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Monza: detenuto di 48 anni ritrovato morto in cella, ancora da chiarire i motivi del decesso

morte-in-carcereGiovanni Uccellatore, 48 anni, muore in carcere a Monza. Oggi l’autopsia sulla salma, per accertare le cause del decesso.
All’esame autoptico, dunque, l’ultima parola per accertare cosa ha stroncato la vita di Giovanni Uccellatore, 48 anni, paternese, ritenuto uomo di punta del clan Rapisarda-Morabito, riferimento del clan catanese dei Laudani. Rinchiuso nel carcere di Monza, Uccellatore doveva scontare ancora 14 anni di reclusione inflittigli con l’operazione “Baraonda”, condotta a Paternò dai carabinieri della locale Compagnia nel 2010.
E proprio ieri Uccellatore era atteso a Catania, in Tribunale, dove si sta celebrando il processo d’appello per l’operazione “Baraonda”. Lui, uno dei pezzi storici del clan Rapisarda, già da dieci anni dietro le sbarre, in seguito a una prima sentenza di condanna arrivata dopo l’operazione “Rocca Normanna”. Un lungo passato maturato nell’ambito della criminalità locale, con condanne per associazione mafiosa, estorsioni, e tutta una serie di altri reati.
Secondo la ricostruzione dei fatti, raccontata al legale di Uccellatore, l’avvocato Luigi Cuscunà, l’uomo, sarebbe morto per un infarto. Uccellatore sembra soffrisse di ipertensione grave, tanto che l’avvocato Cuscunà più volte aveva avanzato richiesta di scarcerazione, sempre negata. Per Uccellatore la morte è arrivata domenica notte. Pare che i primi sintomi siano arrivati intorno all’1 circa. Poi l’aggravarsi della situazione alle 3,30, quando è spirato.
Uccellatore è sempre rimasto in carcere, i medici hanno solo avviato contatti con l’ospedale senza mai trasferire concretamente l’uomo. Intanto, come detto, oggi l’autopsia, solo dopo si saprà quando la salma verrà trasferita a Paternò, dove verranno celebrati i funerali.
Intanto, i familiari dell’uomo sono partiti alla volta di Monza. Sul caso è stato aperto un fascicolo. Ascoltato a testimonianza di quanto accaduto quella notte in ospedale anche il detenuto che condivideva la cella con Uccellatore. “Verificheremo se ci sono responsabilità – evidenzia l’avvocato Luigi Cuscunà, se vi sono state negligenze nel trattare il caso, a salvaguardia della salute del detenuto”.

Fonte: La sicilia


Un passo verso la libertà

noise_warningOggi, il risveglio in quel di Monza è stato sollevato da una buona notizia.

Il nostro compagno Peppino, agli arresti domiciliari, con tutte le restrizioni, ha ricevuto una delle tante agognate lettere da parte delle guardie, gli è stato tolto il divieto di comunicazione. In attesa della sua completa liberazione per i fatti di Cuneo.

Il processo si terrà il 26 giugno a Cuneo.

Ricordiamo che la nostra lotta contro gli oppressori non si ferma, la solidarietà la porteremo sotto le mura del carcere di SanQuirico questa domenica!

SIAMO TUTTI CON Pè

LIBERO SUBITO

LIBER* TUTT*


Monza, tagliato il bus navetta Stazione-carcere per pochi intimi

imagesMonza – Addio (almeno parziale) al bus che collega il centro di Monza con il carcere. Dopo un solo mese di sperimentazione, e «visto lo scarso utilizzo del mini bus» (così recita il comunicato del Comune di Monza), l’amministrazione ha deciso di ridurre il servizio navetta attivato per collegare la stazione di Monza al carcere. Il servizio ora funzionerà offrendo due corse quotidiane dal lunedì al sabato: ore 7,30 dalla stazione al carcere; ore 14,30 dal carcere alla stazione. In precedenza le corse erano 6, tre la mattina e tre al pomeriggio.

La soluzione del bus navetta era stata presa giusto un mese fa, dopo le proteste seguite ai tagli operati da Net, e i disagi per l’isolamento di via Sanquirico. Da venerdì 1 febbraio era dunque stato attivato in via sperimentale un servizio navetta che ristabilisce il collegamento tra la stazione ferroviaria e il carcere: da piazza Castello, vicino al teatro Binario 7, all’ingresso della casa circondariale di via Sanquirico. Il servizio, svolto con minibus da 16 posti e concordato con la direzione del carcere, prevedeva sei corse giornaliere: tre al mattino dalla stazione al carcere e tre al pomeriggio dal carcere alla stazione. Sarà attivo dal lunedì al sabato secondo i seguenti orari: il mattino la partenza dalla stazione è fissata alle 7.30, 8.30 e 9.30, mentre il pomeriggio le partenze dal carcere sono stabilite alle 12.30, 13.30 e 14.30. Dopo un mese, però, i passeggeri imbarcati sono stati troppo pochi: da qui la riduzione a una sola corsa.

Fonte


Disordini per lo sgombero 2009 del Boccaccio, giovane condannato

Riportiamo l’articolo dei fatti del 2009, dove i servi dei padroni hanno attaccato con la solita violenza chiudendo in un’angolo i compagni e aggredendo quello che adesso vogliono far passare per l’aggressore! Rompendogli la testa! Mai un passo indietro!

scimmionaturalmente Solidali e vicini a Scimmio!

Secondo l’accusa aggredì un poliziotto durante una manifestazione

MONZA, 14 Febbraio 2013 – Sei mesi di reclusione con la sospensione condizionale della pena e la non menzione della condanna e 2000 euro di risarcimento alla parte civile.
E’ la condanna inflitta dal Tribunale di Monza per resistenza e violenza a pubblico ufficiale a uno dei giovani che il 20 luglio del 2009 aveva partecipato alla manifestazione di protesta di un gruppo di anarchici contro lo sgombero del Centro sociale Boccaccio dall’ex cinema Apollo in via Lecco a Monza. Ad essere aggredito era stato un assistente capo della Polizia di Stato, che aveva subìto delle lesioni e si è costituito parte civile al processo per ottenere un risarcimento dei danni.

