Tag Archives: lettera

PASKA e VESPE liberi subito! LIBERE TUTTI!

Massima solidarietà al nostro compagno e fratello..Paska lo vogliamo libero subito!

Ecco la lettera che Paska ci ha mandato dal carcere di Lecce

Sempre a testa alta contro ogni autorità

Ciao, come state?
Grazie innanzitutto per i due opuscoli e per la cartolina.
In questi 12 giorni ho sentito svariati saluti e provato a rispondere a 2 presidi. Forse ho riconosciuto pure la voce di uno di voi.
Comunque, mi hanno arrestato il giorno 3 ed il pomeriggio, verso le 3:30/4:00 mi han portato in sezione. In cella singola e senza poter fare l’aria con gli altri. Venerdì pomeriggio 4 mi hanno trasferito in isolamento, causa rapporto disciplinare perché provavo a rispondere al primo presidio di solidarietà tenutosi fuori e perché rispondevo male ai secondini che mi intimavano di smetterla di urlare (secondo loro davo fastidio agli altri in sezione) e di scendere dallo sgabello (vi ero salito per sentire meglio il presidio).
Dopo l’interrogatorio di garanzia, in cui mi sono avvalso della facoltà di non Continue reading


Mi sento (ri)stretta!

diffondiamo la lettera di una compagna agli arresti, ora in sciopero della fame, da MACERIE

cordatesa«Oggi, giovedì 11 Luglio 2013, inizio uno sciopero della fame…
Per colpa di un parapiglia con dei poliziotti dentro una camionetta, della conseguente accusa per resistenza ci hanno incastrato in mezzo ad un processo, dentro galere ed ora agli arresti domiciliari con il divieto di comunicare con l’esterno.
Dopo 4 giorni di carcere, 2 mesi di firme giornaliere, e poi ancora 17 giorni di carcere, dopo il rigetto di domande di domiciliari a casa di amici, ho ottenuto gli arresti a casa dei Continue reading


Carceri duri

Postiamo uno scritto tratto da mentecritica.it

cordatesaSono cresciuta in carcere, figlia di una criminalità più o meno organizzata; in carcere ci sono nata, e oltre il cortile in cui mi rifugio nelle ore d’aria, non ho mai visto nulla riguardo il resto del mondo, se non fuggevolmente attraverso le grate. Qui in carcere abbiamo quasi tutti la chiave per uscire, e chi non ce l’ha porta sempre con sé una forcina da imparare a manovrare per l’occasione. Tutti i giorni c’è qualcuno che esce, che fugge. C’è anche chi arriva da fuori, da carceri peggiori, a cercare chissà cosa. Qualcuno torna a raccontarci qualche storia da fuori, alcune sono belle e altre brutte. Tutto sommato, dai racconti, fuori sembra tutto diverso ma poi il totale rimane quasi invariato.  Parlano di altri carceri, diversi ma sempre carceri. Alcuni più ordinati, altri più sanguinosi, altri Continue reading


Lettera di Maurizio Alfieri al Corriere dell’Umbria

cordatesadiffondiamo questa lettera aperta di Maurizio Alfieri indirizzata al Corriere dell’Umbria:

Terni 22.04.2013

Ill.ma Direzione del Corriere dell’Umbria,
chi vi scrive è il detenuto Alfieri Maurizio e le scrivo dalla sezione d’isolamento del carcere di Terni.
Mi sono affrettato a scrivere alla vostra redazione perché ritengo offensivo un vostro articolo inerente il presidio di solidarietà svolto il 30 marzo sotto il carcere di Terni da parte dei miei compagni e compagne anarchici e NO TAV in mia solidarietà e verso tutti noi detenuti.
Per diritto di replica, chiedo che venga subito smentito il falso articolo dove il vostro Continue reading


Testimonianza dal carcere di Monza

scrittura_ferri_mestiere-filteredSono convivente di un detenuto del carcere di Monza, vorrei raccontarvi la sua per fortuna breve
esperienza.

Si tratta di uno straniero extracomunitario senza permesso di soggiorno, particolare che probabilmente
porta a ricevere un trattamento peggiore rispetto ad un italiano o ad uno straniero in regola con i
documenti.

A causa del sovraffollamento non ha visto una cella regolamentare per le prime 5 settimane:

3 settimane è stato in una cella di transito, non riscaldata (in pieno inverno), minuscola, senza
tavolo per mangiare e con l’intero spazio del pavimento occupato da 2 materassi per gli ultimi
arrivati.(4 persone in una cella da 2). Il freddo a gennaio era tale che la sera non riuscivano ad
addormentarsi. La ‘salvezza’per loro è stata l’arrivo in cella di un ragazzo grande e grosso che
con il suo corpo e il suo fiato alzava la temperatura notturna della cella appena si addormentava!
Ovviamente la mancanza di riscaldamento non era compensata da un maggior numero di coperte,
e loro dormivano con gli asciugamani sopra la coperta!

Le ultime 2 settimane, sempre per mancanza di spazio, lui e un altro clandestino sono stati
spostati IN CELLA DI ISOLAMENTO: poco riscaldata, senza possibilità di cucinare nemmeno il tè,
ovviamente estremamente penosa essendo ‘il carcere dentro il carcere’. Inizialmente gli parlarono
di “situazione momentanea, solo 3 o 4 giorni, un’emergenza”, ma si protrasse per ben 2 settimane!

L’aspetto più incredibile e grottesco è stato che, pur essendo in isolamento non per punizione
ma per mancanza di spazio, non gli sono state fatte concessioni rispetto al regolamento (tranne
la possibilità di fare il colloquio): quindi non ha più potuto -ad esempio- avere giornali o riviste e
ha dovuto restituire il libro preso alla biblioteca, perché il regolamento dice che in isolamento è
vietato avere libri o riviste!

Dopo alcuni giorni in isolamento, le sue condizioni di salute sono molto peggiorate: ha avuto una
forte crisi emorroidaria e problemi ai denti, ma nessuna richiesta di visita medica è stata ascoltata.

E’ riuscito a farsi finalmente spostare in una cella regolamentare solo dopo aver minacciato di
compiere atti di autolesionismo. Guarito ‘in proprio’ dalle emorroidi, ha però perso 2 denti.

Ho dovuto provvedere io all’acquisto di una coperta, perché quelle in dotazione sono molto molto
sporche e piene di polvere.

La figura dell’educatore, fondamentale in carcere, è una figura fantasma a Monza: mai visto uno
all’orizzonte. Probabilmente è inesistente anche il medico, o comunque poco presente.

Nonostante il regolamento preveda la possibilità di ricevere una piccola radiolina per posta,a lui e
agli altri stranieri non vengono consegnate.

Il cibo è veramente veramente scadente.

Pare che i detenuti vengano picchiati con regolarità, anche se a lui non ho notizia che sia successo.

Sulle finestre, forse non tutte, ma su quelle di un intero blocco, sono state posizionate, davanti alle
grate, delle ulteriori reti metalliche di colore bianco, con il risultato di mandare bagliori accecanti
all’interno delle celle quando c’è il sole! (ma chi li pensa questi colpi di genio?).

Probabilmente a causa di tutti i malfunzionamenti, il personale è sempre di pessimo umore,
sgarbato e aggressivo.

Nonostante la situazione di palese violazione della costituzione italiana e europea e
delle convenzioni internazionali sui diritti umani dovuta principalmente -ma non solo- al
sovraffollamento, le richieste di domiciliari vengono rigettate molto spesso senza motivazioni
fondate, come ho potuto sperimentare di persona nel nostro caso specifico e come ho potuto
osservare nel tempo parlando con i familiari di altri detenuti.

Vorrei che qualche giudice si facesse ogni tanto – anche una sola volta- un giro nella sala d’attesa
dei colloqui, a osservare la sofferenza dei bambini, spesso con una madre sola nervosa e stanca –
sfinita- . Io dico che la mancanza di sostegno e protezione di queste famiglie con bambini piccoli è
esso stesso un reato attribuibile a noi tutti – lo Stato Italiano.


Lettera di Davide Rosci del 2\4

cincazziamodavvero

Car* compagn* e fratelli carcerati,

Ho ricevuto l’opuscolo n. 77 dove veniva pubblicata la mia lettera dal carcere di Teramo. Da allora ad oggi (parliamo di poco più di un mese) me ne hanno fatte di tutti i colori. Per chi vive la nostra situazione potrebbe essere qualcosa di strano, ma penso che per molti, così come anche per me, è assurdo questo trattamento.

Il mio è stato un arresto politico che mirava a zittirmi e creare terra bruciata intorno a me, volevano farmi capire che mettersi contro questa società ingiusta comportava un prezzo alto da pagare e che combattere il sistema borghese non poteva avvenire così come stavamo facendo noi.

Infatti nella mia piccola Teramo si era creato un movimento non solo attivo, ma anche forte numericamente e determinato. Vedevano in noi un pericolo e hanno così utilizzato le loro armi per annientarci. Prima ci hanno accusato di essere un’associazione a delinquere e poi incriminati per i fatti di Roma. La macchina dello stato ha fatto il meglio di sé e lo ha fatto perché aveva paura di chi non era disposto ad abbassare la testa. Io ho deciso di affrontarli a viso aperto e quando hanno capito che dal carcere di Teramo non ero cambiato, mi hanno trasferito prima a Rieti, dove mi hanno messo solo in cella e trattenuto la corrispondenza e poi, non contenti, mi hanno portato nel carcere di Viterbo (carcere duro) e messo per 4 giorni in isolamento in una cella senza riscaldamento dove non avevo coperte e ho dormito con il giubbotto ad una temperatura intorno ai 4/5°. Sia a Rieti che a Viterbo non mi hanno motivato il trasferimento, di fatto agivano come nei peggiori anni della dittatura fascista. Solo quando sono venuti i consiglieri del PRC del Lazio, guarda caso, mi hanno portato in sezione 1/2 ora prima che venissero davanti alla mia cella.

È un modo di fare squallido, penoso oltre che vile. Fanno gli angeli quando sanno di avere le spalle al muro e poi come dei lupi ti sbranano quando chiudono i cancelli. Io non mi son perso d’animo, e da subito ho informato fuori di quanto accadeva. Ho capito che l’unica arma che abbiamo è quella della controinformazione. Ho affidato comunicati ai miei cari e fuori molti si sono indignati.

Non contenti di quanto mi avevano già fatto, mi hanno messo in cella con un macedone con l’AIDS. Io non ho nulla contro chi purtroppo ha contratto questa malattia, ma porca puttana neanche me lo hanno detto, lo sono venuto a sapere da terzi e poi ho avuto conferma da lui. Dico, almeno informatevi in caso di ferimenti…

Io non so più che si vogliono inventare, ma non cadrò alle loro provocazioni e anche se a volte la testa viaggia e pensa a male, io resterò lucido.

