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Deportazioni e proteste dal CIE di Torino

Diffondiamo da Macerie

cordatesaA tre settimane dalle ultime tensioni ricominciano a scoccar scintille dentro al Cie di Torino. Nel fine mattinata di oggi i questurini di stanza al Centro avevano il compito di prelevare dalle aree alcuni reclusi di origine nigeriana, con la scusa di portarli “al Consolato”. Ma hanno fatto i conti senza l’oste: dentro si sa che il Consolato è a Roma e che il trasferimento a Roma per i nigeriani vuol sempre dire una Continue reading


Cie di Torino: trasferimenti con espulsione

diffondiamo da macerie

425px-Rusty_PadlockMercoledì scorso, le guardie del Cie di Torino avvisano i reclusi della area viola che dovranno essere spostati nelle altre aree, visto che dopo gli incendi tutte le camerate di quella zona del Cie sono inagibili. I primi due sembrano scelti a caso, ma tra di loro c’è Jamal, il recluso che aveva evitato un’espulsione a fine gennaio. La loro sosta nell’ufficio immigrazione dura troppo a lungo e, da un certo momento in poi, non rispondono più al telefono. I compagni dell’area iniziano a sospettare un ennesimo “scherzo” e lanciano l’allarme. Ma i solidali non fanno neanche in tempo a partire: arriva la notizia che Jamal è stato caricato sul furgone e portato via, verso l’aeroporto, mentre l’altro recluso viene riportato nella camerata. Alla fine l’area viola viene svuotata e i reclusi distribuiti dove, almeno per terra, c’è ancora posto. Qualcuno accetta di andare in isolamento per non stare uno sopra l’altro nelle camerate rimaste.

Nel frattempo, come apprendiamo dall’articolo qui sotto, è arrivata la visita che aveva provocato questi trasferimenti e l’accelerazione nel restauro delle camerate. Oltre alla solita e sinistra manfrina sull’inefficienza del Cie a fronte degli alti costi sostenuti, e ad una certa difficoltà nel far di conto, emerge tra le righe la conferma che al momento due terzi del lager di corso Brunelleschi sono fuori uso.

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Aggiornamenti dal Cie di Torino

diffondiamo

1459_Foto3Il Cie di corso Brunelleschi continua ad essere in buona parte inutilizzabile. Nonostante le notizie diffuse dai giornali, le camerate andate a fuoco durante le rivolte del 22 e 24 febbraio sono tutt’ora inagibili. Due dei cinque arrestati sono stati scarcerati: uno è stato liberato con un foglio di via dall’Italia, l’altro è stato riportato al Cie ed espulso immediatamente.

I reclusi sono ad oggi poco più di 60 (su 180 posti teoricamente disponibili). Dai giorni delle rivolte almeno 20 sono stati espulsi, 6 o 7 rilasciati con un foglio di via e due dovrebbero essere stati trasferiti a Trapani. In nessuna area, negli ultimi 10 giorni, ci sono stati nuovi ingressi.

Da tutte le aree comunicano che da un paio di giorni viene distribuito un riso che “puzza”. Tutti sono sicuri che il pasto sia  condito con una forte dose di tranquillanti e qualcuno ha pensato bene di restituirlo dritto sulla testa dei militari che lo consegnavano…

Ieri un recluso ha trascorso la notte sul tetto dell’area viola per la paura di essere espulso. Qualche giorno fa aveva ingoiato un grosso numero di pile e lamette, ma, nonostante il parere contrario dei medici, era stato riportato al Cie. Sembra che abbia cercato di impiccarsi sul tetto. Questa mattina è stato riportato in ospedale apparentemente in gravi condizioni per gli oggetti ingeriti.

macerie @ Marzo 6, 2013


Per uscire dal Cie di Gradisca ingoiano vetri, medicinali e batterie

12.12.2012 | 9.46 – Gravi atti di autolesionismo si susseguono nel Centro di identificazione ed espulsione di Gradisca. Alcune persone trattenute nella struttura, disperate per la loro situazione di prigionia temporanea, ingeriscono infatti cocktail di farmaci, pezzi di vetro e batterie dei telecomandi per protesta e per uscire dal centro. Questi episodi si verificano per lo più di sera o di notte, quando l’oscurità rende il controllo dei sorveglianti più difficile. Una volta compiuto questo grave gesto di protesta e iniziati i primi dolori, gli ospiti del centro attirano l’attenzione degli addetti alla sicurezza, che non posso fare altro che chiamare il 118.

Se il fatto si è verificato prima delle 19, il ferito, insieme a due agenti, viene portato all’ospedale di Gorizia. Ma se il gesto viene compiuto dopo le 19 l’ambulanza, con i 3 paramedici, i due agenti e l’ospite del centro, deve viaggiare fino agli ospedali di Trieste o di Udine perché ilreparto di gatroenterologia di Gorizia chiude alle 19.

Ecco perché in queste settimane spesso accade che arrivino a Cattinara ambulanze da Gradisca con a bordo irregolari del Cie che devono essere operati per estrarre vetri o batterie dallo stomaco.

Continua intanto la protesta della politica regionale nei confronti della situazione creatasi nella struttura di Gradisca. Dopo le denunce di Codega e Brussa del Partito democratico e di Pustetto di Sinistra arcobaleno – Sel, che hanno messo in evidenza le condizioni intollerabili in cui vengono tenuti gli immigrati, l’ultimo in ordine di tempo a protestare è stato, alcune settimane fa, Federico Razzini della Lega Nord. «La situazione del Cie e Cara di Gradisca in appena un anno di governo Monti è diventata a dir poco incresciosa: chiederò lumi in Regione sull’atteggiamento del ministero competente». Il consigliere regionale denuncia quello che considera una sorta di stato di abbandono, in spregio alla leggi Bossi/Fini sull’immigrazione «con conseguenze negative anche sul nostro territorio e sugli operatori che svolgono un’opera preziosa in condizioni difficili e vengono bistrattati».

Secondo Razzini vi sarebbe un progressivo deterioramento delle condizioni di lavoro e di sicurezza all’interno della struttura gradiscana: «da mie informazioni – precisa – gli incidenti e le intemperanze, le aggressioni di soggetti stranieri pericolosi ospitati, le fughe, sono all’ordine del giorno e nessuno interviene in modo adeguato. Da quando Maroni non e più ministro la situazione è degenerata e pare che non si faccia un rimpatrio che sia uno e gli addetti, cosa intollerabile, sono senza paga da mesi».

«Una vergogna – conclude Razzini – che chi lavora di fatto per lo Stato e la comunità in un settore delicato come quello che fronteggia la piaga dell’immigrazione clandestina non solo non sia adeguatamente tutelato, ma neppure pagato a fine mese, mettendo i difficoltà decine e decine di famiglie».

di Emanuele Esposito

Fonte Trieste all news