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Bolivia, dopo le sommosse nelle carceri Evo Morales firma l’indulto

Quasi 2.000 detenuti usciranno di prigione. Il provvedimento arriva al termine di una settimana di scontri e proteste feroci nelle carceri

Nel weekend il parlamento boliviano ha dato l’ok definitivo alla legge per l’indulto. Quasi 2.000 detenuti usciranno di prigione. Il provvedimento arriva al termine di una settimana di scontri e proteste feroci nelle carceri. Evo Morales, dopo una serie di tentennamenti, si è visto pressochè “costretto” a firmare il provvedimento per sbloccare la situazione.

Il vicepresidente della Bolivia e presidente del parlamento, Álvaro García Linera ha dichiarato che si tratta di una decisione “umanitaria” di Evo Morales per “favorire i detenuti che non sono accusati di reati gravi come omicidio, stupro, terrorismo o separatismo”. Il ministero dell’Interno spiega che l’indulto è destinato ai detenuti che  hanno commesso reati minori, che hanno scontato i due quinti della pena, che hanno tra i 16 e i 25 anni e, soprattutto, le donne in gravidanza”, come anche le persone condannate dalle legislazione antidroga, “ma con pene minori ai dieci anni di carcere”, ade sempio coloro che hanno commesso questo tipo di reato per la prima volta o hanno trasportato quantità minime di droga.

Inoltre potranno beneficiare dell’indulto i detenuti condannati per il primo delitto che rientrino tra gli uomini con più di 58 anni, le donne con più di 55 anni, i giovani fino a 25, i disabili gravi che abbiano scontato un terzo della pena e i malati terminali. Vi potranno accedere anche i genitori con figli a carico sotto i 12 anni che vivono in carcere e abbiano scontato un quinto della loro pena, oltre ai prigionieri per reati minori con sanzioni fino a 8 anni che abbiano già trascorso un terzo del tempo previsto in cella.

La misura era stata richiesta con urgenza dalla Direzione del regime penitenziario proprio per “motivi umanitari”: l’organismo ha sottolineato l’urgenza di decongestionare le carceri boliviane, che ora come ora ospitano 13.840 reclusi, 3.000 in più del 2011. Le proteste organizzate nelle carceri negli ultimi giorni puntavano ad ottenere l’indulto ma anche il versamento alle autorità penitenziarie di arretrati per il mantenimento dei carcerati.

La situazione sanitaria nelle carceri della Bolivia è pessima. La fatiscenza delle strutture e l’eccessivo affollamento portano al diffondersi di malattie che in Europa sono ormai sconosciute come la tubercolosi. L’assistenza sanitaria è assente e quel poco che c’è si deve alle organizzazioni di volontariato e alle chiese locali. Rompersi una gamba in carcere può significare rimanere storpi per sempre. Ma il dato più incredibile è che le carceri in Bolivia sono piene di donne e bambini. Infatti se la famiglia del detenuto non ha mezzi di sostentamento, tutti seguono in prigione l’uomo. A Palmasola dei circa 5.000 abitanti del carcere solo 3.000 sono detenuti. Gli altri sono familiari al seguito.

Fonte: Today.it


Tre agenti accusati di aver ucciso a badilate quattro cuccioli di cane della colonia agricola di Is Arenas

Una storia assurda arriva dall’Unione Sarda: tre agenti penitenziari hanno massacrato a badilate i cani di alcuni detenuti nel carcere di Is Arenas, alle porte di Cagliari. I cuccioli bersaglio della loro ferocia quattro meticci adottati e accuditi dagli ospiti della colonia penale.

Sono quindi finiti sotto inchiesta il sovrintendente G. D., 45 anni, e gli assistenti I. P., 45, e A. S., 49. Dovranno rispondere di uccisione di animali, omessa denuncia e atti persecutori.

E’ stato un testimone a far partire l’indagine, un cittadino marocchino detenuto a Is Arenas, A. C. Ha assistito alla strage. Stando al suo racconto, nel 2011 A. S. disse di aver ricevuto l’ordine di uccidere i cani. Le proteste dei detenuti non sortirono nessun effetto e S. massacrò a badilate tre dei quattro cuccioli. Il quarto fu ritrovato qualche giorno dopo da P. che completò l’opera.

