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Postiamo uno scritto tratto da mentecritica.it
Sono cresciuta in carcere, figlia di una criminalità più o meno organizzata; in carcere ci sono nata, e oltre il cortile in cui mi rifugio nelle ore d’aria, non ho mai visto nulla riguardo il resto del mondo, se non fuggevolmente attraverso le grate. Qui in carcere abbiamo quasi tutti la chiave per uscire, e chi non ce l’ha porta sempre con sé una forcina da imparare a manovrare per l’occasione. Tutti i giorni c’è qualcuno che esce, che fugge. C’è anche chi arriva da fuori, da carceri peggiori, a cercare chissà cosa. Qualcuno torna a raccontarci qualche storia da fuori, alcune sono belle e altre brutte. Tutto sommato, dai racconti, fuori sembra tutto diverso ma poi il totale rimane quasi invariato. Parlano di altri carceri, diversi ma sempre carceri. Alcuni più ordinati, altri più sanguinosi, altri Continue reading
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Detenuti stipati in celle troppo piccole, nelle quali lo spazio a disposizione è inferiore a tre metri quadrati. Un trattamento inumano e degradante, per il quale la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo conferma la condanna dell’Italia, rigettando la richiesta per il riesame del ricorso Torreggiani davanti alla Grande Camera.
La sentenza emessa lo scorso 8 gennaio dai giudici di Strasburgo, diventa così definitiva e l’Italia ha un anno di tempo per trovare una soluzione al sovraffollamento carcerario e introdurre una procedura per risarcire i detenuti che ne sono stati vittime. Il procedimento giudiziario, infatti, nasce dalla denuncia di sette detenuti nel carcere di Busto Arsizio e in quello di Piacenza, ai quali lo Stato dovrà pagare una somma totale di 100 mila euro per danni morali, Continue reading
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Uno psichiatra per 20 ore e uno psicologo per 30 ogni 100 detenuti. 16 posti letto a San Vittore e altri 5 nella Casa circondariale di Monza, specifici per l’osservazione psichiatrica. In cantiere, infine, la progettazione, all’interno del carcere di Pavia, di un’area per l’accoglienza temporanea dei soggetti portatori di patologie psichiatriche. Sono alcuni degli impegni sottolineati dall’assessore alla Sanità e vicepresidente della Giunta regionale lombarda Mario Mantovani nella Commissione speciale sul sistema carcerario, presieduta da Fabio Angelo Fanetti (Lista Maroni).
Durante la seduta l’assessore e Continue reading
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Savona – “91 detenuti stipati in celle costruite per ospitare 36 persone, alcuni costretti a dormire per terra perché senza materasso ed altri a vivere 20 ore al giorno in camere di detenzione con una sola finestra nel corridoio, celle ricavate peraltro dall’aula scolastica e dalla sala yoga. Un clima incandescente, quello del carcere S. Agostino di Savona, dove mancano persino 25 Agenti di Polizia Penitenziaria rispetto all’organico previsto dal Ministero della Giustizia”.
Ed è proprio al Ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri che si Continue reading
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Diffondiamo da Insorgenze
L’avevo conosciuto al Mammagialla di Viterbo tra il 2003 e il 2004. Veniva dal Penale di Rebibbia da dove era stato allontanato perché considerato indesiderabile. Finire al Mammagialla voleva dire una cosa sola: trovarsi in punizione. La casa circondariale di VIterbo era (e da quanto ne so ancora non è cambiata) un “istituto eminentemente custodiale”, che tradotto vuol dire con un regime detentivo rigido: celle sempre chiuse, poche attività “trattamentali”, accesso a misure alternative e benefici pressoché nullo. Insomma un carcere punitivo dove si sta chiusi e basta.
Ma Giuseppe Ciulla, così si chiamava, per così poco non si scoraggiava affatto. Ne aveva viste di molto Continue reading
Commenti disabilitati su Aveva trascorso in carcere 40 anni della sua vita. E’ morto 2 giorni fa alla Molinette di Torino. Si chiamava Giuseppe Ciulla | tags: anticarceraria, anziani dietro le sbarre, carcere, CordaTesa, detenuto morto, morto in carcere, racconto, situazione carceraria | posted in Assassinii di stato, Comunicati, critiche e riflessioni, Contro carcere, CIE e OPG, Italia in cella, Tutti
Entro i prossimi tre mesi le autorità thailandesi toglieranno le catene a tutti i prigionieri costretti ora a portarle alle caviglie per aver commesso un crimine grave.
Come riportano i media locali, la premier Yinluck Shinawatra ha presieduto questa settimana la cerimonia durante la quale sono state tolte le catene a decine di detenuti del carcere di massima sicurezza di Bang Khwang a Nonthaburi, provincia adiacente a quella di Bangkok.
Finora, un totale di 563 detenuti degli 800 del carcere sono stati liberati dalle catene.
Di coloro che hanno beneficiato della misura, 513 si trovano nel Continue reading
Commenti disabilitati su Thailandia: via le catene a centinaia di detenuti | tags: anticarceraria, carcere, catene ai detenuti, CordaTesa, situazione carceraria, thailandia | posted in Contro carcere, CIE e OPG, Mondo in cella, Tutti
“Nel carcere di Rebibbia è a serio rischio l’incolumità dei detenuti e del personale. Da cinque mesi una stanza che dovrebbe essere destinata alla socialità è occupata da 20 letti per altrettanti detenuti che condividono un solo bagno e l’intera struttura è al collasso: 1800 presenti a fronte di una capienza di 900 posti. Questa situazione è pericolosa per i detenuti e per il personale, che non solo è impossibili tato ad assolvere al compito istituzionale di garantire la sicurezza e la rieducazione, ma rischia la propria incolumità in condizioni limite come quella di alcuni turni in cui sono in servizio 2 agenti ogni 300 detenuti. Garantire la sicurezza e la vivibilità delle carceri è anche la necessaria condizione per raggiungere obiettivi di rieducazione e reinserimento, come quelli ottenuti negli anni da progetti e buone pratiche realizzate con l’impegno delle associazioni che l’amministrazione comunale dovrà Continue reading
Commenti disabilitati su Rebibbia “A rischio incolumità detenuti e personale” | tags: anticarceraria, CordaTesa, detenuti, incolumità a rischio, rebibbia, situazione carceraria, sovraffollamento | posted in Contro carcere, CIE e OPG, Italia in cella, Tutti
E’ allarme malattie infettive tra i detenuti nelle carceri italiane, ad essere colpiti sono circa due persone su tre. Un dato frutto della somma delle percentuali di alcune patologie infettive di cui sono vittime i detenuti: la positivita’ al test dell’epatite Ce’, infatti, del 28%, per l’epatite B del 7%, ed il 3,5% per l’Hiv. Inoltre il 20% ha una tubercolosi latente, ed il 4% ha presentato risultati positivi per la sifilide.
