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Greenpeace, attivista napoletano nei guai: «Reato di pirateria»

cordatesaMOSCA – Aperta un’inchiesta per il reato di pirateria nei confronti dei trenta attivisti di Greenpeace fermati giovedì dalla guardia costiera russa dopo le proteste contro la piattaforma Prirazlomnaya di Gazprom.
FINO A 15 ANNI DI CARCERE Per questo tipo di reato la legge russa prevede fino a 15 anni di carcere. Tutti gli attivisti che hanno preso parte al raid – fa sapere il comitato investigativo russo che ha avviato l’inchiesta – saranno Continue reading


Turi e Nico sono liberi!

immagine_no_muos-400x3251_002da http://www.nomuos.info/ – Sono stati rilasciati Turi Vaccaro e Nicola Arboscelli.

Il GIP di Caltagirone ha respinto le tre misure cautelari sui due attivisti che giorno 22 si sono introdotti nella base arrampicandosi sulle antenne NTRF-8 della Marina Militare America.

I due vengono rilasciati in stato di libertà e senza alcuna misura cautelare; viene quindi respinte: la convalida di arresto, l’obbligo di firma e l’allontanamento da Niscemi dei due attivisti.

All’uscita Turi suona il flauto.

Un’articolo precedente al rilascio: Continue reading


Palestina – Due attivisti ISM arrestati, rischiano espulsione

riceviamo e diffondiamo:

Aggiornamenti:

Marco ha deciso di resistere alla deportazione ed urgono DONAZIONI per far fronte alle spese legali

Aggiornamento del 10 febbraio: attivista ISM in sciopero della fame!

Dave e Marco sono detenuti nel carcere di Givon e rischiano la deportazione.

palestina_0Uno di loro, Marco Di Renzo (54 anni), ha deciso di iniziare uno sciopero della fame da stasera(ieri sera per chi legge) in solidarietà con i prigionieri politici palestinesi e per protestare contro la sua espulsione illegittima. Ha deciso anche di smettere di prendere i sui farmaci per la pressione sanguigna, esponendo la sua vita a seri rischi date le sue condizioni di salute dovute ad una precedente tiroidectomia.

Le accuse contro di lui sono la presenza in una zona militare chiusa e l’aver aggredito un soldato con la sua macchina fotografica, accusa questa completamente falsa.

10 Febbraio 2013 | International Solidarity Movement, South Hebron Hills, Palestina Occupata.

Due attivisti dell’ISM (International Solidarity Movement), sono stati arrestati nel villaggio di Canaan e si trovano ora di fronte ad un procedimento di espulsione. Ci si aspetta che giungano di fronte al tribunale a Gerusalemme nel corso della giornata.

Forze di occupazione israeliane ieri hanno sventato due tentativi da parte di attivisti palestinesi di stabilire un nuovo villaggio vicino Yata, nelle colline a sud di Hebron, per protestare contro la politica d’insediamenti illegali di Israele. L’avamposto, denominato “Canaan Village”, è il quinto di una serie di accampamenti di protesta che sono stati messi in atto  in seguito alla costruzione di Bab Al-Shams il mese scorso. L’obiettivo di questi villaggi improvvisati è quello di riappropriarsi della proprietà palestinese della terra, attraverso azioni concrete, e di protestare contro gli insediamenti illegali di Israele.

Sabato mattina presto, circa 30 attivisti sono stati bloccati nel loro tentativo di costruire le tende, vicino all’insediamento Karmel, dai soldati israeliani che sono arrivati ​​sulla scena per rimuovere il telaio in acciaio delle tende e confiscare parte del materiale. “Siamo venuti qui per costruire un villaggio palestinese su terra palestinese, e per utilizzare liberamente la nostra terra nel modo che vogliamo. In quanto palestinesi, abbiamo il diritto di possedere questa terra.” Dichiara Younis Araar, attivista e coordinatore dei comitati popolari nel sud della West Bank.

