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Cordatesa/Boccaccio – Comunicato per i fatti di Cuneo
SIAMO TUTTI CON PE’
Dopo la revoca dell’odioso divieto di comunicazione, il nostro compagno Peppino torna a farsi sentire sul blog con la seguente lettera indirizzata non solo al collettivo ma a tutti i frequentatori del Boccaccio e tornerà quindi a partecipare all’attività politica di questo spazio sociale… per quanto si possa fare da costretto in casa ovviamente.
Noi non smetteremo di seguire e informare circa l’evolversi repressivo di questo infame castello accusatorio il cui epilogo (si spera) è fissato per il 26 giugno al Tribunale di Cuneo.
Intanto è possibile scrivere a Pè utilizzando il nostro indirizzo (via Rosmini 11) o consegnandoci direttamente a mano lettere o cartoline durante le nostre serate. La solidarietà è un arma… usiamola!
Carissimi,
finalmente mi hanno revocato l’odioso divieto di comunicazione e ovviamente colgo al volo l’occasione per salutare e ringraziare tutti i compas, le amici e i sorelli che in questi due mesi hanno fatto sentire la loro solidarietà… c’è poco da fare, scalda il cuore più di una molotow, è un raggio di senso che squarcia l’assurdità del contesto.
Un ringraziamento particolare anche a tutti coloro che si sono sbattuti per permettermi di scrivere la tesi che purtroppo sto per finire…. peccato era un buon passatempo. Senza di voi non ce l’avrei mai fatta!
L’assurdità del contesto dicevamo…. bhè la conoscete tutti…
il 14\7 durante un presidio\corteo anticarcerario, dopo che noi aspettavamo da oltre 5 mesi la scarcerazione del nostro compagno Maurizio, tenuto prigioniero in regime di isolamento totale, un’automobilista ha pensato bene di non poter aspettare 5 minuti a passare. Taglia il corteo nonostante vi siano compagni in mezzo alla strada davanti alla sua auto e ne nasce un battibecco caratterizzato da una vivacissima stupidità e immaturità da ambo le parti.
Morale: in 4 siamo accusati di concorso anomalo in rapina aggravata!!!
All’inizio non capivo che minchia di reato fosse “concorso anomalo in rapina aggravata”, poi grazie a google ho capito che anomalo significa che rischio seriamente di andare in galera anche se non ho fatto un cazzo…bhe in effetti è abbastanza anomalo!!!
Tale reato prevede la colpevolezza del concorrente in un reato diverso (e più grave) da quello assieme effettuato consapevolmente, se il reato più grave ha avuto modo d’essere grazie alla situazione venutasi a creare dal reato meno grave e se lo sviluppo degli eventi era in qualche modo prevedibile (in concreto o in astratto, qui la dottrina della giurisprudenza si divide), ovvero:
se non avessimo bloccato il traffico(violenza privata) non si sarebbe potuta verificare la rapina.
Se così fosse, allora dovrebbe esserci anche il procuratore Caselli di fianco a noi al banco degli imputati, perchè se lui non avesse ferocemente represso il movimento NoTav e non avesse ingiustamente imprigionato il nostro compagno Maurizio, non si sarebbe verificato il corteo che non avrebbe creato il blocco che non avrebbe permesso la rapina.
Questo articolo del codice penale sembra la sceneggiatura di una nuova canzone di Jack nucleare:“alla fiera del tav”.
Eppure c’è poco da scherzarci, perchè, come tutti gli altri articoli di concorso, è uno strumento potente nelle mani dei nostri aguzzini; con esso possono liberamente scegliere il reo che preferiscono, indipendentemente dalla responsabilità effettiva dell’individuo nell’accaduto.
Infatti il loro video, unica prova dell’infame castello accusatorio, mostra chiaramente la mia\nostra estraneità alla vicenda e comunque sostenere la prevedibilità dell’esito di rapina data la partecipazione a un corteo segue la stessa logica di un ciclone in America causato da un battito d’ali di farfalla in Cina.
Non mi faccio illusioni però, il video potrebbe non bastare per arrivare a un’assoluzione. Da molti particolari si nota chiaramente l’intento repressivo della procura di Cuneo politicamente molto interessata ad arrivare a condanna: hanno fatto subito una conferenza stampa e il procuratore è addirittura sceso in aula a Torino il giorno del riesame per far notare la sua presenza politica, cosa che nn succede mai a meno che non accoppi qualcuno. Il messaggio era chiaro: occhio Torino che in quel di Cuneo teniamo molto a questa udienza!!
Per quanto riguarda la rapina poi non ne parliamo, fatti ingigantiti all’inverosimile da sbirri, pennivendoli e “vittima”, che dichiara di aver riportato privazioni materiali nell’ordine di migliaia di euro in pochi secondi, nonché delle lesioni corporali guaribili in 20 giorni… da primo referto medico si scoprono essere il caro vecchio colpo di frusta, immancabile in ogni trauma stradale (come la capisco, anche a me è successo molte volte… più volte possibili!!!).
Detto questo però, non posso negare un velo di rammarico e delusione per la palese incapacità che abbiamo dimostrato nel gestire una st…za isterico-reazionaria. Non so quale possa essere la vostra lettura dell’accaduto, ma da un’attenta analisi sull’individuazione del nemico non credo che ne sarebbe uscita sta sciura, o no?
Non voglio fare nessun tipo di ramanzina ma certe cazzate servono unicamente ad aiutare magistratura, sbirri e pennivendoli a fare il loro infame lavoro.
I pennivendoli poi non ne parliamo… se provi a scrivere il mio nome e cognome su google c’è da spaventarsi da quel che esce! Grande fratello di merda! Non che me ne freghi molto ma se volessi riscattare il mio nome sul web dovrei come minimo salvare la vita al papa se no per la rete sarò solo e sempre un violento rapinatore di automobiliste indifese che estrae dall’auto le sue vittime e le aggredisce a calci e pugni per rubargli la borsetta di mirtilli!!! E tutto ciò per essere passato davanti a una macchina, anzi perchè una macchina mi è passata davanti! Pazienza vorrà dire che non mi potrò candidare con M5S!!!
Comunque il primo ostacolo è rimosso; ora posso comunicare e dunque riprendere l’attività politica “da ufficio”… scrivere comunicati, volantini, lettere ai detenuti, insomma sarò un compagno di scartoffie.
E’ importante però continuare a seguire collettivamente la vicenda, far loro capire che i compagni non sono mai soli e che anche noi teniamo molto ai processi che ci riguardano. L’udienza sarà il 26 giugno e una presenza in aula potrebbe dare un segnale forte in tal senso.
Sinceramente spero di non marcire ai domiciliari fino al processo ma di vedervi presto tutti dal vivo e di poter tornare a immergermi totalmente nella vita sociale e politica dello spazio occupato che ho imparato a chiamare casa: il nostro amato Boccaccio!
A palle gonfie vi saluto con libero affetto e massima riconoscenza,
Peppino
“Ognuno odia il potere che subisce. Quindi io odio con particolare veemenza il potere di oggi…” e la procura di Cuneo
Repressione 15 ottobre – Appello per giornata di mobilitazione in solidarietà con imputati e arrestati
diffondiamo da informa-azione
Il 4 aprile si terrà a Roma la prima udienza per 25 persone accusate di devastazione e saccheggio e resistenza per la giornata di rivolta del 15 ottobre a Roma. Altre 16 persone hanno già ricevuto in primo grado condanne dai 2 ai 9 anni.
In tutto 6 persone si trovano ai domiciliari, due in carcere e una decina sono sottoposti all’obbligo di firma.
Dopo la rivolta di Genova 2001 è fin troppo chiaro l’utilizzo del reato di devastazione e saccheggio come monito teso a scoraggiare il ripetersi di rivolte popolari ed a smorzare il desiderio di esternare in maniera efficace il proprio dissenso, com’è chiaro l’intento dello stato di tener divisi gli imputati, di processarli separatamente al fine di isolarli e “annientarli”, come è capitato per i primi ad essere giudicati e condannati.
Non ci può più essere l’illusione di poter chiedere, interagire, cambiare qualcosa stando seduti ai tavoli della democrazia o sperando nella giustizia.
E’ fondamentale non lasciare soli i condannati e gli accusati per il 15 ottobre 2011: che nessuno in galera o tra le mura di una casa trasformata in prigione si senta solo; che mai gli venga il dubbio che forse non ne valeva la pena. Affinchè la gioia di una città illuminata dalle fiamme della rivolta non si spenga mai; affinchè il coraggio di abbandonarsi alla passione dei propri desideri e della propria rabbia non diventi mai un rimorso.