A stabilirlo e’ uno studio, realizzato su 20 istituti di pena, dedicato alle malattie infettive nei penitenziari promosso dalla Societa’ Italiana Malattie Infettive e Tropicali (Simit) e da Nps, presentata a Torino al V Congresso nazionale Icar(Italian Conference on Aids and Continue reading
Commenti disabilitati su Carcere italia, due Detenuti su tre ha malattie infettive! | tags: carcere, detenuti con malattie, due su tre è infetto, epatite, hiv, malattie infettive, situazione carceraria, tbc | posted in Contro carcere, CIE e OPG, Dentro le mura, Italia in cella, Tutti
(Adnkronos) – “L’apertura del nuovo padiglione detentivo all’interno del carcere di Avellino, che ha visto aumentare i detenuti da 450 a 650 unita’, ha mandato in tilt la fornitura dell’acqua e i poliziotti sono costretti a chiudere l’acqua in determinate fasce orarie della giornata per consentire all’impianto idrico di riacquistare pressione per la successiva erogazione con evidente malessere presso la popolazione reclusa, destinato a crescere nella imminente stagione estiva con ricadute sul piano della sicurezza e delle condizioni igienico-sanitarie”. Lo denunciano in una nota il segretario generale del sindacato autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, Donato Capece, e il segretario nazionale Emilio Fattorello, che questa mattina hanno incontrato a Roma la Vice Capo Dipartimento Amministrazione Continue reading
Commenti disabilitati su Nel carcere di Avellino manca acqua | tags: anticarceraria, avellino, carcere, CordaTesa, crisi idrica, manca acqua nel carcere, situazione carceraria | posted in Contro carcere, CIE e OPG, Dentro le mura, Italia in cella, Tutti
12 maggio Festa della Mamma. Non solo mamme super impegnate, mamme stressate che cercano di
conciliare lavoro e famiglia, ma anche mamme che vivono situazioni ben più pesanti. Esistono detenute
che crescono i propri figli dietro le sbarre, in una realtà, quella italiana, in cui la situazione carceraria è
“maschiocentrica”, e il 95% della popolazioni delle carceri è costituita da uomini, e alle donne viene
dedicata meno attenzione.
Il 90% delle donne detenute però è madre di uno o più figli Continue reading
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Nel poverissimo Malawi è molto facile finire in carcere: e dietro le sbarre i detenuti vivono in condizioni insostenibili.
Dormono per terra, su una coperta ripiegata: duecento persone passano la notte stipate nei quattro dormitori del penitenziario di Mangochi, città turistica tra i laghi Malombe e Malawi. Quello di Mangochi è considerato un carcere meno duro rispetto ad altre prigioni del Paese. Eppure, i duecento detenuti hanno diritto a una sola saponetta al mese, mangiano una volta al giorno – soprattutto polenta di mais – e possono usare solo cinque servizi igienici, uno ogni quaranta persone. Condizioni inumane, che molti malawiani rischiano di sperimentare. Nel Paese, infatti, si può finire in prigione anche per un incidente stradale senza vittime: come è successo a uno dei detenuti, condannato a due anni e mezzo per non essere riuscito a pagare il Continue reading
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Su una popolazione carceraria di oltre 66 mila detenuti solo il 21,2 per cento lavora (13.208 persone). Di questi sono uno sparuto numero, circa duemila, quelli che riescono ad ottenere un’occupazione al di fuori delle mura degli istituiti penitenziari. In percentuale sono però le donne quelle più attive, pur essendo il 4,5 per cento del totale dei detenuti, (circa tremila).
Eppure il lavoro in carcere è una “vaccinazione” contro il rischio di recidiva: se sono circa il 60 per cento i detenuti che tornano a delinquere, per quelli occupati mentre stavano scontando la pena, il rischio si dimezza (recidiva di circa il 30 per cento).
Lo sottolinea a Redattore Sociale il capo del Dap (Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria) Giovanni Tamburino, a margine della presentazione oggi a Roma del progetto Sigillo (vedi Continue reading
Commenti disabilitati su Il lavoro in carcere “vaccino contro la recidiva”… ma solo il 21% dei detenuti è occupato | tags: anticarceraria, CordaTesa, detenuti al lavoro, lavoro in carcere, situazione carceraria | posted in Contro carcere, CIE e OPG, Dentro le mura, Italia in cella, Tutti
La repressione sociale è un tema delicato, attuale e di vitale importanza in un contesto di crisi come lo è quello odierno. Un tema sul quale vigila, in Italia, l’Osservatorio sulla Repressione, fondato nel 2007 da Haidi Giuliani, Francesco Caruso e Italo Di Sabato. Quest’ultimo, già assessore e consigliere regionale, è oggi il Responsabile nazionale.
Di Sabato, quando nasce l’Osservatorio Nazionale sulla Repressione?