Per nulla scoraggiati dal rapido intervento dell’esercito e la demolizione delle tende, gli attivisti si sono riorganizzate e si sono spostati vicino a Tuwani per ricostruire il villaggio intorno alle ore 9. Circa 40 attivisti, utilizzando il materiale residuo, hanno costruito una tenda e l’hanno circondata con dei muri di pietra, piantando nel suolo la bandiera palestinese. Così il villaggio di Canaan è stato ripristinato come proprietà palestinese in una zona di terra che si trova sotto la minaccia di confisca a causa delle estensioni previste per il vicino insediamento di Ma’on.

Il numero dei manifestanti è cresciuto, a poco a poco la popolazione nelle vicinanze e altri attivisti si sono aggiunti e sono entrati in azione, fino a raggiungere circa le 120 persone. Mezz’ora dopo l’arrivo dei manifestanti, l’esercito è arrivato sul posto ed ha dichiarato l’area, fra i canti degli attivisti palestinesi, zona militare chiusa. L’esercito ha poi utilizzato grandi quantità di “skunk water”(l’acqua chimica puzzolente) contro i manifestanti. Dopo aver disperso la folla, i soldati hanno sparato il getto d’acqua direttamente contro la tenda e gli attivisti che si erano rifiutati di abbandonarla, nonostante l’odore terribile, causando il crollo della tenda stessa sotto la pressione dell’acqua. Gli attivisti hanno abbandonato la tenda e l’esercito ha assunto il controllo dello spiazzo dove era situata la tenda, ormai distrutta.

Tuttavia, i manifestanti si sono rifiutati di abbandonare la zona ed hanno continuato a cantare rivolti verso i soldati. Vari giornalisti, fotografi e videoreporter si trovavano sul posto ed hanno documentato gli eventi. Senza alcun motivo apparente, i soldati improvvisamente balzarono in avanti, afferrando un videoreporter palestinese nel tentativo di arrestarlo, il che ha suscitato l’intervento della folla di attivisti che hanno funto da scudo nel tentativo d’impedire l’arresto. Sono seguiti scontri tra decine di manifestanti ed i soldati, che hanno condotto a numerosi arresti, tra cui almeno tre giornalisti ed un volontario italiano dell’ISM. Poco dopo, una donna è rimasta ferita a causa del tentativo di arresto da parte dei soldati, suscitando, di conseguenza, ulteriori scontri tra esercito ed i manifestanti che hanno cercato di proteggerla. Il risultato è stato un ulteriore arresto di un altro palestinese ed un volontario inglese dell’ISM. Secondo un portavoce dell’esercito, sono stati arrestati cinque palestinesi durante l’azione.

In seguito alla tenda rubata dall’esercito, ed ai diversi fotografi e videoreporter arrestati ed intimiditi, la protesta sembra perdere il suo vigore e la sua organizzazione intorno alle ore 11. Anche se gli abitanti dei villaggi e altri attivisti hanno continuato a manifestare, non sono state coordinate ulteriori azioni e l’esercito non è intervenuto ulteriormente per disperdere i manifestanti. Nel corso delle successive 3 o 4 ore, le persone erano per lo più sedute nella zona, sparse nel campo e nella strada che porta ad esso, chiacchierando tra loro, con l’esercito in piedi a guardare. Solo un paio di dozzine di persone sono rimaste davanti, di fronte alla fila dei soldati. Queste ultime, tuttavia, sono riuscite a raccogliersi in due lunghe file, proprio di fronte ai soldati, per recitare la preghiera Dhuhr, in un magnifico atto di resistenza non-violenta.

Nonostante la breve esistenza del villaggio Canaan, questa è parte di una serie incoraggiante di villaggi di protesta sorti nel corso dell’ultimo mese. Mentre la Cisgiordania ha visto un aumento delle azioni di attivismo diretto nel corso delle ultime settimane, la comunità internazionale sta diventando sempre più critica nei confronti della politica degli insediamenti illegali di Israele e delle altre azioni in netta violazione del diritto internazionale. Segni questi di speranza per il popolo palestinese e per la loro lotta per la giustizia e la dignità.

