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Una truffa miliardaria nelle carceri russe

NEWS_80384Truffe e varie operazioni fraudolente per oltre 10 miliardi di rubli (250 milioni di euro) sono state scoperte da un’inchiesta interna al Servizio penitenziario federale russo (Fcin in sigla). La notizia non rivela niente che ai cittadini russi non sia noto da sempre – la corruzione all’interno del mastodontico sistema penitenziario è una costante fin dai tempi di Pietro il Grande, e ovviamente anche da prima, salvo essere chiamata con altri nomi – ma fornisce alcuni interessanti flash sui nuovi modi in cui il sistema creato per punire i reati finisce per incoraggiarne altri ai massimi livelli.

La truffa più assurda, riportata dai media locali con gran rilievo, è quella che ha visto il Fcin ordinare e acquistare a caro prezzo – per una somma totale di oltre un miliardo di rubli, circa 25 milioni di euro – una grossa partita di braccialetti elettronici per la sorveglianza dei detenuti agli arresti domiciliari. Gli apparecchi, dall’aspetto simile a quello di semplici orologini digitali da polso, sono stati ordinati personalmente dall’ex capo del servizio penitenziario, Aleksandr Reimer, a una ditta praticamente sconosciuta, in quantità molto superiore alle necessità (la detenzione ai domiciliari non è una misura molto usata in Russia) e saltando ogni verifica sulla qualità del prodotto fornito. Il risultato è stato un “pacco” da commedia alla napoletana, visto che le decine di migliaia di braccialetti arrivati a destinazione si sono rivelati degli aggeggi del tutto inutili perché privi dell’elemento più importante (e pregiato), cioè il collegamento con uno dei sistemi satellitari di geolocalizzazione, il classico GPS o il più patriottico (tutto made in Russia) Glonass. In pratica erano davvero degli orologini di plastica da pochi centesimi.

A questa truffa vanno poi sommate decine e decine di altri casi più “classici”, fondamentalmente basati su estorsioni e bustarelle imposte dai responsabili del servizio penitenziario ai fornitori, su materiali non rispondenti ai capitolati d’acquisto e via dicendo; ed è chiaro che la somma totale di 10 miliardi di rubli, essendo frutto di un’inchiesta interna, è molto probabilmente assai inferiore alla realtà.

Come che sia, sembrerebbe che davvero il presidente Vladimir Putin stia cercando di ripulire almeno in parte le spaventose incrostazioni di corruzione e malaffare che appesantiscono in modo micidiale tutte le strutture amministrative. Il presidente ha indicato questa come una delle massime priorità del suo terzo mandato, ed effettivamente è ormai da diversi mesi che le notizie relative a inchieste e repulisti nei ministeri e nei servizi federali stanno occupando le prime pagine. Subito prima delle truffe nel servizio penitenziario erano state diffuse le notizie sull’ammontare dei danni provocati dalle malversazioni all’interno di uno dei sancta sanctorum del regime russo, il servizio di amministrazione e approvvigionamento della difesa (Oboronservis), in cui la sola vendita illegale di proprietà immobiliari del dipartimento ha portato oltre 13 miliardi di rubli di danni per l’erario – ed enormi guadagni illeciti nelle tasche di una serie di funzionari in divisa. Per lo scandalo Oboronservis sono finora finiti in carcere parecchi ufficiali d’alto grado, a partire dall’ex ministro della difesa Anatoly Serdyukov.

Resta tuttavia da capire se la pulizia che viene ora sbandierata su tutti i media sia effettivamente tale o se non sia condotta in modo da colpire soltanto alcuni casi indifendibili lasciando sostanzialmente inalterato il sistema che consente alla corruzione di proliferare. La Russia, ricordiamo, è agli ultimi posti in assoluto nella graduatoria mondiale sulla trasparenza e la corruzione nelle strutture amministrative pubbliche. In ogni caso, va comunque notato, il rilievo e lo spazio che queste vicende hanno sui media non potrà non avere effetti sull’opinione pubblica e sulla capacità stessa dei media di affrontare più in generale il tema della corruzione.

Fonte


Anonymous oscura il sito del Coisp in solidarietà ad Aldrovandi

OpCoisp-tango down#OpCoisp – TANGO DOWN

Salve, servi dello Stato.
apprendiamo dell’ennesima dimostrazione di viltà alla quale avete dato adito.

Il vostro pseudo-sindacato manifesta solidarietà verso mani colpevoli e sporche di sangue innocente.
Insabbiate la verità, sprezzanti di una madre orfana di un figlio strappatole barbaramente da quattro assassini, rendendovi complici di una sanguinosa mattanza e di un dolore che non può essere sopito.

Infangate i diritti umani incarnando il ruolo di capri espiatori, mentre vi prodigate in azioni violente, repressive e deplorevoli.

L’ombra del sangue di Federico è più viva che mai.

Non dimentichiamo chi è caduto per mano di vili assassini asserviti al potere.

Non dimentichiamo lo strazio delle madri e dei padri che chiedono giustizia e rispetto. Le loro urla e le loro lacrime sono anche le nostre.

E a loro ci stringiamo, con la promessa di utilizzare tutte le armi in nostro possesso per indagare sulle morti impunite, per fare luce laddove lo Stato complice vuole imporre il silenzio.

Visto l’elevato numero di violenze e vittime, ne elencheremo solo alcune.

VITTIME DELLO STATO:

Federico Aldrovandi (2005)

Stefano Cucchi (2009)

Riccardo Rasman (2006)

Giuseppe Uva (2008)

Niki Aprile Gatti (2008)

Carlo Giuliani (2001)

Massimo Casalnuovo (2011)

Gregorio Durante (2011)

Aldo Bianzino (2007)

Gabriele Sandri (2007)

Simone La Penna (2009)

Manuel Eliantonio (2008)

Marcello Lonzi (2003)

Michele Ferrulli (2011)

Dino Budroni (2011)

Carmelo Castro (2009)

Daniele Franceschi (2010)

Giuseppe Casu (2006)

Piero Bruno (1975)

Giovanni Ardizzone (1962)

Rodolfo Boschi (1975)

SOPRAVVISSUTI

Luciano Isidro Diaz

Stefano Gugliotta

Luigi Morneghini

Paolo Scaroni

Il sangue sparso per mano di deplorevoli divise è il sangue di tutti.

Che giustizia sia fatta, dunque.

SIC SEMPER TYRANNIS

We are Anonymous
We are Legion
We do not forgive
We do not forget
Expect Us

#Anonymous #ACAB #Humanrights #Italy

Fonte: Anonymous


Francia, morto in carcere Francisco Lopez Pena, ex leader dell’Eta

lopez pena etaMadrid (Spagna), 30 marzo 2013 – L’ex leader del gruppo separatista basco Eta Francisco Lopez Pena, alias Thierry, è morto in un ospedale in Francia, dove era detenuto. Lo fa sapere un portavoce del ministero dell’Interno di Parigi, a condizione di anonimato.

Lopez Pena, 54 anni, era stato trasferito in ospedale dal carcere l’11 marzo a causa di problemi cardiaci ed è morto oggi per un ictus.

Era stato arrestato a Bordeaux, in Francia, nel 2008 e i documenti che furono raccolti durante la sua cattura portarono all’arresto di diversi altri membri dell’Eta.

Dalla fine degli anni ‘60, il movimento separatista nella sua violenta campagna per ottenere uno Stato indipendente ha ucciso più di 825 persone. A gennaio 2011, a seguito di diverse ondate di arresti, ha annunciato un cessate il fuoco permanente.

Fonte: Il Fatto Quotidiano


Troppi detenuti, le celle vengono aperte

cordatesaPAVIA. Nella cella, un rettangolo di sette metri quadrati, c’è posto per due detenuti. Ma ogni sera lo spazio si restringe. All’interno della stanza viene portato un altro letto, una branda pieghevole, per ospitare il terzo detenuto. A Torre del Gallo, quando le luci si spengono, si dorme così, con i letti affiancati e il respiro del compagno a pochi centimetri. Alle 8 del mattino la branda viene portata fuori e la cella si apre.

Liberi tutti. Il progetto “celle aperte”, con i detenuti che possono muoversi per le sezioni durante il giorno e rientrare nelle celle alla sera, è l’unico antidoto al sovraffollamento del carcere di Pavia. L’istituto ha una capienza di 244 posti e una tollerabilità di 442 detenuti. Ma attualmente ospita 485 reclusi. Per il 45 per cento sono stranieri. Sono alcuni dei dati forniti agli avvocati della Camera penale di Pavia, che hanno fatto visita al carcere nell’ambito del progetto nazionale, avviato dall’Unione delle Camere di penali, di un osservatorio sulle condizioni dei detenuti in Italia.

