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Vivere o morire nel carcere di Ushuaia

Diffondiamo un racconto di un viaggio trovato in rete, dal testo si evince che “quello che colpisce è il carcere”

12_Carcere_UshuaiaÈ una mattina luminosa, l’aria è frizzante, il cielo terso, e ci pare la giornata ideale per visitare il ghiacciaio Martial, a sette chilometri da Ushuaia. Raggiungiamo in taxi il punto in cui si prende la seggiovia ed eccoci salire lentamente, dondolando sotto un sole piacevole ma non caldo, con il bavero tirato su e i guanti alle mani. Amo le seggiovie; ti godi l’aria aperta sospeso sopra boschi e torrenti, mentre i cavi ti trasportano sempre più in alto con una rilassante indolenza silenziosa. L’ho usata ogni volta che ho potuto, soprattutto sulle Dolomiti, ma qui è differente perché so di essere davvero molto lontano dalla mia Italia.

Arrivati a destinazione, davanti a noi si staglia la montagna e il ghiacciaio a cui diede il nome – nel 1883 – l’esploratore francese Louis Martial. Quassù, a circa ottocento metri sul livello del mare (non saliamo oltre perché non attrezzati), non sappiamo più se ammirare i ghiacci eterni o il panorama che appare sotto di noi: la città di Ushuaia, il Canale di Beagle, l’isola Navarino (la più australe del Cile) con il suo Puerto Williams, provincia dell’Antartica Chilena; il canale Murray la separa dall’isola Hoste, una terra ricoperta da tundra e ghiacciai e “raccontata” da Giulio Verne. Una vista bellissima, suggestiva, che comprende parte dei luoghi costeggiati con l’imbarcazione il giorno prima.

Camminiamo tra i sentieri in salita, non sempre agevoli, accompagnati dalla voce di un torrente che arriva dalla montagna portando a valle le sue limpide acque: un perlage di luci che si trasformano in musica sotto i raggi del sole. I ciottoli lisci e le pietre aguzze sono tasti bagnati; è sapiente il tocco dell’acqua. Qui puoi stare davvero in silenzio (solo i suoni della natura sono silenzio) e fermarti in ogni senso… puoi non pensare, non parlare, lasciarti andare al freddo che penetra le narici, al tiepido sole sui capelli, ai colori e a quella musica, al crepitio sotto gli scarponi che calpestano terra e sassolini. Puoi, anzi, devi farlo, centellinando ogni cosa per esser certo di portarla con te a casa.

Tornando giù ci fermiamo al rifugio per un sandwich queso y jamon (un panino con formaggio e prosciutto) che, dopo la camminata, pare il panino più buono del mondo!

Il pomeriggio è dedicato a una visita particolare, stavolta al chiuso: il carcere di Ushuaia. Dal 1884 al 1994 la città divenne una colonia penale destinata a pericolosi criminali ai quali erano riservati i lavori forzati; tra ergastolani purtroppo conosciuti (come il feroce serial killer Cayetano Santo Godino, di origini italiane, ucciso da alcuni prigionieri, e altri tristemente famosi), vi erano anche delinquenti comuni, prigionieri politici, sovversivi o anarchici che senza esclusione di colpi inseguivano l’idea di un mondo migliore. I prigionieri tagliavano la legna, costruivano la cittadina, la ferrovia e lo stesso carcere, grandissimo e a forma di stella. Non potevano di certo pensare di fuggire da un luogo così remoto, tra montagne e ghiacciai, sempre battuto da un vento gelido e tanto vicino all’Antartide; i pochi che ci provarono morirono assiderati nelle foreste, ma anche molti di coloro che a fuggire non pensavano neppure, morirono di stenti e malattie.

Il carcere è stato trasformato in museo, ma vi è un’ala rimasta intatta che a vederla si suppone fatiscente e che in realtà mostra una verità triste, inquietante, lugubre assolutamente da visitare e osservare… Celle minuscole, buie, collocate in due piani, dei corridoi con una piccola stufa per ciascuno, bagni terribili per uomini tenuti come bestie e in condizioni igieniche inimmaginabili, e vecchie foto a mostrare relitti umani in pigiama a righe, con palle di ferro ai piedi…

A percorrere quei corridoi, a entrare in quelle celle dai portoni cigolanti, a leggere i nomi incisi alle pareti, a soffermarsi attoniti davanti ai bagni, viene da pensare che in fondo, morire in fuga, mal protetti da una foresta gelata e bersagliati dal vento, poteva non essere la cosa peggiore.

Fonte


Rivolta con evasioni nel carcere di Chaco, Argentina

Il Commissario Generale Gustavo Peña, che da pochi giorni ha preso il posto di  José Benítez come Direttore del Servizio Penitenziario Provinciale calcolava stanotte i danni dopo la violenta rivolta che per 15 ore si è concretizzata da ieri fino le prime ore di stamane. Sempre questa mattina si è appresa la notizia che 6 evasi sono stati ricatturati, anche se non è chiaro il numero reale dei detenuti evasi.

chaco23gennaio2013 – Dopo la violenta rivolta attuata da circa 150 reclusi nel Complesso Penitenziario di Sáenz Peña,

il nuovo Direttore del Servizio Penitenziario Provinciale, commissario Generale Gustavo Peña il pomeriggio di martedì si è riunito con i suoi agenti riconoscendo che “è una situazione molto delicata, dove sono di pubblico dominio i fatti accaduti. Grazie a Dio oggi tutto è tornato alla normalità”.

A proposito della rivolta commenta:” l’obiettivo è concludere questa situazione critica, che si è venuta a creare e ritornare a cominciare, a sviluppare una pianificazione al riguardo del personale, cercare una convivenza armonica, ascoltando anche le critiche verso le autorità”.

Ristrutturazione

Al seguito dell’assunzione di Peña, verrà effettuata una ristrutturazione su tutti i livelli, in quanto” necessita di un lavoro che implica il coinvolgimento di varie strategie nelle diverse aree, perchè questo è un sistema carcerario, è un tema complesso per cui si ha bisogno di un punto di vista completo. Si deve ricercare la convivenza armonica e il rispetto imprescindibile dei diritti umani garantendo la sicurezza sul lavoro”.

La situazione con gli agenti penitenziari.

Al riguardo della manifestazione di protesta attuata questa mattina dagli agenti del Servizio Penitenziario che compiono servizio al Sáenz Peña, il nuovo direttore manifestò:”Analizzeremo quello che è accaduto con il personale, uno dei punti importanti sarà ascoltarli e sulla base di ciò si risolverà il tutto, quello che noi vogliamo è dialogare con il personale e che loro abbiano le garanzie necessarie per poter lavorare in tranquillità”.

Peña ha segnalato anche che gli agenti in servizio devono essere equipaggiati d’accordo alle esigenze necessarie “non possiamo improvvisare con qualsiasi altro elemento”.

Gravi danni nel penale.

Ancora si stanno calcolando gli ingenti danni effettuati nel Complesso Penitenziario, il nuovo Capo ha riconosciuto che i danni riscontrati dopo la rivolta di Lunedì sono molto ingenti.

“E’ stato bruciato il locale dove i reclusi ricevevano classi, si è bruciata per completo la biblioteca e i computer, si sono distrutti sedie e banchi”. Ha concluso il direttore Peña.

I fuggiaschi sono ancora 7! ne sono stati ripresi, purtroppo 13 su 20

Fonte diariochaco.com

Traduzione Cordatesa