«Nel 2007 insieme con Haidi Giuliani (la mamma di Carlo, il giovane ucciso durante il vertice del G8 a Genova, ndr) e Francesco Caruso abbiamo fondato l’osservatorio sulla repressione, promuovendo un sito/blogwww.osservatoriorepressione.org. Dal 2011 l’osservatorio è diventato una Continue reading
Commenti disabilitati su Contro la repressione dei detenuti, un molisano al vertice: “Esistiamo perché lo Stato è assente” | tags: anticarceraria, carcere, CIE, CordaTesa, intervista, osservatorio nazionale sulla repressione, repressione dei detenuti, situazione carceraria | posted in Comunicati, critiche e riflessioni, Contro carcere, CIE e OPG, Italia in cella, Tutti
Dopo le aggressioni ai due agenti di sicurezza del carcere di Maiano, compiute dallo stesso detenuto, anche l’Ugl di Terni interviene sulla vicenda. Il segretario del comparto polizia penitenziaria Francesco Petrelli, esprime “solidarietà ai colleghi di Spoleto” e denuncia una “situazione esplosiva e intollerabile. Da isola felice con bassa microcriminalità, oggi la nostra regione, con 1.700 detenuti, si è trasformata in un soggiorno obbligato per i criminali e le loro famiglie”.
A Terni è previsto anche l’arrivo di nove ex esponenti delle brigate rosse in regime di alta sicurezza, provenienti dalla casa di reclusione di Carinola che, nel frattempo, è stata declassata a istituto a custodia attenuata. “L’aumento consistente dei detenuti – continua Petrelli – non rapportato all’adeguamento del personale di custodia, rappresenta una criticità assoluta. Per questo l’adeguamento Continue reading
Commenti disabilitati su Terni, emergenza carceri: la denuncia dell’Ugl. In arrivo 9 ex brigatisti | tags: brigate rosse, carcere, detenuti, emergenza carceri, ex brigatisti, situazione carceraria, sovraffollamento, terni | posted in Contro carcere, CIE e OPG, Dentro le mura, Italia in cella, Tutti
Dopo Serbia e Grecia, è l’Italia il paese del Consiglio d’Europa con il maggior sovraffollamento nelle carceri, dove per ogni 100 posti ci sono 147 detenuti. L’Italia è anche al terzo posto per numero assoluto di detenuti in attesa di giudizio, dopo Ucraina e Turchia. Questi sono alcuni dei dati contenuti nel rapporto del Consiglio d’Europa sulla popolazione carceraria nei 47 Stati membri, fotografata al settembre 2011. Tra i 47 Stati membri del Consiglio d’Europa solo 5 hanno superato la soglia dei 130 detenuti per 100 posti disponibili: Cipro, Ungheria, Italia, Grecia e Serbia. Ma quello del sovraffollamento, come emerge dal rapporto del Consiglio d’Europa sulla popolazione carceraria, è un problema che tocca anche altri 19 Stati membri. L’Italia ha tuttavia anche un’altra maglia nera. È infatti, dopo Ucraina e Turchia, il paese con più detenuti in attesa di un primo giudizio, 14.140 su un totale di 67.104 carcerati, cioé il 21,1%.
L’Ucraina ne ha quasi 18 mila ma su un totale di Continue reading
Commenti disabilitati su Carceri, Italia record per sovraffollamento | tags: anticarceraria, carcere, CordaTesa, detenuti, rapporto, situazione carceraria, sovraffollamento | posted in Comunicati, critiche e riflessioni, Contro carcere, CIE e OPG, Italia in cella, Tutti
Sistemazione, pasti, personale e sicurezza. Questi e altri aspetti sono oggetto di recensione da parte degli utenti, il cui giudizio viene pubblicato su Internet. Questa volta non si sta parlando di alberghi, «bed and breakfast» o villaggi vacanze, bensì di penitenziari.
Si tratta di un’iniziativa partita dagli stesso ospiti delle prigioni americane che hanno deciso di passare in rassegna, e sotto la lente di ingrandimento, tutto ciò che riguarda la struttura in cui si trovano per scontare la propria pena. Una volta stilata, la pagella viene pubblicata su siti online come «Yelp», e chi non lo può far direttamente perché per motivi precauzionali non ha accesso alla rete, lo fa fare ai familiari ai quali consegna la propria «review» durante i colloqui.
«E’ uno strumento molto prezioso, aiuta a rendere trasparente un sistema che non lo è Continue reading
Commenti disabilitati su Ecco il “Trip Advisor” delle prigioni. I detenuti americani danno le pagelle | tags: america, anticarceraria, carcere, CordaTesa, detenuti, detenuti danno le pagelle alle carceri, prigioni, situazione carceraria, trip advisor | posted in Contro carcere, CIE e OPG, Dentro le mura, Mondo in cella, Tutti
Genova – Protestano i detenuti di Pontedecimo. Da alcuni giorni e per alcuni momenti della giornata hanno dato e danno vita alla rumorosa battitura delle suppellettili alle inferriate delle celle e al rifiuto del vitto dell’Amministrazione. Manifestazione che, iniziata congiuntamente nella sezione detentiva maschile ed in quella femminile, vede ora coinvolti solamente i detenuti.
“Si tratta di una manifestazione in linea con quelle in atto in altre città d’Italia, peraltro sollecitate dai Radicali e da Marco Pannella, rumorosa ma pacifica – sottolinea Roberto Martinelli, segretario generale aggiunto del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe – Va detto che noi poliziotti non crediamo che l’amnistia, da sola, possa essere il provvedimento in grado di porre soluzione alle criticità del settore. Quel che serve sono vere riforme strutturali sull’esecuzione della pena: riforme che non vennero fatte con l’indulto del 2006, che si Continue reading
Commenti disabilitati su Amnistia, protesta nel carcere di Pontedecimo | tags: amnistia, anticarceraria, battitura, carcere, CordaTesa, detenuti, detenuti in lotta, genova, pontedecimo, protesta in carcere, situazione carceraria | posted in Contro carcere, CIE e OPG, Dentro le mura, Italia in cella, Tutti
Questo il resoconto vissuto in prima persona da Maria Sidiropoulou di Global Voices, che ha visitato una struttura detentiva della periferia di Atene insieme a una delegazione, il 6 di aprile 2013. Si descrivono le condizioni dei migranti attraverso i suoi tweet, e con testimonianze di altri visitatori di un luogo non a caso soprannominato #GreekGuantanamo [en/el].