Davanti al giudice ieri è stato chiamato a testimoniare il vicequestore Francesco Scalise, dirigente del Commissariato di polizia di Monza allora come ancora adesso. “Il Questore di Milano aveva disposto lo sgombero dall’ex cinema Apollo degli occupanti del Centro sociale Boccaccio e di altri anarchici – ha ricordato Francesco Scalise – Avevo 60 uomini tra il personale della Digos e del Commissariato di polizia di Stato di Monza. Abbiamo sempre cercato di evitare lo scontro con i manifestanti, ma ad un certo punto però una quarantina di loro si sono messi in corteo non autorizzato. Ho mandato una trentina di poliziotti a seguirli sapendo che i manifestanti si sarebbero diretti in Comune per esprimere il loro disappunto. Non ho assistito personalmente all’aggressione contestata, ma so che si è arrivati all’identificazione dell’imputato dai fotogrammi del filmato delle telecamere del Comune”.
Il pm ha chiesto per l’imputato la condanna a 6 mesi di reclusione, confermata poi dal giudice, mentre la difesa dell’imputato sosteneva che non vi era prova che l’aggressore del poliziotto fosse proprio lui.

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Il rugby arriva anche in carcere Monza ha il team dei detenuti

il-lato-materno-del-rugby4Monza – «Siamo vicini di casa, riusciamo a sentire le nostre reciproche urla: quelle che vengono dal campo di gioco e quelle dalle celle dei detenuti. E allora ci siamo detti: perché no?». Così Paolo Carcassi, presidente del Rugby Monza ha raccontato l’inizio di un’idea che oggi è diventata realtà: portare la palla ovale all’interno della casa circondariale di via Sanquirico. Da ottobre diciotto detenuti della sezione comuni sono entrati a far parte della prima squadra di rugby nata all’interno del carcere di Monza. «Per ora stiamo iniziando a conoscere lo sport e le sue regole, poi progressivamente abitueremo i ragazzi al contatto per portarli a disputare tra un po’ una vera partita », spiega Alessandro Geddo, giocatore del Rugby Monza e allenatore della squadra del carcere insieme a Francesco Motta, anche lui giocatore della società monzese.

Al momento in programma non c’è alcuna partita, i giocatori sono ancora acerbi, ma l’intenzione è quella di affrontare una selezione degli atleti degli Old e della Prima squadra della Grande Brianza. Non solo sport ma prima di tutto rispetto: degli avversari e delle regole. Ed è stato proprio il risvolto educativo e sociale del progetto a convincere la direzione a far nascere una squadra di rugby all’interno del carcere. «La prospettiva più ampia che ci siamo dati va ben oltre l’immediato risultato agonistico – ha spiegato Leonardo Nazzaro, educatore del carcere, responsabile dell’area sportiva -. Abbiamo voluto in questo modo offrire un’opportunità di amicizia a chi esce.

Chi fa parte oggi della squadra di rugby potrà contare, una volta uscito, sul sostegno del Rugby Monza, saprà che su quel campo ci sono degli amici. Ed è questa la vittoria più grande». Un impatto sociale ribadito anche dal consigliere comunale con delega allo sport Silvano Appiani, e dal vice sindaco Cherubina Bertola, presenti insieme al prefetto Giovanna Vilasi alla conferenza di presentazione della nuova squadra che si è svolta mercoledì all’interno del carcere.
Sarah Valtolina

Fonte: ilcittadinomb.it


Monza: navetta del Comune tra la stazione e il carcere

autobus-de-liaisonMONZA – Net taglia le corse dei pullman e il comune di Monza corre ai ripari: da oggi, venerdì 1 febbraio, è stato attivato in via sperimentale un servizio navetta che ristabilisce il collegamento tra la stazione ferroviaria e il carcere: da piazza Castello, nei pressi del teatro Binario 7, sarà possibile arrivare direttamente in prossimità dell’ingresso della casa circondariale di via Sanquirico. Il servizio, svolto con minibus da 16 posti e concordato con la direzione del carcere, prevede sei corse giornaliere: tre al mattino dalla stazione al carcere e tre al pomeriggio dal carcere alla stazione. Sarà attivo dal lunedì al sabato: il mattino la partenza dalla stazione è fissata alle 7.30, 8.30 e 9.30, mentre il pomeriggio le partenze dal carcere sono stabilite alle 12.30, 13.30 e 14.30.
«Con questo servizio mirato – dichiara l’assessore alla Mobilità Paolo Confalonieri – il Comune di Monza ripristina un collegamento importante, che era venuto meno con la revisione delle linee del trasporto pubblico realizzata lo scorso 7 gennaio da Net. Nel corso del mese di febbraio monitoreremo il numero di persone che faranno effettivamente uso dei minibus, al fine, eventualmente, di migliorare o ottimizzare il numero e l’orario delle corse».

Fonte


Monza Serata Benefit per gli arrestati di Roma 15 ottobre

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Registrazione 24 novembre 2012

In allegato i file della discussione con Alfredo Maria Bonanno “Prospettive di lotta contro il carcere” tenutasi il 24 novembre 2012 al FOA Boccaccio di Monza.

