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Nel carcere di Avellino manca acqua

cordatesa(Adnkronos) – “L’apertura del nuovo padiglione detentivo all’interno del carcere di Avellino, che ha visto aumentare i detenuti da 450 a 650 unita’, ha mandato in tilt la fornitura dell’acqua e i poliziotti sono costretti a chiudere l’acqua in determinate fasce orarie della giornata per consentire all’impianto idrico di riacquistare pressione per la successiva erogazione con evidente malessere presso la popolazione reclusa, destinato a crescere nella imminente stagione estiva con ricadute sul piano della sicurezza e delle condizioni igienico-sanitarie”. Lo denunciano in una nota il segretario generale del sindacato autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, Donato Capece, e il segretario nazionale Emilio Fattorello, che questa mattina hanno incontrato a Roma la Vice Capo Dipartimento Amministrazione Continue reading


Caso di tubercolosi in carcere

greece-protestAVELLINO – Nella serata di ieri è stato ricoverato d’urgenza al reparto infettivo dell’ospedale Moscati, un detenuto straniero, 44enne, di origini rumene. L’uomo è stato ricoverato per una sospetta tubercolosi acuta. Il detenuto è stato già ricoverato nel mese di marzo e poi dimesso con la diagnosi di: “soggetto affetto da tubercolosi polmonare”, facendo rientro in istituto penitenziario insieme agli altri detenuti.

La notizia del caso di tbercolosi fa subito il giro del penitenziario, creando un giustificato allarmismo. Specie per i compagni di cella. Sulla vicenda interviene anche il Sappe che chiede spiegazioni al direttore del carcere per accertare che siano state messe in atto le dovute tutele che prevedono uno specifico e rigoroso protocollo di prevenzione e profilassi finalizzato a scongiurare un possibile e facile contagio tra Continue reading


Colpito da arresto cardiocircolatorio, detenuto salvato dagli agenti

sufferAVELLINO – Colpito da arresto cardiocircolatorio, un detenuto del carcere di Bellizzi è stato salvato dalla Polizia Penitenziaria. L’episodio a poche ore dalla violenta aggressione ad una agente. Apprezzamento è stato espresso dal Sappe ai colleghi del reparto «che con il loro tempestivo intervento hanno salvato la vita ad un detenuto, intervenendo immediatamente». Un intervento determinante, che ha consentito al medico e al personale infermieristico del presidio ospedaliero di attivare il defibrillatore e rianimare l’uomo, permettendo al cuore di tornare a battere.

«Nell’istituto è immediatamente giunto il personale del 118 e l’uomo, poco più che quarantenne, è stato condotto all’Ospedale Moscati di Avellino, in pronto soccorso per essere sottoposto ad un delicato intervento al cuore e adesso, seppur le condizioni sono gravi, si trova fuori pericolo di vita».

Donato Capece, segretario generale del Sappe chiederà all’Amministrazione penitenziaria di Roma una adeguata ricompensa (lode o encomio) al Personale di Polizia che è intervenuto per salvare la vita al detenuto. «Si è trattato di un gesto eroico, da valorizzare, che nelle carceri italiane accade con drammatica periodicità: si pensi che nel 2011 e 2012 la Polizia Penitenziaria ha sventato oltre 2.000 tentativi di suicidio di detenuti e impedito che più di 10mila atti di autolesionismo posti in essere da altrettanti ristretti potessero degenerare ed ulteriori avere gravi conseguenze».

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In carcere per errore: 100mila euro di risarcimento

carcereAvellino – Dodici mesi di carcere per un criminale possono essere niente. Ma per una persona innocente sono devastanti. Ed è il caso di un rumeno che dopo aver trascorso un anno tra le mura del carcere da innocente, ha avviato – insieme al suo avvocato difensore Nunzia Napolitano – una battaglia legale per la ingiusta detenzione. E quella battaglia, vinta dopo tanti anni, gli ha cambiato la vita. In bene, naturalmente. Perché ha ottenuto il riconoscimento della ingiusta detenzione con il risarcimento di centomila euro. E per lui, straniero giunto in Italia per trovare lavoro e fortuna, 100mila euro sono tanti e bastano per cambiargli la vita.

Infatti, ha comprato già una casa per la famiglia in Romania, ha acquistato anche due furgoni per avviare un’attività di import-export tra Italia e Romania. Insomma, dopo anni di sofferenza, per il rumeno si è aperto uno spiraglio. Ed è anche il primo caso – almeno in Irpinia – di un risarcimento così cospicuo, nei confronti di uno straniero. Spesso e volentieri, infatti, sono protagonisti di casi di violenza e criminalità. Invece, il giovane era giunto in Italia per aiutare la famiglia, lavorando onestamente. Ma la sfortuna ha voluto che dopo 15 giorni dal suo arrivo viene arrestato.

Il giovane, insieme ad altri tre era stato accusato di riduzione in schiavitù, sequestro di persona e rapina aggravata. Secondo gli investigatori costituivano, insieme ad altri due, una banda criminale che aveva sede a Serino. I quattro rumeni sono stati arrestati il 14 marzo del 2008. E dopo 12 mesi di carcere sono stati rimessi in libertà. I ragazzi, tutti di età compresa tra i 18 e i 20 anni, erano stati accusati ingiustamente. I poveri rumeni, in pratica sono stati soltanto vittime di calunnie da parte di un loro connazionale, che dopo la denuncia, è tornato nel suo paese.

