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Bologna – In carcere per stalking. S’impicca

cordatesaL’ossessione per una donna l’aveva portato a tornare in carcere tre giorni fa. Il 28enne rumeno che ieri pomeriggio si è tolto la vita alla Dozza era accusato di stalking nei confronti di una 31enne rumena. Era già stato in carcere per averla minacciata e perseguitata e aveva finito di scontare la pena a dicembre. Ma lunedì pomeriggio la donna, una ex prostituta di cui l’uomo era follemente invaghito e con la quale aveva avuto una relazione, Continue reading


Bologna | No Tav – Sabotaggio in stazione e perquisizioni

luogo_sa2Bologna, 23 dicembre 2014 – Apprendiamo dai media di regime che, come reazione al sabotaggio di questa mattina nella stazione di Santa Viola, la Digos di Bologna ha frettolosamente effettuato alcune perquisizioni nelle abitazioni di compagne e compagni anarchici.

Secondo quanto riportato, l’incendio di alcuni pozzetti in cui passano cavi di controllo e fibre ottiche per il traffico dati, avrebbe fortemente rallentato la circolazione ferroviaria. La procura di Bologna ha aperto un’inchiesta contro ignoti, ipotizzando i reati di disastro ferroviario causato da danneggiamento, interruzione di pubblico servizio e danneggiamento seguito da incendio.

Segue comunicato diffuso da compagn* perquisit*:
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Torino – incontro per la creazione di un bollettino anticarcerario nazionale

cordatesaIMPORTANTEA seguito degli arresti di lunedì 9 dicembre è stato indetto un presidio solidale a Torino sotto il carcere delle Vallette per sabato 14 alle 17e30. Considerando che molti compagni e compagne vorranno parteciparvi, si è pensato di spostare da Bologna a Torino l’appuntamento per l’incontro nazionale sulla proposta di un bollettino anticarcerario fissato per il 14 e 15 dicembre, anche per evitare inutili spostamenti. Il nuovo appuntamento è quindi a Torino presso i locali di Radio Blackout in via Cecchi 21/a dalle ore 14 di sabato 14 dicembre, incontro che proseguirà nella giornata di domenica.

 

Ricordiamo l’invito a partecipare all’incontro per la creazione di un bollettino anticarcerario nazionale il 14 e 15 dicembre a Bologna. per dare ai compagni il tempo di organizzare l’ospitalità sarebbe utile comunicare le adesioni.

per farlo scrivere a invece@autistici.org

per info sull’incontro http://www.informa-azione

La proposta di dar vita ad un bollettino anticarcerario, apparsa sul numero 21 del febbraio scorso di Invece, ha suscitato l’interesse di diversi compagni. Così per poterne discuterne insieme abbiamo pensato di incontrarci a Bologna sabato 14 dicembre dalle ore 14 al circolo Iqbal Masih, con l’idea Continue reading


Detenuto tenta di accoltellare agente penitenziario nel carcere della Dozza di Bologna

cordatesaAggressioni in carcere: detenuto tenta di accoltellare Agente di Polizia Penitenziaria nel carcere della Dozza di Bologna.

Un agente della Polizia Penitenziaria è stato aggredito ieri pomeriggio da un detenuto italiano di circa 30 anni all’interno del carcere della Dozza. L’uomo, con un rudimentale coltello, ha tentato di ferire l’agente che però è riuscito a schivarlo, ma nella colluttazione successiva ha riportato contusioni guaribili in 15 giorni.

Lo rende noto il sindacato di Polizia Penitenziaria Sappe. L’episodio Continue reading


Detenuto provoca incendio a Bologna, evitata tragedia

cordatesa(Adnkronos) – “Oggi pomeriggio, nel carcere bolognese della Dozza e’ stata evitata la tragedia”: un detenuto, ricoverato nel reparto infermeria, ”ha dato fuoco al materasso, provocando un incendio, da cui e’ scaturita una folta coltre di fumo che ha intossicato l’ambiente, costringendo il personale di polizia penitenziaria ad evacuare tutta la sezione”. Lo scrive in una nota il segretario generale aggiunto del Sappe, Giovanni Battista Durante. L’operazione, sottolinea Durante, non e’ stata facile “considerato che nel reparto c’erano anche detenuti infermi. Il detenuto ed il personale di polizia penitenziaria sono stati portati in ospedale per gli accertamenti e le cure del caso. Al personale vanno i nostri complimenti per il lavoro svolto e chiediamo all’amministrazione -conclude la nota- di avviare le procedure per la ricompensa prevista dal regolamento”.