Storie di disperazione sono rimbalzate su Twitter, non appena politici, giornalisti e attivisti anti-razzismo hanno visitato il carcere vicino la stazione di polizia di Drapetsona, nell’unità amministrativa del Pireo. Qui, oltre 100 migranti irregolari vivono in spazi ristretti e bui e in condizioni di estemo degrado (per esempio un detenuto ha affermato di non vedere il sole da mesi, un altro ha tentato il suicidio).
Più di 60.000 migranti sono stati Continue reading
Commenti disabilitati su Grecia: visita ai carcerati migranti detenuti nel “Guantanamo greco” | tags: anticarceraria, carcerati migranti, carcere, CordaTesa, detenuti, grecia, GreekGuantanamo, situazione carceraria | posted in Contro carcere, CIE e OPG, Dentro le mura, Tutti
“Conoscere è il primo passo se si vogliono cambiare le cose”: questo lo spirito con il quale 14 consiglieri comunali monzesi guidati da Paolo Piffer, con la complicità del presidente della Commissione Sociale Franco Monteri, hanno effettuato un sopralluogo all’interno del carcere cittadino.
Venerdì scorso si sono dati appuntamento alle ore 11 fuori dalla casa Circondariale: presenti alla appello anche gli assessori Cherubina Bertola, Rosario Montalbano e Debora Donvito.
«Ad accoglierci: la direttrice, un ispettore agente penitenziario dell’area trattamentale del carcere, e l’organico completo dei dipendenti comunali che operano all’interno della casa circondariale. – ha spiegato Continue reading
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Il DAP, Dipartimento Amministrazione Penitenziaria il 10 aprile 2013 ha inviato una nota ai Provveditori Regionali, al Capo del Dipartimento, al Vice Capi del Dipartimento, al Direttore Generale dei Detenuti e del trattamento, al Direttore Generale del Personale e della formazione, al Direttore Generale del Bilancio e della contabilità, al Direttore Generale dell’Esecuzione Penale Esterna, al Direttore dell’ISSP e al Direttore dell’Ufficio per l’attività ispettiva e del controllo. La nota ha per oggetto: “Sentenze Corte Europea e dei diritti dell’Uomo (CEDU) 8 gennaio 2013, Torregiani ed altri c. Italia, e 29 gennaio 2013, Cirillo c. Italia”. Di fatto si avvia un’indagine conoscitiva sulla situazione delle carceri in Italia. E naturalmente conforta che dal ministero di Giustizia vogliano conoscere la situazione carceraria italiana. Dice infatti la circolare: Continue reading
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Dopo gli attacchi dell’11 Settembre contro gli Stati Uniti, la CIA ha tramato con decine di governi alla costruzione di un programma segreto di consegne straordinarie e di detenzione che ha abbracciato il mondo.
Le consegne straordinarie sono trasferimenti, senza un legale processo, di un prigioniero alla custodia di un governo straniero allo scopo di detenerlo e interrogarlo.
Il programma era concepito a protezione dell’America. Ma, come descritto nel nuovo report della Open Society Justice Initiative, spogliava le persone dei loro diritti più elementari, agevolava forme raccapriccianti di tortura, a volte catturava persone sbagliate, e sviliva la reputazione sui diritti umani (sic! ndt) degli Stati Uniti in tutto il mondo.
Ad oggi, gli Stati Uniti e la maggior parte degli altri governi coinvolti, più di 50 in tutto, si sono rifiutati di riconoscere la loro partecipazione, risarcire le vittime, o di considerare responsabili le persone incaricate maggiormente del programma e dei suoi abusi. Qui sono riportati 20 fatti ulteriori dal nuovo report che mettono in luce quanto brutale ed errato fosse il programma: Continue reading
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Tensione nel Carcere di Lucca dove nella terza sezione, che raccoglie 67 detenuti, sabato scorso è scoppiata una rissa. La notizia è stata diffusa dal Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria che riferisce: «Arabi, georgiani, italiani e rumeni si sono affrontati colpendosi con caffettiere, lame delle scatolette ed altro. Due detenuti, un marocchino ed un rumeno, sono stati violentemente colpiti e si è reso necessario portarli all’Ospedale».
Pare che le ragioni dello scoppio di violenza siano scaturite da in precedenti alterchi tra alcuni dei detenuti coinvolti nella rissa: «La rissa, breve ma violenta, solo per il pronto Continue reading
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Diffondiamo da informa-azione
Assieme a parole di apprezzamento per il presidio del 30 marzo, dal carcere di Tolmezzo sono arrivate alcune informazioni da diffondere.
Apprendiamo che Massimo Russo, comandante della squadretta di picchiatori, è stato trasferito dal carcere di Tolmezzo (a quanto si dice, in quello di Udine).
Gira anche voce che il carcere di Tolmezzo – dove già esistono una sezione di 41 bis e una di Alta Sorveglianza – debba diventare una struttura adibita in toto all’Alta Sorveglianza, con trasferimenti previsti per luglio.
Se mettiamo insieme queste informazioni con i nuovi progetti di AS previsti in Sardegna e con altre sezioni speciali costruite in fretta e furia in altre carceri (come a Ferrara), appare evidente che il dominio si sta preparando ai possibili conflitti fuori e dentro le prigioni con le armi classiche dell’isolamento e della differenziazione.
Questi progetti, così come la presenza di compagni e compagne in carcere, devono diventare parte concreta delle lotte.
Aspettare passivamente, per i nemici del dominio, sarebbe una pessima idea.
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Cuba, (TMNews) – Dopo nove anni di attesa, denunce e polemiche, il governo cubano ha aperto ai media le porte di “Combinado del Este”, la più grande prigione del Paese.A favor di telecamera, il carcere di massima sicurezza cerca di mostrare il suo lato migliore: gli interni del cortile sono curati, con grandi spazi in cui detenuti corrono e giocano, perfino a baseball, lo sport americano per eccellenza.”I detenuti vivono in collettività. Praticamente non ci sono incidenti. Lavorano e studiano, la famiglia gioca un ruolo importante nella preparazione all’inserimento nella società”, dice il colonnello Carlos Quintana.Una descrizione idilliaca di un carcere messo sotto accusa da anni dai dissidenti per le condizioni indecenti delle celle, che non si vedono mai nelle immagini recenti, e del cibo definito “peggiore di quello che si dà agli animali”. Denunce suffragate anche da video girati con la telecamera nascosta e poi pubblicati su Internet su canali come “Derechos humanos a Cuba” e da testimonianze dirette come quella del prigioniero Reynol Vicente Sanchez, che in una lunga lettera qualche anno fa raccontava delle celle minuscole, invase da topi e scarafaggi, del caldo soffocante. “Queste condizioni disumane – scriveva sono degradanti per i detenuti”.