Nel giorno del boicottaggio dei prodotti agricoli israeliani, Marco decide di resistere all’espulsione e di unirsi in sciopero della fame in solidarietà con i prigionieri politici palestinesi.
Le spese legali hanno un costo di qualche migliaia di euro, chi volesse dare il suo contributo lo può fare attraverso questo link https://www.paypal.com/it/webapps/mpp/send inserendo luposolo@libero.it come e-mail.


Aggiornamento! – Attivisti NoTav “assaltano” Chiomonte Due valsusini arrestati dalla polizia + comunicati

LIBERI! LIBERATI STASERA (11-02-13)

Un centinaio di persone ha effettuato tagli alle recinzioni nell’area del cantiere e appicato incendi nei boschi. Uno dei fermati aveva un sacchetto con oltre 130 pietre

bacioUn centinaio di attivisti del movimento No Tav ha preso d’assalto nella  notte il cantiere della Torino-Lione a Chiomonte Un quadro elettrico esterno alle recinzioni è stato incendiato interrompendo l’illuminazione nell’area: in quel momento sono iniziati gli attacchi lungo il perimentro e in alcuni punti gli attivisti hanno tagliato le recinzioni e sono entrate all’interno dell’area al di sopra dell’imbocco del tunnel geognostico.

Hanno tolto uno dei cartelloni delle ditte appaltatrici mentre altri gruppi distraevano l’attenzione delle forze dell’ordine a presidio dell’area appiccando piccoli incendi nel bosco vicino.
Lanciati anche pietre e petardi. Danneggiato un mezzo usato nel cantiere e abbattuta una torre faro.Durante una perlustrazione nei boschi sono stati trovati bulloni, biglie, materiale esplodente e diversi involucri di petardi espolsi.

Le forze dell’ordine hanno arrestato due valligiani: Cristian Rivetti, 33 anni ed Emanuele Davi, 41 anni. Le accuse sono di danneggiamento aggravato e continuato in concorso e resistenza a pubblico ufficiale, e possesso di oggetti atti a offendere. La polizia li ha trovati in possesso di caschetti protettivi, guanti da lavoro, mascherina da saldatore in plastica, occhiali da piscina, torce elettriche, maschere antigas, passamontagna, fionda, un sacchetto in tessuto di jeans contenente 133 pietre (applicato alla cintura di uno dei due), cesoie e una matassa di cavo elettrico.

“Si é trattata di un’inqualificabile azione squadrista – commenta il consigliere provinciale del Pd Antonio Ferrentino –
probabilmente il gruppo dei No Tav era galvanizzato dalle ultime notizie relative alle recinzioni, e i problemi avuti con il Comune di Chiomonte”. Pochi giorni fa, infatti, era stato reso noto il contenzioso – con successivo ricorso al Tar – tra il Comune che ospita il cantiere della Maddalena, e la societá Ltf, in merito alle reti delle recinzioni, che sarebbero abusive.Aggiunge il deputato del Pd Stefano Esposito “Le azioni di questi teppisti sono coordinate dai sindaci e amministratori che danno le dritte politiche”.

Fonte

no tav

Dom. 10 febbraio, fiaccolata per Emanuele e Cristian

Dopo il fermo di Emanuele e Cristian nella serata di venerdì 8 febbraio 2013, il movimento NoTav vuole dare un segnale forte di vicinanza e solidarietà ai due. La risposta davanti all’ennesima intimidazione non è tardata ad arrivare, indicendo una fiaccolata per le vie di Mattie. Riportiamo qui sotto l’invito del Movimento NoTav e del comitato NoTav di Mattie a partecipare all’iniziativa.

Il comitato NoTav di Mattie e il movimento NoTav invitano tutti coloro che vogliono portare solidarietà a Cristian e Lele alla fiaccolata che si snoderà per le vie del paese passando vicino alle case dei compagni che stanno subendo l’ennesima prova intimidatoria.

Ritrovo DOMENICA 10 FEBBRAIO ore 20.30 presso la piazza del Comune di Mattie

Comitato MATTIE NOTAV

bacioIL MOVIMENTO NON SI ARRESTA!