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Buon ascoltovolantino 24 25


Lettera di ringraziamento di Dayvid per la FOA boccaccio

boccaccio_rioccupato_02A tutt* i ragazz* del Boccaccio,
voglio inizialmente abbracciarvi e ringraziarvi tutti x l’aiuto e la solidarieta’ ricevuta da voi tutt*.
Purtroppo assieme alla notizia della serata benefit che avete organizzato x me, ho appreso
che Peppino e’ stato arrestato e che oltre a scontare i domiciliari non puo’ neppure comunicare
con l’esterno. In nessun modo!
Ne sono addolorato, in primo luogo perche’ Peppo e’ un amico di lunghissima data (ci conosciamo
da piu’ di 10 anni) e in secondo luogo perche’ devo constatare che la repressione dello stato
contro gli oppositori non si e’ affievolita, ma anzi sta peggiorando di giorno in giorno.
In ogni caso sono certo che Peppino superera’ quest’ultima ingiustizia e ne uscira’ a testa alta
come tutte le altre volte!

Ormai e’ evidente che, nonostante la grande frammentazione del movimento Anarkico e Antagonista,
“loro” ci temono e vogliono reprimerci. Ogni girono che passa e’ sempre piu’ ovvio che il neoliberismo
ha fallito, che la sinistra parlamentare e i sindacati sono sempre piu’ conniventi con i potenti e
insensibili alle grida d’aiuto della popolazione.
Sempre piu’ italiani non vanno piu’ alle urne anche i pochi che ci si recano hanno ormai perso le
speranze di assistere ad un cambiamento.Non vedono alternativa a questa merda e quindi la subiscono
scegliendo il meno peggio.
Voi, grazie alle vostre iniziative, avete dimostarto di avere un’arma che a “loro” fa paura: la solidarieta’!
La NO TAV e la NO TEM ne sono un esempio concreto. Un esempio di come movimenti con profonde
differenze tra loro possono lottare contro un male comune.
Io personalmente sono sempre stato un anarchico individualista e come individuo libero mi sono
semre recato dove fosse possibile aiutare i cittadino contro le ingiustizie.
E’ per questo che per me e’ impossibile non essere un cittadino che si contrappone con “forza” alle
istituzioni e/o alle grandi opere per me inutili (TAV, TEM, ponte sullo Stretto etc…) e che si affianca
e cerca di aiutare studenti e operai che dicono “no”, noi non ci stiamo, rivogliamo sicurezza per
il nostro futuro.
Anche ora che sono rinchiuso fra queste mura non possono togliermi le mie idee, unica cosa realmente
mia!
Scusate tanto per le divagazioni e se vi ho annoiato con lo sproloquio.
Vi ringrazio un mondo per quello che avete fatto per me e miraccomando, fatemi avere notizie di Peppino.
E salutatemi tanto Paolo, che anche se non conosco di persona sento comunque vicino per la sua situazione.

Un abbraccio, Dayvid “Ciga”


Presidio al tribunale di Monza 22 gennaio ore 8.30 x Peppino e Paolo!

Martedì alle ore 8:30 presidio al Tribunale di Monza in Piazza Garibaldi
per l'udienza preliminare di Paolo e Peppino, i due compagni monzesi 
colpiti dalla repressione.

peppo liberoSIAMO TUTTI CON PE’

Da mercoledì 16 gennaio 2013, Peppino, membro del collettivo del centro 
sociale Boccaccio, è stato colpito da un provvedimento repressivo che 
lo obbliga agli arresti domiciliari, con divieto di comunicazione con 
l’esterno.

E’ accusato di “concorso anomalo in rapina”, insieme ad altri tre 
compagni NOTAV (tra cui anche Paolo, altro compagno monzese), per 
un episodio verificatosi il 14 luglio 2011 a Cuneo, nell’ambito di 
un corteo spontaneo che concludeva una giornata di solidarietà e 
sostegno a Maurizio (altro compagno allora detenuto nel carcere di 
Cuneo per i fatti successivi allo sgombero della Maddalena in 
Valsusa del 3 luglio 2011).

Prima di entrare nel merito di questa assurda vicenda processuale, 
crediamo doveroso ricordare chi è Peppino e qual è il contributo 
che quotidianamente offre nello sviluppo delle attività del Boccaccio, 
in particolar modo in quelle rivolte all’esterno.

Peppino è uno dei fondatori del Comitato Monzese per il Diritto alla 
Casa ed è in prima linea nel supporto a coloro che rischiano di 
essere sfrattati dalle proprie abitazioni. Tutti i martedì pomeriggio 
cura un servizio rivolto agli inquilini, uno sportello di consulenza 
legale di base, che nel corso di questi mesi, in cui l’emergenza a
bitativa ha coinvolto numerosi singoli e nuclei famigliari, ha 
registrato numerosi accessi. Insieme ad altri membri del Comitato 
ha appena concluso la scrittura di un progetto relativo alla pratica 
dell’autorecupero che sarà presentato nella prima settimana di 
febbraio all’Amministrazione comunale.

Peppino è tra i promotori dei corsi organizzati nell’ambito delle 
attività della palestra popolare del Boccaccio. In particolare è 
tra i responsabili del corso di boxe attivato a partire da settembre: 
trattasi di corsi gratuiti aperti a tutti coloro che vogliano 
condividere attraverso la pratica sportiva momenti di socialità 
svincolati da interessi economici e competizione.

Peppino, che ha conosciuto sulla propria pelle la disumanità del 
sistema carcerario, partecipa attivamente ai progetti di Cordatesa, 
gruppo che si occupa di sviluppare una riflessione critica 
sull’apparato repressivo, volto al superamento della società 
carceraria, proponendosi come interlocutore con i famigliari dei 
detenuti del carcere di Monza. E’ in questo ambito che opera anche 
Paolo, l’altro compagno monzese denunciato e colpito da un 
provvedimento di obbligo di dimora nei confini comunali.

Peppino è coinvolto nell’attività quotidiana di skipping, ossia di 
quella pratica che, in accordo con alcuni commercianti monzesi, prevede 
il recupero da parte del Boccaccio degli alimenti invenduti (destinati 
a essere eliminati) e di una loro immediata ridistribuzione nell’ambito 
di cene di autofinanziamento per progetti sociali o direttamente a 
persone in estrema difficoltà economica.