So di non essere solo e che fuori i compagn* si stanno muovendo per sputtanare il loro modo di agire e forte del loro sostegno io lotto fino alla fine.

Come noi sono stati molti i compagni e le compagne che hanno pagato con la galera le proprie idee e dalla loro resistenza dobbiamo prendere esempio. La storia ci ha insegnato che chi si metteva contro veniva perseguitato e che le loro idee di libertà e giustizia sociale erano giuste.

Dobbiamo essere fiduciosi e spingere chi è fuori a continuare la battaglia, dobbiamo fargli sentire la nostra voglia di non mollare ed essere tenaci. Raccontiamo quello che subiamo e quello che vediamo, se stiamo in silenzio facciamo il loro gioco.

La situazione carceraria è la vergogna dell’Italia in terra ma a conoscerla siamo solo noi e i nostri cari, sono convinto che se solo qualcuno entrasse e vedesse questo scempio le chiuderebbero tutte. Qui dentro non ci sono regole ed è l’unico posto in Italia dove vige una situazione senza alcun controllo.

Proviamo a cambiare lo stato di cose chiedendo a chi è fuori di essere la nostra voce. Ci vogliono 10-100-1000 Ampi Orizzonti. Spezziamo le catene, liberiamo la mente. Un abbraccìo! Davide (falce martello stella)

Viterbo, 2 aprile 2013 [ndr: data timbro]

Davide Rosci, strada San Salvatore, 14b – 01100 Viterbo


Aggiornamenti su Maurizio Alfieri e lettera dal carcere di Terni

Rabbia_bigDalle ultime lettere di Maurizio apprendiamo che il DAP lo ha trasferito a Terni quale “soggetto da gestire” e che si trova da solo nella sezione di isolamento, sottoposto al regime del 14 bis. “Lotterò sempre e ovunque per i miei diritti, senza paura esenza timori a testa alta e il DAP questo non deve mai dimenticarselo. Finché non otterrò i miei diritti non farò altro che divulgare quello che succede, che mi mandino in Sicilia o in Africa non fa differenza”. “Salutatemi caramente tutti i compagni/e su internet e dite a tutti/e che anche senza caloriferi, al buio, e con le catene, la loro solidarietà scalda il mio cuore e che abbraccio tutti/e coloro che mi sono vicino, uno per uno, una per una”. Aggiunge che aspetta con impazienza il presidio (che si terrà sabato 30 marzo, in contemporanea con quelli di Tolmezzo e Saluzzo).
Maurizio è in sciopero del “passeggio” per via delle sue condizioni di salute: nonostante l’artrosi alle ginocchia, non gli permettono di fare ginnastica e il dirigente sanitario ha trasformato in “tosse” una bronchite da lui stesso diagnosticatagli qualche giorno prima. Episodi di ordinaria indifferenza carceraria. Ma a questi si aggiunge il trattamento speciale riservato a Maurizio. La posta gli viene sistematicamente fatta sparire (ora ha anche la censura). Un agente ha provato di nuovo a incastrarlo con proposte di traffici da lui fermamente respinte. Quanto al 14 bis, la motivazione è l’accusa (peraltro smontata dal tribunale del riesame) di “tentata evasione”. E infatti lo stesso regime è stato applicato (con l’aggiunta di piccole vendette quotidiane) anche a Valerio, trasferito da Tolmezzo a Piacenza.

Per scrivere a Maurizio:

MAURIZIO ALFIERI
C.C VIA DELLE CAMPORE 32
O5100 TERNI

E dal carcere dove è prigioniero diffondiamo una lettera di appello alla mobilitazione
Lettera dal carcere di Terni – Appello alla mobilitazione

All’attenzione di tutti/e i compagni e le compagne e a chi crede che un senso di umanità possa aver senso anche in carcere.
Le condizioni di vita del carcere di Terni (come tutti i carceri sovraffollati all’inverosimile in Italia con condizioni igieniche proibitive e dove il freddo ti graffia la pelle, e la convivenza è ridotta a un metro quadro e mezzo per ciascun detenuto…); ciò che viene descritto dalla lettera (biglietto trafugato all’esterno) rasenta la tortura.
Dal carcere di Terni viene un grido di aiuto: urla nelle orecchie di tutti noi.
I detenuti insieme con Maurizio minacciano lo sciopero della fame,come già avviene in diverse carceri italiane, ma l’inchiostro non trova spazio sui giornali per questo tipo di informazioni e di sofferenze.
Chiediamo a tutti/e voi di solidarizzare firmando questa petizione online per far pressione affinché un garante, un deputato, un eletto nel consiglio regionale faccia una visita all’interno per verificare le condizioni dei detenuti.
Il Carcere Italiano è al collasso da tutti i punti di vista, un’Amnistia e forme alternative alla detenzione potrebbero alleggerire la sofferenza che ne deriva.
Come fuori dalle galere non hanno alcuna considerazione quanti lottano per la propria vita, come gli operai del Sulcis che si chiudono dentro i pozzi per difendere il proprio lavoro, quanti si suicidano perché perdono il lavoro, così anche nelle carceri la Crisi economica sta peggiorando ancor di più la vita carceraria, così vi sono tanti suicidi in carcere per l’impossibilità di sopportare oltre, ancora): proprio appena un mese fa un detenuto del Marocco a Terni si è tolto la vita.
Costruiamo una mobilitazione e portiamo la nostra solidarietà agli ultimi della terra.
-Alla vs. Coscienza-

Ricordando la canzone del Maggio di De Andrè ……che nessuno si senta assolto, siamo tutti coinvolti…….


Aggiornamento su Alfredo – ROS e RIS – lettera

carabinieri_500La mattina del 19 febbraio 2013  Alfredo Cospito, in carcere ad Alessandria,  riceve la visita di un manipolo di  carabinieri del Ros di Genova che gli notificano di essere indagato dalla procura di Genova, pm  Federico Manotti ,articolo 280 cp , per un attentato dinamitardo avvenuto a Parma il 24/10/2005 , in particolare un  ordigno esplosivo nei pressi della sede dei Ris  rivendicato all’ epoca dalla Federazione Anarchica Informale/Cooperativa Artigiana Fuoco e Affini. Alfredo rifiuta il prelievo del Dna e la cella viene perquisita per prelevare spazzolino e rasoi. Sappiamo che Alfredo irride questa ennesima vendetta dello stato nei confronti di chi non ha alcuna intenzione di piegarsi . Sappiamo che gli stessi sbirri ammettono ufficiosamente di avere una banca dati del dna dei sovversivi   e che quindi questi prelievi  hanno uno scopo provocatorio . A chi da fuori osserva la situazione vengono spontanee alcune domande . Perchè la procura di Genova nel 2013 indaga su di un fatto avvenuto a Parma 7 anni prima? Perchè  proprio ora che l ‘ indagine sul ferimento di Adinolfi, per Alfredo e Nicola , è in procinto di chiudersi ? La prima risposta, la più spontanea , la procura di Genova ha per le mani 2 anarchici in custodia cautelare  per un attacco a firma Fai/Fri, perchè non cercare di indagarli , a priori, per tutti i casi irrisolti degli ultimi anni ? La risposta è scritta nello stesso incipit del decreto di sequestro probatorio, ” Ritenuta la sussistenza del fumus del reato di cui sopra ”  (sic… )  Qualche ulteriore  delucidazione la può fornire  la lettura di qualche velina giornalistica rastrellata dalla rete (cfr Corriere della Sera 12 maggio 2012 ‘Messaggio degli anarchici, colpiremo  altre 7 volte ‘- Corriere della Sera 13 maggio 2012’Genova, quella pista sul terrorismo che porta in Grecia’- Il secolo XIX,15 giugno 2012 Bombe a Genova , gli arrestati nel mirino). Ben sappiamo  quale sia  lo sporco lavoro in tandem di magistrati e giornalisti, ma qualche notizia da interpretare emerge comunque. Il Pm  Federico Manotti risulta titolare  da almeno un anno, di indagini negli ambienti anarchici liguri e del nord Italia relativamente ad una serie di attacchi  firmati da diversi gruppi  Fai/Fri , avvenuti a Genova, Milano , Parma, probabilmente da questo arriva quest’ ultimo ripescaggio genovese.Rimane ferma e incondizionata la solidarietà ad Alfredo e a quanti fuori e dentro le galere non si piegano ai tentativi repressivi e rilanciano con forza le pratiche di lotta ed attacco all’ esistente.

stiloOggi, 18 febbraio, interrompo il mio sciopero della fame  avendo ricevuto comunicazione che a  marzo potrò vedere Anna, naturalmente non ripongo nessuna fiducia in quello che il mio nemico dichiarato promette.Sergio continua, in sua solidarietà ho spaccato le bocche di lupo della mia cella ( pannelli opachi che impediscono la vista al di fuori delle finestre ). I miei ringraziamenti ai fratelli e sorelle cileni della Celula Antiautoritaria Insurrecional Panagiotis Argirou Fai/ Fri, ai fratelli e sorelle della Cospirazione delle Cellule di Fuoco Fai/Fri, che con le loro azioni e parole mi hanno sostenuto.Un abbraccio solidale a Marco Camenish ed a Gabriel Pombo da Silva. Solo l’ azione rende liberi. Distruggi ciò che ti distrugge.
                                                                                             Alfredo Cospito