La visita degli avvocati. «Lo scopo è monitorare la situazione delle carceri – spiega il presidente della Camera penale di Pavia, l’avvocato Luca Angeleri –. I dati raccolti durante le visite degli avvocati saranno poi portati all’attenzione degli organi politici, nel tentativo di trovare una soluzione ai problemi». Oltre ad Angeleri hanno avuto la possibilità di entrare nel carcere di Pavia anche gli avvocati Roberta Valmachino, che è la referente per le carceri per la Camera penale, l’avvocato Marco Casali, componente del direttivo, Manuela Deorosola, della giunta dell’Unione Camere penali di Torino, e Stefano Sambugaro, di Genova, dell’Osservatorio carceri dell’Unione camere penali. Gli avvocati sono stati accompagnati dal direttore del carcere, Jolanda Vitale, e dal comandante della polizia penitenziaria Angelo Napolitano.

Celle piene. «Il primo problema è sicuramente quello del sovraffollamento – racconta Angeleri –. Ma va detto che a Pavia si sta cercando di risolvere il problema. Con l’apertura delle celle, che si unisce alle quattro ore d’aria già previste, i detenuti hanno la possibilità di socializzare. Abbiamo parlato con loro, ci hanno detto di trovarsi bene. Ovviamente nelle sezioni protette questo non avviene, ma lì non c’è nemmeno il problema del sovraffollamento». In queste sezioni si trovano i reclusi per reati sessuali, coloro che hanno collaborato con la giustizia e gli ex appartenenti alle forze dell’ordine. «E poi c’è la sezione di chi si è macchiato di reati di criminalità organizzata – prosegue Angeleri –. Da una parte ci sono i calabresi, dall’altra i detenuti provenienti da Sicilia e Campania. Abbiamo visitato anche questa sezione. Le celle ci sono sembrate ben tenute, anche da un punto di vista igienico. La doccia è in spazi comuni, ma ogni cella ha il bagno chiuso».

Per tenersi impegnati. «Ci sono diversi progetti in corso – spiega Angeleri –. C’è il panificio, la cucina, il teatro, la palestra. Le attività non mancano. Questo serve anche a migliorare la qualità della vita. Parlando con il medico ci è stato spiegato che in carcere sono aumentati, negli ultimi anni, i casi di pazienti cardiopatici e i diabetici.

Non è tutto rose e fiori. Alla fine del 2012 due detenuti hanno tentato di togliersi la vita, a distanza di pochi giorni l’uno dall’altro. «Il carcere è una realtà difficile ed è chiaro che l’individuo è messo a dura prova – spiega Angeleri –. Parlando con lo psichiatra abbiamo capito, però, che la forbice del disagio è talmente ampia che non sempre siamo di fronte a problemi psichiatrici e comunque i problemi non sempre sono così individuabili e facili da affrontare. Il vero problema è quello della sorveglianza».

Troppi detenuti, pochi agenti. «Il nodo a Pavia riguarda l’organico della polizia penitenziaria – denuncia Angeleri –. Pochi uomini non possono controllare tutti i detenuti. E ora che sarà aperto il nuovo padiglione sarà anche più difficile, visto che non è previsto un aumento di agenti. Il progetto “celle aperte” è importante, ma i poliziotti stanno con il fiato sospeso dalla mattina alla sera. Lo scorso anno c’è stata una rivolta di 75 detenuti e in quel momento c’erano solo quattro agenti. Si riuscì a mediare, ma il poliziotto rischia ogni giorno».

Le soluzioni. L’Unione Camere penali propone l’indulto e l’amnistia per rientrare nei parametri imposti dalla Corte europa. «Questo potrebbe risolvere la situazione nell’immediato – spiega Angeleri –, ma si deve fare anche di più. Adottare, ad esempio, un uso più moderato della carcerazione preventiva. O rivedere il reato di clandestinità, che ha intasato anche il carcere di Torre del Gallo, e il reato di spaccio di sostanze stupefacenti».

Fonte: Gelocal laProvinciaPavese


Marocco, dopo un anno di carcere torna libero rapper anti-governo

el-haqedCasablanca (Marocco), 29 mar. (LaPresse/AP) – Il rapper marocchino Mouad Belghouat, noto come el-Haqed e molto attivo nel sociale, è stato rilasciato dopo un anno di carcere. Era stato condannato per insulti alla polizia. Parlando con la stampa dopo la scarcerazione, il rapper ha dichiarato che il periodo di detenzione è stato molto difficile e che ora si concentrerà su musica e studio. Belghouat, 26 anni, aveva scritto le canzoni utilizzate nel 2011 dal movimento filodemocratico che chiese riforme e la fine della corruzione nel Paese nordafricano. Nei suoi brani il cantante attaccava il re e i ricchi uomini d’affari del Marocco, mentre il testo di ‘Dogs of the State’ (i cani dello Stato) critica la polizia, definendola brutale e ingiusta. La condanna contro il rapper scattò in particolare a causa del video della canzone, giudicato offensivo verso la polizia.

Fonte: l’Unità


Marco Camenisch: Sul trasferimento di Gabriel ed i moduli FIES

fiesI prossimi aggiornamenti che andate a leggere sono vecchi di un mese, ma sono arrivati solo ora a destinazione e siccome Marco, nonostante tutto, cerca sempre di tenerci aggiornati, non solo sulla sua condizione ma anche quella di molti altri compagni prigionieri, si pubblicano ugualmente:

Sintesi sulla situazione di Gabriel, notizia dalla Spagna del 7.2.13, + aggiornamento del   26/2/13

E’ nel FIES-5, “2.grado” per detenuti particolarmente pericolosi”, anni prima Gabriel stava nel FIES-1.

Dentro la galera Gabriel non è isolato dagli altri prigionie rima verso l’esterno. Lo possono visitare solo i familiari ed anche le comunicazioni telefoniche con l’esterno sono vietate. Malgrado la situazione di merda, si sente forte e bene…

Tanto per ricordare:

FIES – la galera nella galera

I FIES(Ficheros de interno de especial seguimento/Registrazione interna per la determinazione di trattamenti speciali) furono introdotti nel 1991(!) per contrastare la ribellione dex prigionierx condizioni disumane di detenzione, differenziando in cinque categorie:

FIES 1: Controllo diretto dex prigionierx classificatx come “altamente pericolosx”, cioè presuntx organizzatori ed organizzatrici di sommosse interne, tentativi di evasione ed attività “gravi” per cambiare il sistema di detenzione vigente.

FIES 2: Reati per droga, riciclaggio, contrabbando di valuta ecc.

FIES 3: Appartenenti a gruppi armati come ETA, GRAPO, e sospettx fiancheggiatori.

FIES 4: Membri delle forze d’ordine, dei servizi sicurezza e penitenziari, che però verso l’esterno godono d’immunità(protezione secondo un decreto reale).

FIES 5: Prigionierx politicx delle lotte sociali, insurrezionali, di coscienza ecc.

Gabriel ed io(e speriamo anche tantx altrx!) lo troveremmo stupendo se contro questa situazione piovessero proteste!!! Per es. Fax a:

Soto de Real Prison, 0034 91 844 78 03/ 0034 91 844 77 12

Il 26/02/2013 ricevo notizia del trasferimento di Gabriel da Madrid ad Alicante e non ancora del suo nuovo regime di detenzione.

L’indirizzo di Gabriel è attualmente:

Gabriel Pombo da Silva, Centro Penitenciario Alicante II, Ctra. N-330, Km 66, 03400 Villena(Alicante)

SOLIDARIETÀ INTERNAZIONALE PER GABRIEL!!!

TUTTX LIBERX!!!