Oltre a queste attività specifiche, Peppino è indubbiamente attivo in 
tanti altri fronti di lotta: in particolar modo è coinvolto spesso in 
presidi, manifestazioni ed eventi legati alla tutela del territorio e 
i suoi cori sono diventati un’immancabile colonna sonora nell’ambito 
delle manifestazioni NOTAV, No Pedemontana, No TEM.

La sua assenza coatta da tutte queste attività rende ancor più 
inaccettabile il provvedimento restrittivo che lo ha colpito.

Peppino era a Cuneo per portare la propria solidarietà a Maurizio e a 
denunciare la criminalizzazione del movimento NOTAV messa in atto 
dalla magistratura. Al termine della giornata, nel corteo che stava 
riportando tutti i compagni dal carcere verso la stazione, è irrotta, 
investendo alcuni manifestanti, una vettura. E’ questo l’episodio 
rispetto al quale è stato messo in atto da parte degli inquirenti un 
ribaltamento dei fatti che ha portato all’assurda accusa di “concorso 
anomalo in rapina”. Accusa costruita semplicemente sulla deposizione 
della conducente del veicolo che dichiara di essere stata derubata di 
una borsa contenente valori per circa 2000 euro (!).

Un capo di imputazione di questo tipo appare assolutamente pretestuoso, 
in quanto si sottolinea l’estraneità degli imputati rispetto alla rapina, 
ma, come sta accadendo sempre più frequentemente colpisce in maniera 
indiscriminata ricorrendo al dispositivo del concorso.
Questa formula permette allo Stato di colpire con misure repressive chi 
partecipa alle lotte indipendentemente da qualunque (presunta) 
responsabilità individuale, ma soltanto sulla base della loro identità e 
del loro agire politico.

Vediamo inoltre in questa operazione l’ennesimo tentativo di colpire, 
criminalizzare e mettere a tacere una delle voci di dissenso più radicale 
degli ultimi anni come quella NOTAV: opporsi a questa dinamica è 
fondamentale per tutelare il diritto al dissenso e le pratiche di 
resistenza che quotidianamente riteniamo necessario mettere in atto.

Esprimiamo quindi pieno appoggio e calorosa solidarietà a tutti i compagni 
colpiti dal provvedimento in questione, in particolare al nostro compagno 
Peppino ristretto agli arresti domiciliari con l’odioso divieto di comunicare 
con l’esterno. Chiediamo il suo immediato ritorno in libertà, nonchè la 
rimozione dell'obbligo di dimora a Paolo.

Torneo di scacchi benefit arrestati

scacchi


Repressione dopo corteo anticarcerario a Cuneo

Il 14 luglio durante una manifestazione contro la repressione subita dal movimento no tav presso il carcere di Cuneo in solidarietà al nostro compagno Mao e a tutti gli arrestati No Tav, quello che era nato come presidio si è trasformato presto in un corteo partecipato e determinato che ha deciso di percorrere la strada che conduce dal carcere alla stazione ferroviaria.
Verso la fine del percorso una macchina ha tentato di spezzare il corteo e nel farlo investiva alcuni compagni. Con un assurdo ribaltamento dei fatti a distanza di più di sei mesi, oggi 16 gennaio 2013, quattro provvedimenti di custodia cautelare hanno raggiunto alcuni compagni presenti, accusandoli di “concorso anomalo in rapina”. E’ questa una delle strategie più usate dalle questure negli ultimi tempi per reprimere il dissenso: dal g8 di Genova alla Valsusa passando per i fatti del 15 ottobre: colpire nel mucchio inventandosi reati inesistenti e basati sull’utilizzo indiscriminato del dispositivo del concorso.
Questa formula permette allo stato di colpire con misure repressive chi partecipa alle lotte indipendentemente da qualunque (presunta) responsabilità individuale ma soltanto sulla base della loro identità e del loro agire politico.
Due degli arrestati sono compagni dei nostri collettivi e per questo motivo ci sentiamo colpiti in prima persona.
Esprimiamo pieno appoggio e calorosa solidarietà a entrambi i nostri compagni colpiti, in particolare al nostro compagno Peppino ristretto agli arresti domiciliari con l’odioso divieto di comunicare con l’esterno. Questa restrizione mette in luce lo scopo dell’ operazione repressiva:privare il movimento monzese di alcuni dei suoi membri più attivi e presenti nelle lotte che quotidianamente porta avanti sul territorio. Vediamo inoltre in questa operazione l’ennesimo tentativo di colpire, criminalizzare e mettere a tacere una delle voci di dissenso più radicale degli ultimi anni come quella No Tav.
Tutto ciò ovviamente non fermerà le nostre manifestazioni di solidarietà a lui e a tutti gli altri inquisiti.

PEPPINO LIBERO TUTTI LIBERI. A Sarà Düra! Dalle valle alla città la lotta non si arresta!

Contro il carcere e la società che lo crea
FOA Boccaccio 003 & CordaTesa

boccaccio.noblogs.org
cordatesa.noblogs.org

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Monza – Tagli ai bus pubblici. Il carcere resta isolato

La mannaia della crisi si è abbattuta inesorabilmente sugli autobus di Monza. La decisione di Net, l’azienda che gestisce il trasporto locale, di sopprimere tre linee ha avuto ricadute negative non solo sui pensionati e i tanti ragazzi abituati ad andare a scuola in pullman, ma anche sui carcerati.

attesa-autobusE sì perchè a finire sotto i riflettori, in particolare, è stata la z266, linea che metteva in collegamento la città con la casa circondariale monzese.