E’ fondamentale ribadire che chiunque abbia partecipato alla rivolta del 15 ottobre a Roma ha fatto bene ad esserci.
Che da più città possibili si alzi un grido di rabbia in solidarietà ai prigionieri e agli inquisiti!
Ne va della libertà di tutti noi! Non lasciamoli soli!
Aggiornamenti su Madda
Eravamo presenti all’udienza e, nonostante i tentativi delle guardie di impedirci contatti con la compagna, siamo riusciti a salutarla ed esprimerle solidarietà.
Libertà per tutti/e!
Delle galere solo macerie!
CC di Agrigento
Contrada Petrusa
P.zza P. di Lorenzo 4
92100 Agrigento
Prigionieri – Solidarietà per Sergio
diffondiamo da informa-azione
Da più di 40 giorni un compagno molto determinato è in sciopero della fame per ottenere i colloqui con la sua compagna. All’interno di un carcere è chiaramente più difficile che fuori far sentire la propria voce per ottenere le proprie rivendicazioni, ancora di più in una sezione AS2, creata apposta per confinare chi si batte contro questo mondo infame ed evitare che si organizzi con tutti gli altri detenuti per creare delle lotte all’interno di una prigione. Una delle poche forme di scontro che restano ai ribelli in regime Alta Sicurezza è utilizzare il proprio corpo come campo di battaglia, la rinuncia al cibo come mossa per mettere in crisi l’avversario e sperare che ceda.
Il 4 marzo è stata presentata l’istanza per i colloqui tra Sergio e Katia al Tribunale della Libertà di Milano. Il giudice responsabile si è preso del tempo per dare un risposta, che probabilmente sarà negativa,dato che lo stesso giudice ha fatto notare che la cartella clinica di Sergio continua ad essere buona. Non conta il fatto che una persona non mangi da un mese e mezzo, chi amministra la giustizia, col tipico cinismo arrogante, col tipico disinteresse schifoso e borghese nei confronti della gente, passa sopra sentimenti e sofferenze. Non ce ne stupiamo, chi è capace di rovinare delle vite con delle condanne può ogni sorta di nefandezza.
I giudici e i procuratori avranno anche la pancia piena dal loro mestiere infame ma non hanno quello che ha un compagno come Sergio: la dignità, la fierezza di un individuo in lotta contro un mondo ingiusto!
Sergio sta continuando con determinazione la sua battaglia, il suo morale è alto nonostante i giorni passati senza cibo e nonostante abbia dovuto sostenere il trasferimento nel carcere di Ferrara, con tutto quello che comporta l’affrontare un nuovo istituto penitenziario.
Pensiamo che sia doveroso per tutti e tutte sostenere Sergio in questo momento!
Innanzitutto scrivendogli.
Sergio Maria Stefani
c.c. via Arginone 327
44122 Ferrara
Indirizzo, fax e mail del Tribunale di Milano sono questi:
Via Freguglia n. 1 – 20122 Milano
02 – 59902341
tribunale.milano@giustizia.it
E’ di importanza vitale sostenere da fuori un compagno che lotta in carcere. Tutti i conflitti, tutti giustissimi e necessari, che portiamo avanti nelle nostre città non possono sostituire né devono distoglierci dalla solidarietà sincera verso un nostro compagno che si batte come può. La solidarietà dei compagni è determinante nel motivare, nel tenere alto il morale di chi lotta in una prigione e potrebbe influire sulle scelte dei suoi aguzzini, se non altro dimostrando che quella persona non è sola.
E’ fondamentale che chi sceglie lo scontro all’interno di un carcere sappia che le sue rivendicazioni verranno supportate dall’esterno di quelle mura.
Solidarietà per Sergio!
Solidarietà per Madda, Maurizio e tutti i ribelli che si battono all’interno di una prigione.
Tutti liberi!
Cassa di Solidarietà Aracnide
Regno Unito: Nuovo prigioniero animalista, George House
Nel marzo 2013 George è stato condannato a 12 mesi di carcere per danneggiamenti alla pista per levrieri dello Stadio di Coventry e per un tentativo di liberazione di topi dall’Università di Warwick. Mandiamogli una lettera di supporto!
George House #A5822CW
Werrington YOI
Werrington
Stoke-On-Trent
ST9 0DX
UNITED KINGDOM
Τutti i compagni accusati per l’operazione Ixodidae sono stati assolti in Trento
Diffondiamo da Informa-azione
La disinfestazione non è riuscita
Il 27 febbraio, il tribunale di Trento ci ha assolto dall’accusa di “associazione sovversiva con finalità di terrorismo”. Il procuratore aveva chiesto dai 3 anni e 4 mesi ai 5 anni, ma il maldestro castello di carte è crollato. Per cui a Massimo è stata revocata la custodia cautelare. Il giorno dopo si sono conclusi i termini anche per l’altra sua custodia cautelare (emessa dal tribunale di Torino per i fatti di Chianocco, cioè la cacciata di una troupe televisiva, il 29 gennaio 2012, da un blocco NO TAV in Valsusa), per cui, dopo sei mesi, ritrova la “libertà” e il suo posto di combattimento… (ah, tanto per cambiare, come molti altri ha il divieto di andare in Valsusa).
Siamo di nuovo assieme grazie alla solidarietà dei tanti compagni, compagne e non solo che sono stati al nostro fianco. A loro la nostra gratitudine e il nostro arrivederci, sulle strade o sui sentieri della rivolta e del mutuo appoggio.
Il nostro pensiero è per i compagni e i fratelli ancora imprigionati.
Di seguito la nostra dichiarazione:
Dichiarazione degli anarchici imputati al tribunale di Trento
Il gioco delle parti su cui si basa la Giustizia di Stato prevede che voi ci accusiate e che noi, a testa bassa, veniamo qui a difenderci. Ma noi non accettiamo le parti, sia perché non riconosciamo lo Stato sia perché il gioco è palesemente truccato.
Se avessimo a che fare con reati specifici e con l’esibizione di cosiddette prove, questo processo non sarebbe nemmeno cominciato. E questo non lo diciamo noi. Lo dicono le carte giudiziarie.
Nella ordinanza di custodia cautelare che trattiene ancora agli arresti domiciliari uno di noi si definiscono “oscure le ragioni addotte dall’accusa, che si limita a semplici considerazioni astratte”.
Nella richiesta di arresti inoltrata dalla Procura si legge: “Deve ritenersi che indizi in ordine alla sussistenza del reato associativo ben possono essere desunti da elementi di prova relativi ai reati-fine, anche quando essi siano stati ritenuti insufficienti allo stesso esercizio dell’azione penale per tali reati”. In termini ancora più chiari: l’associazione “è premessa doverosa per valutare con correttezza e valorizzare quali ‘indizi’ delle circostanze che, diversamente, avrebbero valore ‘neutro’ dal punto di vista probatorio”.
Insomma, senza ricorrere ad una fantomatica associazione di cui la Digos di Trento si è inventata persino l’acronimo (“G.A.I.T.”, “Gruppo Anarchico Insurrezionalista Trentino”), ciò che i PM Amato e Ognibene avrebbero in mano è presto detto: un pugno di mosche. E questo nonostante il mastodontico dispositivo di controllo tecnologico messo in campo: 148.990 contatti telefonici, 10 mila contatti ambientali, 18 mila comunicazioni telematiche, 14 mila dati gps, 92 mila ore di video, 12 mila fotografie.
Gli inquirenti stessi, d’altronde, dicono di non possedere né prove né gravi indizi per determinare chi ha compiuto le azioni anonime di cui siamo accusati; da quelle azioni si desumerebbe l’esistenza di un’organizzazione, di cui noi faremmo parte; la nostra partecipazione si desumerebbe, a sua volta, dalle azioni. E così via, in una sorta di cortocircuito logico.
Siamo un bel grattacapo per i loro teoremi. Il codice definisce l’associazione sovversiva un “legame formalmente distinto dai singoli partecipanti”, cioè un’organizzazione stabile nel tempo, con un’organigramma, dei ruoli ecc. – caratteristiche, queste, inconciliabili con l’informalità, l’orizzontalità e l’affinità che da sempre caratterizzano i nostri rapporti come quelli di tanti altri compagni. E infatti Digos e Procura si lanciano, sfidando la grammatica non meno che la storia, a ipotizzare un’organizzazione “piramidale e gerarchizzata” compatibile, miracolo!, con lo “spontaneismo anarchico”.