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Pavia, 9 aprile 2013 – Acqua che entra anche negli alloggi degli agenti penitenziari, oltre che nelle aree riservate ai detenuti e nelle parti comuni. Il carcere di Pavia, diretto da Jolanda Vitale, al suo quarto di secolo di vita, mostra tutti i segni del tempo. Segni che si trasformano in muffa non certo salutare per chi lavora all’interno della struttura o vi è recluso. L’ha vista ieri il deputato di Sel, Franco Bordo in visita a Torre del Gallo. E ora la fatiscenza della struttura sarà oggetto di un’interrogazione urgente che verrà presentata al ministro della Giustizia, Paola Severino.
«Non è un fatto nuovo — ha detto il deputato — ma è preoccupante sia perché la struttura non è molto vecchia, sia perché da anni la direzione chiede fondi a Roma per effettuare interventi di manutenzione. E da anni resta inascoltata, mentre la situazione peggiora. Ora vedremo se si potranno ottenere delle risorse da utilizzare magari anche per nuovi progetti».
Come molte altre carceri italiane, infatti, anche Pavia vive un problema di sovraffollamento con 484 detenuti ospitati negli spazi pensati per 220. «E l’organico degli agenti di Polizia penitenziaria che sulla carta è di 280 uomini — ha aggiunto il deputato — in realtà è di 220 effettivi che tra servizi di trasporto esterno effettuati non solo per Pavia, si riducono ulteriormente, raggiungendo i 191 agenti. Siamo sotto organico. Una situazione che sarà ancora più difficile nei prossimi mesi, quando sarà disponibile il nuovo padiglione da 300 posti». Con l’ampliamento non sono previsti potenziamenti dell’organico.
«E questo preoccupa molto il personale — ha proseguito Bordo — anche quello dell’unità medico-infermieristica perché non ci saranno più servizi. Anzi paradossalmente sono destinate a peggiorare anche le condizioni di vita, visto che ci saranno celle più grandi, ma gli spazi comuni come le aule scolastiche, le sale colloqui o l’infermieria si dovranno dividere tra tutti i detenuti». Anche su queste difficoltà il guardasigilli sarà chiamato a dare delle risposte. «Senza risorse umane — ha concluso il deputato — con l’ampliamento il carcere rischia il collasso. Oggi si cerca di ovviare al problema del sovraffollamento tenendo le celle aperte. Va bene, ma non basta».
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Commenti disabilitati su Pavia – Piove dentro il carcere sovraffollato | tags: anticarceraria, CordaTesa, infiltrazioni d'acqua, pavia, piove dentro il carcere, situazione carceraria, sovraffollamento, torre del gallo | posted in Contro carcere, CIE e OPG, Dentro le mura, Tutti
Niente più cibo avariato ai detenuti del carcere. La direzione della casa circondariale di Montorio, il garante dei detenuti, l’Ulss 20 e ora anche la Procura: tutti in campo per difendere il diritto delle persone che si trovano recluse a mangiare alimenti di qualità. E ora c’è anche l’inchiesta aperta dalla procura di Verona. Dopo l’appello lanciato da Margherita Forestan, la garante dei detenuti, la procura ha infatti aperto due procedimenti per far luce sul servizio di fornitura del cibo, il cosiddetto «vitto» e «sopravvitto». Ogni giorno, infatti, varcano i cancelli di Montorio decine di casse di frutta e verdura, carne e pacchi con altra merce ma spesso, secondo quanto rivelato dalla stessa Forestan, si tratta di prodotti avariati o dall’oscura provenienza. Capita, infatti, che i detenuti siano costretti a gettare gli alimenti nel cestino e ad acquistare a proprie spese altro cibo attraverso il “sopravvitto”, gestito sempre dalla stessa azienda toscana vincitrice dell’appalto per la fornitura dei generi alimentari per la cucina (di cui al momento non è stato fornito il nome). «È snervante dover controllare ogni cosa che arriva, non si può lavorare in questo modo: può capitare che qualche prodotto non sia perfetto, ma dev’essere una tantum, non la prassi», commenta la garante dei detenuti. «Se invece non ci sono verifiche quotidiane, il rischio è che nei piatti finisca di tutto: fortunatamente la direzione è molto sensibile a questo problema». E infatti la questione è stata più volte oggetto di segnalazioni, ma ciò non sarebbe servito a far cambiare modus operandi alla società. Così nei mesi scorsi, il servizio Igiene dell’Ulss 20 è stato incaricato di effettuare alcuni prelievi sul cibo fornito ai detenuti e dalle verifiche sarebbe emerso che effettivamente i prodotti erano avariati: gli ispettori dell’Ulss hanno, dunque, depositato due denunce in Procura. A occuparsi delle indagini è ora il pm Elisabetta Labate. Inoltre, il procuratore capo Mario Giulio Schinaia ha segnalato il problema anche a Roma, alla Direzione generale dell’amministrazione penitenziaria, per far presente la situazione della casa circondariale di Montorio, simile con tutta probabilità a quella di altre carceri italiane. Nell’ottica di contenere le spese, infatti, talvolta gli appalti vengono affidati a imprese, che poi non sono in grado di garantire gli standard qualitativi previsti dal bando. Un tema caldo, se si considera che l’appalto della Direzione regionale delle carceri, con sede a Padova, per il servizio di fornitura del cibo a Montorio sta per scadere e che nelle prossime settimane verrà indetto il nuovo bando per l’assegnazione. L’auspicio di tutti è che i criteri siano più rigidi e che il prossimo fornitore si impegni a rispettarli.