Il detenuto C. a questo punto si sarebbe rivolto al sovrintendente D. per denunciare l’accaduto; quest’ultimo gli avrebbe risposto: “Stai zitto o ti trasferiamo in un altro istituto”. Ancora non si conosce il movente della mattanza, forse la tensione tra agenti e reclusi. Il direttore della colonia penale di Is Arenas, Pierluigi Porcu, invita alla prudenza: “Aspettiamo l’esito delle indagini, ho piena fiducia nel lavoro della magistratura. Non mi era giunta alcuna notizia di un fatto del genere e sono piuttosto scettico visto che si tratta di tre poliziotti assegnati al distaccamento a questure che amano molto gli animali. Non li ritengo capaci di un simile gesto”.

Fonte: cronacaeattualita.blogosfere.it

 


Presidio carcere a Cremona 22/12/12


Opg. Oggi tre operazioni di sequestro in Toscana, Sicilia e Abruzzo

La Commissione d’inchiesta sul Ssn, nel corso di una conferenza stampa convocata per tracciare il bilancio di una anno di attività sulla salute mentale e gli Opg, ha comunicato di aver dato avvio, con l’ausilio dei carabinieri, a tre operazioni di sequestro di strutture in Toscana, Sicilia e Abruzzo.

19 DIC – La Commissione d’inchiesta sul Servizio Sanitario Nazionale ha dato avvio questa mattina a tre differenti operazioni di sequestro con l’ausilio dei carabinieri in Toscana, Sicilia e in Abruzzo. L’operazione s’inquadra nell’ambito dell’inchiesta sulla salute mentale e gli ospedali psichiatrici giudiziari condotta in quest’anno dalla stessa Commissione. Le strutture sottoposte a sequestro sono: il reparto denominato “Pesa”, l’ultima area vecchia e degradata ancora in attività dell’Opg, all’interno dell’ospedale psichiatrico di Montelupo Fiorentino (Fi); l’intero ospedale psichiatrico giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto (Me); e infine alcuni container in cui alcune decine di giovani pazienti psichiatrici dell’Aquila, dopo il terremoto del 2009, erano costretti a recarsi per poter prendere parte a progetti terapeutico-riabilitativi.

“I carabinieri del nucleo Nas hanno confermato di aver terminato le operazioni di sequestro presso l’ospedale psichiatrico giudiziario di Montelupo Fiorentino e quello di Barcellona Pozzo di Gotto ”. A dichiarato è Ignazio Marino, presidente della Commissione d’inchiesta sul Ssn a margine della conferenza stampa in cui è stato annunciato il sequestro di due ospedali psichiatrici giudiziari.

Marino ha poi spiegato che “i 15 pazienti dell’Opg toscano ora dovranno essere trasferiti entro sette giorni. In Sicilia invece si avrà un termine massimo di 30 giorni per il trasferimento di 205 pazienti”. Il presidente della Commissione ha poi rivolto un ringraziamento all’opera dei “carabinieri del Nas che in questi anni hanno svolto un lavoro importantissimo per la Commissione d’inchiesta che ha potuto, anche in questa delicata circostanza, esercitare i propri poteri con rigore grazie al loro intervento”.

Per quanto riguarda la struttura di Montelupo Fiorentino nel provvedimento di sequestro si legge, tra l’altro, che “continuano a essere radicalmente deficitarie” le condizioni strutturali ed igienico-sanitarie, recando “pregiudizio ai diritti costituzionalmente garantiti” come il diritto a forme di detenzione che non siano contrarie al senso di umanità, il diritto alla salute e il diritto all’incolumità. In totale nell’Opg ci sono ora 102 internati, per lo più concentrati in un reparto completamente nuovo che è stato occupato solo di recente, in attesa della chiusura definitiva dell’OPG prevista dalla legge per il 31 marzo 2013.