A sollevare la questione è stato il consigliere della lista civica Cambia Monza Paolo Piffer «La z226 era l’unica linea di autobus in grado di creare un collegamento tra la città e il carcere di Monza – ha spiegato – I parenti dei carcerati che non hanno la possibilità di utilizzare un mezzo di spostamento proprio si trovano ora in grande difficoltà. Ma non solo: nella medesima situazione versano anche i medici e i volontari che si recano nella struttura per lavoro e utilizzano abitualmente questo autobus».

Ed è proprio per evitare che la soppressione della linea di pullman in questione rischi di tagliare i rapporti tra i detenuti e il mondo esterno che il comune e la provincia stanno vagliando delle ipotesi per risolvere la questione.

«Il taglio dei trasporti di queste linee non riguarda il comune bensì la provincia – ha detto l’assessore alla Mobilità di Monza Paolo Confalonieri – Due le ipotesi su cui si sta lavorando: la prima, di competenza provinciale, riguarderebbe il prolungamento della linea 202 cosicchè  possa compiere parte del tragitto che prima veniva effettuato dalla 226. La seconda, e questa è un’ipotesi che stiamo valutando come Comune, è di istituire un servizio di bus navetta».

Fonte: mbnews.it


Monza – 18 gennaio – Serata per gli arrestati NO TAV

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Carceri, l’Europa condanna l’Italia E il ministro studia il caso Monza

carcere_2Monza – Celle piccole e sovraffollate, condizioni che violano i diritti dei carcerati e l’articolo 3 della convenzione europea sui diritti umani. La Corte di Strasburgo ha condannato l’Italia per trattamento inumano e degradante di sette detenuti a Busto Arsizio e Piacenza, disponendo un risarcimento per totali 100mila euro e dando un anno di tempo per adeguarsi. La sentenza è «una mortificante conferma dell’incapacità a garantire i diritti elementari dei reclusi», ha commentato il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. «Avvilita, ma non sorpresa» si è detta invece il ministro della Giustizia Severino. Sottolineando che sono urgenti «misure strutturali».
Lo stesso ministro ha recentemente avuto modo di analizzare la situzione del carcere di Monza, carente proprio dal punto di vista della struttura. Severino ha risposto a una interrogazione della senatrice monzese Anna Maria Mancuso disponendo un’indagine, conclusa a dicembre, che ha confermato le condizioni di difficoltà. Ma per ragioni economiche non possono essere erogati fondi ulteriori in questa fase di legislatura, rimandando un eventuale intervento al prossimo governo.

Mancuso aveva comunicato al ministro che «dal punto di vista abitativo la struttura risulta non essere idonea in quanto fatiscente a causa di consistenti infiltrazioni d’acqua, di muffe e macchie di umidità, pertanto senza i requisiti igienici necessari per essere abitata». Una condizione di difficoltà che ricade sui detenuti e su chi lavora in via Sanquirico. E che dovrebbe vedere l’intervento del ministero per prendere provvedimenti.


Conversazioni di comuni cittadini sul carcere

Carcere, pena, condanna, rieducazione, sovraffollamento…l’immaginario comune diffuso relativo alla realtà carceraria, alle sue condizioni e implicazioni sociali si sviluppa spesso a partire dalla percezione di una distanza profonda dall’oggetto in questione. Ciascuno di noi si sente in grado di esprimere un’opinione, ma difficilmente conosciamo davvero problematiche nascoste e recluse lontano dagli occhi e dalle orecchie della cittadinanza.


Notizie dal carcere di Monza

Notizia di un nuovo suicidio nel carcere di Monza

MONZA – La civiltà di un paese si misura dalle sue prigioni. Morire di carcere, in Italia, anno 2012, si può. E non nel sud, all’Ucciardone, a Poggioreale. A Monza, dove una struttura disegnata per 400 reclusi ne accoglie il doppio. Martedì un detenuto campano ha tentato il suicidio nell’istituto di pena cittadino: nonostante l’intervento della polizia penitenziaria e del personale medico, il 50 enne è spirato tra i letti dell’ospedale brianzolo. Il SAPPE, sindacato di polizia penitenziaria, segnala che si trattava di un collaboratore di giustizia.

SEMPLICI COINCIDENZE? – Ignote le ragioni del gesto. Forse si è sentito abbandonato dallo Stato, come l’imprenditore che marted’ sera ha minacciato di buttarsi dall’Arengario dopo aver denunciato i suoi estorsori ed essere finito sul lastrico. O forse non ne poteva più della vita carceraria. Non stupirebbe, visto che nei giorni immediatamente successivi al subentro a Palazzo Madama la neo senatrice Anna Mancuso ha presentato come primo atto un’interrogazione al ministro della Giustizia per verificare le condizioni igieniche dell’istituto monzese: freddo, muffe, umidità, celle sovraffollate. Un problema che affligge tutta la penisola.

Mancuso del resto non è sola: sabato 24 e domenica 25 gli avvocati della Camera Penale di Monza hanno organizzato “Cella in piazza“, un’installazione in Arengario che mostra come si vive (in tre) in una stanza di quattro metri per due. Numeri che spiegano quanto sia facile in queste condizioni frequentare una vera e prorpia università del crimine e ingrossare le file dei recidivi, quelli che “lasciano la giacca in galera” per tornare a riprenderla periodicamente.

LA LEZIONE DI BECCARIA? “STIAMO PEGGIO” – Gran parte dei detenuti ospitati nelle patrie galere è in attesa di giudizio; molti sono stranieri, tanti sono tossicodipendenti o senza fissa dimora, condizione questa che rende impossibile ricorrere agli arresti domiciliari a meno di riscontrare la disponibilità di una persona o di una comunità terapeutica ad accoglierli. «Il carcere in Italia non è più costituzionale» – commenta in un’intervista recente rilasciata all’ Avanti Angiolo Marroni, Garante per i Diritti dei detenuti del Lazio. «La pena – spiega Marroni – è diventata solo punizione. Leggendo ‘Dei delitti e delle pene‘ di Cesare Beccaria viene da sorridere: oggi succedono fatti peggiori di allora». Beccaria però scriveva nel 1764, quando la Rivoluzione Francese non era ancora compiuta e ai criminali si tagliava la testa.