Va in carcere imbottito di ovuli cocaina

cordatesa(ANSA) – BOLOGNA, 6 MAG – Evitata l’introduzione di droga nel carcere della Dozza.
Gli agenti hanno captato il nervosismo di un nigeriano arrestato per spaccio.
Deciso di portarlo in ospedale, ha chiesto di andare in bagno dove, in presenza di agenti, ha espulso 22 ovuli, contenenti pare sempre cocaina.
In ospedale e’ emerso che ha ingerito atri 11 ovuli.
‘Si tratta di uno dei tanti modi in cui la droga entra carcere – scrive il sindacato Sappe – Sarebbe stato davvero grave, sarebbe stato sicuramente spacciato’.


Non riaprite quel Cie

fotoL’occasione è buona perché resti chiuso per sempre. Il Cie di Bologna è stato svuotato la scorsa settimana per lavori di ristrutturazione e molte voci ora chiedono che non venga più riaperto. Il ministero dell’interno ha stanziato 150mila euro dopo la visita dell’Ausl e un rapporto agghiacciante che conferma che nell’ex caserma Chiarini non vengono rispettati neanche gli standard minimi di dignità umana: chi ha visitato il Cie in questi mesi ha parlato di mancato rispetto di diritti umani.
Il sindaco Virginio Merola, entrato nel Cie a fine gennaio, ha parlato di “un cuore di tenebra”, “un settore speciale di punizione che non ha alcun senso” che, più che un centro di identificazione ed espulsione dall’Italia, è un luogo di “espulsione alla condizione umana”. L’ultima voce chiederne la chiusura definitiva in questi ultimi giorni è stata quella della Cgil che denuncia anche che gli operatori di Cie di Bologna e Modena non vengono pagati per mesi.

“Mancati interventi strutturali di natura idraulica, muraria, elettrica e igienico-sanitaria” si legge nel rapporto Ausl e significa che chi stava nel Cie era senza riscaldamento, con le finestre rotte che non vengono riparate e quando deve andare in bagno deve immergere camminare in una fogna a cielo aperto. A questo vanno aggiunti 4 casi di sospetta scabbia e la la mancata consegna regolare di indumenti, biancheria e prodotti per l’igiene da parte del nuovo ente gestore, il consorzio Oasi.
Di fronte a questo inferno il 2 marzo due internati hanno messo in atto l’ultima di una serie di proteste ed atti di autolesionismo che hanno contrassegnato il centro di via Mattei nei suoi 11 anni di vita: si sono cuciti le labbra con del filo per iniziare un estremo sciopero della fame. Un uomo e una donna, che non si conoscono, che erano detenuti in zone separate del Cie, ma che contemporaneamente prendono la stesa decisione perché, dicono chiaramente “Qui non ci dovrei stare”. Lei è malata e al Cie non ha l’adeguata assistenza, lui è finito al Cie dopo la detenzione in carcere, un supplemento di pena per il fatto di essere in terra straniera. Entrambi sono stati trasferiti, insieme a tutti gli altri detenuti, per lasciare vuoto il Cie di bologna.