I teorici del “G.A.I.T” sono Digos e Procura, non certo noi. Il “G.A.I.T” non esiste di fatto; e questo per il semplice motivo che non può esistere di principio. Un’organizzazione piramidale e gerarchica, con tanto di capi, sottoposti, cassieri e manovali, è la negazione stessa dell’idea, dell’etica e della pratica anarchiche. Simili ruoli e il miserabile mondo che si portano appresso esistono nelle Procure, negli eserciti, nelle istituzioni dello Stato e nella società capitalista, non tra chi di tutto ciò vuole fare tabula rasa. Un’organizzazione nella quale gli individui sono degli intercambiabili strumenti ucciderebbe le nostre idee e i nostri sogni ancora prima che la rivoluzione cominci. Quando parlate di noi, pensate sempre di potervi guardare allo specchio. Ma noi siamo il disordine dei vostri sogni, la negazione vivente del vostro mondo ingiusto, noioso e insensato. Siamo tra quelli che non obbediscono perché si rifiutano di comandare. Siamo tra quelli che in un’aula di tribunale non cambierebbero mai il proprio posto con il vostro.
Il gioco è truccato, abbiamo detto. Non perché questo processo sia più “ingiusto” di tanti altri, ma perché la magistratura non è affatto un’istituzione neutra della società, bensì lo strumento del dominio di una minoranza sul resto della popolazione, degli sfruttatori sugli sfruttati, dei ricchi sui poveri. Un’istituzione fedele nei secoli, come si evince dal nome stesso dato all’operazione poliziesco-giudiziaria nei nostri confronti. Sapete meglio di noi chi usava il termine “zecche” per indicare comunisti, socialisti, anarchici – e a poco è servito il ridicolo latinorum con cui avete mascherato il vostro linguaggio fascista. D’altronde da quell’epoca e da quella scuola viene l’articolo del codice con cui ci avete arrestato (come altri vostri colleghi hanno fatto con migliaia di compagne e di compagni); articolo che la vostra bella democrazia negli ultimi trent’anni non ha fatto altro che aggravare. I dati relativi alle condanne inflitte dal Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato istituito da Mussolini non coincidono forse con quelli dei processi per “terrorismo”? Eccoci alla parolina magica.
Lo Stato di Portella della Ginestra, di piazza Fontana, di piazza della Loggia, della stazione di Bologna, dell’Italicus, di Ustica ecc. accusa noi di “terrorismo”, cioè di “violenza cieca e indiscriminata il cui fine è conquistare o consolidare il potere politico” (questa era la definizione che si trovava nei dizionari fino agli anni Settanta). Lo Stato dei bombardamenti in Iraq, Kosovo, Afghanistan, Libano, Libia accusa gli anarchici di voler “affermare coattivamente” i propri princìpi. Lo Stato di piazza Alimonda, della Diaz, di Bolzaneto, di Pinelli, Serantini, Lorusso, Cucchi, Aldrovandi, Bianzino, Lonzi, Mastrogiovanni e tanti, troppi altri accusa noi di “intimidire la popolazione”.
Nel mondo reale, che non si vede dai buchi della serratura da cui spiate noi e le nostre lotte, milioni di sfruttati, di poveri, di esclusi sono quotidianamente intimiditi, terrorizzati, avvelenati, uccisi dall’ordine sociale che difendete. Solo in Italia, ogni giorno quattro lavoratori non tornano a casa, e centosessanta persone crepano ogni anno in quelle galere dove ci avete più volte rinchiuso e dove abbiamo incontrato individui solidali e fraterni di sicuro più retti di voi.
Di fronte a questa guerra quotidiana condotta dalla classe proprietaria, vorreste che nessuno se la prendesse con le banche, con le agenzie interinali, con le tecnologie del controllo, con gli strumenti della morte e della devastazione ambientale. La collera è il solo capitale che gli sfruttati abbiano accumulato nella storia. E forse non è lontano il giorno in cui sarà per voi molto difficile attribuire ciò che vi spaventa a un pugno di anarchici; il giorno in cui sarà la popolazione povera e sottomessa a diventare una grande “associazione sovversiva”.
Ma torniamo alle carte. Nella fretta di assecondare il volere del ministro dell’Interno, vi siete decisamente lasciati andare. Accusate due di noi di aver orchestrato e diretto gli scontri del 3 luglio 2011 in Valsusa. Siamo dei NO TAV, e non da ieri, questo è vero. Ma ad assediare il cantiere-fortino del TAV a Chiomonte, il 3 luglio 2011, c’erano quarantamila persone; e non, come avete scritto senza vergogna nelle vostre carte, “circa 500 anarchici”. Curiosamente, la Procura di Torino non ci accusa di alcun reato specifico per tale giornata, mentre per quella di Trento avremmo pianificato tutto noi. Vi farebbe comodo sostituire una popolazione in lotta, che da vent’anni si oppone alla devastazione ad alta velocità della propria terra, con un pugno di “zecche”. Da disinfestare preferibilmente con quel gas CS di cui polizia, carabinieri e finanzieri il 3 luglio hanno sparato 4357 candelotti. Il movimento NO TAV ha già risposto a giornalisti e magistrati “siamo tutti black bloc”, ma l’autonomia e l’orizzontalità di una lotta per la terra, la dignità e la libertà non potete proprio tollerarle.
La Digos si spinge fino a scrivere che i partecipanti ai comitati NO TAV sarebbero, per noi, semplicemente degli “uomini di paglia” e il movimento “un serbatoio di risorse umane da utilizzare”. Non ci sono parole per commentare una simile sfrontatezza. Soltanto gli uomini di Stato e i capitalisti considerano le popolazioni “un serbatoio di risorse umane da utilizzare”, non certo gli anarchici. “Uomini di paglia”, poi, non sono forse i servitori per chi li comanda? Guardate le immagini dei vostri colleghi che alla Diaz hanno massacrato di botte persino delle persone anziane mentre erano sdraiate, e chiedetevi di cosa sono fatti quegli uomini lì.
Tra le vostre falsificazioni e la realtà di una lotta come quella NO TAV, in cui compagne e compagni hanno messo tutto il loro cuore, c’è un abisso – etico, umano, sociale.
Ma la Digos è riuscita ad accusarci perfino di aver strumentalizzato cinicamente la morte di Stefano Frapporti, un muratore di quarantanove anni fermato da due carabinieri in borghese e trovato, cinque ore dopo, morto nella cella numero 5 del carcere di Rovereto. Centinaia di persone – familiari, amici e tanti solidali – hanno manifestato per mesi la propria rabbia in città. Noi siamo già stati condannati per non esserci girati dall’altra parte, mentre l’inchiesta sulla morte di Stefano è stata, come al solito, archiviata. Nelle carte di Questura tutto questo scompare (proprio come sono scomparse le migliaia di persone che si sono battute in Valsusa il 3 luglio 2011): rimangono solo un “piccolo spacciatore” e gli anarchici “strumentalizzatori”. Il circolo “Frapporti-Cabana” nato a pochi metri dal luogo in cui Stefano è stato fermato quel maledetto 21 luglio 2009 è la migliore risposta ai vostri insulti all’intelligenza e alla dignità.
Il vostro spazio-tempo non è il nostro. Mentre siamo qui pensiamo alla gioventù ribelle che combatte nelle strade del Cairo. Pensiamo a quelle donne e a quegli uomini che in Grecia sono insorti per vivere senza lo Stato e senza i padroni. Pensiamo ai ragazzi condannati ad anni di carcere per essersi battuti a Genova nel 2001 e a Roma nel 2011. Pensiamo a quelle donne che in India si sono rivoltate contro la violenza maschilista e poliziesca. Pensiamo a tutte le donne e agli uomini morti nel Mediterraneo perché cercavano un po’ di pane e di libertà. Pensiamo a tutti quelli uccisi dalle vostre bombe. Pensiamo ai ragazzini palestinesi dagli occhi belli e dai cuori grandi. Pensiamo ai nostri compagni e ai nostri fratelli che resistono a testa alta nelle prigioni e nei lager di tutto il mondo. Pensiamo ai quattro compagni arrestati il 1° febbraio in Grecia e torturati dalla polizia. Pensiamo a tutti i ragazzi pestati nelle vostre caserme e nelle vostre galere. Pensiamo agli schiavi salariati nelle fabbriche militarizzate e nei campi di lavoro cinesi. Pensiamo agli animali, ai boschi, alle vallate e alle montagne che i vostri bulldozer e i vostri profitti devastano.