Marco Camenisch, lager Lenzburg, Svizzera, 27/02/13

Fonte:  RadioAzione


Trani: meningite in carcere, l’autopsia conferma causa morte dell’agente Giovanni Bassi

bbbbLe indagini hanno confermato la morte per meningite. Giovanni Bassi, agente di Polizia Penitenziaria è morto poche ore il suo ricovero in ospedale. Sarebbe morto per una grave e veloce forma di meningite il 42enne tranese Giovanni Bassi, l’agente di Polizia Penitenziaria deceduto sabato mattina nel reparto rianimazione dell’ospedale di Trani poche ore dopo il suo ricovero. È quanto emerge dai primi risultati dell’autopsia eseguita ieri pomeriggio dal medico legale Biagio Solarino nominato dal sostituto procuratore di Trani, Raffaella De Luca, cui è giunta la denuncia dei familiari di Bassi, assistiti dagli avvocati Michele Sodrio e Luigi Puca. L’esame autoptico dovrà anche accertare se Bassi (che ha lasciato moglie e due figli) si sarebbe potuto salvare qualora il medico del pronto soccorso dello stesso nosocomio tranese, dove il 42enne si era recato venerdì sera, non l’avesse congedato, ritenendo, a quanto pare, che i sintomi fossero riconducibili ad un’influenza.

Fonte: Asca, 28 marzo 2013


Monza – Auto e Furgoni rotti e inutilizzabili, Allarme in carcere

aaaFurgoni Rotti, auto blindate «rubate» Agli ALTRI istituti: l’unica Soluzione E organizzare pullman delle Nazioni Unite Che raccoglie i detenuti Nelle Varie carceri della Lombardia e poi li accompagna for example al Tribunale di Milano per i Processi. All’andata e al Ritorno.Vieni fossato Uno scuolabus. «Siamo Ridotti garantito da pegno», l’amara constatazione di Domenico Benemia, segretario regionale della Uil penitenziari. La SUA Denuncia non e Una Questione di principio. NON E UN puntiglio. «Dobbiamo dividerci i fido Mezzi una Disposizione Con Tutti Gli ALTRI istituti di pena della Regione – spiega il sindacalista -.Quelli in alla casa circondariale di Monza Dotazione Sono ormai Praticamente inutilizzabili.Regolarmente funzionanti Sono soltanto a causa Furgoni blindati, ma NON SONO affatto sufficienti.

IN MEDIA OGNI Giorno Il Nostro Servizio traduzioni accompagna Qualcosa venire 20-30 detenuti Fuori dall’istituto non soltanto per Processi ma also per visite ed Esami Nelle Strutture Sanitarie del Territorio. Tutti Servizi that necessitano di Mezzi idonei. E invece ci ritroviamo OGNI Giorno di lottare, un contenderci con i Colleghi delle More Carceri mi fido means that Sono funzionanti natura rimasti in Circolazione ». Fino a qualche anno fa era il Problema auto blindate Alle Limitato. Adesso SI E Esteso una quasi Tutto il parco macchine. Si Tratta di Furgoni that have Sulle Spalle centinaia di Migliaia di chilometri, Che Hanno viaggiato finchè Hanno resistito. In alcuni revisione CASI SI circolava also Senza.L’Esame, in officina, non l’avrebbero mai Passato. Lo Conferma lo Stesso segretario Generale della Uil penitenziari, Eugenio Sarno: «Circa l’85% degli automezzi della Polizia Penitenziaria Destinati Alle traduzioni E da considerarsi Illegale arroccato Privo dei collaudi di Affidabilità o arroccato Quei collaudi non have been superati – Denuncia -. Nonostante cio i baschi blu continuano ad assicurare, a Loro Rischio e Pericolo, i Servizi per garantire il Diritto alla Difesa e alla salute dei detenuti. Per QUESTO condividiamo Il giudizio del Ministro Severino, Che Più volte ha defined eroi Le Donne e Gli Uomini della Polizia Penitenziaria ma Agli eroi, prima o poi, devono also Essere Assicurati Mezzi, strumenti e Diritti ».

NON VOGLIONO affatto Essere considerati Responsabili dell’eventuale mancata Presenza dei detenuti Nelle aule dei Tribunali di Tutta Italia una Causa di inconvenienti con i Mezzi di Trasporto. «Finchè riusciamo a organizzarci, se i vari istituti della Lombardia detenuti have that Un giorno Sono convocati in tribunale Uno same, Allora altera parte delle Nazioni Unite pullman all’alba Che raccoglie Tutti i reclusi e li accompagna – spiega Benemia -. Ma in molti CASI QUESTO dispersion Comporta Una di tempo e Agenti Che restano impegnati Tutto Il Giorno a volte inutilmente. In molti Casi, invece, SI potrebbero dotare Gli istituti della Tecnologia Necessaria per Udienze tariffa in videoconferenza ».

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Violenza nel carcere di Voghera, detenuto picchia tre agenti

stampelleUna stampella usata come arma contro quattro agenti di polizia penitenziaria, tre dei quali hanno dovuto ricorrere alle cure del pronto soccorso. E’ accaduto l’altro pomeriggio all’interno della casa circondariale di Voghera e ora ci si interroga sulle politiche di “apertura” che l’intera Amministrazione penitenziaria sta seguendo.

«Quello che si è verificato a Voghera è senza dubbio un episodio isolato —  dice Gian Luigi Madonia, segretario regionale della Uil di categoria —  deve comunque far riflettere e, se occorre, far compiere qualche passo indietro. L’istituto sta vivendo un momento storico di sostanziale serenità, anche dal punto di vista lavorativo, con molti obiettivi raggiunti ed altrettante conquiste sindacalima non deve rimetterci il personale. Il responsabile dell’aggressione deve essere immediatamente trasferito e sottoposto a idonee misure di vigilanza, più restrittive».

L’episodio al quale il sindacalista si riferisce è quello che ha avuto per protagonista un detenuto comune di nazionalità italiana al rientro dall’infermeria. Dopo un’incomprensione con un medico specialista, si è scagliato contro alcuni agenti di polizia penitenziaria. Tre agenti sono stati trasportati al pronto soccorso con prognosi fino a 20 giorni. «E’ stato un fulmine al ciel sereno quello che si è abbattuto sull’istituto di Voghera — aggiunge Madonia — che, già da qualche tempo, aveva raggiunto equilibrio e serenità, soprattutto per la gestione detenuti. La direzione ha rivalorizzato i rapporti con il territorio e sono state potenziate le opportunità di trattamento per i detenuti. Una clima reso tangibile anche grazie all’apporto di tutti: polizia penitenziaria, personale civile, volontari». Nonostante gli organici limitati, perché mancano 40 persone all’organico.

«E con questi numeri l’istituto è prossimo all’ampliamento per l’apertura di un nuovo padiglione.Ma è anche preoccupante la scarsissima presenza di ispettori e sovrintendenti, figure fondamentali di raccordo tra vertici dell’istituto e personale  — conclude il sindacalista della Uil —  La carenza dei sottufficiali è di circa 25 unità. Come si può pensare di fare trattamento e garantire sicurezza senza almeno un adeguamento del personale? E’ utile che l’amministrazione penitenziaria avvii uno studio sulla destinazione d’uso del penitenziario di via Prati Nuovi che senza uomini sarebbe una struttura fuori legge e ad alto rischio».

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Radiocane – Corrispondenze galeotte

diffondiamo da informa-azione

judgezw6Nella lingua italiana galeotto è termine ambiguo: se da un lato evoca la pena carceraria, di cui evidenzia il nesso costitutivo con l’imporsi del sistema capitalista, dall’altro lato richiama la funzione d’intermediaro d’amore, di transito all’incontro.

Le corrispondenze galeotte si propongono quindi di rispondere a un richiamo e di superare qualche muro. Col dovuto rimbalzo.

In questo contributo, una chiacchierata con Massimo, che ci racconta alcuni aspetti della sua recente esperienza in carcere, e Federica che introduce una delle iniziative di lotta che si terranno in contemporanea sotto tre carceri sabato 30 marzo

ascolta il contributo:
http://www.radiocane.info/corrispondenze-galeotte/


Iran, manovre anti-sommossa nelle prigioni per paura delle proteste, ispezionato Evin

_48219931_007494170-1Il regime teocratico, per paura delle rivolte dei prigionieri, è ricorso a manovre anti-sommossa in varie prigioni di tutto il paese.  Manovre simili sono già state messe in atto nelle prigioni delle città di Ardakan, Yadz, Arak, Naghadeh, Abadeh, Maragheh, Marvdasht, Ghom, Yassouj e altre.  Sono state portate a termine con la collaborazione del Ministero dell’Intelligence, delle Forze di Sicurezza, dell’Ufficio del Governatore, del Dipartimento dei Vigili del Fuoco e dei servizi di emergenza di queste città.  Gli agenti del regime hanno affermato che lo scopo di tali manovre è “garantire la sicurezza nelle prigioni,” “preparazione e miglioramento della capacità di affrontare potenziali disordini e sommosse all’interno delle prigioni,” “affrontare situazioni con rapimento di ostaggi,” “minacce,” “aumento del livello di preparazione della polizia penitenziaria, coordinamento con altri organi e controllo delle crisi.”  Nel frattempo, il 19 Marzo 2013, gli agenti “per la sicurezza penitenziaria” hanno brutalmente ispezionato i bracci maschile e femminile dei prigionieri politici nella prigione di Evin.  Le forze anti-sommossa al comando dell’IRGC hanno anche partecipato a varie esercitazioni per contrastare “le proteste popolari” a Tehran.  Queste manovre repressive in varie prigioni e città servono a reprimere le rivolte dei prigionieri contro le orribili condizioni delle prigioni, l’esplosione della rabbia popolare e le masse di gente affamata, in particolare alla vigilia delle elezioni-farsa del regime.

