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Incendio e proteste, nuova rivolta al Cie di Gradisca

cordatesaGRADISCA D’ISONZO. Ancora tensioni al Centro di identificazione ed espulsione di Gradisca. Che, dopo i tumulti di mercoledì scorso, ha vissuto nella tarda serata di venerdì ulteriori episodi di intolleranza da parte di un gruppo di ospiti, che hanno dato fuoco a materassi e suppellettili, rendendo inagibili le ultime tre stanze ancora utilizzabili. Per arginare le proteste dei clandestini, che hanno intanto proclamato lo sciopero Continue reading


Crotone, Gradisca, Torino. La mappa della rivolta nei CIE

diffondiamo da anarresinfo.noblogs.org

RIVOLTA IMMIGRATI CPT PONTE GALERIAUn agosto incandescente nei CIE della penisola. Quello di Sant’Anna di Capo Rizzuto ha chiuso i battenti. Il 10 agosto muore Moustapha Anaki, un immigrato marocchino approdato al CIE da un mese. Con grande ritardo l’ente gestore, la Misericordia, e la polizia sostengono la tesi del malore.
Il vicepresidente nazionale della Misericordia Leonardo Sacco parla di “una morte naturale, Anaki soffriva di cardiopatia.” Secondo Sacco la protesta sarebbe stata “legata ai tempi di permanenza”.
La morte dell’immigrato è il detonatore di Continue reading


Manifestazione contro i CIE a Gradisca

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Qui nessuno è clandestino!

Diffondiamo da Gruppo Anarchico Germinal

f1_128_1A pochi chilometri da noi a Gradisca d’Isonzo dal 2006 esiste un CIE (centro di identificazione ed espulsione).
In questa prigione sono reclusi in condizioni durissime decine di cittadini non dell’unione europea per il solo motivo di non possedere (o non possedere più) un permesso di soggiorno valido.
Divieto di leggere, di comunicare con l’esterno, psicofarmaci, privazioni e soprusi di ogni tipo sono pane quotidiano e provocano tra l’altro continui episodi di autolesionismo.
Riteniamo importante far conoscere l’esistenza di questi luoghi e le logiche che li governano, promuovendo iniziative di informazione e denuncia. Invitiamo tutti e tutte a partecipare e a contribuire in modo attivo al presidio che si terrà sabato 18 maggio dalle 17 in via delle Torri (dietro la chiesa di s.antonio).
L’iniziativa vuole anche promuovere la partecipazione al presidio regionale che ci sarà sabato 1 giugno nel pomeriggio di fronte al CIE
di Gradisca indetto dal Coordinamento regionale contro i CIE.

Assemblea contro i CIE

 


Cie di Gradisca, l’accusa è associazione a delinquere per truffa

A person inside Ponte Galeria's Centre oGORIZIA. Un’associazione a delinquere finalizzata alla frode nelle pubbliche forniture e alla truffa. E cioè a ottenere somme ben più alte rispetto a quelle contrattualmente pattuite, lucrando sulla gestione degli immigrati clandestini e a tutto danno della Prefettura e, ancora più a monte, delle casse ministeriali. È quanto ipotizza la Procura di Gorizia, nelle 17 pagine del capo d’imputazione trasmesso, ieri, alle 13 persone finite sul registro degli indagati, nell’ambito dell’inchiesta sugli appalti al Cie e al Cara di Gradisca d’Isonzo.

Chiuso il cerchio dopo oltre un anno di attività investigativa, il procuratore capo, Caterina Ajello, e i sostituti Enrico Pavone e Michele Martorelli hanno notificato l’avviso di conclusione indagini preliminari, ribadendo buona parte delle contestazioni inizialmente formulate, con la sola eccezione delle responsabilità ipotizzate a carico del vice prefetto vicario di Gorizia, Gloria Sandra Allegretto, di Udine.

Cadute le ipotesi di peculato, corruzione e frode in pubbliche forniture, il numero due della Prefettura dovrà rispondere della sola accusa di falsità materiale e ideologica in atti pubblici. Identica contestazione per Telesio Colafati, di Gorizia, che della Prefettura è invece il capo Ragioneria.