Lettera di Santo Galeano del 251\2013 dal carcere di San Vittore

diffondiamo da informa-azione un nuova lettera di Santo Galeano prigioniero nel carcere di San Vittore:

solidarietàCiao carissimi compagni, spero che questo mio scritto vi trovi bene e in ottima salute come potrei dire forse di me.
Vedo le cose cambiate, pare che temono quello che potrebbe succedere, boo!!!
In anzi tutto ringrazio tutti i compagni anarchici per la voce che fate sentire, pure un avvocato di Antigone mi ha scritto vi rendete conto? Hahaha
Cari compagni, vi racconto la mia sofferenza nei carceri che tramite voi sto riuscendo a fare sapere.
Vedo le cose in TV, da Lele Mora a Fabrizio Corona e incomincio a dire che la legge è bastarda, infame e indegna e non è uguale per tutti.
Ma voi questo lo sapete già.
Io nei vari trasferimenti quando lo facevo con l’aereo funziona così:
Si entra prima che i passeggeri entrino, ti fanno sedere all’ultimo posto. In anzi tutto i bagagli, che sarebbero due sacchi di 12 Kg in totale, teli devi portare tu con tutte le manette ai polsi. Renditi conto tutto ciò l’ho vissuto per l’ennesima volta il 25\11\2012 quando mi hanno chiamato partente trasferito per il funerale di mio padre.
Pietà non ne hanno, perché loro parlano solo di trasferte e di straordinari per farvi capire.
Le manette te le tolgono quando l’aereo decolla, se vuoi andare in bagno devi pisciare con la porta aperta ecc…
Non solo, quando ho avuto il permesso da Saluzzo a Roma Sigonella, poi da Sigonella a Piazza Lanza a Catania.
Nel permesso per il funerale di mio padre il 26\11\2012 nel permesso 30 OP per motivi di morte famigliare c’è scritto: In abiti borghesi e senza manette, guardato a vista.
Erano più di dieci agenti penitenziari, Falchi della polizia di Stato di Catania, con una camionetta sono arrivato con sei agenti penitenziari in divisa e quattro agenti penitenziari in borghese, pare che doveva arrivare non so chi!?
Ma lasciamo stare tutto ciò, e poi devo vedere in TV le interviste sull’aereo di Corona senza manette ecc. ecc. Ma dove la legge non dovrebbe condannare prima quelli che fanno fare queste cose?
Io sono stato giudicato da 1, 2, 3 grado di processo, sto pagando la mia pena ingiustamente e loro lo sanno. Ma va bene Dio vede e provvede solo lui può aiutarci. Perché pure la Chiesa oggi ha gli occhi bendati per come si è visto in questi anni.
Per tanto compagni miei io sono e sarò uno di voi perché la verità  delle carceri italiani la deve sapere tutto il mondo, costi quello che costi, perché oggi io ho dei fratelli compagni anarchici.
Ora giungo al mio saluto con tutto il cuore e combatterò sempre queste ingiustizie perché grido vendetta e libertà di opinione, e essere un uomo libero.
Vi voglio bene vostro compagno

Santo Galeano

* * * * *

Vi sto facendo scrivere pure da un altro detenuto che è in pericolo di vita giornaliera, fa un giorno si e uno no la dialisi e ha il fine pena nel 2017.
Dove la legge dei benefici prevede:
Sotto i quattro affidamenti, sotto i tre anni sospensione pena o pena sospesa.
Deferimento cella ecc.
Ma dov’è la giustizia ragazzi, ma dobbiamo essere famosi per essere trattati diversamente?
Io che sono seguito dal CAM per tossico dipendenti da cocaina, prevede che posso andare in una comunità di cura. Ho fatto tantissimi colloqui con Cristina Coopes della comunità Gabbiano Colico, Cristina Giovanardi  di A.I.S.E., tutte e due mi danno picche, posto non c’è ne per me.
Poi dal 21\12\2012 che mi hanno trasferito al carcere di San Vittore non ho fatto nessun colloquio con gli operatori del SERT.
Ragazzi combatto ma le braccia cadono sole dalla tristezza che ha il mio cuore, perché l’ingiustizia è troppo grande per colmarla.
Ma non per questo mollo, mi sento forte perché oggi ho voi, fratelli miei grazie grazie con il cuore vostro compagno anarchico.

Santo Galeano

Per scrivergli:
Santo Galeano
C.C. S. Vittore
P.zza Filangeri 2
20123 Milano


AGGIORNATO – Ancora un’altra richiesta di libertà condizionale dell’imprigionato eco-anarchico Marco Camenisch negata

La richiesta dell’avv. di Marco per la liberazione condizionale è stata respinta per l’ennesima volta – l’ennesima volta motivata politicamente. Marco scriverà a sua volta quello che ne pensa…

LA LOTTA CONTINUA – LA SOLIDARIETÀ È NOSTRA ARMA

Soccorso Rosso Internazionale  8 FEBBRAIO 2013marco camenisch

Risposta di Marco all’ennesima infamia

marco c

 


Carcere – Comunicato di Maurizio Alfieri sul fango di Tolmezzo e sciopero della fame

da  informa-azione

Riceviamo e diffondiamo questo comunicato di Maurizio Alfieri sulle montature nei suoi confronti ad opera di repressione e pennivendoli di regime, ed una  in cui annuncia l’inizio di uno sciopero della fame contro la noncuranza del dirigente sanitario e l’impossibilità di avere accesso alle giuste cure.
Ricordiamo che il 16 febbraio si terrà a Saluzzo un presidio anticarcerario in solidarietà con Maurizio e tutti i prigionieri di Saluzzo.

maurizio alfieriComunicato di Maurizio Alfieri

Carissimi/e compagni/e,
desidero scrivervi questo comunicato per poter esprimere innanzitutto il mio eterno bene per tutti/e voi, che lottate con ideali e principi contro le ingiustizie di fascisti pronti a reprimere con violenze e abusi tutti coloro che portano la solidarietà nelle piazze, nelle fabbriche, nelle carceri e in tutti i luoghi comuni.
Oggi da una missiva di un mio caro fratello oltre che compagno ho appreso una notizia che mi ha fatto andare su tutte le furie…
Desidero esprimere al giornalista che ha scritto l’infame e indegno articolo pubblicato sul “Gazzettino” quello che penso di lui. Premetto che per la mia buona educazione voglio riservarmi dall’esprimere epiteti verso costui, servo del sistema di cattiva informazione per fuorviare da ciò che accade nel carcere di Tolmezzo.
Questo signore si è permesso di dire che io e Valerio abbiamo sfruttato (i miei cari/e compagni/e e fratelli anarchici) per i nostri scopi!!!
Lei signor giornalista è un codardo, un vile, le povere persone come Enzo Tortora sono morte per gentaglia come lei, che per scopi di lucro scrivevano articoli falsi, così come è abituato a fare lei, non sapendo il significato di dignità e onestà.
Lei sicuramente sarà amico della direttrice e del comandante del carcere di Tolmezzo, forse la retribuiranno! Magari il direttore della sua testata le ha promesso una promozione!!!
A parer mio lei è un vero sfruttatore, non noi. Gli sfruttatori sono la feccia dell’umanità, sono i magnaccia, coloro che delle donne vorrebbero fare merce di scambio, ed io per costoro (giornalisti e magnaccia) provo disgusto, schifo e ribrezzo.
Lei signor giornalista cerchi di preoccuparsi dei pestaggi e di tutto ciò che è accaduto dentro il carcere di Tolmezzo, ma sicuramente lei sarà lo stesso giornalista che alcuni mesi fa sul “Gazzettino” parlava di Tolmezzo come di un albergo a cinque stelle!!!
Si vada a leggere le tante denunce di molti detenuti che sono stati massacrati, lei è un colluso della direttrice, si vergogni per come svolge il suo lavoro e non dimentichi tutti/e i fratelli e sorelle che sono morti nelle vostre patrie galere, dove non sono mai emerse responsabilità di terzi, ma solo omissioni e archiviazioni frettolose. Oggi io voglio dedicare un pensiero a tutti/e i fratelli e sorelle che per colpa di qualche aguzzino sono stati strappati all’affetto dei loro cari (io non vi dimenticherò mai e vi porto tutti/e nel mio cuore). Signor giornalista, non si permetta mai più di insinuare infamie, perché questo fa parte solo del suo palmares.
Un abbraccio a tutti/e i compagni/e e grazie per la tanta corrispondenza che ricevo da tutti/e voi, perché allieta le mie giornate, mi scalda il cuore e mi rende libero senza mura e senza sbarre.
Un forte abbraccio, vi voglio bene.

Saluzzo, sezione di isolamento, 30/01/13

 

Maurizio (“a” cerchiata)   

P.S. Ricordatevi che rispondo a tutti/e.

Nota aggiunta da Maurizio

Esimo da ogni responsabilità qualsiasi compagno/a per i fatti di Tolmezzo. Come risulta da tutti gli atti non c’è stato nessun coinvolgimento di qualsiasi persona e compagni/e, per cui nessuno si può permettere come il giornalista di insinuare anche il minimo coinvolgimento dei presidi del 10/09/12 e del 24/11/12.
Desidero inoltre dire a costui o costoro che non devono insinuare nulla verso i presidi di solidarietà contro i pestaggi e gli abusi che avvenivano e avvengono a Tolmezzo.

Doverosi saluti,
Maurizio Alfieri

bacioLettera di Maurizio sullo sciopero della fame

Saluzzo 4 febbraio 2013

Carissimi/e compagni/e,
mi preme scrivervi quanto mi accade per rendere partecipi tutti/e coloro che vorranno sapere come siamo costretti a vivere e quanto dobbiamo sopportare a Saluzzo. Vi premetto che ho problemi alle ginocchia, dovute a usura delle cartilagini, con segni di meniscopatia, frammenti di cartilagini e una ciste di Baker che mi bloccano l’articolazione. Tutte queste patologie le ho combattute con la forza di buona volontà, correndo “piano” ogni mattina per 1 ora, nonostante mi trattengano in isolamento; qui a Saluzzo è impossibile correre. Aspettavo da giorni dopo aver sollevato il problema, l’ortopedico mi ha prescritto la “cyclette” il 13/01/2013 e di camminare spesso; così stamattina, dopo aver visto che a nessuno interessava del mio stato di salute, ho iniziato lo sciopero della fame. Mentre il dottore di turno misurava tutti i parametri e mi faceva pesare entrò un dottore,   e ho saputo solo in un secondo momento che si trattava del dirigente sanitario. Dopo che il dottore di turno gli ha illustrato la mia situazione, questo fantomatico dirigente sanitario mi guarda e mi dice: “guardi per me lei può correre in cella”!!!
In un primo momento pensavo ad una battuta infelice, solo che appena mi  sono reso conto che dopo aver detto questo è uscito e stava per andarsene, sono corso fuori e gli ho chiesto se stava scherzando; appena mi ha risposto di no gli ho detto che lui aveva sbagliato lavoro… avrei voluto apostrofarlo, solo che erano presenti alcune donne, così mi sono trattenuto, non sapendo chi era costui. Però adesso avendo saputo che è il responsabile dell’Area Sanitaria, mi chiedo come possa svolgere una mansione così delicata!!! Neanche un veterinario avrebbe risposto in questa maniera, ma evidentemente è la sua indole strafottente. A me, come a tutti/e i detenuti e le detenute deve essere garantito il diritto alla salute.
Costui non può arrogarsi il diritto di contraddire una patologia accertata, addirittura senza neanche visionare la mia cartella clinica! Contravvenendo ad un luminare come l’ortopedico!
Qui a Saluzzo  siamo capitati in cattive mani, escludendo gli altri dottori e dottoresse che svolgono il loro lavoro con la massima attenzione, nonostante tutti loro abbiano dato disponibilità a farmi iniziare una fisioterapia, questo fantomatico dirigente sanitario ha stabilito che io posso correre in cella!!!
Questo signore avrebbe bisogno di una visita psichiatrica ed andrebbe esonerato dal suo impiego perché non è idoneo a svolgere la mansione di  responsabile sanitario, dato che nessun dottore si sognerebbe di dare una simile risposta.
Adesso resto in attesa che la direzione mi risponda se qui viene garantito il diritto alla salute… e nel contempo auguro un buon appetito a tutti e tutte e inizio il digiuno forzato grazie a persone come questo signor dirigente…