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Svizzera: feste e concerti con i detenuti, direttrice del carcere di Ginevra nella bufera

images (21)Concerti rock, tavolate, grigliate. Più che a una prigione, quella di Favra, vicino Ginevra, “assomiglia a una colonia di vacanze estive”, con la partecipazione attiva della direttrice del carcere, ripresa assieme ai detenuti in circostanze particolarmente conviviali. Una situazione talmente insolita da indurre il consigliere di stato Pierre Maudet a chiedere un rapporto dettagliato e il sindacato di polizia ad indagare sui fatti. Ieri il quotidiano Le Matin ha denunciato il caso, sulla base delle immagini della videosorveglianza girate tra il 2011 e il 2012: la direttrice si fa baciare le mani dai detenuti e quasi abbracciare, è seduta con loro a tavola per la cena di Natale dove viene servito vino rosso, sono presenti altre donne non meglio identificate. Altre immagini mostrano un concerto di un gruppo punk-rock all’interno del cortile, altre ancora un pic-nic con birra e posate di metallo, forchette e coltelli. Il penitenziario ospitava, fino a dicembre 2012, circa una trentina di detenuti, alcuni recidivi, condannati a pene fino ai tre anni; l’alcol è proibito, così come la coabitazione tra personale e prigionieri. Oggi è stato trasformato in un centro di detenzione amministrativo, con la direttrice sempre al suo posto.

Fonte TM News


Brigata Rossa: manifestarono contro carcere duro di Lioce, assolti in appello

FELICI PER LA NOTIZIA, NON TANTO PER L’INFELICE ARTICOLO DEI SOLITI PENNIVENDOLI!

LAquilaLa Corte di Appello dell’Aquila, riformando la sentenza inflitta nel 2010 in primo grado, ha assolto dall’accusa di apologia di reato undici giovani, tutti residenti tra Padova e Venezia che nel giugno del 2007 manifestarono (insieme ad altre centinaia di persone) contro il regime “duro” del 41bis ed in particolare a sostegno della della brigatista rossa Nadia Desdemona Lioce detenuta nel carcere dell’Aquila e sottoposta al carcere duro dopo la sentenza passata in giudicato per gli omicidi dei giuslavoristi Massimo D’Antona e Marco Biagi.

I giovani erano accusati di aver inneggiato agli omicidi dei due giuslavoristi e per questo dopo le identificazioni, il Tribunale dell’Aquila nel 2010 in primo grado aveva inflitto loro la condanna a 2 anni di reclusione.

Il Pm Fabio Picuti aveva chiesto 5 anni.

I giovani erano stati condannati per istigazione a delinquere con riferimento all’ apologia di reato. I giovani assolti sono Chiara Alessi, 33 anni di Padova, Valentina Masiero, 28 anni di Padova, Angelo Adolfo Tomaselli, 50 anni di Verona ma residente a Venezia, Michele Magon, 30 anni di Venezia ma residente a Padova, Luca Geroin, 39 anni di Verona, Mattia Boscaro, 33 anni di Padova, Dario Nardin, 33 anni di Vigonza (Padova), Mario Ronzani, 32 anni di Padova, Alessandro Salotto, 35 anni di Padova, Domenico Tavani, 41 anni di Genova e Andrea Toniolo di 30 anni di Venezia. Il corteo nonostante slogan provocatori non causo’ i disordini temuti. Durante il passaggio per il centro dell’Aquila, pero’, i muri di palazzi storici vennero imbrattati con bombolette spray.

Presente stamane in aula anche uno dei fondatori delle Brigate Rosse: Maurizio Ferrari, 60 anni, uno del gruppo di Curcio, Franceschini e Mara Cagol. Arrestato nel 1974, da poco tempo ha finito di scontare quasi trent’ anni di reclusione. Ora e’ uno dei leader di Olga (acronimo di “Ora di Liberarsi dalle Galere”), il movimento che organizzo’ la manifestazione.

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La protesta estrema della famiglia Al Khawaja

L’attivista Zainab al Khawaja grida “Dio è più grande di qualsiasi tiranno” mentre viene arrestata dalla polizia a Eker, in Bahrain, il 21 ottobre 2012. (Hasan Jamali, Ap/Lapresse)

images (20)Aumenta la preoccupazione delle organizzazioni non governative per Zainab al Khawaja, un’attivista politica di 29 anni rinchiusa nel carcere di Madinat Isa, in Bahrein. Le sue condizioni di salute sono critiche dopo che il 17 marzo ha cominciato uno sciopero della fame per protestare contro la sua incarcerazione. Per alcuni giorni Zainab e il padre Abdulhadi, uno dei più strenui oppositori del regime bahreinita, in carcere dal giugno del 2011, hanno rifiutato anche i liquidi.

Zainab al Khawaja, conosciuta per il suo blog Angry Arabia, è stata arrestata per la prima volta nel dicembre del 2011 con l’accusa di “raduno illegale” e “incitamento all’odio contro il regime”, scrive Amnesty International. Pochi giorni dopo è stata rilasciata. Lo scorso 28 febbraio è stata condannata a tre mesi di carcere per “oltraggio a pubblico ufficiale”. Era stata assolta da questa accusa nel maggio del 2012, ma il pubblico ministero è ricorso in appello ottenendo una condanna.

Dal carcere ha scritto una lettera pubblicata da vari giornali, tra cui il New York Times, in cui racconta la sua personale ribellione contro le autorità carcerarie: “Come prigioniera politica in Bahrain, ho cercato un modo per combattere dall’interno della fortezza del nemico, come ha detto una volta Nelson Mandela. Quando sono stata messa in una cella con altre quattordici persone, tra cui due condannati per omicidio, e mi hanno dato i vestiti arancioni della prigione, sapevo che non avrei potuto indossarli senza mandare giù un po’ della mia dignità. Il gesto di non indossare la divisa dei condannati, dal momento che non ho commesso nessun crimine, è diventato il mio piccolo atto di disobbedienza civile. Mi hanno punito non lasciandomi vedere la mia famiglia e la mia bambina di tre anni. Ecco perché sono in sciopero della fame”.

Secondo il Centro per i diritti umani del Bahrein, guidato dalla sorella di Zainab, Maryam, ad alcuni detenuti non viene chiesto di indossare l’uniforme e imporre questa regola è “una nuova modalità per umiliare i prigionieri di coscienza e identificarli come criminali”. Nonostante la rivoluzione del 2011, gli attivisti e gli oppositori di re Hamad ricevono continue minacce di violenza. Nel paese è cambiato poco dalla violenta repressione dei manifestanti avvenuta a febbraio e marzo del 2011.

Lo ha scritto anche Zainab, nel suo ultimo tweet: “Ci rendiamo conto che la primavera araba è solo il primo passo verso la democrazia, ma è stato un passo importantissimo”.

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15 evasi da Cie Trapani, 7 ripresi dopo furto

images (19)Trapani, 27 mar. – Una quindicina di immigrati irregolari sono fuggiti martedi’ notte dal Cie di contrada Milo a Trapani, scavalcando il muro di recinzione. Sette di loro sono stati ripresi dai carabinieri all’alba di oggi dopo la segnalazione di un furto in ristorante di Segesta, all’interno della vecchia stazione ferroviaria. Sul posto i militari hanno sorpreso e bloccato Sofien Ayari, 35 anni, tunisino, mentre dopo ricerche nella zona circostante sono stati individuati e fermati i suoi connazionali Abdel Karim Sahlaoui, 26 anni, Fathi Jameli, 26 anni, Ramzi Jabri, 25 anni, Mohamed Saidi, 32 anni, Amin Ferkiki, 20 anni, tutti accusati di aver partecipato al furto e di resistenza a pubblico ufficiale: per cercare di sfuggire all’arresto, infatti, hanno impegnato per oltre un’ora i carabinieri con una sassasiola. Altri due tunisini, Lassaad Jelassi, 40 anni, e Hassen Fkim, 35 anni, che si erano acquattati lungo i binari nella speranza di salire su un treno in transito, si sono consegnati spontaneamente ai militari e sono stati ricondotti nel Cie. (AGI) .