Pensiamo a tutto questo e non vorremmo vergognarci quando qualcuno ci chiederà, un giorno: “Mentre succedeva tutto ciò, voi che facevate?”. Vorremmo poter rispondere: “Abbiamo dato il nostro piccolo contributo con la testa, con il cuore e con le mani”.
Siamo il vostro imprevisto, la variabile non contemplata nei vostri calcoli.
Veniamo da lontano, e abbiamo lo stesso sogno che animava i contadini insorti nel 1525 in Germania: omnia sunt communia– visto che vi piace il latino.
Emettete pure le vostre sentenze. Noi voliamo più in alto.
Trento, ventisette febbraio 2013
Resoconti del presidio anticarcerario a Saluzzo
diffondiamo da infoma-azione
Nella prima settimana di febbraio 2013, i prigionieri del carcere di Saluzzo hanno deciso di fare uscire dalle mura e dalle sbarre che li tengono sequestrati un documento in cui segnalano gli abusi e le pene accessorie alla privazione della libertà a cui sono sottoposti. Il vitto da fame, il gelo delle celle, la mancanza di beni di prima necessità come quelli per l’igiene personale e della cella, la mancata concessione di benefici e misure alternative, lo sfruttamento lavorativo e in generale una condizione di abbandono e di miseria, sono caratteristiche che accomunano ogni struttura dell’apparato detentivo italiano, ma in quella di Saluzzo i prigionieri hanno deciso di farsi sentire. Lo hanno fatto scrivendo, rivolgendosi direttamente a compagne e compagni, che hanno risposto con un presidio volto a dare forza e ad amplificare la rabbia delle persone rinchiuse dentro quelle mura. La mattina del 16 febbraio, giorno per cui era prevista l’iniziativa, abbiamo appreso che uno degli uomini sequestrati a Saluzzo, nonché uno dei promotori del documento firmato da 245 prigionieri, Maurizio Alfieri, era stato trasferito presso il carcere di Terni. Sballato da una galera all’altra, Maurizio non ha mai smesso di lottare per contrastare gli abusi e le violenze che ha incontrato durante la sua carcerazione, promuovendo l’auto-organizzazione dei prigionieri e la rottura del silenzio assassino che circonda l’apparato detentivo. Possiamo interpretare il suo trasferimento come l’ennesima rappresaglia nei suoi confronti o come un tentativo di ostacolare la solidarietà nei confronti di tutti i prigionieri di quel carcere; ma una prima ovvia risposta è stata quella di ribadire, con ancora più risolutezza, la nostra presenza sotto le mura di Saluzzo.
Una settantina di nemiche e nemici di ogni galera, venuti da diverse parti del nord Italia, si sono ritrovati in un campo fangoso a lato della prigione, lasciando così le truppe cammellate della repressione sul lato dell’ingresso. Per oltre due ore si sono susseguiti interventi dall’impianto, musica e colloqui selvaggi con i prigionieri da sotto le mura. La risposta da dentro è stata forte e rumorosa: battiture, cori insieme ai presidianti, risate e grida di rabbia, luci accese e spente a tempo di musica e pezzi di carta infuocati. Prima che il buio calasse, un gruppo di solidali ha deciso di lasciare il segno creando una falla nella recinzione che circonda quella galera. Diversi fuochi d’artificio hanno illuminato il cielo e bersagliato la torretta degli aguzzini a guardia di quelle mura, fino a provocare qualche lancio di lacrimogeni da parte dei poliziotti antisommossa schierati all’esterno.
Infine, prima di abbandonare il presidio, una scritta alta circa tre metri e lunga una decina, realizzata con tondini di metallo saldati e stoffa intrisa di benzina, è stata data alle fiamme in modo che i prigionieri potessero leggere un semplice messaggio: LIBERTA’. Quindi ce ne siamo andati, salutando le persone sequestrate in quelle celle, invitandoli a restare uniti e a continuare a farsi sentire… anche insieme a noi. Sperando che in ogni galera ci siano prigionieri e prigioniere pronti ad organizzarsi, senza delegare a nessuno la propria dignità e la propria sete di libertà.
Un saluto caloroso
Nel pomeriggio di sabato 16 febbraio qualche decina di solidali si raduna nel campo alle spalle del carcere di Saluzzo. Da un impianto audio sparano musica rock’n’roll anni ’70, dentro molto apprezzata.
Tra un pezzo e l’altro si alternano saluti, battiture, vengono urlati i contatti per scrivere a realtà solidali e di controinformazione, interventi a volte rabbiosi a volte informativi, come il testo “Resistere dentro, resistere fuori” o il nuovo indirizzo di Maurizio Alfieri, trasferito nei giorni precedenti.
Alcuni solidali riescono ad avvicinarsi alle sbarre del perimetro per fare dei “colloqui selvaggi” con i detenuti. Questi portano ad un’attenta relazione tra dentro e fuori, a non parlare tutti insieme, a fermare la musica, le urla e gli slogan, facendo si che un presidio diventi realmente un momento di vicinanza. Quando qualcuno svita i bulloni di una delle grate, una decina di manifestanti cerca di entrare nello spiazzo tra le sbarre e il muro di cinta. La polizia si allarma e si avvicina al buco, allora gli “intrusi” si ricompattano senza però allontanarsi delle grate.
All tramonto c’è una sorpresa: sette lettere di fuoco si accendono per formare una parola sola: “Libertà!” E sia dentro sia fuori si grida assieme “Li-ber-tà! Li-ber-tà!” Alcuni fuochi artificiali esplodono nel cielo, altri sulla torretta in cui sono rintanati i secondini. La celere di guardia fuori si avvicina sparando tre o quattro lacrimogeni, i manifestanti rispondono con qualche bomba carta.
Dopo un ultimo saluto, il presidio termina e i manifestanti si allontanano in tutta tranquillità.
Ascolta il resoconto in diretta con una redattrice di Radio Blackout 105.250FM
Comunicato x Davide Rosci e contro la repressione
Apprendiamo con rabbia e tristezza che nella mattina di lunedì 18 febbraio le porte del carcere di Castrogno si sono aperte per Davide Rosci, uno dei compagni di Teramo Antifascista costretti ormai da mesi ai domiciliari perchè condannati a 6 anni per i fatti di Roma 15\10.
La richiesta di carcerazione è stata giustificata per una sua presunta tentata evasione, avvenuta nella mattina di Sabato 26 gennaio quando Davide sbadatamente uscì per andare a lavoro nonostante i permessi fossero solo da Lunedì a Venerdì.
I nostri collettivi si sentono particolarmente vicini ai compagni di Teramo. Ci accomuna un’idea di sport popolare antifascista e anticapitalista, la stessa idea che il mese prossimo animerà il decennale di Dax, ci accomuna la stessa rabbia che ha portato in piazza 300.000 persone quel giorno a Roma, ci accomuna la stessa repressione che instancabile serpeggia in tutta la penisola da Nord a Sud.
Negli scorsi mesi abbiamo avuto modo già due volte di raccogliere fondi per le loro spese processuali e di ragionare pubblicamente sulla spropositata condanna da cui sono stati colpiti e sull’uso repressivo del reato di devastazione e saccheggio.
Con questo comunicato vogliamo invece ragionare sull’incoerenza di questa nuova vicenda successa a Davide e sull’insostenibile precarietà degli arresti presso il domicilio.
Una persona che ha sulle spalle 9 anni di pena detentiva, scesa a 6 con il rito abbreviato, non organizza di certo la sua evasione dai domiciliari passando di mattina per le Poste in una cittadina piccola come Teramo (è lì che è stato fermato dai Carabinieri).
È una pena troppo pesante e ingiusta per rischiare di scontarla in carcere infrangendo gli arresti domiciliari. Girando per le sezioni di qualunque carcere molte sono le storie di ragazzi tornati dentro perché accusati ingiustamente di aver infranto i domiciliari.
Ogni storia è particolare e assurda ma nella sua assurdità condiziona il futuro e la libertà di un uomo: chi era sotto la doccia e non ha fatto in tempo a uscire, chi aveva avvisato in questura di avere un guasto al citofono e di poter essere avvisato telefonicamente dagli agenti preposti al controllo, chi alle 4 di notte non ha sentito il citofono perché ovviamente dormiva.
Possiamo metterci nei panni dello Stato, sordo e malfidente, a cui queste storie non interessano, a cui sono sufficienti le parole di qualche ottuso e indolente appuntato che piuttosto di faticare un solo
minuto di più per assicurarsi dell’effettività dell’evasione, preferisce fare rapporto e incarcerare.