Il movimento non si arresta e, si assume la responsabilità dell’azione avvenuta nella serata di venerdì 8 febbraio scorso presso il cantiere Clarea. Un’azione che non è la prima e non sarà di certo l’ultima; una resistenza che continuerà finché rimarranno in piedi muri, reti e cantieri.
Per imporre una grande mala opera sempre più insostenibile,loro si preparano ad accrescere tecnologie di guerra e repressione ai danni della popolazione, delle finanze pubbliche e dei diritti reali.
Noi non ci faremo certo intimidire e, con la forza e la lucidità che ci vengono dalla consapevolezza di essere nel giusto, continueremo la lotta per la liberazione del territorio, delle nostre vite e del futuro di tutti.

Cristian ed Emanuele, nostri compagni valsusini, sono tutti noi. Denunciamo il loro fermo come l’ennesima vile intimidazione nei confronti della valle e del movimento NoTav, e ne pretendiamo l’immediata liberazione.

LIBERI TUTTI! LIBERI SUBITO! ORA E SEMPRE NOTAV!

Comitato di lotta popolare Bussoleno

bacio

La rassegnazione non è di casa da queste parti…

Commentiamo l’ennesima notte di resistenza notav al cantiere della Maddalena. Quel cantiere che installato con la forza, fortificato abusivamente, e difeso da centinaia di uomini e mezzi delle forze dell’ordine e dell’esercito continua a subire incursioni e avversità varie.

Da tempo le notti non sono tranquille per l’apparato di sicurezza ed è stato così anche questa notte come si evince dal video che ci è stato recapitato, dove si vedono centinaia di notav intenti a danneggiare le reti, il cantiere e la strumentazione interna, visto che almeno metà fortino è rimasto al buio.

Le bandiere notav sventolano all’interno della fortificazione e si confrontano anche con un mezzo dell’esercito, il famigerato Lince, che preferisce la fuga di fronte alla determinazione.

Sono Cronache di Resistenza, non hanno altro nome.

I giornali locali titolano paroloni e nascondono la contraddizione di un cantiere illegittimo e illegale che continua a far spendere soldi pubblici ad una collettività che necessita d’altro, rispetto all’ennesimo furto ai danni dei servizi sociali e alle vere prorità di questo paese.

Dalle cronache si apprende di due valsusini fermati e arrestati in circostanze che non sono chiare, e non sicuramente durante l’assalto al cantiere. Ci dispiace per i vari Numa, Esposito e Ferrentino ma i due notav sono di Mattie, Val Susa, la Valle che Resiste e non fanno parte dei soliti mostri da sbandierare: centri sociali antagonisti o il bau bau dell’anarco insurrezionalista.

A Cristian ed Emanuele va tutta la nostra solidarietà e non mancheremo nel più breve tempo possibile di dimostarla mobilitandoci.

Nonostante i trionfalismi della lobby si tav, il dato di fatto è che la resistenza popolare a questa nefandezza non si arrende e non si rassegna, e  la lotta continua…

NO TAV


Processo No Tav, cariche davanti all’aula bunker del carcere di Torino + comunicato

no tavSi svolge tra le tensioni la prima udienza del processo NoTav presso l’aula bunker del carcere le Vallette di Torino. Sono una cinquantina gli imputati per i fatti del 27 giugno e 3 luglio 2011. Le accuse del PM Ferrando sono: lesioni, violenza, resistenza a pubblico ufficiale. I NoTav hanno organizzato un presidio davanti al carcere, presenti oltre un centinaio di attivisti. Gli imputati hanno letto in aula un comunicato in cui “rifiutano” la scelta dell’aula bunker “associata ai processi di mafia e terrorismo”. Imputati e pubblico lasciano l’aula, il giudice chiede che venga identificata una delle imputate che ha iniziato la lettura del comunicato. La polizia tenta di bloccare l’uscita dall’aula ad un gruppetto di NoTav al fine di effettuare le identificazioni, questo causa una serie di tensione che sfociano in due cariche delle forze dell’ordine: una all’esterno del carcere e un’altra, molto più modesta, all’interno del cortile della stessa aula bunker

Fonte con video

Segue il testo letto in aula ORA E SEMPRE NO TAV!

