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Il Garante regionale dei detenuti in visita al CIE di Bologna

“Non è più rinviabile una visita ispettiva dell’Azienda Usl, la situazione è vistosamente degradante per le persone rinchiuse e può mettere a rischio la salute pubblica. Abbiamo riscontrato almeno tre casi di scabbia, in un contesto di forte promiscuità in cui mancano beni di prima necessità e appaiono necessari vari interventi strutturali, di natura idraulica, muraria, elettrica, igienico-sanitaria. È poi inaccettabile l’insufficienza di beni di prima necessità – carta igienica, sapone, biancheria intima, abbigliamento – a cui sono sottoposte le persone trattenute nel Cie di Bologna”.

cie (1)Lo dice Desi Bruno, Garante regionale per le persone private della libertà personale, che ha appena visitato il Centro di identificazione e di espulsione di via Mattei. Si tratta della prima verifica dopo l’avvio della nuova gestione del Centro (dal primo dicembre, il Consorzio Oasi ha sostituito la Confraternita della Misericordia). Oggi sono trattenuti nel Cie 51 persone, 21 donne e 30 uomini.

Già dopo le visite precedenti – settembre e novembre 2012 – la Garante aveva denunciato una situazione di forte degrado, con particolare riferimento agli incombenti rischi igienico-sanitari (è costante la presenza di persone sieropositive). Perciò si era rivolta alle autorità sanitarie, alla Prefettura, al sindaco di Bologna e all’assessorato della Regione, chiedendo un’ispezione finalizzata a verificare le condizioni di vivibilità del Cie. In passato, l’Azienda Usl non ha mai effettuato visite ispettive, come avviene solitamente in carcere, perché il luogo veniva considerato alla stregua di una zona militare, dunque sottratto ai poteri di controllo del servizio pubblico. Ma il 21 novembre scorso, la Prefettura di Bologna ha scritto al Direttore del Dipartimento di Sanità pubblica dell’Azienda Usl di Bologna che nulla osta al compimento di questa visita, ravvisandone l’utilità anche ai fini delle verifiche di competenza della Prefettura. “Sono passati 50 giorni – sottolinea Desi Bruno – e questa visita non è ancora avvenuta”.

Oggi alla Garante è stata consegnata una lettera, sottoscritta da 31 persone trattenute nel Cie e già indirizzata alla Guardia di Finanza: nel testo si elencano le condizioni “disumane” a cui sono sottoposti i reclusi, definite assai peggiori del carcere. “Non abbiamo i nostri minimi diritti di base, per esempio, dentifricio, spazzolino, un cambio di indumenti puliti, un pasto decente, materassi igienici, un cambio di lenzuola, riscaldamento nelle camere e finestre rotte… Mancano medicinali importanti per la nostra salute e non ci sentiamo seguiti bene dal personale medico”.

Va ricordato come la nuova società del gestione del Centro, che certo non porta responsabilità per le carenze strutturali, sia subentrata dopo aver vinto una gara al massimo ribasso, al termine della quale da più parti si era segnalata la preoccupazione sul rispetto dei requisiti minimi a garanzia delle persone trattenute nel Cie.

Fonte: modena2000.it


Sovraffollamento e personale all’osso, l’anno terribile del carcere leccese

Nemmeno di fronte ad alcune sentenze definite epocali, con l’amministrazione penitenziaria obbligata a risarcire alcuni detenuti, è cambiato nulla. E si sprecano gli appelli, anche dei sindacati di polizia penitenziaria nazionali

LECCE – L’anno appena trascorso ha evidenziato, ancora una volta, la situazione di degrado e profondo malessere che attraversa gli istituti penitenziari pugliesi e in particolare quello di Lecce, dove, a fronte di una capienza di 660 posti disponibili, si registra una presenza costante di oltre mille 300 detenuti.

Sovraffollamento, carenze igienico-sanitarie, mancanza di supporto psicologico e la cronica insufficienza di personale, sono solo alcuni tra i mali che affliggono il penitenziario salentino. Quella dell’emergenza sanitaria e delle carenze legate all’assistenza medica dei detenuti, sono solo alcuni dei tanti mali con cui da tempo convive il carcere di Borgo San Nicola.

L’ultima inchiesta della magistratura, in ordine di tempo, riguarda il lavoro svolto dai medici dell’Asl in servizio presso l’istituto penitenziario. Degli oltre 800 i ricoveri presi in considerazione, tra il gennaio 2010 e il febbraio 2011, solo il 13 per cento di quelli definiti di estrema urgenza, in ospedale sarebbero stati riconosciuti come tali. In tutti gli altri casi, il trasferimento risulterebbe superfluo. Uno spreco di denaro pubblico che potrebbe essere utilizzato in altro modo.

Il grido d’allarme è giunto, ancora una volta, dal vicesegretario nazionale dell’Osapp, Domenico Mastrulli, che ha evidenziato come in dodici mesi siano stati oltre mille 350 gli eventi negativi accaduti nel carcere di Lecce. Una situazione esplosiva che solo il grande lavoro della polizia penitenziaria, costretta a svolgere le proprie mansioni in situazioni difficili, ha evitato che portasse a conseguenze gravi. La sede di Lecce, infatti, necessita di almeno 150 agenti uomini e venti donne. La polizia penitenziaria, già in forte carenza, si è vista ulteriormente ridurre l’organico a seguito dei tanti pensionamenti di uomini e donne.

Quello del sovraffollamento delle carceri pugliesi è da tempo un dato di fatto, riconosciuto anche da alcune sentenze. I detenuti sono rinchiusi in tre dentro celle da circa 10 metri quadrati; dormono in letti a castello (il materasso più in alto è a 50 centimetri dal soffitto); in cella c’è una sola finestra ed un bagno cieco senza acqua calda; il riscaldamento funziona d’inverno un’ora al giorno; le grate sono chiuse per 18 ore al giorno; carta igienica, shampoo, bagno schiuma, detersivi solo per chi può comprarli nello spaccio interno.

Nei mesi scorsi il Tribunale di sorveglianza, con alcune sentenze definite epocali, aveva condannato l’amministrazione penitenziaria a risarcire alcuni detenuti, assistititi dall’avvocato Alessandro Stomeo. Nel 2012 è stata la stessa Asl di Lecce a certificare le carenze strutturali e igienico-sanitarie dell’istituto di pena alla periferia del capoluogo salentino. Nella relazione, a firma del direttore Alberto Fedele, è stato evidenziato come il gruppo docce “presenti carenze funzionali”. “In relazione al numero dei detenuti occupanti la cella”, è stato certificato ancora nella relazione indirizzata al magistrato di sorveglianza, “dovrebbe essere necessari 42 metri quadri, a fronte dei 9 disponibili”.

Un referto (nato come richiesta istruttoria presentata dall’avvocato Stomeo), che sottolinea ancora una volta la situazione di invivibilità all’interno del carcere. Tutto ciò in violazione della normativa italiana che regola il sistema penitenziario, della Costituzione (secondo la quale la limitazione della libertà dovrebbe avere come obiettivo la riabilitazione dell’uomo e il suo reinserimento in società) e gli orientamenti giuridici comunitari.

Per non dimenticare che, a poca distanza dalle nostre vite, ce ne sono altre racchiuse in un mondo parallelo, fatto di regole e ritmi assai diversi. Vite che, al di là del perché, scontano pene in maniera spesso disumana e degradante. Una lunga cinta muraria e un pesante cancello separano il mondo di fuori da quello di “dentro”, i sogni dalla realtà.

Fonte: lecceprima.it