Oppure possiamo metterci nei panni di tutti quei ragazzi che rischiano di cadere dalla padella alla brace, quelli che devono dormire con un orecchio aperto, che devono uscire dalla doccia in cinque secondi, quelli che non possono parlare al telefono o ricevere amici, quelli per cui la libertà sarebbe a portata di mano e invece resistono sopportando la loro condizione di prigionieri.
Da che parte stare non lo scegliamo, ci viene naturale e spontaneo come ci viene naturale pensare che se l’evasione è un reato allora siamo tutti criminali in potenza, essendo l’evasione è una scelta consapevole e bellissima di libertà, un diritto naturale, una tendenza di fondo per qualunque essere vivente.
Vogliamo esprimere a Davide tutta la nostra vicinanza sia politica che umana, sperando in qualche modo che questo possa aiutarlo a resistere e non lasciarsi andare, a camminare in sezione a testa alta e non abbassarla di fronte a nessun secondino.
Complici e solidali F.O.A. Boccaccio e Cordatesa
Per scrivergli: Davide Rosci c\o Casa Circondariale di Teramo, strada Comunale Rotabile, loc. Castrogno, Teramo 64100
Bradley Manning: 1000 giorni di galera senza processo, proteste nel mondo e online
Sabato 23 febbraio ricorrono i mille giorni di prigionia del soldato statunitense Bradley Manning, contro cui pende un procedimento penale per aver presumibilmente passato informazioni riservate a WikiLeaks. E ciò senza che si sia svolto un regolare processo né alcuna procedura veloce per la sua carcerazione. Motivo per cui è prevista una giornata di mobilitazione internazionale, inclusi proteste, sit-in, concerti, tavole rotonde e altri eventi in molte città del mondo: in particolare in USA ma anche in Uganda, UK, Portogallo e Corea del Sud — mentre la relativa mappa continua a crescere di ora in ora. Prevista anche una manifestazione davanti all’ ambasciata statunitense a Roma. Analogamente prosegue il flusso di rilanci sui social media, soprattutto tramite l’ hashtag Twitter BradleyManning e con aggiornamenti sul sito del Bradley Manning Support Network.
La Libertà brucia
Da Macerie
Grossa rivolta al Cie di corso Brunelleschi a Torino. Tutto comincia verso le 9 di sera, quando alcuni reclusi tentano di scappare scavalcando le alte grate, ma vengono ripresi dalla polizia appena prima dell’ultimo muro. Immediatamente scoppia la rabbia in tutto il Centro: alcuni reclusi salgono sui tetti e altri incendiano le camerate di alcune sezioni. La reazione della polizia è durissima, con un massiccio uso di gas lacrimogeni che rendono l’aria irrespirabile anche oltre le mura. Un presidio di solidarietà viene caricato a più riprese lungo via Monginevro, e i celerini rimediano qualche bottiglia e un paio di bombe carta. Dentro, i reclusi raccontano di persone picchiate ed altre ammanettate, forse già pronte per essere arrestati e trasferiti al carcere delle Vallette. Mentre siamo in attesa di ulteriori notizie, vi ricordiamo ilpresidio indetto per sabato pomeriggio alle ore 16 in corso Brunelleschi.
macerie @ Febbraio 23, 2013
Dopo le fiamme: solidarietà e vendetta
Un partecipato presidio ha salutato sabato pomeriggio i prigionieri del Cie di Torino,reduci da una notte di rivolta. La solidarietà dei manifestanti si è fatta sentire con musica, interventi al microfono in italiano e in arabo, battiture sui pali della luce, lanci di palline da tennis contenenti messaggi di solidarietà e i tamburi della Samba Band. La polizia, nonostante fosse presente in forze, non è tuttavia riuscita ad impedire che il presidio si trasformasse in un corteo attorno le mura del centro, fino davanti all’ingresso del Centro e poi di nuovo indietro, bloccando il traffico su via Monginevro e via Mazzarello.
Una volta sciolto il presidio, arriva la notizia che la polizia ha arrestato un recluso dell’area viola, colpevole di esser salito sul tetto per salutare i manifestanti. Assieme ai quattro arresti di ieri, con quest’ultimo sale quindi a 5 il numero di reclusi trasferiti nel carcere delle Vallette.
macerie @ Febbraio 23, 2013
Quel che mancava
Verso le 8 di domenica sera i reclusi dell’area gialla completano il lavoro cominciato nei giorni scorsi dai prigionieri del Cie di Torino, incendiando tutta la sezione. L’intervento della polizia con gli idranti è servito solo a far cessare il fumo, perché le fiamme avevano già bruciato tutto ciò che poteva bruciare. Ora i 35 prigionieri dell’area gialla, alcuni dei quali appena trasferiti lì dalle altre sezioni già bruciate, si trovano sotto la pioggia nel cortile della sezione, perché dentro non è possibile stare.
macerie @ Febbraio 24, 2013
Solidarietà con Mario Silva, compagno anarcovegan prigioniero in Messico
Saluti a tuttx.
Probabilmente la maggioranza di voi avrà già sentito parlare della situazione in cui si trova Mario Augusto Silva Sosa, meglio conosciuto da tutti come “Mayin”.
Ricordiamo la sua partecipazione in diverse lotte, in passato fu parte integrante del collettivo anarcovegan nella città del Messico, da allora ha intrapreso la scelta di una dieta vegana che continua da più di 10 anni, anche in questi ultimi mesi in cui si trova in carcere, nonostante le difficoltà che questo implica.
È anche partecipe del progetto di occupazione di Casa Naranja, appoggiandola nelle sue diverse attività.
Mario si trova prigioniero dal 18 novembre 2012 a causa di una denuncia di rapina, in un caso pieno di irregolarità, arbitrarietà da parte dell’apparato giudiziale e del corpo di polizia.
Il 25 gennaio c’è stata l’ultima udienza, tra il 10 e il 15 febbraio dovrebbero esserci le conclusioni e una settimana dopo ci sarà la sentenza. Il pronostico più positivo riguardo al risultato finale sarebbe la possibilità che Mayin esca libero su cauzione, tuttavia per il modo in cui si sta sviluppando il caso questa possibilità ci risulta onestamente difficile. Nel peggior caso Mayin potrebbe ricevere una sentenza fino a 8 anni.
Qui in Casa Naranja si è cercato di seguire da vicino lo sviluppo del suo caso e cercato di fornirgli settimanalmente alimenti vegani, appoggiandolo per quanto possibile in questo aspetto.
Durante il processo e la sua permanenza in prigione c’è stato bisogno di trovare il denaro necessario per pagare le pratiche, l’alimentazione e la corruzione interna nel carcere, in cui ha subito estorsioni fino alla rapina. La somma necessaria per appoggiarlo ha raggiunto la quantità approssimativa di 4.000 pesos al mese, questo carico è risultato eccessivo, per cui noi e Mayin facciamo una chiamata di fraternità a tuttx gli/le amicx, partecipi della sua vita e a chiunque desideri solidarizzare con il compagno in questa difficile situazione della sua vita.
Centro Sociale Occupato Casa Naranja
Prigioni Greche: Comunicato collettivo di 253 prigionieri, in solidarietà con lo scioperante della fame Spyros Dravilas
Da Contrainfo
Dal Lunedì, 4 Febbraio, il prigioniero Spyros Dravilas ha iniziato uno sciopero della fame. Chiede solo che gli siano concessi i desiderati giorni di congedo per i quali ha già diritto (come decine di altri detenuti) perché abbia servito il periodo di detenzione previsto dalla legge al fine di ottenere il regolare rilascio temporaneo dal carcere.
Tuttavia, l’amministrazione del carcere di Domokos nega a Spyros Dravilas il suo prossimo congedo a causa di un altro procedimento penale che è stato “portato alla luce” contro di lui, il qui risale al 2007. Secondo questo breve accusatorio, la procura di Nafplion lo abbia accusato di rapina in banca. Nonostante il fatto che lo stesso procuratore di Nafplion non ha mai ordinato misure restrittive nei confronti di Spyros – in quanto gli elementi di prova che lo collegano a quella rapina sono inesistenti (composte da una denuncia alla polizia con una telefonata anonima in materia di riconoscimento del sospetto) – il consiglio carcerale di Domokos lo ha privato dei giorni di concedo che aveva iniziato a ricevere nel corso degli ultimi mesi.
Noi siamo dalla parte dello scioperante della fame Spyros Dravilas, e quindi affermiamo la rivendicazione della sua richiesta per i regolari giorni di concedo dal carcere…per un soffio di libertà.