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I numeri da soli, seppur ampiamente significativi, non bastano a dipingere quel report di drammi che si susseguano nel carcere di Poggioreale. A confermare la tragica situazione dei detenuti è stato il deputato del Pd Sandro Gozi, ieri in visita nella casa circondariale napoletana. Un giro ispettivo in cui Gozi è stato accompagnato da Yuri Guaiana, segretario dell’associazione radicale “Certi diritti”, e da Roberto Gaudioso, tesoriere dell’associazione radicale “Per la grande Napoli”.
La delegazione ha fatto ingresso nel carcere di Poggioreale alle 10 e ha poi tenuto una conferenza stampa all’uscita del carcere. Per il deputato Gozi questa di ieri è stata la prima visita al carcere napoletano: «La situazione è grave – ha spiegato – il carcere di Poggioreale ha il triste record del carcere più sovraffollato d’Europa. Siamo a una popolazione carceraria di oltre 2.700 persone quando, in base al regolamento, dovrebbero essere 1.600, quindi questo è un problema enorme, soprattutto nel padiglione Napoli».
Se la situazione carceraria è oggi esplosiva, con problemi di sovraffollamento e carenze strutturali spalmate sul tutto il territorio, il “casermone” di Poggioreale rappresenta il termometro del sistema sull’orlo dell’esplosione. Una situazione grave e proprio per le condizioni delle patrie galere, l’Italia ha incassato una pesante sanzione da parte da parte della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo. Secondo direttive europee, infatti, ogni detenuto ha diritto a 9 metri quadrati di spazio, a Poggioreale, in molte celle, proprio per il sovraffollamento, molti detenuti non possono neanche restare in piedi contemporaneamente. «Nel padiglione Napoli – ha continuato Gozi – ci sono 8 detenuti per cella, ma ci hanno detto che arrivano anche a 10 quindi è evidente che i detenuti sono ammassati gli uni sugli altri. Siamo, quindi, molto lontani dalle norme europee e da quelle sentenze che ci hanno condannato e che continueranno a condannarci se devo giudicare la risposta dello Stato».
La visita ispettiva di Ieri ha riguardato principalmente i padiglioni “Napoli” e “Roma”: le zone del carcere, dove presenti tossicodipendenti, detenuti per reati connessi allo spaccio, e nel padiglione Roma i”sex offenders” (detenuti per reali sessuali) insieme con omosessuali e transgender divisi su piani diversi. La situazione più critica per Sandro Gozi riguarda i detenuti in attesa
di cure: « Ho parlato con un detenuto cardiopatico – ha detto il deputato Pd – molto preoccupato perché non sapeva quando avrebbe ricevuto un intervento in cui era in attesa e anche il suo compagno di cella, un uomo con problemi di deambulazione e costretto su una sedia a rotelle, che non sapeva il programma di cura da seguire. Inoltre, c’è una totale assenza, in relazione ad una carenza di risorse, dei trattamenti psicologici. Siamo, infatti, a 13 ore al mese di assistenza psicologica per 2.700 detenuti».
Una vita in promiscuità quella dei detenuti senza spazi e spesso chiusi tutto il giorno in cella molte volte con il blindato chiuso. Gozi ha parlato anche dell’abuso della carcerazione preventiva e dell’amnistia: «C’è bisogno dell’amnistia – ha chiarito -. Ho presentato una proposta di legge alla Camera per i reati commessi entro il 14 marzo del 2013 con pene detentive non superiori ai quattro anni, se la legislatura parte spero ci sia una forte sensibilità e una singola valutazione da parte dei deputati»
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«Spazi carenti, poca igiene e sovraffollamento sono problemi comuni per chi vive in carcere. Ma per le donne una vita dietro le sbarre significa anche altro: ginecologi o pediatri spesso irreperibili, difficoltà a procurarsi assorbenti e saponi per l’igiene intima, senza contare poi il problema dei bambini detenuti».
Riccardo Arena conduce su Radio Radicale il programma «Radio carcere»: da oltre dieci anni, riceve e legge in diretta le lettere che i detenuti di ogni parte d’Italia gli inviano ogni settimana. Racconta così, attraverso la loro voce, le storie di chi sta dentro (o di chi ci è stato). Alcune, una piccola parte, sono di donne.
«Quando ero dentro non ho avuto il ciclo per diversi mesi», dice una ragazza di 23 anni. «La causa, secondo il medico del carcere, era lo “stress da detenzione”. Quando sono uscita mi è stata diagnosticata una menopausa precoce: rischio di diventare sterile». «Non abbiamo il bidè e spesso non possiamo neanche farci la doccia perché manca l’acqua calda», raccontano Stefania, Anna e Laura, rinchiuse a Benevento. «Siamo arrivate ad essere anche otto nella stessa cella, con un solo bagno, uno spazio dove cucinavamo anche», spiega Silvia, ex detenuta a Rebibbia.
Ricorda Maria:
«Mi si sono rotte le acque in carcere. Solo dopo un’ora, quando è arrivata l’autorizzazione del giudice, mi hanno portato in ospedale. Ci sono rimasta il tempo per partorire. Dopo tre giorni io sono tornata in carcere mentre mio figlio è rimasto in clinica: l’ho allattato a distanza tirandomi il latte con il tiralatte».
Racconti di una minoranza. In Italia le donne in carcere sono pochissime: 2818, il 4% del totale. Vivono ristrette in uno dei 5 istituti femminili (Trani, Pozzuoli, Roma Rebibbia, Empoli e Venezia Giudecca) o in una delle 52 sezioni presenti all’interno delle carceri maschili. Le loro storie spesso sono poco conosciute. Se il cinema si è concentrato più sulle realtà maschili, un’eccezione è «Le jardin des merveilles», di Anush Hamzehian, documentario girato all’interno di Venezia Giudecca (presentato nell’ambito della rassegna «Effetti Personali», del Festival «Il Cinema Italiano visto da Milano», che include molte opere realizzate all’interno delle case di reclusione, sia milanesi sia di altre città italiane, fino al 14 aprile). E quindici cortometraggi dedicati alle donne detenute saranno proeittati il 13 aprile all’interno del Valsusa Filmfest.