Secondo l’accusa, avrebbero peccato entrambi nel controllo sulla regolarità delle fatture emesse dal consorzio “Connecting people” di Trapani, gestore delle due strutture e a sua volta indagato, insieme al direttore Vittorio Isoldi, residente a Gorizia, al presidente Giuseppe Scozzari, di Castelvetrano, e al resto del Cda.

Colafati, attestando, con il proprio timbro, di avere verificato la congruità di quanto dichiarato in fattura sul numero degli ospiti presenti e sulla regolare prestazione di lavoro, la Allegretto autorizzando il pagamento degli importi fatturati che le erano stati trasmessi, non avendo chiesto nè acquisito la documentazione necessaria all’espletamento delle verifiche, come espressamente disposto dal prefetto, a partire dal novembre 2009, con ordine al questore.

Una questione di valenza prettamente giuridica, secondo l’avvocato Giuseppe Campeis, che la difende. «Tutto sta a chiarire il significato del visto – ha detto -. Il compito di verificare le fatture non spettava al vice prefetto, ma ai suoi uffici».

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Fuga e rivolta al Cie di Gradisca

Magrebini minacciano con spranghe i vigilanti e scappano dal Cie di Gradisca

Altri ospiti hanno incendiato un cumulo di materassi nel tentativo di danneggiare tutta la struttura. Situazione sempre più grave e ormai insostenibile nel Centro

immigrati_bariTentata fuga e rivolta al Cie di Gradisca. Ennesima conferma della situazione infernale che si vive nel centro immigrati di Gradisca.

Primo episodio. Secondo fonti della polizia una trentina di trattenuti servendosi delle chiavi, hanno tentato la fuga uscendo dall’ingresso principale e poi dividendosi in tutte le direzioni.

Per cinque magrebini il tentativo è riuscito dopo avere affrontato il personale di vigilanza armati di spranghe.

Secondo episodio. Un gruppo di immigrati ha dato fuoco ai materassi all’interno delle camere nel tentativo, non riuscito, di incendiare la struttura.

La situazione diventa ogni giorno più esplosiva e mette a repentaglio l’incolumità del personale che gestisce il centro-prigione. Anche le forze dell’ordine sono sotto pressione. Così il pronto soccorso dell’ospedale di Gorizia costantemente invaso da immigrati rinchiusi al Cie e che si producono in atti di autolesionismo nel tentativo di scappare.

Fonte


Malato e trattenuto in un CIE dal 2011. Il caso di M.

soloM., giovane migrante, è rinchiuso in un CIE dal 2011, è affetto da una grave forma di depressione e da una settimana rifiuta cibo, acqua e farmaci. Contrariamente a quanto recentemente annunciato dal Ministro Cancellieri (“limiteremo la durata massima per il tempo di riconoscimento a 12 mesi” audizione presso la Commissione Diritti Umani del Senato, 27 novembre 2012), M. è in stato di detenzione amministrativa da quasi quattordici mesi, prima presso il CIE di Gradisca d’Isonzo, poi nel centro di identificazione ed espulsione di Trapani e infine di nuovo a Gradisca. M. ha già compiuto un grave atto di autolesionismo e dal suo ultimo ingresso nel CIE friulano, a maggio del 2012, ha perso 10 chili di peso. Medici per i Diritti umani (MEDU), che segue il caso da diverse settimane, ritiene le condizioni psico-fisiche di M. incompatibili con il trattenimento all’interno del CIE e chiede che il paziente sia urgentemente rilasciato dalla struttura in modo da poter accedere alle adeguate cure specialistiche.

E’ M. stesso a rendere pubblica la sua drammatica storia. Arriva per la prima volta in Italia, a Lampedusa, nell’ottobre del 2010. Nel dicembre del 2011 viene internato nel CIE di Gradisca, poi successivamente è trasferito a Trapani e poi ancora riportato al centro di identificazione ed espulsione di Gradisca senza che si possa procedere al suo rimpatrio. Ai primi di dicembre, dopo che il Giudice di pace decreta l’ennesima proroga di due mesi del suo trattenimento, M. viene trasferito d’urgenza al pronto soccorso dell’ospedale di Gorizia dopo aver ingerito numerosi farmaci e innumerevoli monete. Gli viene praticata la lavanda gastrica e successivamente viene ricondotto al CIE. Il giorno seguente viene sottoposto presso lo stesso nosocomio a visita psichiatrica con diagnosi di reazione da stress ambientale, calo ponderale importante in sindrome depressiva reattiva. Lo psichiatra, nel prescrivere la terapia farmacologica per l’insonnia e l’ansia, ritiene “assolutamente urgente” velocizzare il più possibile l’uscita dal CIE ritenendo che la situazione ambientale possa peggiorare ulteriormente il quadro. Nonostante ciò il trattenimento nel CIE prosegue. Alla fine di dicembre una nuova visita psichiatrica riscontra un peggioramento del quadro (“grave sindrome depressiva con importante dimagrimento”), specificando che “la situazione psico-patologica è sicuramente reattiva al trattenimento nel CIE”.