La situazione dell’Opg di Barcellona Pozzo di Gotto, pur facendo registrare alcuni miglioramenti in diverse aree, segnalati nel provvedimento di sequestro, “mantiene –secondo quanto riportato nel provvedimento di sequestro – una conformazione del tutto inidonea per una struttura che dovrebbe garantire standard da residenza psichiatrica e soffrono di una condizione di intollerabile sovraffollamento (fino a 12 pazienti per cella)”. Il direttore dell’Opg ha anche confermato che mancano figure mediche specialistiche per l’assistenza agli internati: persone che soffrono di cuore, disabili in sedia a rotelle, pazienti affetti da ernie e da altre disfunzioni gravi non possono essere assistiti. Lo stesso vale per la terapia psichiatrica e psicologica. Nel caso dell’Opg siciliano, che dovrà essere definitivamente chiuso entro 30 giorni, gli internati da trasferire sono 205.
“Si tratta di provvedimenti gravosi di cui la Commissione d’inchiesta si assume la responsabilità con rigore – ha spiegato ancora il presidente della Commissione Marino – dentro gli Opg non si può assistere un internato che ha un infarto, per non parlare di persone con patologie gravemente invalidanti, come la gangrena dovuta al diabete, che hanno aspettato periodi interminabili prima di essere trasferiti in un vero ospedale per una amputazione. Nonostante i miglioramenti notati nei due Opg sottoposti a sequestro, abbiamo constatato che il diritto alla salute non è assolutamente garantito: queste strutture purtroppo restano carceri-ghetto che in alcun modo assomigliano a un ospedale”.

Il difficile superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari
Oggi le strutture psichiatriche giudiziarie in Italia sono 6. Oltre a Barcellona Pozzo di Gotto e Montelupo Fiorentino di cui si è detto, ci sono quelle di Aversa (Ce), Napoli Secondigliano (Na), Reggio Emilia e Castiglione delle Stiviere (Mn). Lo scorso 17 febbraio con l’approvazione della legge 9 per il “superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari” era stato fissato il 31 marzo 2013 come data ultima per la chiusura dei sei centri, a favore dell’apertura di piccoli ospedali regionali dotati di circa 20 posti letto con l’attrezzatura e il personale adeguato all’assistenza dei pazienti. Questa riforma è stata finanziata con 120 milioni per il 2012 e 60 per il 2013 per la realizzazione delle nuove strutture. Inoltre, la legge prevede 38 milioni per il 2012 per l’assunzione del personale e altri 55 milioni ogni anno a partire dal 2013, anche per l’assistenza alternativa all’Opg (progetti riabilitativi sul territorio).

Oggi però permane un grave ritardo nell’applicazione della legge. Il governo, nonostante le numerose sollecitazioni della Commissione, non ha emanato il decreto di destinazione delle risorse per le nuove strutture e l’assunzione del personale. Questo significa che i tempi stabiliti per la chiusura degli OPG difficilmente verranno rispettati.

“Siamo in enorme ritardo – ha spiegato Marino – a dimostrazione di ciò, rispetto ai 158 milioni di euro stanziati dallo Stato per il 2012, le regioni italiane non hanno speso neanche 1 euro. Per questa ragione, il 15 ottobre 2012 mi sono recato dal Presidente del Consiglio Mario Monti per esprimere grande preoccupazione e suggerire al governo, a nome della Commissione di inchiesta, una soluzione: si nomini una figura che abbia pieni poteri per applicare la legge votata dal Parlamento e che possa gestire il percorso di chiusura e le risorse economiche messe a disposizione. Siamo consapevoli che attraversiamo un momento di grave crisi economica, che il fondo sanitario nazionale è stato tagliato di altri 30 miliardi e che le Regioni sono chiamate ad affrontare sfide complesse, ma si tratta della vita di più di mille persone e la chiusura degli Opg è un passo di civiltà irrinunciabile”.

Fonte: quotidianosanità.it


Messico,scontri in carcere:17 morti

Le violenze sono scoppiate a seguito di un tentativo fallito di evasione da un penitenziario a Gomez Palacio, nel nord del Paese.