“La scelta di spostare il processo in questa aula bunker è in sintonia con l’ondata repressiva sostenuta e legittimata dalla campagna mediatica finalizzata a demonizzare il movimento NO TAV, tentando di indebolirlo e isolarlo dalle lotte che attraversano il paese.

Trasferendo la sede del processo voi state tentando di rinchiudere la lotta NO TAV nella morsa della “pericolosità sociale” e delle emergenze.

Noi invece, rivendichiamo le pratiche della lotta ribadendo le ragioni che ci spingono a resistere contrastando chi vuole imporre il Tav militarizzandola valle con le conseguenti devastazioni umane, sociali e ambientali.

Le nostre ragioni restano vive, e la vostra scelta di trascinarci in questa aula bunker non ci impedirà di portarle avanti.

Per questo oggi scegliamo di abbandonare tutte/i quest’aula, lasciandovi soli nel vostro bunker.

Giù le mani dalla Valsusa!

Ora e sempre resistenza!”


Algeria, carcere e repressione delle proteste degli attivisti

L’Algeria è stato tra i paesi meno toccati dalle rivolte del Medio Oriente e dell’Africa del Nord. Nel 2011 il governo ha accettato di abolire lo stato d’emergenza, in vigore nei precedenti 31 anni, ma con vecchie e nuove limitazioni alla libertà di manifestazione, di associazione e di stampa è riuscito a tenere sotto controllo l’informazione e la protesta sociale, che nel paese prende forma di lotta contro la corruzione, le politiche economiche e l’impunità che ha dominato la fine del “decennio nero”, dal 1992 al 2002.

rivoluzioni-spa-macchiIl 2013 potrebbe riservare delle novità, affatto positive. Da un lato, la possibile escalation degliscontri con Al Qaeda nel Maghreb islamico, anche rispetto a come evolverà la situazione nel vicino Mali, i cui territori del nord sono controllati da gruppi armati islamisti e su cui il Consiglio di sicurezza ha recentemente autorizzato una forza militare internazionale.

Dall’altro, la repressione nei confronti degli attivisti per i diritti umani pare aumentare. Il 2 gennaio Taher Belabès, coordinatore del Comitato nazionale per la difesa dei diritti dei disoccupati, è stato arrestato a Ouargla, nel sud del paese, per “ostacolo al flusso della circolazione” e “incitamento a manifestare”, reati per i quali sono previsti fino a cinque anni di carcere.

Come a Siliana, in Tunisia, a Ouargla le forze di polizia sono intervenute in massa per disperdere una manifestazione pacifica convocata per chiedere lavoro e le dimissioni delle autorità locali, incapaci di affrontare la crescente mancanza d’impiego in una zona ricca di giacimenti e nella quale operano numerose compagnie petrolifere. In questo centro dell’Algeria meridionale, le proteste vanno avanti da tempo.

Non si è trattato del primo arresto nei confronti di chi manifesta per il diritto al lavoro: nel 2012 era accaduto allo stesso Belabès e ad altri cinque attivisti. In passato, però, quasi tutte le persone fermate venivano trattenute per poche ore, interrogate, “ammonite” a stare calme e poi rilasciate. Con la rilevante eccezione di Abdelkader Kherba, arrestato lo scorso agosto mentre guidava una protesta per il diritto all’acqua e protagonista di uno sciopero della fame lungo quasi un mese, prima di essere prosciolto e scarcerato.

A dare uno status legale a questi arresti arbitrari è la legge 19 del 1991 sugli incontri pubblici e le manifestazioni, che obbliga gli organizzatori a chiedere l’autorizzazione otto giorni prima del loro svolgimento. L’autorizzazione può essere negata se l’iniziativa “è contraria ai valori nazionali o pregiudica i simboli della Rivoluzione del 1° novembre (del 1954, Ndr), l’ordine pubblico o la morale”.

Amnesty International e il Relatore speciale delle Nazioni Unite sulla libertà d’espressione continuano a chiedere l’abrogazione della legge o, come minimo, la sostituzione dell’obbligo di autorizzazione con quello di notifica e la fine dei poteri discrezionali di diniego del permesso di svolgimento.