Il primo di gennaio M. comincia a rifiutare acqua, farmaci e cibo. In otto giorni perde sette chili. Il tre gennaio compie un ulteriore atto di autolesionismo riportando una ferita superficiale al gomito sinistro. Viene chiamato il 118 ma il paziente rifiuta il trasporto in ospedale. Una relazione dello psicologo del CIE sottolinea le buone condizioni generali di salute di M. all’ingresso nel CIE e un atteggiamento collaborativo e positivo del paziente nei confronti degli operatori del centro e degli altri migranti. La relazione prosegue evidenziando un progressivo peggioramento dello stato psico-fisico nel corso del tempo e la graduale comparsa di una sintomatologia ansioso-depressiva con conseguente e significativo calo ponderale. Lo psicologo riscontra inoltre la compatibilità dei sintomi di M. con i criteri propri del disturbo depressivo maggiore. Il giorno otto gennaio, i sanitari del centro, certificandone lo “stato cachettico” e l’evidente condizione di disidratazione, inviano nuovamente il paziente al pronto soccorso per accertamenti.

Dopo nove giorni dall’inizio del digiuno, la direzione sanitaria del centro annota che “l’ospite ha ripreso ad alimentarsi e a reidratarsi per cui tenendo presente la compatibilità dei parametri vitali e soprattutto la volontà di riprendere a mangiare e bere, si ritiene attualmente compatibile dal punto di vista organico il suo trattenimento presso il CIE Gradisca salvo ulteriori ripensamenti autolesionistici”. Il 12 gennaio M. è nuovamente ricondotto ai servizi psichiatrici territoriali dove un’ulteriore consulenza specialistica conferma il quadro di grave sindrome depressiva reattiva e chiede, per la terza volta, l’urgente rilascio dal CIE. Il paziente rifiuta di assumere la terapia psichiatrica prescrittagli. Il 22 gennaio il paziente comincia di nuovo a rifiutare alimenti e bevande andando incontro ad un nuovo calo ponderale. M. chiede di poter essere visitato da un medico di MEDU di sua fiducia. Il colloquio viene concesso ma, da regolamento, per soli venti minuti, attraverso una barriera di plexiglass e in presenza di due agenti di pubblica sicurezza. Al momento dell’incontro, il medico riscontra lo stato di notevole sofferenza del paziente e, dopo aver a lungo interloquito con gli agenti, ottiene unicamente un breve tempo supplementare per il colloquio.

Il provvedimento di detenzione amministrativa in un CIE, che secondo la normativa europea e la legge italiana dovrebbe essere finalizzato esclusivamente ad effettuare il rimpatrio del cittadino straniero, appare essere stato protratto in questo caso oltre ogni ragionevolezza, ledendo gravemente valori fondamentali come la salute e la dignità umana.

Come riscontrato da un suo team in una recente visita (ottobre 2012), Medici per i Diritti Umani ritiene le condizioni di vita all’interno del CIE di Gradisca, estremamente afflittive e del tutto inadeguate a garantire i fondamentali diritti della persona e pertanto non compatibili con il trattenimento di un paziente sofferente come M. MEDU richiede pertanto che M. sia urgentemente rilasciato in modo tale da evitare ulteriori e imprevedibili aggravamenti e da potergli assicurare le adeguate cure specialistiche.

a cura di medici per i diritti umani, Roma, 30 gennaio 2013


Nuova rivolta e fuga in massa al Cie di Gradisca

Sette maghrebini evadono utilizzando delle chiavi: ricercati. Al via un’indagine. Metà dei 70 immigrati chiusi nel centro hanno preso parte all’azione. Bottiglie piene di sabbia e sassi contro le forze dell’ordine

