma”.

scontri-roma-15-ottobreDA INFOAUT

Dure le condanne inflitte dal tribunale di Roma per gli scontri avvenuti il 15 ottobre del 2011 in Piazza San Giovanni: 6 anni di reclusione per l’attacco al furgone dei carabinieri. Bisognerebbe forse dar meno ascolto ai “consigli” degli avvocati…

Dopo la grande giornata di rabbia esplosa in piazza San Giovanni a Roma contro il governo dell’austerità e contro le politiche del debito, nella quale il protagonismo di studenti/esse, precari/e, disoccupati/e, lavoratori/rici, facevano sentire la loro indignazione ai politici romani, arrivano le sentenze per l’attacco al furgone dei carabinieri: 6 anni di reclusione ciascuno per i sei compagni di Azione Antifascista di Teramo.

Dure le condanne inflitte a termine del rito abbreviato dal gup di Roma Massimo Battistini (la Procura aveva chiesto 8 anni) che per l’occasione, oltre ai reati di resistenza e lesioni a pubblico ufficiale pluriaggravata e un risarcimento di 30 mila euro per il carabiniere ferito, rispolvera il reato di devastazione e saccheggio ereditato e ancora presente nell’ordinamento giuridico dal codice penale fascista, il cosiddetto “Codice Rocco”. Sono le stesse condanne già comminate ai/le compagni/e già condannat* per le giornate del G8 2001 a Genova.

”L’attribuzione agli imputati del delitto di devastazione e saccheggio – ha commentato l’avvocato Maria Cristina Gariup, che difende alcuni degli imputati – non è condivisibile. Si tratta di una responsabilità oggettiva della quale manca la prova materiale. Non c’è la prova di quanto contestato agli atti”. Infatti, durante quella giornata in piazza san Giovanni eravamo in tanti/e, stanchi/e di subire le politiche dei tagli lacrime e sangue solo per coloro che ogni giorno devo fare i conti con una quotidianità sempre più attaccata dalla casta politica. Una buona parte della generazione che sta pagando tanto ha risposto in modo determinato all’attacco dei politicanti e dei “tecnici”, contribuendo a praticare una giornata di conflitto sociale.

Proprio per questo motivo sembra chiaro come questa condanna provi ad intimidire le lotte sociali all’interno di una fase politica sempre più in difficoltà a trovare un’uscita dalla crisi economica. Una punizione esemplare,politica, confermata, da quanto si legge anche nella dichiarazione del sindaco Alemanno che, oltre a considerare giuste le condanne, dichiara: “Sei anni sono un giusto monito per tutti coloro che scambiano il diritto di manifestare con quello di indirizzare le propria violenza contro le forze dell’ordine nella città di Roma”. In risposta alla pesante condanna, gli avvocati degli imputati fanno sapere che faranno ricorso.

Una condanna così dura fa pensare. O meglio, rende opportuna una valutazione costruttiva, umile, riguardo a quanto siano opportune le scelte alternative al rito ordinario: se da un lato non si discute la scelta personale dei compagni sulla decisione del rito abbreviato, dall’altro lato vala la pena valutare quanto possano influire le indicazioni, dettate dalla forma mentis degli avvocati di turno. Quasi sempre per essi l’uso alternativo al rito ordinario, magari da tramutarsi nello scontare il più a lungo possibile la pena nel proprio domicilio, sembra essere il più opportuno per gli/le assistiti/e. Alla luce di queste condanne, considerando che ad oggi i compagni si trovano ancora ai domiciliari dallo scorso aprile, pensiamo che qualche domanda valga la pena porsela per il futuro…

Ad ascoltare i “consigli” degli avvocati si rischia spesso di imboccare sentieri la cui utilità ci appare dubbia. Percorsi che sull’immediato sembrano essere più convenienti, rischiano di tramutarsi in condanne esemplari che si iniziano a pagare da subito. Nell’affrontare processi di questo tipo, molti avvocati (fortunatamenti non tuttt*) affrontano la contesa mossi dall’obiettivo della minimizzazione della pena (intento lodevole ma cui raramente corrsiponde un ritorno reale), convinti che il tramutare grosse pene in arresti domiciliari sia il risultato migliore ottenibile. L’approccio (con tutto il rispetto) è un po’ quello di ridurre il reato politico a incidente tra ultras. Accade così che molt* compagn* deleghino agli specialisti del Diritto scelte che riteniamo più proficuo elaborare collettivamente con le proprie realtà politiche di riferimento (che permetteono anche di costruire e vivere politicamente i processi). Non intendiamo con questo sostenere che esistono ricette per eludere la repressione. La repressione esiste e lo Stato lo esercita ogni qualvolta ne ha la possibilità, mosso dalla paura che giornate come quella del 15 ottobre (e del 14 dicembre, e infinite altre…) possano ripetersi. Queste note non pretendono insegnare niente, vogliono solo mettere qualche pulce nelle orecchie. Soluzioni belle e pronte non ce ne sono ma la secolare esperienza delle lotte dei/le proletari/e insegnano che il rito ordinario e l’allungamento dell’iter processuale sono spesso preferibili e permettono, se non altro, di elaborare nel tempo strategie ulteriori e più meditate, fuggendo alle pressioni molteplici della contingenza.

I compagni di Azione Antifascista di Teramo terranno giovedì una conferenza stampa al club Gagarin di Teramo, in via Capuani 61, alle ore 11, per fare il punto della situazione e per illustrare anche il processo che si terrà il 10 gennaio a Teramo contro 13 suoi militanti accusati di associazione a delinquere dalla Procura teramana.

Nel frattempo Davide Rosci, uno dei compagni condannati inizierà a breve uno sciopero della fame per protestare contro il reato di devastazione e saccheggio

A loro, ei/le detenut* del G8 va il nostro più sincero e fraterno saluto!

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