Secondo tentativo di evasione dal carcere di Gómez Palacio, in Messico, nel giro di due mesi. L’ultima volta la tentata evasione era stata bloccata sul nascere e due detenuti erano rimasti uccisi negli scontri. Ieri, invece, la situazione è degenerata in pochissimo tempo, tanto da richiedere l’intervento dei militari dell’esercito, e 17 persone – 11 detenuti e 6 guardie –sono rimaste uccise.

 

La rivolta è scoppiata intorno alle 17 di ieri, all’indomani di un’ispezione della struttura che aveva portato al sequestro di numerosi telefoni cellulari, armi e piccoli elettrodomestici introdotti illegalmente dai detenuti. Evidentemente non tutte le armi sono state sequestrate: un gruppetto di detenuti ha cominciato a sparare contro le torri di guardia e gli altri militari presenti nella struttura, mentre un altro gruppetto di carcerati ha tentato di fuggire passando attraverso un tunnel e cercando di superare la recinzione posteriore.

 

Nel panico generale, scrive El Pais, i militari hanno esploso diversi colpi in aria a scopo di avvertimento. Non avendo sortito alcun effetto, hanno preso a sparare contro i detenuti in fuga, uccidendone undici. A questi morti si aggiungono le sue guardie rimaste uccise nel conflitto, prima che intervenisse l’esercito e ristabilisse l’ordine.

Al di là di quest’ultimo episodio di violenza e del precedente, la struttura Gómez Palacio, nello stato di Durango, è stata oggetto anche in passato di scontri e scandali. Nel 2010, ad esempio, l’ex direttore del penitenziario era finito in manette per aver autorizzato alcuni detenuti vicini al cartello degli Zetas ad uscire dal carcere per regolare i conti con alcune persone all’esterno.

Si stima che le carceri messicane, e questa non fa eccezione, siano controllate per il 60% dalla criminalità organizzata e non è escluso che la rivolta di ieri sia collegata proprio ai gruppi criminali che da anni stanno dilaniando il Messico. Il fatto che il giorno prima fossero stati sequestrati armi ed altri oggetti potenzialmente pericolosi, ha spinto le autorità a credere che qualcuno dall’esterno – o forse addirittura qualche guardia corrotta – abbia contribuito a reintrodurre a tempo di record un nuovo arsenale.

Le indagini sono ancora in corso.

 Fonte: Crimeblog

 

 


Rissa in carcere, minorenni ingoiano lamette

  • La discussione durante la cena in refettorio. Il garante: l’autolesionismo è la loro forma di protesta, da una banalità può nascere una tragedia

FIRENZE – Due ragazzi reclusi nel carcere minorile di Firenze sono stati ricoverati per aver ingerito lamette di temperamatite in seguito a una rissa a cui avevano preso parte insieme a un terzo detenuto. Le loro condizioni, secondo quanto emerso, non sono gravi. Tutto è avvenuto venerdì pomeriggio intorno alle 19. Sia i due ricoverati che il terzo giovane coinvolto sono di origine africana. Secondo quanto emerso, la rissa è scaturita per futili motivi all’interno del refettorio del carcere, quando si stava servendo la cena.

I tre giovani sono stati divisi dai compagni e dalle guardie penitenziarie. Poi, quando sono stati riportati in cella, uno di loro ha ingoiato una lametta, forse in segno di sfida verso gli agenti penitenziari. All’arrivo della guardia medica, anche un secondo giovane che aveva partecipato alla rissa ha ingerito una lametta. I due sono stati portati all’ospedale dove si trovano ricoverati in osservazione. Il terzo minorenne protagonista della rissa, che nel corso della zuffa ha riportato tagli superficiali alle gambe, è stato medicato e dimesso. «Nel carcere minorile ci sono 12 detenuti, quindi l’episodio non è dovuto a problemi di sovraffollamento – spiega il garante dei detenuti del Comune di Firenze Franco Corleone -. L’autolesionismo, che per i detenuti adulti è l’unico modo di farsi sentire, viene usato da questi ragazzi come forma di protesta in modo simbolico senza un motivo preciso. Occorre un lavoro di approfondimento per capire le ragioni. Da un fatto banale può succedere una tragedia».