Un abbraccio a tutti e tutte i compagni e le compagne
Con ogni bene

Maurizio

P.S. Vi aggiornerò di tutti gli sviluppi di questa faccenda

Per scrivergli:
MAURIZIO ALFIERI
VIA REGIONE BRONTA N. 19/BIS
12037 SALUZZO (CUNEO)

 


Lettera di Dayvid “Ciga” x Corteo Teramo di domani

LETTERA DI DAYVID “CIGA” IN RISPOSTA ALLA MANIFESTAZIONE NAZIONALE
INDETTA A TERAMO SABATO 9 FEBBRAIO 2013

Ciao a tutt*, mi chiamo Dayvid Ceccarelli e sono attualmente detenuto presso il carcere di Alba (Cuneo).
La mia custodia cautelare e’ motivata da articoli del vecchio codice Rocco, arricchiti con leggi speciali del
1975, leggi create dal fascismo per reprimere e punire i dissidenti politici. “Grazie” a queste leggi rischio assieme
ad altri compagni da 8 a 20 anni di reclusione, ma nonostante cio’ non voglio smettere di usare l’unica arma che ho: la parola.
Non sono solito a discorsi retorici, preferisco agire piuttosto che parlare.
Scrivo queste righe nello stesso modo in cui ho sempre cercato di vivere la mia vita: sinceramente e con cuore.
Magari spesso, nella foga del momento e sopraffatto dalle emozioni, sbaglio, ma con le migliori intenzioni e
sicuramente con sincerita’.
Voglio farvi sapere quanto mi abbia fatto piacere apprendere che finalmente ci sara’ una manifestazione di solidarieta’ per
gli arrestati, i fermati e gli indagati accusati delle “violenze” accadute a Roma il 15 Ottobre 2011.
Non dico questo perche’ anche io sono fra questi (non so ancora quando saro’ processato assieme ad altri 25
compagni coimputati), ma lo dico perche’ sono felice del fatto che finalmente in Italia un’insieme di individui
scenderanno in piazza per chiedere a gran voce la liberta’ per i 6 compagni condannati a 6 anni di reclusione
per l’assalto al blindato e per gli altri 25 che sono, con diverse misure restrittive, in attesa di giudizio a causa delle
“violenze” di quel giorno e che la piazza non ha paura di chiedere la verita’.
Il 15 ottobre 2011 si dovrebbe ricordare solo per le nobili motivazioni che hanno fatto sì che le piazze di Roma si gremissero
di gente in quanto era la “giornata mondiale dell’indignazione”. Ma cosi’ non e’.
In ogni caso, finalmente, dei compagni diranno “basta” alla repressione in atto e chiederanno verita’.
Inoltre alle varie istituzioni vorrei domandare qual’e’ la vera violenza?” Non e’ forse violenza affamare una popolazione?
Distruggere il futuro di una generazione intera?Privare delle pensioni i pensionati?Sfruttare gli operai negando loro prima
la sicurezza del posto di lavoro, e poi togliendo uno dopo l’altro i diritti basilari che anni di lotte sindacali avevano conquistato?
Tutto questo e’ stato ottenuto con la complicita’ di tutti gli schieramenti politici, del sistema bancario italiano ed europeo,
dei sindacati confederati e nel silenzio assordante di quella parte di sinistra extraparlamentare che sembra avere come
unico scopo quello di conquistare una comodissima poltrona in parlamento.
In questi giorni stiamo assistendo al solito teatrino del tutti contro tutti, delle promesse e delle speranze per poter
appunto accaparrarsi un posto in parlamento per poi alla fine, nella migliore delle ipotesi, non cambiare nulla.
Io il 15 ottobre ero in piazza per una manifestazione pacifica assieme a migliaia e migliaia di persone per dire “basta”,
la popolazione italiana, europea e mondiale non ne puo’ piu’ di essere sempre l’unica a pagare per colpa delle
speculazioni internazionali. Perche’ il ceto medio e i poveri devono sempre essere sfruttati mentre gli sfruttatori sono
sempre piu’ ricchi e potenti? E’ ora di finirla! Noi la crisi non la paghiamo!! Questo volevamo dire durante la giornata
mondiale dell’indignazione! Ma questi discorsi per lo stato sono da reprimere immediatamente, prima che attecchiscano
e contagino altre persone.
Termino questa mia lettera ringraziando tutt* di scendere in piazza e sperando di potermi unire a voi al piu’ presto.

Dayvid “Ciga”

Per chi avesse voglia di scrivergli:

Dayvid Ceccarelli
c/o Casa Circondariale
via vivaro n 14
12051 Alba (CN)

E’ importante fargli sentire la nostra salidarietà!

teramo


Lettere: nel carcere di Pordenone, stipati come sardelle

jail-cellUn detenuto a Pordenone, accusa di subire estorsioni. Il direttore: mai visto denunce.
“Sono detenuto nella casa circondariale di Pordenone, voglio che tutti i cittadini sappiano in che condizioni ci troviamo qui”. Inizia così la lettera arrivata in redazione, scritta da Cosimo Damiano Giannella, 48 anni originario di Foggia ma residente a Trieste da anni. È in carcere da oltre un anno per reati che vanno dalla ricettazione, all’aggressione e allo stalking.
Giannella dice di scrivere anche a nome di altri detenuti.

“Abbiamo alla mattina due ore e mezza di aria, al pomeriggio invece solo due. Siamo in cinque in una cella da cinque metri quadrati e non abbiamo neanche lo spazio per girarci”. Socializzare in prigione? Gli agenti non ce lo consentono, afferma Giannella. E poi ancora: “Le celle mancano di servizi igienici idonei, come ad esempio il bidet.

L’acqua calda non è a norma. Non ci sono i rilevatori di fumo, gli idranti e il riscaldamento non funziona quasi mai. Facciamo il turno per fare la doccia nelle quattro presenti. I pacchi con il cibo che ci portano i nostri cari vanno a finire in magazzino e quando poi ce li consegnano il cibo è da buttare, con un danno anche monetario”.
La denuncia del 48enne triestino non si ferma qui e si fa più grave quando scrive che la sezione protetti viene a contatto con altri detenuti non protetti. E poi che il carcere ha una capienza di 50 detenuti “ma ne siamo 96 stipati come sardelle”. E conclude: “Ci troviamo a stare qui dentro e a subire estorsioni”.

Accuse pesanti, soprattutto quest’ultima, che il direttore del carcere pordenonese, Alberto Quagliotto respinge senza mezzi termini: “Se uno afferma di essere vittima di estorsione, deve recarsi dal giudice di sorveglianza e denunciare l’estorsore con nome e cognome. A me nessuno ne ha mai parlato e tanto meno ho visto denunce. L’estorsione è un reato grave e va subito denunciata”.
Per gli altri problemi sollevati da Giannella, Quagliotto dice che “sì, il sovraffollamento c’è come in quasi tutte le carceri italiane, e questo è decisamente grave per le persone che devono vivere in pochi metri quadrati”. A questo proposito l’Italia nei giorni scorsi è stata condannata dalla Corte Europea dei diritti umani proprio per la generale situazione di sovraffollamento delle carceri. “Non è vero però – aggiunge il direttore Quagliotto – che manchi l’acqua calda e che il riscaldamento funzioni male e nemmeno che venga impedita qualsiasi forma di socialità tra i detenuti. Nel carcere di Pordenone non si sono mai verificati casi gravi di violenza, solo qualche episodio come può capitare in qualsiasi altro ambiente”.

Il Piccolo, 6 febbraio 2013


Lettera di ringraziamento di Dayvid per la FOA boccaccio

boccaccio_rioccupato_02A tutt* i ragazz* del Boccaccio,
voglio inizialmente abbracciarvi e ringraziarvi tutti x l’aiuto e la solidarieta’ ricevuta da voi tutt*.
Purtroppo assieme alla notizia della serata benefit che avete organizzato x me, ho appreso
che Peppino e’ stato arrestato e che oltre a scontare i domiciliari non puo’ neppure comunicare
con l’esterno. In nessun modo!
Ne sono addolorato, in primo luogo perche’ Peppo e’ un amico di lunghissima data (ci conosciamo
da piu’ di 10 anni) e in secondo luogo perche’ devo constatare che la repressione dello stato
contro gli oppositori non si e’ affievolita, ma anzi sta peggiorando di giorno in giorno.
In ogni caso sono certo che Peppino superera’ quest’ultima ingiustizia e ne uscira’ a testa alta
come tutte le altre volte!

Ormai e’ evidente che, nonostante la grande frammentazione del movimento Anarkico e Antagonista,
“loro” ci temono e vogliono reprimerci. Ogni girono che passa e’ sempre piu’ ovvio che il neoliberismo
ha fallito, che la sinistra parlamentare e i sindacati sono sempre piu’ conniventi con i potenti e
insensibili alle grida d’aiuto della popolazione.
Sempre piu’ italiani non vanno piu’ alle urne anche i pochi che ci si recano hanno ormai perso le
speranze di assistere ad un cambiamento.Non vedono alternativa a questa merda e quindi la subiscono
scegliendo il meno peggio.
Voi, grazie alle vostre iniziative, avete dimostarto di avere un’arma che a “loro” fa paura: la solidarieta’!
La NO TAV e la NO TEM ne sono un esempio concreto. Un esempio di come movimenti con profonde
differenze tra loro possono lottare contro un male comune.
Io personalmente sono sempre stato un anarchico individualista e come individuo libero mi sono
semre recato dove fosse possibile aiutare i cittadino contro le ingiustizie.
E’ per questo che per me e’ impossibile non essere un cittadino che si contrappone con “forza” alle
istituzioni e/o alle grandi opere per me inutili (TAV, TEM, ponte sullo Stretto etc…) e che si affianca
e cerca di aiutare studenti e operai che dicono “no”, noi non ci stiamo, rivogliamo sicurezza per
il nostro futuro.
Anche ora che sono rinchiuso fra queste mura non possono togliermi le mie idee, unica cosa realmente
mia!
Scusate tanto per le divagazioni e se vi ho annoiato con lo sproloquio.
Vi ringrazio un mondo per quello che avete fatto per me e miraccomando, fatemi avere notizie di Peppino.
E salutatemi tanto Paolo, che anche se non conosco di persona sento comunque vicino per la sua situazione.