Bastano 150mila euro per mettere a nuovo il Cie? La risposta, lampante, è no.
La cifra è esigua se confrontata con i 775mila euro stanziati nel 2006. Il 6 ottobre di quell’anno la Commissione di inchiesta e monitoraggio dei CPT italiani, istituita dal Ministero dell’Interno e presieduta da Stephan De Mistura, aveva visitato l’ex Caserma Chiarini e, nel rapporto che ne è scaturito, il CPT veniva “bocciato” perché risultava essere “il più invivibile d’Italia”. La motivazione, in quel caso era la presenza di “troppe sbarre” che rendevano il luogo claustrofobico: allora le sbarre del centro coprivano il cielo anche degli spazi aperti, con effetto “pollo in batteria”.
I 150mila euro non andranno inoltre ad intaccare la nuova gestione del centro: il consorzio Oasi è subentrato a fine 2012 alla Misericordia di Giovanardi con una gara al massimo ribasso: 28 euro per ogni detenuto, contro i 72 della vecchia gestione, e i 115 circa del carcere. Un taglio che colpisce direttamente la vita quotidiana dei migranti a cui non vengono consegnate coperte, biancheria intima, prodotti per la pulizia e che consegna le loro vite alla costrizione del nulla. Non ci sono attività all’interno del Cie, di nessun tipo, e per affrontare i mesi di attesa inutile molti migranti finiscono per diventare dipendenti dagli psicofarmaci. Finestre riparate e autospurghi per i bagni non miglioreranno la vita di chi, se dovesse riaprire il cie, per 18 mesi è costretto a dormire su letti di muratura, con lenzuola ignifughe con la certezza, poi, della deportazione o del foglio di via.

Dopo l’assegnazione dell’appalto in via provvisoria da parte del provveditorato alle opere pubbliche oggi, lunedì 11 marzo, nel Cie di Bologna dovrebbe partire il cantiere. La speranza di molti sta tutta nelle parole della garante regionale dei detenuti Desi Bruno: “I tempi potrebbero allungarsi” e “mai occasione come questa per chiudere definitivamente questa fallimentare gestione dell’immmigrazione”.

Infoaut


Bologna – Aggiornamenti dal CIE

diffondiamo

cie-300x299Dai contatti degli ultimi mesi con alcune persone rinchiuse nel CIE di Bologna (via Mattei) emerge una situazione insopportabile.
Il CIE di Bologna, come quello di Modena, è passato tra agosto ed ottobre dalla gestione della cooperativa ‘La Misericordia’ (Confederazione Nazionale delle Misericordie d’Italia) di Daniele Giovanardi (famiglia onorevole e intenzione di guadagnare soldi sulla pelle dei rinchiusi mascherata da misericordiosa vocazione cristiana) all’’Oasi’ (zoppicante cooperativa siciliana, che dalla gestione del Centro di Accoglienza per Richiedenti Asilo di Cassibile chiuso dopo diverse interrogazioni parlamentari, oggi gestisce 3 CIE, quelli di Bologna, di Modena e di Trapani – loc. Milo). Come si è aggiudicata il bando l’Oasi, che da mesi non riesce a pagare gli stipendi a chi lavora per lei nei CIE di Trapani e di Modena? Con un bando al ribasso. Dai 70euro a rinchiuso dati alla Misericordia, si è passati a 28euro con l’Oasi.
Oggi sembra che i CIE non funzionino più: da fonte di guadagno questi lager sono diventati un peso economico difficilmente gestibile. Questo potrebbe spiegare perché, dopo anni che esistono e rinchiudono e torturano persone – colpevoli di non avere le carte che permettano loro di passare o vivere entro determinati confini statali – in un complice silenzio, oggi vengono additati da istituzioni e visitati da associazioni; dopo anni di silenzio menefreghista o di tiepido dispiacere, improvvisamente si riscopre che un CIE è un lager e ci si indigna, ci si commuove, si proclama la necessità di chiuderli.
Il CIE di Bologna è stato visitato nelle ultime settimane da Desi Bruno (garante dei diritti dei detenuti dell’Emilia Romagna), Virginio Merola (sindaco di Bologna), dall’associazione Medici per i Diritti Umani (che ha pubblicato delle foto dell’interno del CIE: http://bologna.repubblica.it/cronaca/2012/02/28/news/qui_peggio_che_stare_in_galera_cos_si_vive_all_interno_del_cie-30612725/ ).
Da dentro ci raccontano che da quest’autunno le condizioni sono peggiorate, anche prima dell’avvento dell’Oasi nella gestione. Il cibo è diventato ancora più scarso e immangiabile, le lenzuola e i vestiti non si riescono a far lavare per settimane, avere delle sigarette è un’impresa. Uno dei rinchiusi raccontava di una malattia alla pelle che lo tormentava, e che preoccupava molto il suo compagno di cella che temeva di essere infettato, ma non veniva mandato in ospedale né visitato seriamente; pochi giorni dopo, in seguito alla visita di Desi Bruno, sui giornali usciva la notizia di 4 casi di scabbia.
Abbiamo notizia di almeno un colloquio con gli avvocati saltato a causa della “mancanza di personale”, secondo quanto detto loro dal personale interno. Un prigioniero raccontava che il suo avvocato d’ufficio si era fatto rivedere solo due giorni prima della scadenza per presentare il ricorso contro il decreto di espulsione dall’italia.