Ma per fortuna è finita l’odissea per i giovani rumeni che erano arrivati in Italia per trovare lavoro e dopo 15 giorni si sono ritrovati chiusi in una cella, senza capire nemmeno il perché. Ma, nonostante siano passati cinque anni, al rumeno gli è stata riconosciuta l’innocenza. Questo anche grazie al lavoro svolto in questi anni dal suo avvocato Nunzia Napolitano che ha prodotto una lunga e corposa memoria difensiva. Ora il rumeno è tornato a casa, ma presto tornerà in Italia per avviare l’attività lavorativa che aveva in mente.

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Avellino: il carcere di Bellizzi Irpino… come quello iracheno di Abu Ghraib?

Nel carcere Bellizzi Irpino di Avellino ci sono dieci celle di isolamento. Dieci celle piccole, sporche, buie e rovinate, dove pare che accada di tutto. Maltrattamenti, violenze, abusi.

jailDieci piccole celle che ricordano, e non poco, ciò che accadeva nel carcere di Abu Ghraib…

“Nelle celle di isolamento del carcere di Avellino – racconta Paolo nell’ultima puntata di Radio Carcere su Radio Radicale – le persone vengono sistematicamente maltrattate. I detenuti vengono spogliati, picchiati e poi lasciati nudi su materassi bagnati, con addosso una coperta bagnata e vengono lasciati lì con la finestrella della cella spalancata. Ho passato un mese in quelle celle di isolamento e ne ho visti tanti trattati così”.

Ma perché una persona detenuta subisce questi maltrattamenti nel carcere di Avellino?

Secondo Paolo i motivi sono spesso banali. O perché si chiede pacificamente un trasferimento o perché si chiede di essere curati. “Ricordo un signore che chiedeva solo dei medicinali per essere curato – precisa Paolo – ebbene quel signore, è stato spogliato, picchiato e poi messo in una cella di isolamento con altri detenuti. Io l’ho visto quel signore con gli atri detenuti in quella cella ed è stato terribile. Erano in tre, nudi, infreddoliti e rannicchiati uno vicino all’altro sullo stesso materasso (ovviamente bagnato) sembravano tre cagnolini maltrattati. È stato agghiacciante!”.

Già agghiacciante. E non solo per il racconto di Paolo, ma soprattutto per la sistematicità, per il metodo che pare caratterizzare tali maltrattamenti.

“È vero – risponde Paolo – nelle celle di isolamento del carcere di Avellino c’è un metodo, un metodo ai maltrattamenti. Un metodo che viene attuato sistematicamente sempre dagli stessi agenti. Agenti che abbiamo ribattezzato “il clan”, proprio perché sono sempre gli stessi. Sono gli esperti delle torture che si consumano nel carcere di Avellino”.

Ora è lecito domandarsi: ma perché nessuno nel carcere di Avellino denuncia questi maltrattamenti?

Secondo Paolo, perché regna una grande omertà, e non solo tra gli agenti.

“Anche i medici – precisa Paolo – conoscono queste realtà, ma non fanno nulla per fermare le torture. Si limitano a passare davanti a quelle celle e a darci le gocce per farci dormire”.

E la direttrice del carcere?

“C’ero anche io quando la direttrice è passata davanti a quelle celle di isolamento – risponde Paolo – ha visto quei detenuti spogliati, ma nulla è stato fatto. Eppure, tempo fa un ragazzo è morto in quelle maledette celle di isolamento, o meglio, non ce l’ha fatta più e si è impiccato”.

Dunque, la prigione di Avellino come quella di Abu Ghraib?

Nell’impossibilità di verificare la veridicità del racconto di Paolo, si spera che la magistratura risponda a questa domanda.


Carceri che scoppiano: proteste a Bellizzi Irpino per le telecamere del sindacato

AVELLINO- Tensioni stamani nel carcere di Bellizzi Irpino per la visita di una delegazione sindacale della Uil-Penitenziari autorizzata dal Dipartimento della Amministrazione Penitenziaria (DAP) a scattare foto e girare video alle celle e alle sezioni detentive.

carcere-300x225Una visita sgradita per i detenuti sottoposti al 41 bis (carcere duro), che non volevano essere ritratti: i carcerati, secondo quanto reso noto dal Sindacato autonomo di polizia penitenziaria (Sappe) hanno manifestato il proprio dissenso dando vita alla ”battitura”, cioe’ picchiando le sbarre con oggetti di metallo.

L’ok dell’amministrazione penitenziaria a fare entrare macchine fotografiche e cineprese nella casa circondariale e’ stata definita come ”una decisione importante verso la trasparenza”, dai due componenti la delegazione, Eugenio Sarno eMassimo Spiezia, rispettivamente segretario generale e componente della Direzione Nazionale della UIL Penitenziari.

”Oggi non abbiamo potuto fotografare le celle perche’ l’autorizzazione e’ stata ritenuta generica e il comandante di Avellino ci ha chiesto di soprassedere a fotografare ambienti detentivi”, ha detto Sarno. ”Pur non condividendo tale impostazione abbiamo voluto seguire le sue indicazioni anche se cio’ ci ha privato della possibilita’ di documentare come celle sovraffollate con letti a castello a tre piani non consentano al personale di effettuare quei controlli di sicurezza, come la battitura delle inferriate, che a volte sono determinanti per evitare evasioni eclatanti come e’ avvenuto recentemente a Busto Arsizio”, ha concluso il segretario generale della Uil Penitenziari.

Il parere della Uil non e’ condiviso, invece, da Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria (SAPPE), che ha stigmatizzato la decisione dell’Amministrazione di concedere il nullaosta e chiesto le dimissioni di chi l’ha adottata: ”il carcere deve essere una casa di vetro, ma se non si rispetta il diritto alla privacy delle persone detenute e’ ovvio che queste si lamentano determinando tensione che solamente i poliziotti penitenziari devono poi fronteggiare”.

Fonte: eolopress.it