Per gran parte di loro i figli sono forse il capitolo più doloroso. Ad oggi sono una cinquantina quelli che vivono «dietro le sbarre» insieme alle proprie madri:
«Quando sono entrata mio figlio aveva appena 11 mesi», racconta Gabriella. «Dentro ha imparato ben presto ad essere detenuto, dal linguaggio («agente, mi apri?», «mamma, andiamo al colloquio con l’avvocato?) alle perquisizioni («apriva lui le gambe davanti all’agente, alzava anche le braccia da solo)».
E se gli occhi dei più piccoli «rispecchiano un ambiente in cui ci sono solo urla, malattie e suicidi», come si resiste? «Inventando favole, raccontando loro che è tutto un gioco». Strategie in stile «La vita è bella». Lo choc maggiore arriva però quando il bimbo compie tre anni: è il momento in cui la legge prevede che il minore debba uscire.
«Mio figlio si è aggrappato ad un cancello, si è girato e mi ha detto: “Perché mi fai andare via?. Poi è finito tra le braccia di un agente, che l’ha portato via».
La maternità si interrompe.
Ad oggi c’è solo un’eccezione che dimostra come un’alternativa a tutto questo sia possibile. L’Icam – Istituto a custodia attenuata per detenute madri fino a tre anni – nato a Milano nel 2007: qui una decina di donne, perlopiù straniere, vivono in una struttura dove vigono le stesse regole del carcere. Ma in luoghi senza sbarre e controllate da agenti in borghese. La mattina i bimbi vengono portati al nido di zona, mentre le madri rimangono dentro, impegnandosi in attività volte al recupero sociale. «È questo l’esempio da seguire», riprende Riccardo Arena. E in questa direzione va la «legge Alfano» sui bimbi in carcere. Approvata nel 2011, entrerà in vigore nel 2014: a meno di particolari esigenze cautelari di «eccezionale rilevanza», le detenute incinte o con bambini fino a 6 anni non saranno più chiuse in cella ma sconteranno la pena in strutture apposite.
«Peccato che queste strutture per ora non ci sono», puntualizza Arena. «E visto che la legge non riguarda tutte le detenute, ciò significa che i bambini in carcere continueranno ad entrare. Invece di una legge, servirebbe un accordo amministrativo, proprio come è successo a Milano».
«Se non avessero infranto la legge ora avrebbero a che fare con le faccende di casa o con i lavori di sempre», ha detto il presidente russo Putin, parlando qualche tempo fa delle detenute più famose degli ultimi tempi, le Pussy Riot. Una dichiarazione (riportata nel libro «Free Pussy Riot» di Alessandra Cristofari) che sottolinea, suo malgrado, un aspetto fondamentale della detenzione al femminile. Il carcere vuol dire anche separazione dalla propria realtà sociale e «le donne ne sono colpite più violentemente degli uomini», ha spiegato in un’intervista a «Ristretti Orizzonti» Donatella Zoia, medico dell’Unità operativa per le tossicodipendenze a San Vittore:
«Nella società sono solitamente loro a portare il maggior peso di responsabilità affettiva. Quando una donna finisce in carcere, fuori ci sono sempre i figli, una madre, un padre e, a volte, anche un marito che contavano su di lei e che restano “abbandonati” e senza sostegni. E così la detenuta oltre al peso della carcerazione, si sente colpevole per averli lasciati soli, si sente responsabile per non poter far nulla per loro e somatizza il suo malessere».
Le conseguenze fisiche sono evidenti, dicono gli operatori: disturbi al ciclo mestruale, ansia, depressione, ma anche anoressia e bulimia.
Ci potevano pensare prima, dirà qualcuno. Ma come ha ricordatoLaura Boldrini nel suo discorso di insediamento alla Camera non si dovrebbe forse stare accanto
«ai tanti detenuti che oggi vivono in una condizione disumana e degradante, come ha autorevolmente denunciato la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo».
E per le donne ciò non dovrebbe volere dire anche proteggere la maternità e la femminilità?
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Brescia, 7 aprile 2013 – «Come si vive a Canton Mombello? Eravamo sette in una cella da sei di due metri per quattro con sei brande, sei armadietti, un tavolo, un frigo e quattro sgabelli. Lascio un po’ immaginare». Il problema del sovraffollamento a Canton Mombello è ormai noto ma sorprendono sempre i racconti di chi il carcere l’ha vissuto. Come Vincenzo, uscito quattro mesi fa dopo una detenzione di sei mesi per furto e che ieri era nel piazzale della casa circondariale, in occasione della visita del deputato bresciano di Sel. «Era impossibile aprire la finestra per arieggiare, i vestiti bisognava lavarli a turni e là dentro, credetemi, non c’è un buon odore – racconta -. Dalle celle si esce solo un’ora e mezzo al mattino e un’ora e mezzo al pomeriggio. Per il resto della giornata si sta a porte chiuse». A oggi nel carcere, costruito per 208 persone, ce ne sono 450, circa un centinaio in meno rispetto al picco del 2012 ma comunque troppi.
Vincenzo racconta che in una cella di 20 metri quadrati vivevano addirittura in 22 con due bagni. «Con tutte le conseguenze anche per l’igiene – aggiunge -. Ricordo che, quando ero dentro, per un periodo hanno chiuso la sala del biliardino per scabbia. Io stesso sono stato in cella per 15 giorni con un detenuto che aveva la tubercolosi, che poi è stato trasferito altrove». A marzo scorso un altro detenuto era stato ricoverato al Civile per tubercolosi, che, secondo il personale sanitario, era stata contratta prima di entrare in carcere. I casi di malati, dunque, potrebbero essere diversi.