Prigionieri del 1° braccio della prigione maschile di Koridallos
(253 detenuti hanno firmato il comunicato)
Op. Tramonto – Massimiliano Toschi libero
Diffondiamo
Comunichiamo l’attesa notizia che dalla mattina di domenica 17 febbraio il compagno Massimiliano Toschi è in libertà senza nessuna restrizione e ieri è arrivato finalmente a Padova. Max fu arrestato il 12 febbraio 2007 durante l’operazione tramonto assieme ad altri quindici compagni e da sei anni si trovava detenuto nella sezione AS2 del carcere di Siano Catanzaro dove sono detenuti da tempo altri prigionieri politici comunisti. Con la gioia di aver potuto riabbracciare un nostro compagno dopo tanto tempo, il nostro pensiero ora và agli altri compagni ancora detenuti a Siano dal 2007, ai quali esprimiamo tutta la nostra solidarietà di classe, così come a tutti i compagne e le compagni prigioniere/i.
Terrorista è chi sfrutta e bombarda!
Libertà per tutte le compagne e i compagni prigioniere/i !
Serata Benefit Contro carcere, isolamento e differenziazione
CONTRO CARCERE, ISOLAMENTO E DIFFERENZIAZIONE,
Sempre di più all’interno delle carceri, quali strumenti di coercizione per eccellenza, i prigionieri vengono sottoposti a misure punitive, trattamenti differenziati e carcere duro, che la legge di lorsignori prevede tramite articoli quali il 14 bis e il 41 bis dell’op, volti sia a isolare e sottomettere la volontà di chi alza la testa e si ribella a questo marcio sistema sia ad attaccare l’identità politica del detenuto. Contro tutto ciò è possibile resistere e lottare, come molti prigionieri ci dimostrano ogni giorno continuando a fare sentire la loro voce, a difendere la loro identità e i diversi percorsi di lotta a cui appartengono. Dall’esterno dobbiamo sostenere le lotte dei detenuti e amplificare la loro voce, perché la solidarietà è quel filo rosso che rompe l’isolamento e lega chi lotta dentro a chi lotta fuori le galere. Nessuno dei loro stratagemmi piegherà la determinazione di chi alza la testa.
Contro la logica punitiva: no a 14 bis, no al 41 bis!
Solidarietà a tutti i detenuti in lotta!
Madda libera!
Dalle ore 20.30 buffet solidale
a seguire concerto con GANTEMACI – neovelvet blues
Piazzetta Toselli, via Varese 10
Capolinea autobus 9
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Compagni/e per la Costruzione del Soccorso Rosso in Italia
Condizioni detenuti palestinesi: sciopero della fame a Pentone
Da ieri, a Pentone (Cz), Rosario Citriniti (centro di documentazione sulla Palestina) ha avviato uno sciopero della fame per le condizioni dei detenuti palestinesi nelle carceri israeliane e, in particolare, per lo stato di salute di Samer Issawi. L’iniziativa risponde all’appello di Amnesty International. Una tenda è stata montata a Pentone, paese della presila catanzarese che ospita il centro, nei pressi della chiesa (non è stato possibile sistemarsi nella chiesa stessa).
Il prigioniero palestinese Issawi, scambiato con il caporale israeliano Shalit nell’ottobre 2011, in sciopero della fame da 204 giorni, rischia di morire.
L’iniziativa a Pentone è cominciata ieri perché gli organismi nazionali e/o internazionali prendano provvedimenti per la garanzia dei diritti dei detenuti palestinesi, la scarcerazione dei prigionieri in carcere senza accuse né processi, la salvaguardia dei detenuti in sciopero della fame. Da mesi, infatti, i detenuti palestinesi hanno adottato questa forma di protesta per richiamare l’attenzione sulla loro condizione. Lo sciopero della fame nel centro presilano è stato avviato in risposta agli appelli di Amnesty International, dell’Arcivescovo Atallah Hanna e delle organizzazioni palestinesi.
Le condizioni dei detenuti palestinesi – 4520 detenuti nelle carceri israeliane di cui 10 donne, 164 bambini (16 hanno meno di 21 anni) e 8 parlamentari palestinesi. Dal 67 ad oggi più di 800mila palestinesi sono stati arrestati: il 20 % della popolazione palestinese – il 40% della sola popolazione maschile – è stato in carcere. Ogni anno 700 bambini vengono arrestati. Sono i dati, aggiornati a novembre 2012, presentati da Grazia Careccia, capo dipartimento di Ricerca Legale e Advocacy internazionale Al-Haq-Ramallah, a Padova alla giornata ONU per i diritti del popolo palestinese. Restituiscono il dominio di Israele nei territori occupati della Palestina e l’oppressione subita dai palestinesi.
Arrestati nel cuore della notte, sottoposti a umiliazioni e misure degradanti, tenuti in custodia (quindi «senza che si sappia perché una persona sia in carcere») fino a un anno, i palestinesi vivono assoggettati dal regime militare di Israele e sono sottoposti alle regole di Israele. Che sono, però, diverse per i palestinesi e per gli israeliani. Ad esempio, se un processo per un israeliano dura 9 mesi, per un palestinese si protrae per 18 mesi. Se i palestinesi sono trattenuti senza accuse per interrogatori fino a 90 giorni, gli israeliani lo sono per 64 giorni.
Grazia Careccia, lo scorso dicembre, si è soffermata sulla pratica dell’internamento o – come viene chiamata dagli israeliani – “detenzione amministrativa”: «è un caso di privazione della libertà degli individui molto particolare perché avviene in mancanza di accuse e di un vero e proprio processo – ha spiegato – la potenza occupante dice: c’è un pericolo di sicurezza, però questa persona non ha commesso nessun reato, tuttavia l’unico modo che ho per proteggere la mia sicurezza è internare questa persona». Secondo il diritto internazionale, l’internamento è un provvedimento di carattere eccezionale e deve essere limitato nel tempo. Ma Grazia Careccia precisa che Israele ricorre costantemente all’internamento e lo reitera in modo illimitato. Inoltre viola i diritti alla presunzione di innocenza, alla difesa e a un equo processo.
Israele, detenuto palestinese in fin di vita dopo oltre 200 giorni di sciopero della fame
Samer Issawi, 34 anni, è uno dei sei detenuti palestinesi in sciopero della fame nelle carceri israeliane. Dopo 209 giorni di protesta, la sua vita è in grave pericolo.
È stato arrestato il 7 luglio 2012 a un posto di blocco militare nella zona di Gerusalemme. Portato al centro di detenzione di Moscobiyya, è stato interrogato per 28 giorni, per i primi 23 dei quali senza poter contattare il suo avvocato. In seguito, è trasferito nel carcere di Nafha, nel deserto del Negev.
Il 1° agosto, di fronte al rifiuto delle autorità militari israeliane di rendere noti i motivi dell’arresto, ha iniziato lo sciopero della fame. A quanto pare, avrebbe violato le condizioni concordate al momento del suo rilascio, nell’ottobre 2011, nel celebre scambio di prigionieri tra Hamas e Israele che coinvolse 1027 palestinesi e il soldato israeliano Gilad Shalit.
Tuttavia, come prevede l’istituto della detenzione amministrativa, quelle condizioni sono segrete e dunque né Issawi né il suo avvocato possono sapere in che modo sarebbero state violate. Se i giudici concludessero che effettivamente vi è stata quella violazione, Issawi dovrebbe riprendere a scontare la condanna, interrotta al momento del rilascio, a 30 anni di carcere per detenzione di armi e costituzione di un gruppo armato. All’epoca dello scambio di prigionieri, aveva scontato 12 anni di quella condanna.
Il tribunale di primo grado di Gerusalemme, dopo una prima udienza tenutasi il 18 dicembre, si è riservato di decidere.
Quel giorno, Issawi (nella foto a sinistra) è entrato in aula legato a una sedia a rotelle e scortato dalle forze speciali di polizia. Quando ha cercato di salutare la madre e la sorella, presenti in aula, gli agenti lo hanno colpito al collo, al torace e allo stomaco. Mentre veniva portato fuori dal tribunale, è caduto dalla sedia a rotelle. Poco dopo, l’esercito israeliano ha fatto irruzione nella casa di famiglia, a Issawiya, arrestando la sorella Shirin. È stata rilasciata 24 ore dopo dietro pagamento di una cauzione di 650 euro, con l’obbligo di restare agli arresti domiciliari per 10 giorni e il divieto di far visita al fratello per sei mesi.