Un abbraccio, Dayvid “Ciga”


Lettera di Dayvid – il suo contributo alla freeXpression

Il 22 dicembre scorso il corteo determinato e colorato della freeXpression [against repression] – manifestazione contro la repressione per le zone autonome e autogestite, ha attraversato le vie di Milano da piazza Cairoli al carcere di San Vittore. Fra gli organizzatori e i partecipanti tanti sono compagni ed amici di Dayvid. Nella lettera che segue Ciga ha voluto ringraziare e dare il suo contributo alla mobilitazione:

ciga1Alba 30-12-2012

Ciao a tutte e tutti,
inizialmente vorrei augurarvi buon Anno e soprattutto ringraziare tutti coloro che si sono recati il 22 Dicembre sotto il carcere di san Vittore o che con altri mezzi hanno solidarizzato con la mia causa chiedendo la mia scarcerazione e di tutti coloro che sono nella mia situazione.
E’ da ieri che scrivo e riscrivo cercando le parole giuste per esternarvi quello che ho dentro ma non ci riesco, non sono purtroppo mai stato un oratore e men che meno uno scrittore, quindi ho deciso di applicare alla scrittura quello che ho sempre fatto sulle azioni della mia vita: farlo di getto e scrivere quello che mi passa per la testa, magari non è sofisticata e spesso è sbagliato ma di sicuro è sincero.
Chiedo per questo scusa in anticipo per qualunque strafalcione o cagata scriverò in seguito.
Per iniziare vorrei ripetermi abbracciando tutti coloro che hanno appoggiato la mia causa; la mia più grande paura nel momento del mio arresto era che riuscissero nel loro scopo principale: scoraggiare qualunque opposizione non convenzionale convinta al sistema.
Ma grazie agli organizzatori e a tutta la gente che si è recata in piazza o ha dato il suo appoggio in altri modi, questo, che ripeto era il loro primo obiettivo, è stato scongiurato.
Della gente è scesa in piazza per dire che non basta arrestare un dissidente, malmenare dei giovani che non hanno colpa se non quella di essersi recati ad un rave, per zittire la loro voglia di libertà, di opporsi a questo sistema.

La storia popolare italiana e straniera è piena di paladini della giustizia che si sono palesemente ribellati alle leggi, incarnando la volontà popolare di riscatto sociale di fronte a quell’ordine costituito che è da sempre debole e in combutta con i forti e forte con i deboli. Questi erano banditi, fuorilegge, briganti (per es. Musolino, Fra Diavolo o, il più famoso, Robin Hood). Questi fuorilegge incarnano in qualche modo una prima forma di rivolta sociale appoggiata dalle vecchie società tribali, nascondendosi in foreste, paludi, montagne in quelle zone liberate dove il potere non poteva raggiungerli. Purtroppo queste zone libere oggi non esistono più e il sistema globale ha i suoi sistemi ben noti per difendersi: armare o disarmare a piacimento, instaurare e distruggere dittature e governi, imporre i propri modelli culturali eliminando ogni dissenso a colpi di embargo o guerra preventiva per impedire la nascita di zone dove si può dimostrare che vivere in maniera diversa è possibile.
Queste zone liberate oggi giorno sono e devono essere i rom, le case occupate, i vari circoli o biblioteche libertarie, le comuni zone dimenticate dal capitalismo e lasciate a morire. Il nostro compito è principalmente, secondo me, quello di difenderle.
Loro sanno che la gente ha fame di giustizia, oramai sempre più gente sa di essere in un sistema marcio, ma non riesce a vederne un’alternativa. La gente “come noi” dimostra che è possibile non essere silenziosa “che sta” subisce il sistema, ma che è possibile incitare se stessi e gli altri ad esserci dentro ai problemi, a viverli, a cercare di risolverli. La paura dello Stato in questo momento è appunto che sempre più gente lo capisca.
La sicurezza di quello che dico è scritta nera su bianco dal giudice sulla motivazione della mia custodia cautelare; ne riporto le parole esatte: “il pericolo di reiterazione è pertanto insito nella connotazione ideologica della decisione condivisa da parte degli indagati di forme violente di protesta sociale”
In questa parte di motivazione il giudice esprime tutta la volontà dello Stato di reprimere tutti coloro che dicono no attivamente a questo sistema.
Ci sono sempre stati due modi di guardare ai problemi della società (tralasciando ovviamente quello di guardare e passare oltre): uno è avere uno sguardo, magari anche attento, ma lontano intriso di quella solidarietà ipocrita dall’alto della propria classe sociale. L’altra possibilità è di condividere quel problema assumendo quei drammi e quelle sofferenze come propri in un piano di parità e di condivisione fosse anche solo emotiva. Personalmente nel mio piccolo ho cercato sempre di applicare la seconda scelta, fà parte del mio essere anarchico. Non è stata l’ideologia anarchica a trovarmi ma sono io che ho trovato lei dentro di me come penso sia dentro ad ogni essere umano degno di questo nome.
Ed è proprio la mia coscienza che, come l’ideologia libertaria mi impone di essere sempre da parte degli oppressi, degli sfruttati, e degli ultimi, mi obbliga a difenderli contro tutti gli sfruttatori.
Affamare una popolazione, privare un’intera popolazione del proprio futuro, impedire a un popolo di fare ciò che vuole con la propria testa, impedire ai lavoratori di vivere e affermarsi con il proprio lavoro come in questo momento l’italia guidata dall’europa stà facendo o opporsi con forza a tutto questo.
La mia coscienza mi obbliga di dover difendere quelle popolazioni che hanno avuto il coraggio di dire no allo stato, che chiedono di fare solo quello che vogliono loro nella terra dove sono nati, cresciuti e ora vivono. Mi obbliga a difendere lavoratori e sfruttati e a difendere giovani prima del loro futuro.
Per questo sono e sarò sempre un NO TAV, una persona che è dalla parte degli studenti e dei lavoratori. Sarò sempre in piazza contro tutte le ingiustizie che questo sistema ha creato; pure ora che sono costretto qua, con il pensiero e con l’anima sono sempre in piazza con loro.

Vi chiedo scusa per le varie divagazioni ma a stare qua si diventa logorroici.
Vi abbraccio forte e vi ringrazio di cuore di tutto quello che avete fatto e che state facendo per me.

Se qualcuno volesse scrivermi vi lascio il mio indirizzo e lo ringrazio in anticipo, in galera una lettera vuol dire tanto:
CECCARELLI DAYVID
C.C. ALBA
VIA VIVARO 14
12051 ALBA (CN)

CIAO A TUTTI DAYVID


Lettera di Dayvid dal carcere di Alba

la-libertc3a0-iii-214/01/2013
Ciao ragazzi,
vi scrivo queste due righe sul perchè sono dentro, il che, non sapendolo bene neppure io non è semplice. Dunque sono stato arrestato l’11/04/2012 con l’accusa di devastazione dopo la manifestazione milanese che chiedeva la liberazione dei NO TAV arrestati per i fatti del 3 Luglio. Sono stato scarcerato il giorno dopo con obbligo di firma fino alla data della camera di consiglio, dove mi hanno condannato a nove mesi. Nella pena hanno inglobato un mio vecchio definitivo per un’occupazione. Alla camera di consiglio il giudice,visto il parere favorevole dei servizi sociali e il contratto di lavoro ha deciso di farmi scontare la pena presso di loro. Mi hanno quindi revocato l’obbligo di firma e attendevo il definitivo per Febbraio per vedere le condizioni (orario di rientro etc.)
Ero un uomo libero, che aspettava il definivo senza altri carichi pendenti.
Ad Ottobre la sorpresa: il nucleo operativo dei carabinieri nucleo informatico si presenta a casa della mia ragazza,dove non avevo neanche il domicilio, e mi arrestano usando come motivazione che la casa dove avevo la residenza non era
ritenuta idonea per scontare la pena. Voglio sottolineare che in quella residenza avevo già scontato due mesi con obbligo di firma,e che nella richiesta di sorveglianza c’era un’altra abitazione ritenuta idonea dai servizi sociali.
Portato a S.Vittore ho passato quasi un mese in mezzo ad interrogatori non sapendo ancora bene il motivo dell’arresto. Dopo un mese un altra sorpresa: mi è stato notificato dalla Digos di Milano e di Roma una custodia cautelare per il fatti del corteo del 15 Ottobre “Giornata Mondiale dell’Indignazione”,i reati di cui mi si accusa sono:
– devastazione e saccheggio
– più persone che concorrono nel reato
– circostanza aggravante: quando una o più persone concorrono,organizzano o
promuovono il reato (fino a metà in più della pena)
– circostanza aggravante: l’aver commesso il reato per conseguire o assicurare a
sé o agli altri l’impunibilità (fino a metà in più della pena)
– Legge Speciale del 75: disciplina il controllo delle armi, delle munizioni, e degli
esplosivi (da uno a tre anni)
Questo è più o meno quello che ho capito, voglio solamente ricordare che insieme a me ci sono altre 14 persone in custodia, tutte identificate di cui non ne conosco uno.
In più, pare ci sia in giro per i tribunali di Lecco e Milano un’indagine della Digos per terrorismo che il mio legale è riuscito solo a scorgere ma che non compare negli atti ufficialmente nonostante sia stata usata durante gli interrogatori, dove mi sono sempre avvalso della facoltà di non rispondere, visto la mia estraneità ai fatti, visto che il mio riconoscimento e stato fatto confrontando lo zaino secondo loro da me indossato a Milano durante il corteo del 30 Marzo con uno identico avvistato negli scontri di Roma, un comunissimo Seven blu.
Spero di avervi chiarito le idee, perchè io non ci sto capendo un cazzo.

GRAZIE PER IL SUPPORTO

DAYVID


Carcere – Lettera di Santo, prigioniero in isolamento

Riceviamo e diffondiamo una lettera di Santo, prigioniero entrato in contatto con Maurizio Alfieri nella sezione di isolamento del carcere di Saluzzo. Santo segnala gli abusi e l’abbandono sanitario che contraddistinguono la sua situazione, come quella di molti altri uomini e donne sequestrate nelle discariche sociali dello Stato. Apprendiamo che nel frattempo Santo è stato trasferito a Milano – San Vittore.

