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Carceri, il Consiglio d’Europa boccia il 41 bis e denuncia il preoccupante sovraffollamento (ancora…)

cordatesaStrasburgo bacchetta l’Italia sulla condizione dei nostri detenuti. Il rapporto del Cpt, dopo l’ultima visita, fotografa una situazione “preoccupante” anche per maltrattamenti e scarsa igiene in cella

Rivedere il regime di detenzione regolato dall’articolo 41-bis. Il Comitato per la Prevenzione della tortura del Consiglio d’Europa chiede all’Italia di modificare il regime di carcere duro, allentando le misure più severe. Nel rapporto pubblicato oggi dopo la visita condotta dal Comitato nel maggio del 2012 nelle carceri italiane, si spiega che l’Italia dovrebbe garantire ai detenuti in 41-bis “un più ampio ventaglio di attività significative” e “almeno quattro ore al giorno fuori dalle loro celle assieme ad altri detenuti”.

Ai detenuti in regime di carcere duro, inoltre, “va garantito il diritto di accumulare i diritti alle visite che non sono stati utilizzati” e “vanno autorizzate telefonate più frequenti, indipendentemente se nello stesso mese sono state ricevute visite”.

In ogni caso, e “a scanso di dubbi”, il Comitato riconosce che “per combattere efficacemente il problema della criminalità organizzata in casi singoli devono essere previste misure speciali di detenzione e di sicurezza”.

Serio sovraffollamento, maltrattamenti, uso eccessivo della forza da parte delle forze di polizia, scarsa igiene. Questa la fotografia delle carceri italiane scattata dal Comitato nell’ultima visita. Nel rapporto il Comitato esprime “preoccupazione per il sovraffollamento persistente delle prigioni italiane”.

Nel carcere di Vicenza la delegazione del Cpt ha ricevuto numerose accuse di maltrattamenti fisici, come calci e pugni. Inoltre “un serio sovraffollamento è stata una delle ragioni di preoccupazione in tutti gli istituti visitati. Per esempio nel carcere di Bari la delegazione ha trovato 11 detenuti in una cella di 20 metri quadrati.

Le condizioni materiali, scrive nel rapporto la corte di Strasburgo, “erano per molti aspetti adeguati negli istituti visitati, con l’eccezione dell’Ucciardone di Palermo, dove gran parte delle celle erano in cattivo stato di conservazione e il livello di igiene lasciava molto a desiderare”. Le strutture sanitarie sono di “buon livello nelle strutture visitate, ma rimane problematica la garanzia della riservatezza delle visite mediche dei detenuti e dei dati medici”.

La delegazione, inoltre, ha ricevuto una serie di denunce di maltrattamenti fisici da parte di polizia e carabinieri, in particolare nella zona di Milano e soprattutto su cittadini stranieri. Per quanto riguarda la detenzione di cittadini stranieri sulla base della legge sull’immigrazione, il Cpt ha ricevuto alcune denunce sull’uso eccessivo della forza da parte di carabinieri e agenti di polizia durante le operazioni di ricerca nel Cie di Bologna.

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Carceri, Italia ancora strigliata dall’Europa

anticarc_ACDetenuti stipati in celle troppo piccole, nelle quali lo spazio a disposizione è inferiore a tre metri quadrati. Un trattamento inumano e degradante, per il quale la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo conferma la condanna dell’Italia, rigettando la richiesta per il riesame del ricorso Torreggiani davanti alla Grande Camera.

La sentenza emessa lo scorso 8 gennaio dai giudici di Strasburgo, diventa così definitiva e l’Italia ha un anno di tempo per trovare una soluzione al sovraffollamento carcerario e introdurre una procedura per risarcire i detenuti che ne sono stati vittime. Il procedimento giudiziario, infatti, nasce dalla denuncia di sette detenuti nel carcere di Busto Arsizio e in quello di Piacenza, ai quali lo Stato dovrà pagare una somma totale di 100 mila euro per danni morali, Continue reading


Condanna Italia per detenuto Foggia

europaSTRASBURGO, 29 GEN – L’amministrazione penitenziaria del carcere di Foggia non ha fornito cure adeguate a un detenuto, Bruno Cirillo, affetto da una paralisi parziale del braccio sinistro. La Corte dei diritti dell’uomo ha quindi condannato oggi l’Italia per trattamento inumano e degradante del detenuto riconoscendogli un risarcimento per danni morali di diecimila euro.