Dall’inizio dello sciopero della fame, Issawi ha trascorso la maggior parte del tempo nella clinica del carcere di Ramleh, salvo assistere all’udienza del 18 dicembre ed essere trasferito diverse volte in ospedali civili per per essere sottoposto a esami clinici urgenti.
Secondo quanto riferito dal suo avvocato, nelle ultime settimane la salute di Issawi si è deteriorata rapidamente: il 31 gennaio pesava 47 chili. Il personale medico della clinica di Ramleh ha reso noto che potrebbe morire presto.
Le manifestazioni di sostegno a Issawi crescono, in alcuni casi affrontate con la forza dall’esercito israeliano.
L’Alta commissaria delle Nazioni Unite per i diritti umani, Navi Pillay, ha espresso preoccupazione per la sorte di Issawi e ha chiesto che tutti i palestinesi in detenzione amministrativa siano rilasciati o incriminati e processati.
Amnesty International teme che nella clinica del carcere di Ramleh Issawi non riceva cure urgenti e specialistiche di cui ha bisogno una persona in sciopero della fame da sei mesi.
Per questo, l’organizzazione per i diritti umani ha lanciato un appello rivolto al direttore delle carceri israeliane, chiedendo che Issawi riceva cure mediche appropriate o che sia immediatamente rilasciato affinché possa ricevere i trattamenti medici urgenti e necessari di cui ha bisogno.
Carcere – Maurizio Alfieri trasferito a Terni, presidio a Saluzzo confermato
diffondiamo da informa-azione la notizia del trasferimento del prigioniero in lotta Maurizio Alfieri. Ricordiamo che Maurizio era stato recentemente trasferito a Saluzzo dal carcere di Tolmezzo, dove aveva contribuito all’auto-organizzazione dei prigionieri per segnalare e contrastare le brutalità di quella galera. Anche a Saluzzo, si è subito diffusa tra i prigionieri la volontà di rompere l’ordinarietà del carcere e Maurizio ha contribuito alla diffusione di un comunicato collettivo firmato da 245 prigionieri. Se credono che il suo trasferimento possa mettere a tacere le lotte dei prigionieri, sta a tutti e tutte noi contribuire a sventare i loro piani. Iniziamo col confermare il presidio anticarcerario che si terrà oggi pomeriggio a Saluzzo, in solidarietà con tutti i prigionieri.
Oggi 16 febbraio ci è arrivata la notizia che Maurizio Alfieri è stato trasferito al carcere di Terni.
Maurizio ci scrive che era da quattro giorni che non riceveva posta e questo l’aveva messo in allarme.
Poi il giorno del trasferimento (la lettera da Terni ha il timbro 102) è stato svegliato alle 4 del mattino da dieci agenti, i quali gli han detto di portarsi dietro solo due borse.
Dopo il viaggio in aereo in carcere a Terni si è accorto che gli mancava il pigiama, ciabatte e altre cose utili.
Nella sua cella non c’è il riscaldamento, gli mancano le coperte e al passaggio è costretto a camminare in uno spazio di 4 metri per 2 con la rete
metallica sopra la testa. La risposta di Maurizio è che tutto questo lo rende ancora più incazzato.
Sulla faccenda della “sventata” fuga dal carcere di Tolmezzo sono emerse delle novità dal Messaggero Veneto del 15 febbraio.
Il 12 febbraio il Tribunale del Riesame di Trieste ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa il 2 gennaio dal Gip di Tolmezzo nei confronti di Maurizio Alfieri e ha disposto la liberazione di Cosimo Damiano Alario, accusato di aver fatto arrivare droga e coltelli nella cella di Alfieri. L’annullamento delle custodie cautelari è motivato dal fatto che gli indizi fino ad ora emersi vanno approfonditi per capire se Maurizio è veramente o no coinvolto in questa storia.
La Procura di Tolmezzo, che per mesi ha coordinato l’indagine, ha già annunciato un ricorso in Cassazione.
Fino a due giorni prima sul Messaggero Veneto uscivano articoli sul tentativo di fuga da Tolmezzo tramite la partecipazione di
boss palermitani, mettendo ancora in luce la faccenda a favore dei ROS, scrivendo che dopo lunghe indagini gli “autori” della fuga erano
stati incastrati dall’agente sotto copertura dei Carabinieri.
La storia di Tolmezzo sta diventando una “fuffa”. Tutte le domande che ci eravamo posti fino ad’ora su questa storia stanno avendo risposta:
la montatura non regge. Le prove della “sventata” fuga sono diventate fumo.
Chi pensava di spezzare la solidarietà tra detenuti, tra dentro il carcere e fuori si è ritrovato con un pugno di aria, prova ne è la lettera
uscita qualche giorno fa dai detenuti di Saluzzo.
Solidarietà ai detenuti di Saluzzo
Libertà per Maurizio Alfieri
Liberi tutti Libere tutte!
Per scrivere a Maurizio Alfieri l’indirizzo è:
Maurizio Alfieri
Casa Circondariale Di Terni
Strada Delle Campore, 32 – 05100 Terni (TR)
Prigionieri – Saluto sotto il carcere di Alessandria
diffondiamo da informa-azione
Giovedì 14 febbraio intorno alle 16, una ventina di compagni hanno improvvisato un saluto sotto il carcere di Alessandria per esprimere la nostra solidarietà a due nostri compagni, Sergio ed Alfredo, in sciopero della fame da diversi giorni per l’impossibilità di avere i colloqui con le loro compagne. In diversi interventi è stato poi ricordato come nel carcere di Alessandria esista una sezione di AS2 in cui sono rinchiusi solo compagni anarchici, una separazione evidentemente voluta dalle autorità per indebolire preventivamente la nascita e lo sviluppo di conflitti, in un momento in cui l’insofferenza per le condizioni di prigionia sempre più dure rischia di far esplodere la rabbia un po’ ovunque. Sono poi stati salutati alcuni prigionieri comuni da poco trasferiti lì per motivi punitivi e si è infine ricordato del comunicato fatto uscire dai prigionieri di Saluzzo in cui oltre ad avvertire del possibile inizio di una protesta si esprimeva solidarietà ai prigionieri rinchusi nell’AS2 di Alessandria.
Solidarietà a tutti i prigionieri in lotta
Solidarietà a Sergio ed Alfredo in sciopero della fame
Due giorni tattoo a Lecco
Sabato 23 febbraio
Ore 12: si pranza!
Dalle 14 inizio tatuaggi
Alle 18 facciamo due chiacchiere:
molteplicità delle pratiche di lotta, evoluzione delle tecniche repressive, solidarietà e paura…iniziamo a parlarne!
A seguire cena, musica e gozzoviglie
Domenica 24 febbraio
Dalle 10 tatuaggi
Ore 12 pranzo
A seguire si continuerà a tatuare
17.30 facciamo due chiacchiere
La solidarietà attiva ai compagni non può non inserirsi in una lotta contro il carcere e le sue logiche. Come e perché, quindi, combattere le galere quotidianamente?
A seguire cena
Tutti i soldi raccolti andranno a sostenere concretamente Alfredo e Nicola, due compagni detenuti nel carcere di Alessandria, accusati di aver compiuto l’attacco armato nei confronti di Roberto Adinolfi, amministratore delegato di Ansaldo Nucleare.
A loro va la nostra piena solidarietà
La due giorni si svolgerà al centro di documentazione anarchico l’arrotino, in via primo maggio 24c a Lecco (rione malavedo).
Per info, prenotazione tatuaggi e info: larrotino@inventati.org 3384878547
Presidio anticarcerario al carcere Bassone di Como
Sabato 16 febbraio 2013 presidio al carcere Bassone di Como
Dalle 9 alle 12 musica, interventi e microfono aperto per portare solidarietà a tutti i detenuti, a tutte le detenute ed alle loro lotte di libertà
No all’incarcerazione di Christa Eckes! Militante RAF
Il 1. dicembre 2011 la Corte d’appello di Stoccarda (Oberlandsgericht Stuttgart) ha deciso che l’ex militante della Rote Armee Fraktion (RAF) Christa Eckes deve essere imprigionata per 6 mesi poiché si rifiuta di testimoniare.
La ‘Beugehaft’ è la carcerazione coercitiva prevista dal codice tedesco per costringere un testimone a rivelare quanto di sua conoscenza. Christa è gravemente malata, in cura per leucemia, e questo ordine di carcerazione potrebbe essere la sua condanna a morte.