Un paio di settimane fa uno dei rinchiusi si è cucito le labbra. Per tre giorni è rimasto così. Il quarto giorno è stata mandata a parlargli una psicologa mandata da Desi Bruno, che lo ha fatto uscire dal CIE: aveva sette giorni di tempo per rimanere in Italia, prima di essere di nuovo “irregolare”.

Da questo sabato altre due persone si sono cucite le labbra: un uomo e una donna. Hanno tentato di mandarci le foto, ma non ci sono riusciti. Uno di loro ha la febbre alta.


La protesta al Cie: «Due persone con le labbra cucite»

Labbra-cuciteBOLOGNA – «Anche oggi al Cie di Bologna ci sono due persone, un uomo e una donna, con le labbra cucite per protesta, contro la propria situazione e contro le condizioni della struttura». Lo rileva la Garante dei detenuti dell’Emilia-Romagna, avvocato Desi Bruno, precisando di aver saputo ieri di queste due persone e di aver accertato che «ancora oggi sono nelle stesse condizioni». Questa protesta autolesionista, cominciata anni fa in carcere, è praticata anche nei Centri di identificazione ed espulsione per immigrati (Cie). La Garante spiega che l’uomo «proviene dal carcere e si chiede come mai si trovi al Cie. La donna l’ha fatto perchè non riesce a comunicare: anche ieri mancava il mediatore arabo»

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Dentro al Cie di Bologna tra freddo e sporcizia

CIE-BoCarta igienica che scarseggia, centellinata. Ragazze e donne costrette a pietire gli assorbenti. Porte divelte e vetri rotti non sostituiti. Una lavatrice sola, di seconda mano, per tutti. Una struttura logora e insana, come è stato ripetutamente denunciato dalle garanti dei detenuti, dall’onorevole Pd Sandra Zampa, da associazioni e Ausl e, di recente, anche dal sindaco Virginio Merola. Il cambio di gestione al Cie, l’ex caserma di via Mattei in cui vengono rinchiusi gli stranieri non regolari da identificare e espellere, si sta facendo sentire.
Il consorzio siracusano l’Oasi si è aggiudicato l’appalto al massimo ribasso bandito da Viminale e Prefettura, accettando un rimborso quotidiano pro-capire di 28,5 euro, contro i quasi 70 del passato. Con una media di 50-55 presenze – lo hanno calcolato operatori e patronati – le entrate non bastano nemmeno a coprire le buste paga. La Prefettura è stata costretta ad anticipare i contanti per saldare gli stipendi di dicembre.
Non ci sono attività ricreative. sebbene siano previste dal capitolato, così come la fornitura di biancheria e abiti, i corsi di italiano, la prevenzione dei conflitti. A breve verrà ridotto l’orario del medico interno. Da quello che si vede, girando per le stanze, si risparmia su tutto.
La stuttura, con una capienza complessiva di 95 posti, ha un’ala del maschile inagibile, distrutta durante le azioni di rivolta. Ma anche negli spazi utilizzati, 53 letti occupati a ieri, la situazione è pesante.
Nella struttura, in una coabitazione forzata, si mescolano le persone e le storie più disparate, in una promiscuità che pesa e che non fa distinzioni.  I trattenuti, chiamati “ospiti”, denunciano condizioni di vita insopportabili e non umane