ABUSI ED ERGASTOLO – Non bastassero le carenze strutturali, ci si mette la cronaca, che purtroppo spesso supera l’immaginazione. E’ di questi giorni la notizia di un insospettabile sacerdote brianzolo accusato di aver preteso prestazioni sessuali dai detenuti in cambio di qualche pacchetto di sigarette e di uno spazzolino da denti. Immaginarsi.

Ma c’è un ultimo stadio, l’ultimo, da cui non si fa ritorno. Il girone dantesco dei disperati termina con gli ergastolani, la categoria del “fine pena: mai“. Sull’ergastolo, e in particolare su quello ostativo previsto per reati efferati, è tuttora acceso il dibattito. Nessuno spazio ai benefici di legge: vietati permessi premio, affidamento in prova e lavoro all’esterno. Il caso di Carmelo Musumeci è ritenuto emblematico: entrato in carcere con la sola licenza elementare, in cella si è laureato in giurisprudenza diventando autore di tre libri. Chi e come decide se una persona è cambiata? Non tutti i detenuti lo sono, e non basta certo una laurea a dimostrarlo. Ma è un’altra delle domande che attendono risposta.

Da MonzaToday 23 novembre 2012

E un’installazione dei Radicali in centro Monza per sponsorizzare la loro iniziativa della settimana passata.

 

Monza, 25 novembre 2012 – Una cella per detenuti in piazza per denunciare l’inciviltà del carcere. E’ un’iniziativa organizzata dagli avvocati della Camera penale di Monza, unitamente alle Camere Penali del Distretto di Corte D’Appello di Milano, con la collaborazione del Comune di Monza.

Da venerdì fino a oggi, in occasione della ‘Cella in Piazza’, nella piazza dell’Arengario di Monza è stata posizionata una cella vera, per dimensioni ed arredi, realizzata dai detenuti e dai volontari della Conferenza regionale del Volontariato Giustizia del Veneto, per essere ‘visitata’ dai cittadini che vogliono rendersi conto di cosa vuol dire vivere come i detenuti in tre in una stanza di quattro metri per due.

Un problema, quello del sovraffollamento e dei disagi delle carceri, che affligge soprattutto le case circondariali della Lombardia dove, per una capienza di 5384 detenuti, ne vengono invece ‘ospitati’ quasi 9.450. Per partecipare alla giornata contro l’insostenibilità della condizione carceraria, anche la Camera penale di Monza presieduta da Marco Negrini ha proclamato l’astensione dalle udienze dei suoi avvocati e ha organizzato, all’interno del Coordinamento delle Camere penali del Distretto, un convegno sul tema ‘Il carcere non può aspettare’, dove un detenuto nel carcere di Opera, Orazio, ha voluto offrire la sua testimonianza.

“Ero una persona normale, poi sono finito in carcere e sono detenuto da 16 anni e mezzo – ha raccontato Orazio – Un’esperienza terribile, se ce l’ho fatta è grazie a mia moglie, ai miei 5 figli e ai miei nipoti. Ho ancora davanti agli occhi il primo giorno quando ho visto il cancello del carcere, è stato indescrivibile. Ho sempre cercato di scontare la mia detenzione anche nel rispetto delle persone che in carcere ci lavorano, come gli agenti di sorveglianza. Ma in cella con me ha provato ad esserci un detenuto sieropositivo che vomitava sangue, un pazzo che si legava al cancello della cella con un sacco della spazzatura. Ora esco il mattino e torno la sera grazie al responsabile del carcere di Opera e ho a che fare con le persone anziane e in queste ore dimentico di essere un detenuto e mi sembra di rivivere. Perchè stare in carcere è vita persa e non è vero che è comunque un’esperienza”.

Al convegno ha partecipato anche Marco Cappato, consigliere comunale a Milano e presidente del Gruppo Radicale. “L’Europa ci condanna per l’illegalità della situazione delle carceri e la lunghezza della giustizia – ha dichiarato Cappato – Noi chiediamo una soluzione strutturale, quella dell’amnistia, una proposta che va verso l’obiettivo della sicurezza e della legalità ancor prima che verso la dignità dei detenuti”.

di Stefania Totaro

Da Il Giorno Monza e Brianza


due giorni anticarceraria alla FOA Boccaccio

CordaTesa & FOA Boccaccio presentano:

Sabato 24 novembre
h 16
Prospettive di lotta contro il carcere
discussione con Alfredo Bonanno

aperitivo

h 21

“Newen tuleayn pu peni ka pu lamngen amulepe weychan”
Forza fratelli e sorelle, la lotta continua!(2012)
documentario di Eloy Zecca sulla situazione del Popolo Mapuche

a seguire
Progetto acustico sperimentale da un mondo post-atomico

Domenica 25 novembre
h 16
Strategie della repressione
discussione a partire dall'opuscolo “Eserciti nelle strade” Alcune questioni intorno al rapporto 
NATO Urban Operation In The Year 2020
con nonostante Milano

h 21
“Infanzia incarcerata” (2011) di Adriano Zecca.
Nel cuore della Bolivia, in una fatiscente e sovraffollata prigione situata nel 
centro della città di Cochabamba, oltre un centinaio di bambini, 
vittime innocenti delle colpe dei padri, sono costretti a condividere 
con essi la drammatica esperienza della reclusione trascorrendo i primi 
anni della loro infanzia in condizioni di disagio e grave pericolo. 
Storie di uomini e donne, la maggior parte di queste, segnate dalla sventura. 
Condannati sulla base della famigerata legge antidroga 1008, voluta ed imposta 
dal governo degli Stati Uniti, finiscono per pagare molto caro il prezzo del sottosviluppo e 
della povertà di un paese che per lunghi anni ha vissuto sotto la morsa della dittatura militare 
prima e del malgoverno poi.