L’incarcerazione ‘educativa’ di Christa Eckes, ex militante della Rote Armee Fraktion (RAF) e gravemente malata di cancro, per costringerla a testimoniare in un processo per fatti degli anni ’70, è stata revocata dal Tribunale federale tedesco.
Si tratta di una decisione che, sotto il profilo della legalità, è assolutamente ragionevole, tanto che non dovrebbe neppure fare notizia; ma quando si tratta di militanti di sinistra, o ex-tali ma non pentiti, la politica prende il posto della ragione.
Sul caso e sull’arresto coercitivo o Beugehaft s’era riferito qui.
Nella decisione del 19 gennaio 2012 i magistrati hanno ammesso che una persona in chemioterapia non può essere semplicemente sbattuta in cella, poiché “la verità non può essere ricercata a qualsiasi costo, non dunque, nel caso, a costo della seria messa in pericolo della vita di una testimone gravemente malata”.
La verità in questione, sia chiaro, è quella giudiziaria: su dettagli del caso Buback (1977), sul quale la stessa Christa all’epoca non poteva sapere proprio nulla, essendo già in galera da anni.
Insomma sono stati ridotti alla ragione, ma pure per questo s’è dovuto battagliare.
Christa ha trasmesso un messaggio:
A tutte le amiche e gli amici e a tutti coloro che si sono mobilitati contro l’arresto per rifiuto di testimoniare
L’alta Corte ha ritirato la misura d’incarcerazione per rifiuto di testimoniare emessa contro di me. È una buona cosa.
Naturalmente questo non mette fine al confronto con la polizia politica, alle procedure contro i militanti degli ’70 e di oggi, né al rifiuto di testimoniare e agli arresti per chi lo pratica, siano altri militanti o in generale.
Ciò è chiaro per chiunque.Voglio però dire qui che l’esperienza che ho fatto della vostra solidarietà, amicizia e sostegno concreto, proprio ora mi ha toccata profondamente, e che anche nello stato di salute in cui mi trovo ciò mi da una sicurezza ed un appoggio che per me sono molto importanti.
Ed è anche emerso chiaramente che la grande mobilitazione e le molte proteste hanno avuto effetto.
Chissà, sennò, cosa sarebbe accaduto.
Christa
AGGIORNATO – Ancora un’altra richiesta di libertà condizionale dell’imprigionato eco-anarchico Marco Camenisch negata
La richiesta dell’avv. di Marco per la liberazione condizionale è stata respinta per l’ennesima volta – l’ennesima volta motivata politicamente. Marco scriverà a sua volta quello che ne pensa…
LA LOTTA CONTINUA – LA SOLIDARIETÀ È NOSTRA ARMA
Soccorso Rosso Internazionale 8 FEBBRAIO 2013
Risposta di Marco all’ennesima infamia
Prigioni Greche: Solidarietà con lo scioperante della fame Spyros Dravilas, detenuto a Domokos
Mercoledì, 6 Febbraio, il prigioniero Spiros Dravilas è stato trasferito al Centro Salute di Domokos. Gli hanno detto che dovrebbe iniettarsi un siero, ma ha rifiutato (a causa dello sciopero della fame, iniziato il 4 Febbraio, i suoi livelli di zucchero sono scesi a 55 in soli due giorni).
Spiros è tornato ancora una volta nel carcere Domokos, dove continua la sua lotta per i giorni di congedo di cui è privato a causa della vendetta del meccanismo poliziesco-giudiziario.
La lotta continua
“Non ho imparato nella mia vita a chinare la testa o di ingoiare l’ingiustizia. Così, a partire da Lunedì, 4 Febbraio, conduco uno sciopero della fame fino a quando otterrò giustizia e il mio diritto sottratto per i giorni di congedo dal carcere mi venga restituito, in modo da recuperare un soffio di libertà che mi merito dopo tanti anni di soggiorno nelle infernali del sistema greco “penitenziario”.
-Estratto dalla recente lettera di Spyros Dravilas
Il dignitoso prigioniero Spyros Dravilas aveva già condotto con successo un’altro sciopero della fame nel mese di Aprile 2012, quando l’amministrazione penitenziaria, infine, gli aveva concesso il primo congedo temporaneo per il quale aveva diritto da molto tempo prima. Dopo qualche tempo, e secondo il regolamento carcerario, a Spyros è stato concesso un secondo permesso. Oggi, con il pretesto di un reato del 2007, un caso di rapina in banca nella città di Naflpion (nella cui Spyros non ha avuto alcun coinvolgimento di sorta), il pubblico ministero della prigione gli nega i giorni di concedo, anche se è chiaro che egli ha questo diritto proprio come nei mesi scorsi. L’amministrazione penitenziaria afferma che “ci sta un procedimento in corso contro di lui, così non può essere rilasciato nemmeno per un paio di giorni”. Tasos Theofilou, incarcerato nell’inferno di Domokos pure, e tutti i membri imprigionati dell’O.R. Cospirazione delle Cellule di Fuoco, sostengono la lotta di Dravilas. Di seguito è riportato un’altro messaggio di prigionieri in solidarietà:
“Siamo solidali con Spyros Dravilas che dal 4-2-2013 ha iniziato lo sciopero della fame scegliendo così di lottare dignitosamente per un respiro di libertà, come lui stesso dichiara.
La nostra solidarietà per Spyros e per ogni detenuto che sceglie di alzarsi in piedi di fronte alla politica repressiva dello stato , non è negoziabile.
Babis Tsilianidis, Kostas Sakkas, Alexandros Mitroussias, Giorgos Karagiannidis, Spyros Stratoulis, Rami Syrianos, Mustafa Ergün”
Inoltre, 94 detenute delle carceri femminili di Koridallos hanno inviato una lettera aperta al Ministero Greco della Giustizia, chiedendo che lo scioperante della fame Spyros Dravilas ricevesse i suoi giorni di congedo previsti dalla legge.
[Saluzzo] Presidio anitcarcerario in solidarietà con Maurizio Alfieri e tutti i prigionieri
IN SOLIDARIETA’
CON MAURZIO ALFIERI E TUTTI I PRIGIONIERI
DEL CARCERE DI SALUZZO
Esiste una galera dentro la galera: sono le sezioni di isolamento, che i ragionieri dei supplizi utilizzano per cercare di sottomettere e annichilire chi non si piega alla disciplina imposta dal regime carcerario. L’isolamento nel carcere di Saluzzo è una tortura che impiega strumenti che vanno dalla privazione di contatto umano, al “passeggio” in piccoli cortili di cemento, uno per cella, senza relazioni, senza orizzonti e senza luce. I prigionieri raccontano che molti di loro non hanno ricevuto nessun tipo di sanzione disciplinare, e che la direzione motiva la loro presenza in questa condizione afflittiva con la scusa del sovraffollamento. Dal 18 dicembre, nella sezione di isolamento del carcere di Saluzzo è rinchiuso Maurizio Alfieri, un prigioniero che da anni ha il coraggio di segnalare all’esterno le brutalità delle galere e la violenza dei secondini, battendosi in prima persona o organizzandosi con i suoi compagni di prigionia, diffondendo negli ultimi mesi, dal carcere di Tolmezzo, storie di teste spaccate e detenuti legati, colpiti con getti d’idrante e pestati a sangue.
Ma il carcere non tollera che la coltre di censura che nasconde la sua vera natura venga infranta e Maurizio, per la sua lotta, ha dovuto subire diverse rappresaglie. L’ultima è un’accusa nei suoi confronti di stare pianificando una fuga in elicottero. Non si potrebbe certo biasimare chi cerchi di evadere dall’apparato carcerario italiano, che ogni anno ammazza più di 160 persone tra abbandono sanitario, abusi di psicofarmaci, pestaggi e suicidi; ma Maurizio ci segnala una manovra pianificata per incastrarlo. Nei suoi confronti, la direttrice del carcere di Tolmezzo e i ROS, hanno organizzato una montatura tesa a motivarne il trasferimento, a fargli scontare più galera, orchestrata per cercare di mettere in secondo piano le atrocità da lui segnalate e intaccare la solidarietà che dall’esterno si è venuta a creare in suo supporto. Sta ai nemici di ogni gabbia e di ogni galera impedirglielo.
CONTRO IL CARCERE E L’ISOLAMENTO!
IN SOLIDARIETA’ CON TUTTI I PRIGIONIERI DEL CARCERE DI SALUZZO!
IN SOLIDARIETA’ CON MAURIZIO ALFIERI!
PRESIDIO SABATO 16 FEBBRAIO 2013
ORE 16 DAVANTI AL CARCERE DI SALUZZO