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Garante dei diritti dei detenuti: il Cie di Bologna va chiuso

“E’ questo il momento opportuno per chiudere definitivamente una struttura ampiamente sottoutilizzata da tempo”. Sono chiare le parole di Desi Bruno, Garante regionale dei diritti dei detenuti, rispetto al Cie di via Mattei, a Bologna, le cui condizioni igienico-strutturali sono state definite dal Garante “inaccettabili”.

libero-dalle-cateneDurante le visite effettuate nella struttura detentiva, Bruno ha riscontrato che “le persone trattenute vivono in una situazione degradante, con rischio per la loro salute e per quella degli operatori presenti”.

Una situazione che ha portato lo stesso Garante a chiedere una visita ispettiva dell’Asl, lamentando che l’Azienda sanitaria non avesse mai effettuato alcun controllo sulla struttura, come invece succede per il carcere.

La visita, effettuata il 14 gennaio scorso, non ha potuto fare altro che confermare le parole di Bruno: gli ispettori hanno segnalato “la richiesta di psicofarmaci da parte di oltre un terzo dei trattenuti” per proseguire terapie che avevano iniziato nei periodi di carcerazione in penitenziario, e “quattro casi di sospetta scabbia”.

L’Asl segnala inoltre che “la struttura necessita di significativi e urgenti interventi di manutenzione”, oltre che di “una pulizia straordinaria in tutto l’edificio”.

“Di fronte alla mancanza di beni di prima necessità e di interventi strutturali di natura idraulica, muraria, elettrica e igienico-sanitaria, ritengo che la struttura sia inidonea tanto per i ristretti quanto per gli operatori”, ha dichiarato Bruno.

In seguito alla visita, l’Asl ha avanzato precise richieste alla direzione del Cie: la consegna regolare di indumenti, biancheria e prodotti per l’igiene; la definizione di procedure per la corretta gestione dei nuovi ingressi; riunioni periodiche di coordinamento; un registro di infortuni per un programma di prevenzione degli stessi e l’attivazione di attività ludico-ricreative degli ospiti.

Cronache di ordinario razzismo

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Bologna, suicidio sfiorato al carcere Pratello

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BOLOGNA, 26 GENNAIO – Ieri mattina a Bologna, all’interno del carcere minorile Pratello, un giovane detenuto straniero di 19 anni ha tentato il suicidio tramite impiccagione. Si trovava in cella da solo.

Gli agenti della polizia penitenziaria, accorgendosi in tempo dell’accaduto, sono riusciti a salvare la vita al ragazzo, che ora è ricoverato all’ospedale Maggiore per controlli e accertamenti.

Elogio di Maurizio Serra, sindacalista della Cgil: “Una vita è stata salvata. Il personale di polpenitenziaria ha dimostrato di essere pronto ed efficiente”.

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Pestarono ultras e lo resero invalido al 100%. Assolti otto poliziotti di Bologna

 Nel 2005 alla stazione di Verona dopo il match tra Hellas e Brescia, Paolo Scaroni fu manganellato dagli agenti del reparto mobile del capoluogo emiliano. Molte le omissioni durante le indagini, tra cui 10 minuti di video ‘cancellati’ in cui l’uomo viene massacrato di botte, ora acquisiti dalla Procura scaligera che aprirà un’inchiesta.

scaroniFu manganellato fino a essere ridotto in coma e invalido al 100 %. Ora per quel pestaggio otto poliziotti del settimo reparto mobile di Bologna sono stati assolti dal Tribunale di Verona: sette di loro per insufficienza di prove, mentre un ottavo agente, alla guida della camionetta, per non aver commesso il fatto. Tutti erano accusati di lesioni gravissime nei confronti del tifoso del Brescia, Paolo Scaroni,  malmenato nel 2005 nella stazione della città veneta dopo una partita di serie A tra l’Hellas Verona e la formazione lombarda. Determinante nella decisione del giudice è stato il taglio e la manipolazione del filmato girato dalla stessa Polizia, che riprese i momenti delle violenze. Il caso, molto simile a quello di Federico Aldrovandi, rischia quindi di rimanere senza colpevoli