cordatesa.noblogs.org
boccaccio.noblogs.org

FOA Boccaccio 003-via Rosmini 11, Monza

Monza: detenuto tenta il suicidio, un agente lo salva in extremis

È stato un attimo, pochi istanti per evitare il peggio. Mostrando una gran dose di prontezza e sangue freddo un agente del carcere di Monza domenica ha impedito che un detenuto si togliesse la vita impiccandosi alle grate della cella. Erano le 11 quando l’agente di Polizia penitenziaria ha riaccompagnato in cella due detenuti. Lì ad aspettarli ci sarebbe dovuto essere un giovane italiano di trent’anni.
Jail--bars3L’uomo, approfittando dell’assenza dei compagni di cella che stavano rientrando dopo l’ora d’aria in cortile, ha preso la cintura dell’accappatoio e ha deciso di porre fine nella maniera più tragica al suo disagio. Si è legato la corda intorno al collo e si è appeso alle grate in ferro della finestra. Solo un caso ha evitato che il gesto dell’uomo si compisse. Appena entrati in cella sia l’agente di Polizia sia i due detenuti hanno immediatamente soccorso l’uomo liberandolo dal cappio.
È subito intervenuto il medico per visitare il detenuto che però non ha per niente apprezzato l’iniziativa di salvataggio. Ora il giovane si trova in una cella del reparto di isolamento priva di alcun oggetto che potrebbe nuocergli, come da prassi, in attesa che si chiariscano i motivi del suo gesto. “Questi episodi alla luce di un sovraffollamento in continuo incremento avvengono di frequente su tutto il territorio nazionale, passando in genere sotto silenzio fino a quando non si registra un decesso”, ha commentato Giuseppe Bolena, segretario provinciale dell’Organizzazione sindacale autonoma della Polizia penitenziaria. Per il collega che ha saputo con il suo intervento salvare la vita al detenuto è già stata fatta richiesta di un riconoscimento ufficiale da parte della direzione.

Da Il Cittadino Monza e Brianza

13 settembre 2012


Monza, piove dentro le celle Sessantacinque detenuti sfollati

Monza, 1 settembre 2012 – Sessantacinque detenuti sfollati d’urgenza fra venerdì notte e questa mattina. Una ventina di celle dichiarate inagibili oltre alla sessantina già chiusa ormai un anno fa sempre per le pesanti infiltrazioni d’acqua. E un corto circuito che ha lasciato senza luce né acqua un’intera sezione dell’Alta Sicurezza.

infiltrazioniE’ di nuovo emergenza nel carcere di Monza. La violenta e abbondante pioggia fra venerdì e sabato ha riportato a galla un problema con cui detenuti e agenti avevano dovuto fare i conti la sera del 5 agosto 2011 quando un violento nubifragio fece finire sott’acqua anche le salette colloqui, l’ufficio matricola, la palestra e l’auditorium. «Ormai il tetto del carcere è diventato uno scolapiatti – sbotta Domenico Benemia, segretario regionale della Uil penitenziari -. Dopo un anno e decine di segnalazioni e denunce nulla è cambiato. Anzi, la situazione è addirittura peggiorata».

I detenuti della sezione numero 5 dell’Alta Sicurezza – rimasta senza energia elettrica e senza acqua – sono stati trasferiti in altri istituti della Lombardia. L’altro reparto cosiddetto AS è agibile solo a metà. Il fatto è che «sono stati fatti dei piccoli interventi tampone sul tetto ma quando piove molto ecco cosa succede – continua Benemia -. Detenuti e agenti sono costretti a vivere e lavorare in condizioni pietose e insane».

Da Il Giorno Monza Brianza 02/09/2012


Il carcere di Monza scoppia, sciopero della fame per 350 detenuti

Sciopero della fame nel carcere di Monza. Da mercoledì mattina circa 350 detenuti della casa circondariale di via Sanquirico (circa la metà del totale) hanno deciso di rifiutare il cibo aderendo all’iniziativa lanciata a livello nazionale da Marco Pannella sullo stato della giustizia civile e penale.

sciopero-della-fame2Il motivo dello sciopero sono le condizioni della struttura e il sovraffollamento delle celle, problemi che si trascinano da anni senza una soluzione. A peggiorare la situazione, in queste ultime settimane, ha contribuito il forte caldo che ha trasformato le sezioni della casa circondariale in veri e propri forni.

Da MBnews 19/07/2012


CORDA TESA

 

 

Corda Tesa si occupa di indagare le cosidette istituzioni totali: carceri, ospedali psichiatrici ma anche C.I.E., vera e propria aberrazione della reclusione, in cui ciò avviene solamente in base alla propria nazionalità. E’ in questi luoghi che si manifesta in maniera completa la perdita dell’autonomia dell’individuo, che vede la propria esistenza regolata da leggi, le quali scandiscono i suoi ritmi, rendendo anche evidente quanto l’ordine sociale sia basato su codici e regole che non possono tollerare alcun tipo di devianza, per la propria realizzazione.

Il nostro obiettivo è
quello, non soltanto di rendere note informazioni spesso nascoste o
ignorate, ma anche di riuscire in qualche modo ad interagire con queste
realtà tramite il contatto con individui che vivono quotidianamente
dentro questi sistemi altri della società.

Ovviamente il nostro
sguardo nei confronti di queste realtà non può che essere critico e
vicino ad idee tendenti alla propria abolizione, consci che in questi
luoghi il potere rinchiude chi è più indifeso e maggiormente esposto
alle ripercussioni della legge perché non in grado di difendersi.