Pestaggi a San Sebastiano, interviene l’Europa

SASSARI. «San Sebastiano, una Guantanamo ante litteram». Dove nel 2000 la violenza di agenti della Penitenziaria contro una trentina di detenuti – in quella che i giudici hanno ribattezzato «galleria degli orrori» – «fu un vero e proprio atto di tortura».

omicidioSono passati tredici anni da quegli abusi, otto trascorsi in un’aula di Tribunale per arrivare a una sentenza di prescrizione. Ma solo ora, per uno dei reclusi che subì umiliazioni da chi doveva prendersene cura, botte con pezze bagnate, manganellate sui genitali, ora forse si apre lo spiraglio della giustizia europea. La Corte di Strasburgo ha avviato l’istruttoria per l’allora detenuto V.S., originario del Sassarese, che si è rivolto ai magistrati garanti della Convenzione sui diritti dell’uomo per violazione dell’articolo 3, che vieta la tortura e «pene o trattamenti inumani o degradanti». Il ragionamento del suo avvocato, Giuseppe Onorato, è semplice. V.S., come tantissimi altri “ospiti” del carcere sassarese, in quel 3 aprile 2000 era affidato all’amministrazione penitenziaria. Eppure, è la stessa sentenza di primo grado (2009) a riconoscere come «la Repubblica italiana non sia stata in grado di garantire il rispetto dei diritti fondamentali riconosciuti dalla Convenzione». Dunque, chiede alla Corte di condannare il nostro Paese, così come l’8 gennaio Strasburgo ha fatto con la sentenza che ci bacchetta per la stessa violazione – trattamento inumano e degradante – ma per il sovraffollamento nelle galere di Stato. Un verdetto che ha riaperto il dibattito sulla necessità di codificare il reato di tortura, che avrebbe potuto evitare, ad esempio, la prescrizione delle lesioni inflitte dagli agenti di polizia alla Diaz, durante il G8, in qualche modo simili a quelle di San Sebastiano. Perché quello di tortura sarebbe un reato che il tempo non può scalfire. V.S. non ha ottenuto alcun risarcimento per essere passato attraverso la «galleria degli orrori», caso che sollevò un’onda di indignazione in tutta Italia. Anche per la freddezza con la quale sarebbe stata portata avanti. Quella esplosa tra le mura dell’istituto sembrò violenza su commissione dell’allora amministrazione penitenziaria regionale, con agenti chiamati da altri penitenziari. Ma la verità processuale sconfessa in parte questa ricostruzione. Dopo le botte molti detenuti vennero trasferiti per evitare contatti con i parenti e denunce. Forse proprio per l’unicità del caso, a tre anni dal ricorso, la Camera – così si chiama il collegio composto da 7 giudici – sta valutando il merito delle richieste e ha informato la parte convenuta, cioè il Governo italiano. Lo ha comunicato all’avvocato del ricorrente con una lettera datata 8 gennaio.

Alla rappresentanza nostrana a Strasburgo si impone di rispondere a sei quesiti entro il prossimo 30 aprile, poi potrebbe essere fissata la data di udienza e sentenza. All’Italia si chiede, ad esempio, se chi è stato processato per quei fatti sia poi stato oggetto di procedimenti disciplinari e quali sanzioni, eventualmente, abbia subito. E poi se il ricorrente abbia la possibilità di ottenere una “compensazione” economica in altri modi; se l’inchiesta penale, alla luce della tutela processuale, abbia soddisfatto i criteri della Convenzione, oppure se il detenuto non abbia già ottenuto un ristoro per quei fatti. Ma non potrebbe mai averlo avuto, proprio perché non si può chiedere il risarcimento per un reato che non esiste, la tortura.

All’inaugurazione dell’Anno giudiziario il primo presidente della Cassazione, Ernesto Lupo, ha ricordato come sull’introduzione di questa fattispecie nel nostro ordinamento, l’Italia sia «in notevole ritardo».

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Carceri, l’Ue: «Italia viola i diritti umani»

fiondaLa Corte europea dei diritti umani «invita l’Italia a risolvere il problema strutturale del sovraffollamento delle carceri, incompatibile con la convenzione Ue». Con queste parole la magistratura di Strasburgo condanna il belpaese per il trattamento inumano e degradante (violazione dell’articolo 3) di 7 carcerati detenuti nell’istituto penitenziario di Busto Arsizio e in quello di Piacenza.

I detenuti erano rinchiusi in gruppi di 3 in celle di 9 metri quadrati, ovvero scontavano la loro condanna in uno spazio inferiore ai 3 metri quadrati, senza acqua calda e in alcuni casi privi di illuminazione insufficiente, ha denunciato la Corte, invitando l’Italia a porre rimedio alla questione entro un anno e a pagare ai sette carcerati un ammontare totale di 100 mila euro per danni morali. La Corte ha infine osservato che nella fattispecie le due carceri, in grado di accogliere non oltre 178 detenuti, nel 2010 ne ospitarono 376, toccando un picco massimo di 415 detenuti.