Aachen[Germania]:Il carcere, la stampa tedesca e la nostalgia di aver perso Gabriel

diffondiamo da  RadioAzione

libertad_pombo_da_silvaA fine gennaio 2013 il compagno Gabriel Pombo da Silva, dopo anni di carcere tedesco, viene trasferito in Spagna sotto regime F.I.E.S.

Ma ad Aachen non lo hanno dimenticato, e una notizia di qualche giorno fa, da parte della stampa tedesca, parla di una scoperta all’interno della cella che segregava Gabriel.

In poche parole, nella ex cella di Gabriel sarebbe stata trovata una buca ben camuffata dove, sempre secondo la stampa tedesca e la direzione del carcere di Aachen, il compagno avrebbe tenuto nascosto documenti ed altro materiale. La stessa stampa infierisce con un titolo “Buco in cella…anarchico, hai dimenticato i tuoi strumenti in cella?“, alludendo al ritrovamento nella buca di seghe, lettere ed altri oggetti.

I giornalisti si rivelano sempre di più il braccio armato, anche se di sola penna, della magistratura mondiale. Dove la magistratura tace, parlano loro. In Italia non molti giorni fa era accaduta la medesima cosa nei confronti dei due compagni ALfredo Cospito e NIcola Gai. Ricordiamo che gli esami sui caschi erano risultati negativi per i R.I.S., mentre per la stampa affermava l’opposto.

Giornalisti, una volta che vi piace tanto indagare…occhio alla penna!


Grecia, Pireo: Sciopero della fame degli immigrati detenuti nei commissariati di polizia

diffondiamo da contrainfo

Greece_jailGli arresti giornalieri e il trattamento brutale degli immigrati “irregolari” nel quadro del pogrom di massa della polizia greca con il nome di accoglienza “Xenios Zeus”, che include percosse, umiliazioni e torture nei furgoni della polizia, nei sotterranei delle stazioni di polizia e nei famigerati “centri di detenzione”, sono parte integrante del totalitarismo moderno che impone la povertà e il cannibalismo sociale, ordina la coscrizione civile dei scioperanti (vale a dire il ritorno forzato al lavoro), infligge la repressione nelle mobilitazioni di protesta, incursioni nelle occupazioni e attacchi alle imprese sociali auto-organizzate.

Ultimamente, decine di immigrati “privi di documenti” sono stati trasferiti e letteralmente accatastati nella stazione di polizia di Drapetsona a Pireo, rimanendo in carcere per mesi e mesi, dove subiscono condizioni spaventose, in mancanza di servizi igienico-sanitari, cibo nutriente e di aria aperta, e si confrontano con Il trattamento usuale brutale, misantropo e razzista degli agenti della polizia. Inoltre, la loro custodia temporanea viene prorogata ogni tre mesi senza alcuna giustificazione formale diversa da quella del “crimine” di non avere documenti di soggiorno.

Per questo motivo, i detenuti immigrati sono scesi in successivi scioperi della fame in quella stazione di polizia, per protestare contro le condizioni inimmaginabili di incarcerazione e le decisioni consecutive di proroga di tre mesi della loro custodia. Per esempio, 70 immigrati sono in sciopero della fame dal 14 Marzo 2013. Come risultato di questa protesta congiunta, gli scioperanti della fame sono stati dispersi con diversi trasferimenti ad altri dipartimenti di polizia dove i poliziotti, ancora una volta li trattano con insulti, vessazioni e minacce. Lo sciopero della fame è iniziato, in particolare, dopo la decisione inspiegabile per altri tre mesi di proroga della custodia cautelare nei confronti di due immigrati, che sono rinchiusi per 9 mesi già nelle celle di detenzione. Il caso di un rifugiato palestinese è indicativo dei maltrattamenti contro gli scioperanti della fame: Faraj Ahmed, che ha perso i sensi durante l’ottavo giorno di sciopero della fame (22/3), è stato trasferito in ospedale, perché la polizia gli ha dato shampoo dicendo che era sciroppo medicinale.

Noi ci abitueremo, né accetteremo le brutalità di questo mondo. Ci opponiamo al saccheggio, all’impoverimento, alla brutalità, al razzismo e alla repressione con la resistenza, l’auto-organizzazione e la solidarietà, con le lotte comuni dei resistenti nativi e gli immigrati contro il sistema dello sfruttamento, le esclusioni e la sottomissione. Giù le mani dagli oppressi e dai combattenti!

Spazio anarchico Resalto (Keratsini)


Madda Libera!

537280_498166643562086_1524882058_nApprendiamo con gioia che la compagna Maddalena Calore è finalmente libera con l’unica restrizione del divieto di dimora a Trapani.

Un caro saluto a Madda e un grido di libertà per tutte e tutti! anche da noi di CordaTesa!

 


Prigionieri – Sulla sezione per anarchici nel carcere di Ferrara

diffondiamo da informa-azione

anarchy-no-government-like-no-governmentRiceviamo e diffondiamo un breve resoconto del prigioniero anarchico Giuseppe Lo Turco sulle condizioni detentive del carcere di Ferrara:

Pare che i giornali avessero già preannunciato il nostro arrivo, con relativo mugugno delle guardie.

In tutto ci sono sei celle. Al momento non c’è neanche il frigo. Non esistono spazi comuni, eccetto un cortile di circa 12×6 m. Quindi, se non vai all’aria, te ne resti in cella. Assente ogni minima forma di palestra o attrezzatura. Solite due o tre battiture al giorno e frequenti perquisizioni in cella. Ovviamente impossibile ogni contatto con altri detenuti. Anche se non la chiamano sezione Alta Sicurezza 2, chiaramente lo è a tutti gli effetti.

Così almeno tutti si possono fare un’idea della situazione.

Peppe

Per scrivere ai compagni anarchici prigionieri a Ferrara:

Sergio Maria Stefani,
Stefano Gabriele Fosco,
Alessandro Settepani,
Giuseppe Lo Turco,
Nicola Gai ,
Alfredo  Cospito
C.C. Via Arginone, 327
44122 Ferrara


Massa – detenuto ricoverato evade dall’ospedale

3417932358_c54ceb126e_z(Adnkronos) – “Un detenuto tunisino di 45 anni, ristretto nel carcere di Pisa e imputato per reati connessi allo spaccio di droga, e’ evaso dall’Ospedale di Massa dove era stato ricoverato per un intervento al cuore”. Era sottoposto a controlli saltuari da parte della Polizia Penitenziaria che oggi, all’ora di pranzo, non lo ha trovato nel suo letto. Ne da’ notizia Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe. “L’interesse primario ora e’ partecipare attivamente alle ricerche in collaborazione con le altre Forze di Polizia per catturare il fuggitivo, ma questo episodio conferma ancora una volta le criticita’ del sistema carcere. La coppia di dirigenti a capo dell’amministrazione penitenziaria Tamburino e Pagano, con la scellerata intenzione di introdurre una vigilanza attenuata nelle carceri italiane scendendo a patti con i detenuti, ha ottenuto il solo risultato di raggiungere il record di evasioni e tentate evasioni”.

“Mi sembra del tutto evidente che l’Amministrazione e la Polizia Penitenziaria pagano un pesante scotto per le incapacita’ gestionali di chi dirige il Dap. In poche settimane abbiamo contato le evasioni, tentate evasioni, aggressioni, ferimenti. Ed e’ sconcertante pensare che il Dap ed il ministro della Giustizia, incapaci in oltre un anno di attivita’ di realizzare una vera ed efficace riforma penitenziaria, pensino di continuare a “mettere una pezza” quando quello che serve e’ una riforma organica del sistema”.