Ma anche perché crediamo
che, soprattutto in questo preciso periodo storico, sia importante
tornare ad occuparsi di questi luoghi che sempre più tornano a far
sentire la loro presenza, diventando lo specchio attraverso cui leggere
lo sviluppo della società.

Questi luoghi occultati,
rimossi e resi estranei al comune sentire delle persone rappresentano i
laboratori in cui sperimentare quello che poi verrà attuato sul corpo
dell’intero ordinamento sociale.

L’esclusione che operano
tende ad isolare, emarginandole e rendendole inoffensive, quelle
persone che rappresentano gli scarti della concezione sociale del tardo
capitalismo.

Il carcerato, il malato
rappresentano il lato oscuro e nascosto della vittoria della merce.

Componente fondamentale
nel nostro ragionamento è anche la consapevolezza che queste figure sono
fondamentali per l’ordine del capitale, il quale trova nella loro
esistenza ragione per esistere e per continuare.

Per questo motivo il
carcere produce criminali, la medicina produce malati. Il paradosso di
tutto ciò è legato al fatto che tutte queste figure producono anche
ricchezza, nel senso che una società ha bisogno di carceri, di ospedali,
di C.I.E., per far lavorare, per creare figure professionali che non
avrebbero modo di esistere senza queste realtà emarginate. Ma la più
idonea ipotesi dell’esistenza di queste istituzioni totali risiede nel
concetto che queste permettono alla società, al potere di infierire
timore nella popolazione, punendo quei comportamenti e quegl’
atteggiamenti che risultano essere scomodi da una parte, ma sfruttabili
come modelli scorretti di comportamento sociale.

Tutto questo è anche
aiutato dalla fitta campagna dei media che danno ampio risalto ai fatti
compiuti da individui appena usciti dal carcere o da malati
psichiatrici, al piccolo reato compiuto dall’immigrato o, più in
generale, dalla povera gente,creando nella struttura sociale il concetto
che esista una categoria criminale e l’idea che quest’ultima sia il
vero pericolo per la convivenza civile.

Quando poi dei detenuti
vengono liberati prima della fine pena o godono di attenuanti,
subito viene creata ad arte l’impressione che in carcere si entra e si
esca con facilità estrema, facendo credere, all’opinione pubblica
nazionale, che in Italia non esista né pena né giustizia e che si possa
godere di un’ impunità garantita e data per scontata.

L’idea che trasmettono i
media fa parte di una campagna di terrore tesa in principio a creare
paura ma di fatto a creare consenso per la vittoria della legalità
(triste parola dietro cui si nasconde l’accettazione delle regole che ci
controllano e ci rendono mansueti, il rifiuto della devianza e la
socializzazione forzata che ci troviamo costretti a vivere).

Tutti questi elementi
fanno parte della campagna di mistificazione del reale che ormai investe
la nostra quotidianità e che trasforma nel pericolo più temibile, più
pericoloso e da punire senza alcuna pietà, il ladruncolo, il consumatore
di sostanze stupefacenti, l’attivista politico, il malato psichiatrico o
più in generale il deviato.

Tutte persone che la
società dell’apparire, del vacuo e del benessere vuole togliere di
mezzo, rinchiudendoli e affidandoli a specialisti.

Gli agenti e i creatori
dello sfruttamento, coloro che delinquono nel nome della merce, nascono
come criminali sociali (soltanto perché inseriti all’interno dell’ordine
dominante e agenti per conto del capitale) ma diventano in seguito
vittime.

Le case farmaceutiche
uccidono, le banche rubano, la legge non è uguale per tutti.

Queste parole
qualunquiste fanno parte del sentire comune di chiunque ma non riescono a
creare indignazione, volontà di ribellarsi, alle continue ingiustizie
che vengono perpetrate verso gli innocenti, o verso i piccoli
criminali(deviati per necessità, il più delle volte), anziché a coloro
che commettono crimini inimmaginabili ed impensabili, a volto scoperto.

La tolleranza zero
diventa così l’unico modo, l’unico cavallo di battaglia di una società
de-ideologizzata, satura di disvalori, che crea continuamente nuove
paure e nuovi nemici.

Del resto, il popolo
terrorizzato è più disposto a rinunciare alla propria libertà nel nome
della propria sicurezza e per mantenere i propri privilegi.

In questo è bravo anche
il dominio che fa sì che venga resa impossibile sia una vicinanza e una
consapevolezza dei rinchiusi (impedendo così che essi possano
trasformarsi in un possibile motore di rivolta ed instabilità), sia una
nascita, in quei luoghi, di pratiche di resistenza alla realtà. Ciò che
traspare dai quei luoghi ultimi, emarginati è che questi siano luoghi di
disperazione e punizione, dove scompaiono le regole della dignità
umana.

Abbiamo scelto il nome
CordaTesa perché si presta a svariati interpretazioni e significati:

Corda tesa come una corda lanciata
verso l’abbandono e la solitudine che abitano e animano questi luoghi,
spezzando l’isolamento verso quell’umanità che viene dimenticata quando
delle sbarre gli si richiudono alle spalle.

Corda tesa come la corda
penzolante, troppo spesso con un corpo appeso, che rappresenta il solo
modo di dimenticare questa solitudine, sola via di fuga da un reale che
non si vuole, da un mondo che rifiuta ed emargina.

Corda tesa come una corda di uno
strumento musicale che ad ogni giro della chiavetta si tende sempre più
fino a giungere ad un punto di rottura e a spezzarsi, perché la tensione
è arrivata al massimo del tollerabile.120606180270_equilibrista_result2


Corda tesa come la corda su cui tutti noi,
inconsci acrobati, ci troviamo a camminare sperando di non precipitare o
che non ci si spezzi sotto i piedi.