UNA LETTERA DAL CARCERE DI SALUZZO

isolamentoCiao carissimi compagni,
chi vi scrive è un compagno di Maurizio Alfieri. Maurizio mi ha parlato molto bene di voi e allora mi sono sentito di prendere carta e penna e scrivermi la mia sofferenza.
Mi chiamo Santo, sono di Catania, vivo a Milano e ho 38 anni.
In questo momento sto passando dei momenti brutti e molto tristi per la morte di mio padre.
Ma questo mi dà più forza per combattere il mio problema e spero che la mia testimonianza spingerà qualcuno ad aiutarmi e a fare sentire la mia voce tramite voi compagni e Internet.
Io sono portatore di bendaggio gastrico, pesavo 188 kg, ne ho persi più di 80 e ho bisogno di controlli periodici specializzati presso il policlinico di Milano (padiglione Zonda, dottor Mozzi). Dovrei andare ogni 6 mesi per come hanno dichiarato i periti in sentenza. Ma è da giugno 2011 che non faccio controlli.
Sono stato accusato sulla base di “voci confidenziali” ritenute attendibili di essere mandante, capo sommossa e capo promotore di rivolte ecc. ecc. E mi trovo in isolamento da dicembre 2011 come un cane. Mi hanno sanzionato con gli articoli più gravi (art. 3,4,5 e 39 OP) e applicato la G.S.C. (Grande Sorveglianza Custodiale) da reato comune. Tutto ciò perché ho lottato per i mie diritti alla salute.
Ogni 6 mesi mi trasferiscono senza darmi cure né spiegazioni (da Catania a Caltagirone, Caltanisetta, Trapani, Favignana, Ucciardone, S. Vittore, Opera, Biella e ora Saluzzo).
Ora è da marzo 2012 che aspetto un’operazione all’epidermide cutea DX, è per questo che se ne lavano le mani perché abbiamo fatto denuncia per danni permanenti e si spaventano ad operarmi.
Ho scritto a Riccardo Arena (radio carcere) con tutta la documentazione ma siccome il tutto scotta non ha fatto niente perché c’è da combattere per gli abusi che sto ricevendo, ma io li affronto giorno per giorno sì che loro hanno paura perché io mi faccio rispettare.
Spero che avrò la solidarietà dei vari compagni così mi faranno compagnia e potremo combattere assieme per i nostri ideali che sono la libertà di uomini liberi.
Ora vi saluto con affetto e stima.
Il vostro compagno carcerato,
Santo Galeano

P.S. Maurizio ci informa che Santo (il quale aveva accluso alla lettera la documentazione medica e il cui stato di salute è ancora peggiore di quanto non emerga dalle sue parole) è stato di nuovo trasferito, questa volta a San Vittore.

Per scrivergli:

Santo Galeano
Casa circondariale di Milano San Vittore – Piazza Filangieri 2 – 20123 MILANO

Fonte: informa-azione


Momenti nel carcere, di Giulia

scritturaCi sono momenti in cui arriva il sole, attraversa le sbarre, filtra dal vetro, attraversa la bottiglia che hai sul tavolo, si allunga in stralci sul tavolo, ti scalda un po’ l’orecchio.

Ci sono momenti in cui di notte guardi il soffitto, ascolti il silenzio, senti il rumore del vuoto del corridoio, ascolti il sibilo di una porta chiusa.

Ci sono momenti in cui ti siedi a fumare una sigaretta all’aperto e guardi il cielo e pensi che se credessi in Dio lo ringrazieresti di poter godere di tanta bellezza anche da qui.

Ci sono momenti in cui cammini per i corridoi e pensi che non ti usciranno più dai polmoni.

Ci sono momenti, tanti momenti, in cui il tuo corpo è fermo e la tua mente ti sta immaginando mentre distruggi tutto quello che ti capita tra le mani.

Ci sono momenti in cui pagheresti oro per una bella birra fresca.

Ci sono momenti in cui ti arriva, da non sai bene dove, un odore di terra, di foglie, di autunno e ti ricordi.

Ci sono momenti in cui il sole del cielo d’autunno ti fa ripensare alle montagne e al fiato dei tuoi cani.

Ci sono momenti in cui finalmente tutte le parole vuote scompaiono, tutte le maschere cadono.

Ci sono momenti in cui cadono tutte quelle degli altri senza che loro lo sappiano.

Ci sono momenti in cui ti accorgi che questo posto ti ha cambiato e altri in cui pensi di essere sempre la stessa; e ti scopri  e ti riscopri.

Ci sono momenti in cui riconosci l’oro della giornata dal rumore che senti nei corridoi e ti accorgi che sta diventando normale.

Ci sono momenti in cui di notte ti svegli di soprassalto perché una luce ti spia il sonno.

Ci sono momenti in cui vedi una madre piangere perché non può fare la cosa più naturale su questa terra: stare con i suoi figli.

Ci sono momenti in cui piangi per il pianto di quella madre, per gli abbracci negati, per i rapporti mutilati, perché pensi che per tanto dolore nessuno pagherà mai.

Ci sono momenti in cui pensi che potresti guardare per ore il viso delle compagne  che sono con te, perché sai che è solo per quegli occhi che non hai mai avuto paura di questo inferno.

Ci sono momenti in cui pensi al dolore di chi viene a trovarti; alle loro facce che, tutte le volte che se ne vanno, sbigottite, dicono “la stiamo lasciando qui”.

Ci sono momenti in cui il sangue si gela al pensiero della libertà perché pensi che non potrai portare fuori con te le tue compagne.

Ci sono momenti, tanti momenti, in cui una risata irrompe come un tuono, come una cascata da un dirupo e si dipana fresca sulla pelle, sul viso, nella testa.

Ci sono momenti in cui vedi tornare il sorriso sul volto di una compagna e pensi di non voler altro dalla giornata.

Ci sono momenti in cui ti arriva la voce che qualcuno è uscito o evaso e le sbarre si incrinano e il sorriso è beffardo.

Ci sono momenti, tanti, costanti, ripetuti in cui pensi ad un cumulo di macerie, a chiavi spezzate, a divise bruciate e senti la freschezza dei piedi nudi sull’erba e il respiro è profondo.


Oristano. Lettera choc dei detenuti: “Il carcere di Massama è un lager meglio la pena di morte”

“Questo non è un carcere ma un lager creato per spersonalizzare il detenuto non per prepararlo a un graduale reinserimento nella società. Si parla tanto di regimi duri per mafiosi, ma qui il regime punitivo lo subiamo noi”. Sono le parole di trentacinque detenuti del carcere di Oristano – Massama “Salvatore Soro” che hanno fatto pervenire una lettera all’associazione “Socialismo Diritti Riforme” rappresentando la realtà nella struttura penitenziaria inaugurata alla fine di novembre e già sottoposta a pesanti lavori di restauro.

carceri3CAGLIARI – “Qui – viene precisato dai firmatari della missiva – si trovano persone che devono scontare 10 giorni, alcuni mesi o qualche anno insieme ad altre che hanno alle spalle oltre 35 anni di reclusione. Non esiste la socializzazione né nelle celle né nell’apposita saletta. Non funziona la palestra né il campo sportivo né è possibile svolgere alcuna attività ginnica. Perfino il cibo è scarso e per dotarsi di qualche tegame si devono fare acrobazie. La situazione è ancora più critica relativamente al vestiario che è ridotto allo stretto necessario e chi non ha colloqui con i familiari non può neanche lavarsi i panni in quanto è vietato stenderli. Le porte delle celle sono sempre chiuse e spesso vengono chiusi gli spioncini. Anche le docce funzionano solo a tratti e così il riscaldamento. Insomma è vero che il carcere è aperto da poco tempo ma noi non abbiamo colpa e non abbiamo chiesto noi il trasferimento a Oristano. E’ assurdo infine – conclude la lettera – che non si possano acquistare prodotti per la pulizia delle celle. Se queste sono le condizioni in cui siamo costretti a sopravvive allora è meglio che venga ripristinata la pena di morte”.

“Le nuove strutture penitenziarie hanno necessità – osserva la presidente di SdR Maria Grazia Caligaris – di un opportuno periodo di rodaggio durante il quale testare i dispositivi di sicurezza e quelli relativi alla vita comune come le cucine, le docce, i servizi igienici, i dispositivi elettrici e l’organizzazione interna con un numero adeguato di Agenti di Polizia Penitenziaria e di operatori. Per mettere in moto e gestire una struttura così complessa e delicata sono necessarie progettualità e gradualità che poco si conciliano con un’assurda approssimazione che crea soltanto gravi difficoltà. La pretesa urgenza di aprire la struttura per rimediare ai danni del sovraffollamento e della vetustà del carcere di piazza Mannu ha determinato gravi disagi non solo ai detenuti e a tutti gli operatori ma anche ai familiari dei ristretti doppiamente penalizzati dalle difficoltà per raggiungere un carcere costruito volutamente in una zona isolata. La macchina quindi non funziona e nascondere la realtà non giova”.

Fonte: sardegnaoggi.it


Lettera aperta di Davide Rosci, condannato per i fatti del 15 ottobre 2011

Quando sono stato arrestato il 20 aprile scorso, dissi che ero sereno; ciò che mi portava ad esserlo era la fiducia che riponevo nella giustizia, la consapevolezza che gli inquirenti non avessero in mano niente di compromettente e la percezione che, nonostante il grande clamore creato ad hoc dai mass-media, il processo fosse equo ed imparziale, così come previsto dalla legge.
davide-rosciMi sbagliavo! Ieri ho visto la vera faccia della giustizia italiana, quella manipolata dai poteri forti dello stato, quella che si potrebbe tranquillamente definire sommaria. Una giustizia che mi condanna a pene pesantissime, leggete bene, solo per esser stato fotografato nei pressi dei luoghi dove avvenivano gli scontri. Avete capito bene, ieri sono stato punito non perché immortalato nel compiere atti di violenza o per aver fatto qualcosa vietato dalla legge, ma per il semplice fatto che io fossi presente vicino al blindato che prende fuoco.
Non tiro una pietra, non rompo nulla, non mi scaglio contro niente di niente. Mi limito a guardare il mezzo in fiamme in alcune scene, e in un’altre ridere di spalle al suddetto.
Tali “pericolosi” atteggiamenti, mi hanno dapprima fatto guadagnare gli arresti domiciliari (8 mesi) ed ora anche una condanna (6 anni) che definirla sproporzionata sarebbe un eufemismo.
Permettetemi allora di dire che la giustizia fa schifo, così come fa schifo questo “sistema” che, a distanza di anni e anni, dopo una lotta di liberazione, concede ancora la possibilità ai giudici di condannare gente utilizzando leggi fasciste. Si, devastazione e saccheggio è una legge di matrice fascista introdotta dal codice Rocco nel 1930, che viene sempre più spesso riesumata per punire dissidenti e oppositori politici solo perché ritenuti scomodi e quindi da annientare.
Basta! Non chiedetemi di starmi zitto e accettare in silenzio tutto ciò, consentitemi di sfogarmi contro questo sistema marcio, che adotta la mano pesante contro noi poveri cristi e che invece chiude gli occhi dinanzi a fatti ben più gravi come il massacro della Diaz a Genova e i vari omicidi compiuti dalle forze dell’ordine nei confronti di persone inermi come Cucchi, Aldrovandi, Uva e molti altri ancora.
Non posso accettarlo! Grido con tutta la voce che ho in corpo la mia rabbia a questo nuovo regime fascista che mi condanna ora a Roma per aver osservato un blindato andare in fiamme e che ora mi accusa di associazione a delinquere a Teramo, solo per non aver mai piegato la testa.
Non mi resta altro che percorrere la via più estrema per far sì che nessun’altro subisca quello che ho dovuto subire io e pertanto così come fece Antonio Gramsci, durante la prigionia fascista, anche io resisterò fino allo stremo per chiedere l’abolizione della legge di devastazione e saccheggio, la revisione del codice Rocco e che questo sistema repressivo venga arginato.
Comunico pertanto che da oggi intraprenderò lo sciopero della fame e della sete ad oltranza fino a quando non si scorgerà un po’ di luce in fondo a questo tunnel eretto e protetto dai soliti noti.
Concludo nel ringraziare i mie fratelli Antifascisti, i splendidi ragazzi della Est, i firmatari del Comitato Civile, i tantissimi che mi hanno dimostrato solidarietà in questi mesi e soprattutto quanti appoggeranno questa battaglia.
Quando l’ingiustizia diventa legge, la resistenza diventa un dovere!
Rosci Davide
MASSIMA SOLIDARIETA’! ACAB! LIBER* TUTT*!