La vicenda era stata svelata grazie al lavoro silenzioso di una collega degli imputati, una commissaria di Polizia di stanza a Verona, che aveva sentito a lungo Paolo Scaroni quando il ragazzo, dopo il coma, aveva ripreso a parlare. La agente sfidando l’ostilità intorno a lei aveva ricostruito tutti i passaggi di quel pomeriggio di sangue. Il pestaggio avvenne all’interno della stazione il 24 settembre 2005.

Le prime relazioni ‘ufficiali’ nascosero la vicenda di Scaroni. Parlarono, nell’ordine, di scontri tra gli ultras delle due squadre, poi di una reazione della polizia a un attacco da parte degli ultras bresciani che avevano occupato i binari. La questione di Paolo, ridotto in fin di vita venne derubricata come quella di un “malore sul treno”. A rendere più difficile l’accertamento della verità inoltre, prima del rinvio a giudizio, ci s’era messo anche un pm che aveva avanzato due richieste diarchiviazione perché, sosteneva, i caschi impedivano di riconoscere gli agenti picchiatori.

L’indagine scrupolosa pian piano aveva tuttavia svelato che quel pomeriggio alla stazione dei treni non c’erano ultras avversari. Non solo: gli agenti della Polizia ferroviaria spiegarono che la ‘macelleria’ era partita su iniziativa dei colleghi del reparto mobile. Ma la prova madre del pestaggio di Paolo Scaroni, quei minuti di video ripresi dalla polizia, furono cancellati. Ma da chi? Anche per la manipolazione del video ora verrà aperta un’inchiesta dalla Procura: “Il giudice – ha spiegato dopo la sentenza il legale di parte civile, Alessandro Mainardi – ha inviato gli atti alla Procura per il taglio di 10 minuti nel filmato in cui il mio assistito viene massacrato di botte”

Ma intanto chi picchiò Paolo potrebbe rimanere impunito. “Dobbiamo andare avanti, non dobbiamo mollare”, ha detto Scaroni dopo la lettura della sentenza. “La mia storia è simile a quella di Federico Aldrovandi, Gabriele Sandri, Stefano Cucchi, Carlo Giuliani – aveva detto Scaroni in passato – la differenza è che io sono ancora vivo e posso parlare”. La decisione del giudice è stata accolta con cori di disapprovazione da parte di decine di ultras bresciani assiepati fuori del tribunale. La tifoseria bresciana fin da quando Scaroni lottava per la vita in ospedale, aveva iniziato a chiedere la verità su quanto era accaduto quel pomeriggio. L’avvocato di parte civile si è riservato la lettura delle motivazioni prima di valutare il ricorso in appello.

Fonte: ilfattoquotidiano.it

 


Il Garante regionale dei detenuti in visita al CIE di Bologna

“Non è più rinviabile una visita ispettiva dell’Azienda Usl, la situazione è vistosamente degradante per le persone rinchiuse e può mettere a rischio la salute pubblica. Abbiamo riscontrato almeno tre casi di scabbia, in un contesto di forte promiscuità in cui mancano beni di prima necessità e appaiono necessari vari interventi strutturali, di natura idraulica, muraria, elettrica, igienico-sanitaria. È poi inaccettabile l’insufficienza di beni di prima necessità – carta igienica, sapone, biancheria intima, abbigliamento – a cui sono sottoposte le persone trattenute nel Cie di Bologna”.

cie (1)Lo dice Desi Bruno, Garante regionale per le persone private della libertà personale, che ha appena visitato il Centro di identificazione e di espulsione di via Mattei. Si tratta della prima verifica dopo l’avvio della nuova gestione del Centro (dal primo dicembre, il Consorzio Oasi ha sostituito la Confraternita della Misericordia). Oggi sono trattenuti nel Cie 51 persone, 21 donne e 30 uomini.