“Le colpe di tutto quel che succede sono ben precise – prosegue il sindacalista – sono di chi fino a pochi giorni fa ha parlato di rivoluzione penitenziaria mentre in realta’ il sistema cadeva drammaticamente a pezzi. Oggi ci sono in carcere 67mila detenuti a fronte di circa 42mila posti letto, il numero piu’ alto mai registrato nella storia dell’Italia: il 40% sono in attesa di un giudizio definitivo. Bisognerebbe dunque percorrere la strada dei circuiti penitenziari differenziati: ma altrettanto necessaria e’ una concreta riforma del sistema penale – sostanziale e processuale – che renda piu’ veloci i tempi della giustizia.”


Liguria 31% detenuti e’ tossicodipendente

eroina3(Adnkronos) – “La Liguria si conferma tra le Regioni d’Italia con la piu’ alta percentuale di tossicodipendenti detenuti: sono il 31% dei presenti , contro il 23% della media nazionale”. Lo denuncia il Sindacato Autonomo di Polizia Penitenziaria (Sappe). “Nel carcere di La Spezia sono addirittura il 50% dei reclusi, mentre nel carcere di Chiavari il 40% dei detenuti ha problemi di droga”, aggiunge Roberto Martinelli, segretario generale aggiunto del Sappe.

“I detenuti affetti da tossicodipendenza scontano una doppia pena: quella imposta dalle sbarre del carcere e quella di dover affrontare la dipendenza dalle droghe in una condizione di disagio, spesso senza il sostegno della famiglia o di una persona amica”, aggiunge Martinelli. Un problema che si riflette anche sul lavoro degli agenti di polizia, “oggi sotto organico di 400 unita’ in Liguria “, sottolinea il segretario aggiunto.

“Sarebbe preferibile evitare la carcerazione ai detenuti tossicodipendenti, spesso condannati per spaccio di lieve entita’, optando piuttosto per interventi alternativi, da attivare gia’ durante la fase del processo per direttissima”, afferma il Sappe. “Si potrebbero istituire percorsi di cura e riabilitazione ‘controllati’ in regime extracarcerario con l’ausilio dei servizi pubblici e delle comunita’ terapeutiche – propone il sindacato – I tossicodipendenti sono persone che hanno bisogno di cure piuttosto che di reclusione”.


La risonanza magnetica svela chi commettera’ nuovi reati

palla di vetro(ANSA) – ROMA, 26 MAR – Predire la condotta futura di un detenuto spiandone il cervello con la risonanza magnetica: e’ la prospettiva che, per quanto fantascientifica, si profila all’orizzonte. Uno studio pubblicato sulla rivista PNAS mostra infatti che la risonanza puo’ predire con una certa accuratezza quali criminali reitereranno il reato una volta rilasciati.

Lo studio, su 96 detenuti prossimi al rilascio, e’ stato condotto da Kent Kiehl, neuroscienziato presso l’istituto no-profit Mind Research Network ad Albuquerque, (Nuovo Messico – Usa).

E’ emerso che leggendo i risultati della risonanza e’ possibile prevedere se, una volta rilasciato, il detenuto trasgredira’ nuovamente la legge oppure no.

Gli esperti hanno registrato con la risonanza l’attivita’ neurale dei detenuti in particolare in un’area del cervello chiave per prendere decisioni e reprimere i gesti impulsivi, la corteccia cingolata anteriore (sulla fronte). E hanno esaminato l’attivita’ di questo circuito neurale mentre i detenuti eseguivano dei semplici compiti decisionali e reprimevano reazioni impulsive. Il comportamento dei detenuti e’ stati poi seguito per i quattro anni successivi al rilascio. I ricercatori hanno trovato delle nette differenze nei profili di attivazione della corteccia che corrispondono alla condotta che i detenuti tengono una volta liberi. Quelli che commetteranno un nuovo reato presentano una attivita’ ridotta nella corteccia cingolata.

Anche se la tecnica e’ lungi dal divenire applicabile in ambito giudiziario, non puo’ non richiamare alla mente la trama del film Minority Report dove i crimini erano puniti ancora prima di essere commessi perche’ predetti da un gruppo di sensitivi.


Gli USA hanno consegnato alle autorità afgane l’ultimo carcere

images (18)Il carcere di Bagram, l’unico rimasto sotto controllo dei militari americani, è passato alle autorità dell’Afghanistan. Bagram è stato più di una volta in mezzo agli scandali. I dipendenti del carcere sono stati accusati del trattamento disumano dei detenuti.

Il controllo sul carcere a Bagram sarebbe dovuto passare alle autorità afgane già a settembre dell’anno scorso, tuttavia la conclusione dell’accordo è stata rimandata perché non è stata decisa la sorte di 50 detenuti, considerati molto pericolosi. Secondo l’intesa conclusa, rimarranno in carcere.

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Nigeria: ex leader del Mend condannato a 24 anni di carcere

MEND-logo(AGI) – Abuja, 26 mar. – L’ex leader del movimento per l’emancipazione del Delta del Niger (Mend), Henry Okah, e’ stato condannato da un tribunale del sudfricano a 24 anni di carcere per l’attentato del primo ottobre 2010 ad Abuja, capitale della Nigeria. L’attentato, nel quale morirono 12 persone, fu messo a segno il giorno del cinquantesimo anniversario dell’indipendenza nazionale nella piazza dell’Aquila, il cuore della capitale che in quel momento ospitava anche diversi capi di stato africani e delegazioni dipomatiche internazionali accorsi per festeggiare la ricorrenza. Il capo del Mend fu arrestato pochi mesi dopo l’attentato in Sud Africa dove si trovava dopo aver aderito al programma di amnistia concesso dal governo ai guerriglieri del Mend, il movimento che affermava di battersi per una diversa ridistribuzione delle rendite petrolifere, di cui la Nigeria e’ il primo produttore africano. I familiari e gli avvocati di Okah hanno gia’ fatto sapere di voler ricorrere in appello contro questa sentenza.


Quattro palestinesi del’48 entrano nel loro 28° anno consecutivo di carcere

n762789514_986290_1173Ramallah-InfoPal. Quattro prigionieri palestinesi dai territori del’48 sono entrati nel loro ventottesimo anno consecutivo di detenzione nelle carceri israeliane.

In un comunicato stampa diramato lunedì 25 marzo, il Centro studi Asra Filastin (Prigionieri della Palestina) ha reso noto che Rushdi e Ibrahim Nayef Abu Mukh, 53 e 52 anni, Walid Nimr Daqqa, 53 anni e Ibrahim Abdel Razek Baiadsa, 52 anni, hanno concluso il loro 27° anno di detenzione nelle carceri israeliane. I quattro detenuti in questione furono arrestati nel marzo del 1986, e condannati all’ergastolo con l’accusa di appartenere al Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (Fplp), e per il rapimento di un soldato israeliano, ucciso durante l’operazione.

Nel comunicato, il centro ha sottolineato che le autorità di occupazione hanno rifiutato di includere i quattro detenuti nell’accordo di scambio di prigionieri, concluso con il movimento di resistenza islamico, Hamas, nel 2011, in quanto possessori di carte d’identità blu (carta d’identità israeliana concessa ai palestinesi del’48).

Nello stesso contesto, i due detenuti di Gerusalemme, Raja al-Haddad, 35 anni, e Ayman al-Sharbati 46, sono entrati nel loro 16° anno consecutivo di detenzione nelle prigioni dell’occupazione.

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«No all’ergastolo», in carcere è sciopero della Messa di Pasqua

pasquaPADOVA. Uno «sciopero» della Messa di Pasqua in carcere. Un atto semplice ma forte, un appello che nasce dalla disperazione. È l’iniziativa lanciata da Carmelo Musumeci, detenuto del carcere Due Palazzi di Padova, per sostenere la campagna a favore di una proposta di legge di iniziativa popolare per l’abolizione dell’ergastolo. Campagna che ha raccolto numerose adesioni, soprattutto da personalità del mondo della cultura e della scienza. «Lo sciopero di Pasqua – scrive Musumeci in una lettera aperta a don Oreste Benzi (scomparso nel 2007) – perché per noi, almeno su questa terra, non ci sarà mai resurrezione».

Ecco per interno la lettera aperta di Carmelo Musumeci.