 


Io no-tav, vi racconto la mia esperienza in carcere

Pubblichiamo una riflessione di Zeno, sulla sua esperienza in carcere per la questione TAV. Ora, dopo 4 mesi di arresti domiciliari, è finalmente libero. Ha appena compiuto 20 anni.

BUSSOLENO: MARCIA IN VAL DI SUSA CONTRO IL CANTIERE TAV TORINO-LIONEAlle 6 del mattino del 26 gennaio 2012 sono stato arrestato e condotto nel carcere Due Palazzi dalla Digos di Padova su ordine del procuratore capo di Torino, Giancarlo Caselli, che conduce l’inchiesta sui fatti del 3 luglio 2011 a Chiomonte (val di Susa), quando migliaia di persone assediarono il cantiere della TAV per difendere il loro territorio dalla devastazione ambientale e il paese intero da un gigantesco spreco di denaro pubblico. Dopo due giorni insieme agli altri detenuti, sono stato spostato nella sezione di isolamento. Il 9 febbraio il Tribunale del Riesame mi ha concesso gli arresti domiciliari, in cui mi trovo tuttora, da ormai quattro mesi.

Questo scritto è uno spaccato parziale e un po’ confuso di quella che è la vita in un carcere italiano e uno spunto per alcune riflessioni, a cui una società che si dice civile non dovrebbe sottrarsi.
In carcere entri ammanettato, è la regola. I funzionari di PG incaricati del trasporto ti accompagnano fino al braccio dove ci sono gli uffici, precisamente all’Ufficio Matricola, e ti consegnano nelle mani degli agenti di polizia penitenziaria, da cui da quel momento dipenderanno quasi tutte le decisioni che riguardano la tua vita all’interno di quelle mura.
In Matricola vieni registrato su un grande librone tipo quello degli alberghi, viene aperto il tuo fascicolo e ti prendono le impronte digitali, con un inchiostro che poi ci mette giorni a venir via. Sempre in Matricola ti prendi un bel “Comunista di merda!” e un “Che cazzo guardi!”, frasi non contenute nel protocollo, ma utili per farti capire che aria tira lì dentro e chi è che comanda.
Finita la parte burocratica passi nello stanzino vicino dove un altro agente (guai a chiamarli “guardie”!) estrae uno per uno ogni oggetto contenuto nella borsa che hai con te, prestando particolare attenzione anche al minimo frammento di fazzolettino di carta, potenziale contenitore di sostanze stupefacenti. Poi ti viene ordinato di toglierti i vestiti e te ne stai nudo come un verme mentre ogni piega, risvolto, cucitura, perfino delle mutande, viene ispezionato. A quel punto devi pregare che l’agente non si infili i guanti di lattice.
Dopo che ti sei rivestito si passa alla registrazione degli oggetti di valore: cellulare, documenti ecc. tutto in una busta, i soldi invece ti vengono accreditati sul libretto carcerario e ti serviranno per comprare quello che ti serve. Anche la borsa ti viene sequestrata, i vestiti che puoi tenere li devi buttare in un sacco nero, tipo quelli della spazzatura.
Il passo successivo è la visita medica: ti misurano la pressione, “Sei alcolizzato?” “No”, “Tossico?” “No”, “Malattie gravi?” “No”, “Okay a posto”, il medico firma e fine della visita.
E’ solo a questo punto che vieni accompagnato alla cella a cui sei stato assegnato ed è a questo punto che realizzi fino in fondo la tua situazione.
In una cella della Casa Circondariale vivono dalle 6 alle 8 persone, ma dovrebbero starcene al massimo 4. E’ uno spazio di pochi metri quadrati in cui ci sono due letti a castello in tripla fila (quello più alto è a più di 2 metri da terra e non sono pochi quelli che si fanno parecchio male cadendo), un angolo “cucina” con lavandino e un tavolino, un’altro tavolino per mangiare e un mobiletto dove riporre gli effetti personali di tutti. Una porta da’ sul bagno, in cui l’acqua calda arriva un’ora al mattino e un’ora verso sera.
In un carcere in cui i posti disponibili sarebbero 95, ma i detenuti sono 220-230, devi essere molto fortunato per avere un letto, se questo non c’è vieni accompagnato al magazzino dove ti prendi un materassino di gommapiuma tutta mangiata e le lenzuola e ti devi sistemare per terra durante la notte, incastrando il tutto sotto un letto durante il giorno, visto che altrimenti non ci sarebbe nemmeno lo spazio per muoversi. Se i tuoi compagni di cella sono gentili, ti insegnano come fare il letto in modo “ermetico”, annodando strette le lenzuola sotto il materasso perchè gli spifferi non ti congelino i piedi. Le finestre sono così isolanti che quando tira vento si crea corrente anche se sono chiuse, i termosifoni funzionano poco e male: il freddo è uno dei maggiori nemici con cui combattere e impari subito i vantaggi del doppio calzino e del doppio maglione. La pulizia della cella è di responsabilità dei suoi occupanti, sempre se sei fortunato hai dei compagni che hanno trovato nel lavare e pulire il loro passatempo preferito e ne hanno fatto un’attività compulsiva, con il risultato che c’è più pulito che in casa tua!
Se sei fortunato, vieni assegnato ad una cella in cui i tuoi compagni hanno un po’ di soldi nel libretto e sono lì da almeno qualche mese: questo significa che hanno diviso la spesa e arricchito al cella di fornellini a gas, la moka, delle pentole, il materiale per le pulizie, il telecomando, il sapone, la carta per scrivere, le carte da gioco. Ti rendi conto di come cose che nelle vita “fuori” ti sembrano assolutamente naturali e insignificanti in quella situazione possano migliorare sensibilmente la tua esistenza.
Se sei fortunato, i tuoi compagni sono generosi e dividono con te queste cose, altrimenti ti tocca aspettare il martedì e il sabato, i giorni in cui viene consegnata la spesa.
Funziona così: il giorno prima vengono distribuite nelle celle le liste dei prodotti acquistabili al sopravitto (lo “spaccio” del carcere) e ognuno scrive la quantità di cose che vuole. Il giorno dopo ti vengono consegnate e ti scalano la spesa dal conto sul libretto. Inizialmente ti sembra un buon sistema, ma poi ti accorgi di come ogni consegna sia momento di grande tensione: spesso non viene consegnato quello richiesto o viene consegnato nella quantità sbagliata senza nessuno a cui rivolgersi per sistemare la cosa, ma soprattutto la tensione si crea perchè si evidenzia la differenza tra chi ha parenti che ricaricano periodicamente il libretto e chi, solo come un cane, non ha i soldi neanche per un pacchetto di tabacco. Questa diseguaglianza innesca un sistema di relazioni perverso che porta a fare di un pacchetto di cicche o una confezione di batterie l’obiettivo della propria giornata, per cui scambiare qualsiasi cosa, concedere favori, fare promesse, spaccare una faccia o infilare armi improvvisate nella pancia del proprio vicino. Si crea un circolo vizioso di potere misero, violenza e sopraffazione nel quale vige il “mors tua vita mea”, un’etica iper-individualista che disgrega le relazioni sociali, gli istinti solidali e cooperativistici delle persone.
La tua giornata è scandita così:
alle 7.30 il lavorante della cucina consegna il latte e il pane; dalle 9 alle 11 si può uscire all’aria; a mezzogiorno viene consegnato il pranzo; dalle 13 alle 15 altra aria; dalle 18 alle 19 si può fare “socialità” in una stanza con un calcetto e un ping-pong; alle 19 consegna della cena; alle 20.30 chiusura della porta blindata delle celle.
Altre possibili variazioni sul tema potrebbero essere: convocazione in Matricola, visita dell’avvocato, convocazione dallo psicologo, dal prete o dall’educatore, partita a calcetto (devi metterti in lista, due volte a settimana), cambio lenzuola, ispezione e “battitura”, cioè quando gli agenti prendono a martellate le inferriate delle finestre per assicurarsi che non siano state manomesse.
Il tempo in cella non ti passa mai, sempre accompagnato da tre imprescindibili costanti: la televisione, il caffè e il fumo.
La TV rimane accesa tra le 20 e le 24 ore giornaliere, quasi sempre a volume altissimo e sintonizzata su programmi improponibili, utili solo a estraniare la mente delle persone e far dimenticare la situazione reale in cui ti trovi. Il controllo del telecomando è prerogativa di colui che in cella ha acquisito la maggiore autorità e la presenza stessa di questo prezioso strumento con annesse batterie funzionanti è un lusso di cui non tutte le celle possono fregiarsi. Si vedono quasi sempre telefilm o qualunque altra cosa che abbia la minore attinenza possibile con la realtà al di fuori delle mura del carcere, i telegiornali sono motivo di interesse solo quando vengono pronunciate le parole “indulto” o “amnistia”, le uniche vere speranze per molti davanti a cui si prospetta un periodo di carcerazione di 5, 10 o 20 anni. Ti viene la pelle d’oca quando tutto il carcere esplode in un boato di grida, cori e sbarre percosse al solo sentire pronunciare queste due magiche parole. E devi reprimere il tuo istinto di spiegare che al momento attuale non c’è alcuna speranza che si verifichino queste evenienze, perchè dovresti togliere anche questa unica speranza a cui tanti si aggrappano?
Il caffè è in produzione continuativa dalla mattina presto fino a notte fonda, è un rito a cui inizialmente cerchi di sottrarti limitandoti nel consumo come se fossi a casa, ma a cui presto cedi per unirti agli altri in questo momento di raccoglimento intorno al tavolino e finendo per ripeterlo tra le 10 e le 15 volte al giorno!
La cicca diventa compagna di vita per tutti, compresi quelli che prima non fumavano, nonchè il prodotto maggiormente scambiato e conteso nel mercato interno che si crea tra i detenuti.
La maggior parte del tempo in cella lo passi disteso a letto, tuo unico nido d’intimità in un luogo tanto promiscuo e unica maniera di combattere il freddo che ti prende quando esci dalle coperte.