Già dopo le visite precedenti – settembre e novembre 2012 – la Garante aveva denunciato una situazione di forte degrado, con particolare riferimento agli incombenti rischi igienico-sanitari (è costante la presenza di persone sieropositive). Perciò si era rivolta alle autorità sanitarie, alla Prefettura, al sindaco di Bologna e all’assessorato della Regione, chiedendo un’ispezione finalizzata a verificare le condizioni di vivibilità del Cie. In passato, l’Azienda Usl non ha mai effettuato visite ispettive, come avviene solitamente in carcere, perché il luogo veniva considerato alla stregua di una zona militare, dunque sottratto ai poteri di controllo del servizio pubblico. Ma il 21 novembre scorso, la Prefettura di Bologna ha scritto al Direttore del Dipartimento di Sanità pubblica dell’Azienda Usl di Bologna che nulla osta al compimento di questa visita, ravvisandone l’utilità anche ai fini delle verifiche di competenza della Prefettura. “Sono passati 50 giorni – sottolinea Desi Bruno – e questa visita non è ancora avvenuta”.

Oggi alla Garante è stata consegnata una lettera, sottoscritta da 31 persone trattenute nel Cie e già indirizzata alla Guardia di Finanza: nel testo si elencano le condizioni “disumane” a cui sono sottoposti i reclusi, definite assai peggiori del carcere. “Non abbiamo i nostri minimi diritti di base, per esempio, dentifricio, spazzolino, un cambio di indumenti puliti, un pasto decente, materassi igienici, un cambio di lenzuola, riscaldamento nelle camere e finestre rotte… Mancano medicinali importanti per la nostra salute e non ci sentiamo seguiti bene dal personale medico”.

Va ricordato come la nuova società del gestione del Centro, che certo non porta responsabilità per le carenze strutturali, sia subentrata dopo aver vinto una gara al massimo ribasso, al termine della quale da più parti si era segnalata la preoccupazione sul rispetto dei requisiti minimi a garanzia delle persone trattenute nel Cie.

Fonte: modena2000.it


Immigrati tentano la fuga la notte di capodanno

Ennesima rivolta al Cie di Bologna, anche durante l’ultima notte dell’anno: quattro nordafricani, ospiti della struttura di via Mattei, hanno tentato la fuga, ma la loro azione e’ stata bloccata dalla polizia. In due sono stati fermati quando avevano ormai scavalcato le recinzioni. E’ successo verso l’una e la calma e’ stata riportata verso le 2.30. C’e’ stato anche un lancio di oggetti verso le forze dell’ordine.


Maxirissa alla Dozza

Provocazione e alcol alla base dei diverbi e della rissa nel carcere di Bologna

Nel tardo pomeriggio una decina di detenuti del reparto penale del carcere della Dozza, un gruppo di albanesi dopo un diverbio tra due detenuti sono entrati nella cella di uno di essi e lo hanno malmenato. Il sindacato di Polizia penitenziaria Sappe riferisce che: “Solo grazie al pronto intervento degli agenti la rissa è stata sedata e sono state evitate conseguenze peggiori”. L’aggredito è stato trasportato in ospedale e avrebbe un polso rotto.

L’ABUSO DI ALCOL. Secondo il segretario generale aggiunto del Sappe Giovanni Battista Dutante, a scatenare l’aggressione il diverbio tra i due detenuti e “l’uso eccessivo di sostanze alcoliche. Sarebbe opportuno che l’amministrazione vietasse la consumazione di bevande alcoliche, anche nel reparto penale, così come è stato già fatto nel reparto giudiziario”.

Sempre nel carcere di Bologna, ha reso noto ancora il Sappe, questa mattina c’é stata una colluttazione tra due detenute nel reparto femminile. Un’agente intervenuta per sedare la rissa ha riportato lesioni guaribili in dieci giorni.

Fonte: bolognatoday.it