Tanto che il Comitato per la chiusura del carcere presenterà la settimana prossima un esposto alla Procura, alla Corte europea dei diritti dell’uomo, oltre che ad Asl e sindaco, per denunciare le condizioni di vita dei detenuti e la possibilità di un’epidemia di tubercolosi. «Si tratta di una malattia che si può presentare in forma attiva e in forma latente – precisa Beppe Corioni -. Le condizioni igieniche carenti, come il non ricambio di aria, ne favoriscono lo sviluppo. Vogliamo che si faccia chiarezza».
Un po’ di sollievo potrebbe arrivare in occasione dell’apertura del carcere di Cremona. «Il nuovo carcere a Brescia – interviene Marco Fenaroli, candidato alle primarie del centrosinistra di Brescia -? Il Pgt ha individuato l’area ma non c’è nessun riferimento a un nuovo istitutonel Piano carceri nazionale. Chissà quando si farà». Intanto Sel si sta già muovendo per avanzare tre proposte di legge: introdurre il reato di tortura, abrogare il reato di clandestinità e abolire la legge sulla recidiva. «Canton Mombello è un vero e proprio lager nella civile Brescia – argomenta – Luigi Lacquaniti, il deputato bresciano di Sel -. Encomiabile, anzi quasi eroico, il lavoro del personale e dell’amministrazione penitenziaria. Ma non è possibile mantenere questa situazione».
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Ci sono detenuti con il cancro, la leucemia, il diabete, l’Alzheimer, l’epilessia. Per non dire dei disabili. E nelle carceri italiane sono quasi sempre abbandonati come bestie. Una vergogna a cui bisogna mettere fine
Antonio respira a fatica, si trascina zoppicando appoggiandosi al muro. I suoi passi lenti dalla cella all’infermeria sono un calvario quotidiano che percorre quasi nell’oscurità. Il diabete gli ha portato via la vista e il piede sinistro è ormai consumato dalla cancrena. Michele, invece, quando è entrato a Rebibbia pesava più di novanta chili. Oggi, divorato dall’anoressia, non arriva a trentotto.
Nei penitenziari italiani Antonio e Michele non sono eccezioni. L’elenco di reclusi con patologie gravi è sterminato: ci sono persone colpite dall’Alzheimer e dal cancro, leucemici ed epilettici come ha raccontato “l’Espresso” un mese fa. Dati ufficiali non esistono ma secondo le stime di alcune associazioni – tra cui Antigone e Ristretti Orizzonti – il 47 per cento dei detenuti ha bisogno di assistenza per seri problemi medici o psicologici: quasi 31 mila persone tra le 66 mila e 685 rinchiuse negli istituti di pena.
Adesso il caso di Angelo Rizzoli ha permesso di aprire uno squarcio su questi drammi: i legali hanno denunciato la situazione dell’editore settantenne arrestato per bancarotta, provocando interrogazioni parlamentari e l’intervento del Guardasigilli. Rizzoli soffre di sclerosi multipla ma nella sezione detenuti dell’ospedale Pertini di Roma non c’è la possibilità di fisioterapia e quindi il morbo stava avanzando. Il Tribunale del Riesame gli aveva negato la possibilità di andare ai domiciliari ma adesso il gip lo ha autorizzato: potrà curarsi in un centro adeguato.
Più a Nord, nel carcere di Busto Arsizio esiste un reparto di fisioterapia completamente attrezzato: non è stato mai aperto. Uno spreco e un paradosso rispetto al panorama disastroso delle prigioni italiane: ci sono istituti clinici solo in tredici penitenziari su 207. La Corte europea dei diritti dell’uomo è stata perentoria: «Le disfunzioni strutturali del sistema penitenziario non dispensano lo Stato dai suoi obblighi verso i detenuti malati». Chi non assicura terapie adeguate viola la Convenzione europea e all’Italia sono già state inflitte diverse condanne. L’ultima lo scorso gennaio: un detenuto di Foggia, parzialmente paralizzato e costretto a scontare la pena in una cella di pochi metri quadrati, verrà risarcito per il danno morale. Una sentenza poco più che simbolica: lo Stato dovrà pagargli 10 mila euro.
Spesso però il danno più grave viene dalla burocrazia, che impedisce di fatto le cure specifiche. L’acquisto dei farmaci deve essere autorizzato dal direttore, mentre i ricoveri e persino le visite urgenti passano attraverso procedure lente e complesse, con effetti disumani. Certo, bisogna impedire le fughe e i contatti con l’esterno: il trasferimento in centri clinici è uno strumento utilizzato soprattutto dagli uomini di mafia per evadere o mantenere i rapporti con i clan. Ma, a causa della carenza di mezzi e organici, troppe volte diventa impossibile organizzare il trasporto in ospedale, che prevede la sorveglianza costante da parte degli agenti. Così soltanto a Roma nelle ultime settimane quattro persone sono morte nei penitenziari.
Anche i disabili faticano a ricevere assistenza adeguata. Nelle carceri italiane sono quasi mille. Come Cataldo C., 65 anni, detenuto a Parma per reati di droga. Nel 1981 è stato colpito da un proiettile e il trauma midollare lo ha costretto sulla sedia a rotelle. Da allora deve sottoporsi a una particolare terapia riabilitativa, la idrokinesiterapia, con iniezioni al midollo spinale, per alleviare il dolore e permettergli un parziale recupero. I medici hanno più volte dichiarato la sua totale incompatibilità con il carcere, che fra l’altro non ha ambienti idonei per chi si muove sulla sedia a rotelle. Le istanze presentate dal difensore Francesco Savastano sono state bocciate e oggi l’uomo non può più neppure sottoporsi alle iniezioni: Cataldo C. ha perso anche quel poco di mobilità che era riuscito a recuperare grazie alle cure.
Dietro le sbarre moltissimi detenuti si ammalano di anoressia. Arrivano a perdere più della metà del peso e si riducono a larve umane, esposte a traumi e infezioni. Alessio M., 48 anni, dal 2011 è recluso ad Avellino, in attesa di giudizio per usura. A raccontare la sua storia attraverso l’associazione “Detenuto Ignoto” è la moglie Lucia: «Soffre di una forma di idrocefalo che gli provoca mal di testa lancinanti, parzialmente curati con un drenaggio alla testa di cui è tuttora portatore».
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