Il cortile dell’”aria” è una quadrilatero di cemento, circondato da sbarre e diviso a metà dal corridoio attraverso al quale vi si accede: da una parte i maghrebini, soprattutto tunisini, dall’altra italiani, slavi e i maghrebini che per qualche motivo non possono stare con i loro connazionali. Quando vai all’aria le prime volte è buona prassi farsi accompagnare da qualcuno dei tuoi compagni, che “garantiscono” per te, ti presentano e ti introducono alle basilari regole di convivenza in quell’universo parallelo che è il carcere. Impari quali sono i personaggi a cui rivolgersi se si ha bisogno di qualcosa, quelli da evitare perchè inaffidabili, violenti o amici delle guardie e i reati commessi da ognuno. Subito ti fa un po’ impressione parlare con rapinatori, assassini, trafficanti di droga, ma ti dimentichi in fretta dei motivi per cui sono lì, impari a dare importanza solo allo stretto presente, senza curarti tanto del passato ne’ troppo del futuro, perchè alla fine lì dentro tutti sono allo stesso livello sotto molti punti di vista.
Non c’è niente da fare in cortile, l’unica attività è girare per due ore lungo il perimetro per sgranchirti le gambe e respirare un po’ di aria fresca, affiancandoti di volta in volta a quelli con cui vuoi fare quattro chiacchere.
Una cosa fondamentale che devi imparare da subito è il comportamento da tenere con gli agenti: sei costretto a mettere da parte ogni istinto ribellistico, sei inserito in un ambiente in cui non hai alcun vantaggio dalla sfida, la disobbedienza, lo sguardo cattivo. E’ un meccanismo talmente ben rodato che lo stesso detenuto è controllore di se stesso e degli altri, ancora una volta l’individualismo spinto a cui il sistema riduce le relazioni all’interno del carcere impedisce qualunque presa di coscienza collettiva, soffoca ogni possibilità di rivendicazione anche dei diritti più banali. Difficilissimo incrinare tutto questo e solo a costo di accettare privazioni, difficoltà e sacrifici. La figura della guardia non è quella cinematografica che impone “militarmente” il potere, infatti le guardie non sono nemmeno armate, ma viene esercitato un potere più sottile che solo un’istituzione totale come quella del carcere concede, nonostante non manchino gli episodi di violenza sui detenuti.
Percepisci come questa convivenza forzata in un luogo ristretto livelli, senza ovviamente eliminarla, la contrapposizione teoricamente ferrea carceriere-carcerato, finendo per far accettare del tutto supinamente i piccoli e grandi soprusi quotidiani, come se facessero in modo ineluttabile parte del gioco. La sostanziale partecipazione delle guardie all’intreccio di scambi, favori e piccoli traffici e la loro tendenziale neutralità, anche fisica, nelle dispute tra detenuti spingono molti a considerare più comoda e lucrosa l’individuazione del proprio “antagonista” non tanto in colui che gira la chiave della propria cella e garantisce la propria privazione della libertà, quanto semmai nel proprio compagno di cella o sezione.
Quasi subito ti accorgi di come venga utilizzato un altro potente mezzo di controllo: l’uso massiccio e ampiamente incoraggiato di sonniferi, tranquillanti e psicofarmaci. La tossicodipendenza con la conseguente astinenza, lo sfasamento totale dei ritmi vitali in un ambiente del genere, la necessità di staccare la mente dalla realtà che si vive, sono tutti elementi che spingono la maggioranza dei detenuti a imbottirsi di sostanze, consegnate quotidianamente nelle celle, la maggior parte senza nemmeno ricetta, essendo per altre sufficiente andare in infermeria e lamentare una semplice insonnia. Qualcuno ti dirà “Preferisco dormire 14 ore al giorno e restare rincoglionito le altre 10 che dover svegliarmi ogni mattina e pensare che senso dare al mio tempo in questo luogo”. E dall’altra parte è solo un vantaggio avere da controllare una massa di persone docili e sonnacchiose.
Capisci come questa sia un’arma a doppio taglio: aumentando la dipendenza dai farmaci, basta un errore nella somministrazione per scatenare reazioni e crisi dagli esiti anche disastrosi, ma soprattutto non facilita quel lavoro psicologico di riscoperta di sè e di cambiamento che la detenzione dovrebbe toricamente avviare.
Se per qualche motivo finisci in cella d’isolamento la situazione cambia radicalmente, in peggio. La sezione è un piccolo edificio separato dagli altri con una decina di celle al suo interno, ogni cella, sporca e scrostata, è grande più o meno 3×2, con solo un letto, un tavolino e il water. Se sei fortunato trovi la TV, sennò niente. Secondo il regime di isolamento le ore di aria si riducono da quattro a una soltanto, da trascorrere in un cortiletto lungo e stretto rigidamente da solo, guardato a vista tutto il tempo da una guardia. Vieni privato di ogni occasione di socialità con gli altri detenuti e in pratica passi la totalità della giornata chiuso in cella. Essendoci al massimo 5-6 persone per volta è una sezione piuttosto trascurata sotto molti aspetti: i pasti arrivano alle 11 del mattino e alle 17.30, la posta viene spesso dimenticata o consegnata in ritardo, la spesa può non arrivare. Devi abituarti a fare i tuoi bisogni a mezzo metro da dove mangi, con la concreta probabilità che una guardia, passando, ti sorprenda proprio nel momento topico. La doccia non c’è, devi chiedere di essere accompagnato in una stanza a parte, incredibilmente sporca, in quanto è il luogo dove vengono purgati coloro che devono espellere gli ovuli ingeriti, una vera schifezza.
Devi sforzarti a non cadere nell’apatia totale, a cogliere come preziosi quei momenti di distrazione dalla monotonia sfibrante della solitudine: due parole col vicino di cella, due parole con una guardia un po’ più loquace, le visite in Matricola o dallo psicologo, utile peraltro solo a farti a tagliare l’aria. Aspetti con ansia la consegna pomeridiana della posta perchè sai che per una mezzora sarai occupato a leggere e potrai percepire su quella carta la solidarietà che ti circonda. Benedici l’avvocato che ha trovato il tempo di venirti a trovare. Aspetti il mercoledì e il sabato, i giorni nei quali i tuoi genitori possono venire a trovarti, dovendo subire l’umiliazione di ore e ore di attesa per entrare, senza un luogo dove ripararsi, qualcuno che spieghi loro cosa fare o quantomeno faccia trasparire, oltre alla rigida applicazione delle procedure, un po’ di comprensione umana. Eserciti la pazienza, quando vedi come alle guardie basterebbero gesti semplicissimi per migliorare la tua situazione e quella dei tuoi vicini ma non se ne curano minimamente: un accendino allungato tra le sbarre, un pezzo di sapone, un giornale del giorno prima, una telefonata per verificare l’orario di una visita medica, semplici richieste rimesse totalmente al capriccio di coloro che stanno “dall’altra parte”, senza alcuna presa di responsabilità rispetto a quello che succede.
Ad un certo punto, dopo giorni passati in un’attesa angosciante passando da momenti di grande speranza ad altri di sconforto e rassegnazione, ti viene ordinato di raccogliere in fretta tutte le tue cose, perchè l’udienza ha avuto esito positivo e puoi uscire di lì. Butti tutto nel solito sacco nero, regali le cibarie che ti rimangono ai tuoi vicini e con una gioia che fatichi a controllare ti avvii verso l’uscita. Nell’attesa dei tuoi genitori che ti riportino a casa ti fumi quattro cicche di fila per sfogarti e guardi dall’esterno quelle mura in cui sei rimasto confinato.
Ti rendi conto di aver vissuto qualcosa che non si può esprimere a parole nella sua interezza, capisci di essere entrato in un vero e proprio “universo parallelo”, completamente avulso dal mondo circostante, in cui regole e valori sono stravolti, così come vengono stravolte le esistenze di coloro che vi passano. Ti riconnetti alla vita “fuori” sapendo che tu esci, ma altre decine di migliaia di persone rimangono “dentro” e dovranno subire quello che tu hai provato in maniera appena accennata per mesi, anni, decenni. Maturi al tuo interno tante domande che quell’esperienza ti ha instillato:
E’ accettabile che una società releghi tanti uomini in quella condizione?
Quale uomo merita di vedere la sua vita consumarsi nell’assenza di speranza?
E’ prerogativa di una società democratica violare i diritti umani e spingere un uomo al suicidio?
E’ accettabile che un detenuto non abbia alcun modo di far valere i propri diritti, anche quelli legalemente riconosciuti?
Come si fa a non rendersi conto che il carcere per come è adesso non è altro che un luogo di riproduzione all’ennesima potenza delle stesse relazioni devianti che hanno portato al commettere un reato?
Un carcere non dovrebbe essere luogo di recupero e rieducazione?
E poi, rieducazione a cosa?
E’ ammissibile che una persona si faccia anni in carcere in attesa di giudizio?
Come è possibile continuare a trattare la tossicodipendenza e in generale il problema sostanze seguendo i dogmi del proibizionismo, quando più della metà dei detenuti è dentro per reati legati a questo tema e un terzo è tossico?
Sono solo alcuni degli interrogativi che ti nascono dentro toccando con mano la dura realtà del carcere e che continui a portarti dentro.
Soprattutto però ti porti dentro i volti e le storie di marginalità e sofferenza di quelli che hai incontrato, alcuni capaci, nonostante l’ambiente duro e disumano, di gesti buoni e generosi, che assumono il valore di veri e propri atti di resistenza.
E’ anche pensando a loro che ti convinci sempre di più della necessità di moltiplicare gli sforzi per lottare contro questo sistema malato e ingiusto che colpisce sempre i più deboli: anche in questo campo sarebbe quanto mai necessaria la ripresa di conflitto dal basso, che rivendichi risorse, diritti e un profondissimo cambiamento sul piano culturale. Compito quanto mai arduo, con una politica sempre più cieca, autoreferenziale e impermeabile alle necessità di chi veramente subisce drammaticamente, ogni giorno, le conseguenze di scelte fatte secondo becero populismo elettorale o freddo calcolo economico.
ZENO ROCCA
Fonte: notav.info