 

Lettera aperta a Don Oreste Benzi (in cielo dal 2007) , fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII

 

Don Oreste, nonostante le numerose iniziative, appelli, le lettere, le firme raccolte e le numerose adesioni di persone importanti, come Margherita Hack, Umberto Veronesi, Agnese Moro e Bianca Berlinguer, ma anche di tanti uomini e donne di Chiesa, contro l’esistenza in Italia della “Pena di Morte Viva”, l’ergastolo senza benefici, nulla è cambiato. E i buoni, nonostante che siano trascorsi dalle nostre condanne venti, trenta e più anni, non sono ancora sazi e continuano a torturarci l’anima, il cuore e la mente. In questi giorni mi sono domandato che altro possiamo fare per attirare l’attenzione, sensibilizzare l’opinione pubblica, per fare capire ai buoni che ricambiare male con altro male, (murare viva una persona senza neppure la compassione di ucciderla) fa sentire innocente qualsiasi criminale.

Don Oreste, ognuno combatte con le armi che ha ed ho pensato di proporre a tutti gli uomini ombra, sparsi nelle nostre Patrie Galere, lo sciopero della messa di Pasqua, perché per noi, almeno su questa terra, non ci sarà mai resurrezione. Che cosa abbiamo noi da spartire con questa festa? Tanto vale non festeggiarla, è una presa in giro per noi… Lo so, non sarai sicuramente d’accordo, non lo è neppure il mio compagno Ignazio che è di fronte alla mia cella, che non si perde mai una messa, ma che altro possiamo fare per tentare di cambiare il cuore della società civile, dei giudici, dei politici e degli uomini di chiesa, che spesso si occupano solo delle nostre anime e non dei nostri sogni e speranze?

Don Oreste, è da pazzi giudicare un uomo o una donna colpevole per il resto della sua vita e, a parte l’errore, è un orrore. Molti di noi sono diventati uomini nuovi, perché continuano a punirci? Che c’entriamo noi con quelli che eravamo prima?

Don Oreste, dall’ultima volta che ti ho visto nel carcere di Spoleto, quando ti schierasti dalla parte dei più cattivi (prima di te lo aveva fatto solo Gesù), mi manchi, ma perché te ne sei andato così presto in cielo? Potevi rimanere ancora un poco su questa terra per darci una mano ad abolire la “Pena di Morte Viva” in Italia. Ora ci sentiamo più soli. Diglielo tu a Dio, io non ho il coraggio (e poi sono anche ateo) che gli uomini ombra per Pasqua non andranno a messa.

Don Oreste, guarda cosa puoi fare da lassù perché stiamo invecchiando e non abbiamo più tempo. Siamo disperati, molti di noi (siamo già quasi in 300 che hanno aderito) a settembre sono pronti anche ad uno sciopero della fame: non ci resta che la nostra vita per cercare di ritornare nel mondo dei vivi e lotteremo con quella. Don Oreste, è dura vivere nell’ombra ed è per questo che gli uomini ombra non festeggeranno la Pasqua. Perdonaci almeno tu se puoi. Il mio cuore ti manda un abbraccio fra le sbarre.

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Belluno – Cinque detenuti vivono in celle di 20 metri quadri

carcere_2Vecchio e piccolo, il carcere di Belluno è troppo affollato. Progettato per ospitare cento detenuti, ad oggi ce ne sono centoventi. Vivono anche in cinque in celle di venti metri quadrati, con un bagno minuscolo e senza la doccia. «Per legge ogni detenuto dovrebbe avere uno spazio di otto o nove metri quadrati», spiega Marco Perduca, senatore del partito Radicale nella passata legislatura.

Ieri Perduca ha visitato la casa circondariale di Belluno insieme alle colleghe di partito Maria Grazia Lucchiari (padovana) e a Elisa Corrà (feltrina). «Da trent’anni monitoriamo lo stato delle carceri per verificare le condizioni di vita dei detenuti, e anche se a Belluno non c’è un eccessivo sovraffollamento, ci sono molte criticità», spiegano. Innanzitutto le celle: «La maggior parte sono vecchie, hanno il pavimento e le pareti che si scrostano e sono senza doccia», spiega Perduca. «Il bagno è minuscolo: ci sono solo un lavandino e una turca. La doccia si trova al piano, e delle sei presenti ne funzionano tre, tutti i giorni tranne il giovedì e la domenica. Ci hanno assicurato che è garantita per tutti, per 15 minuti al giorno».

Il carcere di Belluno ha tre sezioni: la maschile, la femminile e quella per i transessuali (ce ne sono 24). I detenuti sono per la maggior parte stranieri (91, gli italiani sono 29), un dato che fa dire a Perduca: «A cosa serve un carcere a Belluno se bisogna trasferire i detenuti, per i processi e gli interrogatori, in altre città? Con tutti i costi che questo comporta».

La maggior parte dei detenuti è in carcere per reati connessi allo spaccio di droga, ma i definitivi (cioè quelli che hanno ottenuto una sentenza di colpevolezza) sono solo 75. Gli altri 45 attendono il secondo o terzo grado di giudizio, e fra loro ci sono nove persone che attendono addirittura il primo. Quasi tutti sono giovani: gli stranieri hanno tra i 18 e i 39 anni, gli italiani qualcuno in più, ma pochi superano i 50 anni.

Dall’ispezione, poi, i radicali hanno rilevato una cronica mancanza di agenti di polizia penitenziaria: «La legge stabilisce che dovrebbe essercene uno per ogni detenuto. A Belluno ce ne sono 85, impiegati su quattro turni, il che significa 21 agenti per 120 detenuti». Il rapporto diventa di uno a cinque. «Il medico inoltre è presente solo per 15 ore al giorno», aggiunge Perduca. «Servirebbero più infermieri anche per far fronte a una problematica molto diffusa in questo carcere: quella della tossicodipendenza». Dei 120 detenuti, infatti, la metà ha dichiarato di essere dipendente dalla droga.

Un altro problema presente a Baldenich è la mancanza di un’occupazione lavorativa per i carcerati. Una quindicina fa lavori interni (cucina e pulizie per esempio), due realizzano cerniere per i mobili con un progetto esterno, cinque piegano le salviette che si usano per pulire gli occhiali per una ditta del settore e uno lavora in lavanderia. Troppo poco, secondo i radicali, per aiutare i detenuti a scontare la loro pena attraverso un percorso di recupero. La speranza dei radicali è che il settore del carcere che verrà ristrutturato a partire dal mese prossimo serva per sviluppare attività lavorative.

Al termine dell’ispezione i rappresentanti del partito radicale auspicano che la situazione delle carceri italiane cambi e che venga attuata una riforma della giustizia per accorciare i tempi dei processi. Tra le richieste c’è anche l’amnistia per tutti quei reati che comportano pene fino a sette anni di carcere: «Così uscirebbero 40 mila persone sulle 66 mila che ci sono nelle carceri italiane, faremmo piazza pulita sulle scrivanie dei magistrati, che oggi sono ricoperte di lavoro, e si consentirebbe ai detenuti un migliore trattamento».

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Ogni giorno 300 immigrati detenuti in isolamento nelle carceri americane

Convict_-_Punishment_Cell_1873WASHINGTON, STATI UNITI – Ogni giorno almeno 300 immigrati in attesa di rispondere ad accuse civili sono tenuti in isolamento nelle 50 maggiori carceri americane, come i peggiori criminali. E quasi sempre senza che si sappia il perche’.

La denuncia e’ del New York Times, e si basa sulle cifre fornite dallo stesso governo federale, che mostrano le difficolta’ incontrate dall’Immigration and Customs Enforcement, l’autorita’ chiamata a vigilare sui penitenziari.

La storia e’ quella di chiari abusi. Quasi la meta’ di questi immigrati tenuti reclusi senza nessun contatto col mondo esterno – scrive il Nyt – resta in isolamento per 15 o piu’ giorni, mentre il 35% per piu’ di 75 giorni. A lanciare l’allarme sono quindi gli esperti di psichiatria, secondo cui queste persone vanno incontro a gravi danni a livello mentale. Due terzi dei casi – scrive ancora il Nyt – riguarda immigrati coinvolti in infrazioni disciplinari, come violazione delle regole carcerarie, insubordinazione alle guardie carcerarie o coinvolgimento in risse.

Ma – si sottolinea – gli immigrati vengono ”regolarmente” messi in isolamento perche’ sono visti come una minaccia per gli altri detenuti o per il personale. In molti casi, poi, l’isolamento si impone come misura protettiva, quando il detenuto immigrato e’ gay o soffre di disturbi mentali. Fatto sta che questi dati riaccendono le polemiche sugli Stati Uniti, spesso nel mirino – in patria e all’estero – delle associazioni per la difesa dei diritti umani per l’eccessivo ricorso alla misura dell’isolamento nelle carceri, piu’ di ogni altro Paese democratico nel mondo, sottolinea il Nyt.