Nuova rivolta e fuga al Cie di Gradisca. Sette ospiti di nazionalità maghrebina sono riusciti a fuggire dopo aver aperto con le chiavi tre porte e scavalcato la rete di recinzione nella parte posteriore del centro immigrati. I sette sono fuggiti nella campagna approfittando dell’oscurità. Alla rivolta hanno partecipato trentacinque immigrati, la metà delle persone attualmente detenute all’interno della struttura. Gli immigrati hanno utilizzato contro le forze dell’ordine e gli operatori delle bottiglie piene di sassi e sabbia e hanno svuotato contro di loro alcuni estintori.

Attualmente la situazione è sotto controllo, resta alto l’allarme tra le forze dell’ordine incaricate di vigilare sul perimetro esterno della struttura. Sarà probabilmente avviata un’indagine sulle modalità della fuga: il fatto che i sette immigrati fossero in possesso di alcune chiavi rende infatti necessario scoprire come siano riusciti ad appropriarsene.

Fonte: ilpiccolo.gelocal.it

Per uscire dal Cie di Gradisca ingoiano vetri, medicinali e batterie

12.12.2012 | 9.46 – Gravi atti di autolesionismo si susseguono nel Centro di identificazione ed espulsione di Gradisca. Alcune persone trattenute nella struttura, disperate per la loro situazione di prigionia temporanea, ingeriscono infatti cocktail di farmaci, pezzi di vetro e batterie dei telecomandi per protesta e per uscire dal centro. Questi episodi si verificano per lo più di sera o di notte, quando l’oscurità rende il controllo dei sorveglianti più difficile. Una volta compiuto questo grave gesto di protesta e iniziati i primi dolori, gli ospiti del centro attirano l’attenzione degli addetti alla sicurezza, che non posso fare altro che chiamare il 118.

Se il fatto si è verificato prima delle 19, il ferito, insieme a due agenti, viene portato all’ospedale di Gorizia. Ma se il gesto viene compiuto dopo le 19 l’ambulanza, con i 3 paramedici, i due agenti e l’ospite del centro, deve viaggiare fino agli ospedali di Trieste o di Udine perché ilreparto di gatroenterologia di Gorizia chiude alle 19.

Ecco perché in queste settimane spesso accade che arrivino a Cattinara ambulanze da Gradisca con a bordo irregolari del Cie che devono essere operati per estrarre vetri o batterie dallo stomaco.

Continua intanto la protesta della politica regionale nei confronti della situazione creatasi nella struttura di Gradisca. Dopo le denunce di Codega e Brussa del Partito democratico e di Pustetto di Sinistra arcobaleno – Sel, che hanno messo in evidenza le condizioni intollerabili in cui vengono tenuti gli immigrati, l’ultimo in ordine di tempo a protestare è stato, alcune settimane fa, Federico Razzini della Lega Nord. «La situazione del Cie e Cara di Gradisca in appena un anno di governo Monti è diventata a dir poco incresciosa: chiederò lumi in Regione sull’atteggiamento del ministero competente». Il consigliere regionale denuncia quello che considera una sorta di stato di abbandono, in spregio alla leggi Bossi/Fini sull’immigrazione «con conseguenze negative anche sul nostro territorio e sugli operatori che svolgono un’opera preziosa in condizioni difficili e vengono bistrattati».

Secondo Razzini vi sarebbe un progressivo deterioramento delle condizioni di lavoro e di sicurezza all’interno della struttura gradiscana: «da mie informazioni – precisa – gli incidenti e le intemperanze, le aggressioni di soggetti stranieri pericolosi ospitati, le fughe, sono all’ordine del giorno e nessuno interviene in modo adeguato. Da quando Maroni non e più ministro la situazione è degenerata e pare che non si faccia un rimpatrio che sia uno e gli addetti, cosa intollerabile, sono senza paga da mesi».

«Una vergogna – conclude Razzini – che chi lavora di fatto per lo Stato e la comunità in un settore delicato come quello che fronteggia la piaga dell’immigrazione clandestina non solo non sia adeguatamente tutelato, ma neppure pagato a fine mese, mettendo i difficoltà decine e decine di famiglie».

di Emanuele Esposito

Fonte Trieste all news