E se e’ vero che l’isolamento riguarda solo l’1% degli immigrati in carcere, questa pratica e’ ugualmente allarmante perche’ la stragrande maggioranza delle persone coinvolte è detenuta per rispondere di reati civili, e non perche’ accusati di reati penali. E’ il caso dell’immigrato presunto irregolare che viene fermato e recluso in attesa di comparire davanti al giudice amministrativo. ”Una situazione inaccettabile” per le associazioni per la difesa dei diritti degli immigrati, che da anni denunciano gli abusi nelle carceri e il ricorso eccessivo all’isolamento che dovrebbe essere solo una misura detentiva estrema.

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Cena Benefit “la lepre” – Per la liberazione animale, umana e della terra

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Martedì 26 marzo 2013 – alle ore 20
presso il Boccaccio di Monza (via Rosmini 11)

cena vegan benefit per il nostro nuovo gruppo “La Lepre”, per la liberazione animale, umana e della terra.

Durante la serata ci sarà anche la presentazione del gruppo, con progetti, prossime iniziative e desideri…

Il costo della cena è di 5 euro (o quello che puoi) per raccogliere un pò di vile denaro necessario a portare avanti iniziative, o per stampare flyers, opuscoli ecc.

Ti aspettiamo!

 

La Lepre, per la liberazione animale, umana e della terra

 


Cordatesa/Boccaccio – Comunicato per i fatti di Cuneo

SIAMO TUTTI CON PE’

siamo tutti con pèDopo la revoca dell’odioso divieto di comunicazione, il nostro compagno Peppino torna a farsi sentire sul blog con la seguente lettera indirizzata non solo al collettivo ma a tutti i frequentatori del Boccaccio e tornerà quindi a partecipare all’attività politica di questo spazio sociale… per quanto si possa fare da costretto in casa ovviamente.

Noi non smetteremo di seguire e informare circa l’evolversi repressivo di questo infame castello accusatorio il cui epilogo (si spera) è fissato per il 26 giugno al Tribunale di Cuneo.

Intanto è possibile scrivere a Pè utilizzando il nostro indirizzo (via Rosmini 11) o consegnandoci direttamente a mano lettere o cartoline durante le nostre serate. La solidarietà è un arma… usiamola!

Carissimi,

finalmente mi hanno revocato l’odioso divieto di comunicazione e ovviamente colgo al volo l’occasione per salutare e ringraziare tutti i compas, le amici e i sorelli che in questi due mesi hanno fatto sentire la loro solidarietà… c’è poco da fare, scalda il cuore più di una molotow, è un raggio di senso che squarcia l’assurdità del contesto.

Un ringraziamento particolare anche a tutti coloro che si sono sbattuti per permettermi di scrivere la tesi che purtroppo sto per finire…. peccato era un buon passatempo. Senza di voi non ce l’avrei mai fatta!

L’assurdità del contesto dicevamo…. bhè la conoscete tutti…

il 14\7 durante un presidio\corteo anticarcerario, dopo che noi aspettavamo da oltre 5 mesi la scarcerazione del nostro compagno Maurizio, tenuto prigioniero in regime di isolamento totale, un’automobilista ha pensato bene di non poter aspettare 5 minuti a passare. Taglia il corteo nonostante vi siano compagni in mezzo alla strada davanti alla sua auto e ne nasce un battibecco caratterizzato da una vivacissima stupidità e immaturità da ambo le parti.

Morale: in 4 siamo accusati di concorso anomalo in rapina aggravata!!!

All’inizio non capivo che minchia di reato fosse “concorso anomalo in rapina aggravata”, poi grazie a google ho capito che anomalo significa che rischio seriamente di andare in galera anche se non ho fatto un cazzo…bhe in effetti è abbastanza anomalo!!!

Tale reato prevede la colpevolezza del concorrente in un reato diverso (e più grave) da quello assieme effettuato consapevolmente, se il reato più grave ha avuto modo d’essere grazie alla situazione venutasi a creare dal reato meno grave e se lo sviluppo degli eventi era in qualche modo prevedibile (in concreto o in astratto, qui la dottrina della giurisprudenza si divide), ovvero:

se non avessimo bloccato il traffico(violenza privata) non si sarebbe potuta verificare la rapina.

Se così fosse, allora dovrebbe esserci anche il procuratore Caselli di fianco a noi al banco degli imputati, perchè se lui non avesse ferocemente represso il movimento NoTav e non avesse ingiustamente imprigionato il nostro compagno Maurizio, non si sarebbe verificato il corteo che non avrebbe creato il blocco che non avrebbe permesso la rapina.

Questo articolo del codice penale sembra la sceneggiatura di una nuova canzone di Jack nucleare:“alla fiera del tav”.

Eppure c’è poco da scherzarci, perchè, come tutti gli altri articoli di concorso, è uno strumento potente nelle mani dei nostri aguzzini; con esso possono liberamente scegliere il reo che preferiscono, indipendentemente dalla responsabilità effettiva dell’individuo nell’accaduto.

Infatti il loro video, unica prova dell’infame castello accusatorio, mostra chiaramente la mia\nostra estraneità alla vicenda e comunque sostenere la prevedibilità dell’esito di rapina data la partecipazione a un corteo segue la stessa logica di un ciclone in America causato da un battito d’ali di farfalla in Cina.

Non mi faccio illusioni però, il video potrebbe non bastare per arrivare a un’assoluzione. Da molti particolari si nota chiaramente l’intento repressivo della procura di Cuneo politicamente molto interessata ad arrivare a condanna: hanno fatto subito una conferenza stampa e il procuratore è addirittura sceso in aula a Torino il giorno del riesame per far notare la sua presenza politica, cosa che nn succede mai a meno che non accoppi qualcuno. Il messaggio era chiaro: occhio Torino che in quel di Cuneo teniamo molto a questa udienza!!

Per quanto riguarda la rapina poi non ne parliamo, fatti ingigantiti all’inverosimile da sbirri, pennivendoli e “vittima”, che dichiara di aver riportato privazioni materiali nell’ordine di migliaia di euro in pochi secondi, nonché delle lesioni corporali guaribili in 20 giorni… da primo referto medico si scoprono essere il caro vecchio colpo di frusta, immancabile in ogni trauma stradale (come la capisco, anche a me è successo molte volte… più volte possibili!!!).

Detto questo però, non posso negare un velo di rammarico e delusione per la palese incapacità che abbiamo dimostrato nel gestire una st…za isterico-reazionaria. Non so quale possa essere la vostra lettura dell’accaduto, ma da un’attenta analisi sull’individuazione del nemico non credo che ne sarebbe uscita sta sciura, o no?

Non voglio fare nessun tipo di ramanzina ma certe cazzate servono unicamente ad aiutare magistratura, sbirri e pennivendoli a fare il loro infame lavoro.

I pennivendoli poi non ne parliamo… se provi a scrivere il mio nome e cognome su google c’è da spaventarsi da quel che esce! Grande fratello di merda! Non che me ne freghi molto ma se volessi riscattare il mio nome sul web dovrei come minimo salvare la vita al papa se no per la rete sarò solo e sempre un violento rapinatore di automobiliste indifese che estrae dall’auto le sue vittime e le aggredisce a calci e pugni per rubargli la borsetta di mirtilli!!! E tutto ciò per essere passato davanti a una macchina, anzi perchè una macchina mi è passata davanti! Pazienza vorrà dire che non mi potrò candidare con M5S!!!

Comunque il primo ostacolo è rimosso; ora posso comunicare e dunque riprendere l’attività politica “da ufficio”… scrivere comunicati, volantini, lettere ai detenuti, insomma sarò un compagno di scartoffie.

E’ importante però continuare a seguire collettivamente la vicenda, far loro capire che i compagni non sono mai soli e che anche noi teniamo molto ai processi che ci riguardano. L’udienza sarà il 26 giugno e una presenza in aula potrebbe dare un segnale forte in tal senso.

Sinceramente spero di non marcire ai domiciliari fino al processo ma di vedervi presto tutti dal vivo e di poter tornare a immergermi totalmente nella vita sociale e politica dello spazio occupato che ho imparato a chiamare casa: il nostro amato Boccaccio!

A palle gonfie vi saluto con libero affetto e massima riconoscenza,

Peppino

Ognuno odia il potere che subisce. Quindi io odio con particolare veemenza il potere di oggi…” e la procura di Cuneo