dal corriere fiorentino


Rivolta nel CIE di Torino

Con estrema gioia riportiamo quanto successo fuori e dentro le odiose mura

Da Macerie:

FLAMBE’

A due settimane dalla rivolta del 30 novembre, una nuova protesta riscalda gli animi dei prigionieri del Cie di Torino. Ancora una volta, è bastato un piccolo saluto per accendere la miccia: quando, nel pomeriggio, una trentina di solidali si raduna fuori dal Centro, alcuni reclusi delle aree rossa, blu e viola salgono sui tetti e incendiano diversi materassi. Palloni da calcio e palline da tennis vengono lanciate oltre le mura, e un piccolo falò viene acceso sul marciapiede. La polizia interviene con gli idranti per spegnere gli incendi sui tetti e, a quanto pare, un muro interno dell’area rossa viene buttato giù per ricavarne pietre da gettare agli sbirri. A protesta terminata, la polizia perquisisce l’area rossa alla ricerca di pezzi di vetro (o di banane rinforzate?) e,  poco dopo, nell’area blu i reclusi lanciano bottiglie contro le guardie.


Monza, piove dentro le celle Sessantacinque detenuti sfollati

Monza, 1 settembre 2012 – Sessantacinque detenuti sfollati d’urgenza fra venerdì notte e questa mattina. Una ventina di celle dichiarate inagibili oltre alla sessantina già chiusa ormai un anno fa sempre per le pesanti infiltrazioni d’acqua. E un corto circuito che ha lasciato senza luce né acqua un’intera sezione dell’Alta Sicurezza.

infiltrazioniE’ di nuovo emergenza nel carcere di Monza. La violenta e abbondante pioggia fra venerdì e sabato ha riportato a galla un problema con cui detenuti e agenti avevano dovuto fare i conti la sera del 5 agosto 2011 quando un violento nubifragio fece finire sott’acqua anche le salette colloqui, l’ufficio matricola, la palestra e l’auditorium. «Ormai il tetto del carcere è diventato uno scolapiatti – sbotta Domenico Benemia, segretario regionale della Uil penitenziari -. Dopo un anno e decine di segnalazioni e denunce nulla è cambiato. Anzi, la situazione è addirittura peggiorata».

I detenuti della sezione numero 5 dell’Alta Sicurezza – rimasta senza energia elettrica e senza acqua – sono stati trasferiti in altri istituti della Lombardia. L’altro reparto cosiddetto AS è agibile solo a metà. Il fatto è che «sono stati fatti dei piccoli interventi tampone sul tetto ma quando piove molto ecco cosa succede – continua Benemia -. Detenuti e agenti sono costretti a vivere e lavorare in condizioni pietose e insane».

Da Il Giorno Monza Brianza 02/09/2012


Carceri, ieri superata la soglia 66.000 detenuti, per 45.572 letti

ROMA – Come era facilmente prevedibile, alle 17 di ieri i detenuti nelle carceri italiane hanno nuovamente superato la quota 66mila (66.065 presenze, per l’esattezza, per 45.572 posti-letto). Ed è altrettanto prevedibile che entro pochi mesi, i dati del sovraffollamento penitenziario assumeranno di nuovo rilevanza e pericolosità.

RivoltaL’appello della polizia penitenziaria. E’ in sintesi la nuova lettera che l’Organizzazione sindacale autonoma polizia penitenziaria (Osapp 2)  ha trasmesso ai responsabili dei gruppi parlamentari di Camera e Senato. “Le cifre di un incremento di 350 detenuti in soli tre giorni – scrive il segretario generale dell’Osapp, Leo Beneduci – questa volta hanno riguardato principalmente la Sardegna (+84), la Sicilia (+54), la Toscana (+44), la Campania (41), il Lazio (+26) e il Piemonte (+24), ovvero regioni che già da tempo hanno superato i posti-letto disponibili e che adesso si apprestano a superare anche la capienza cosiddetta tollerabile, come già avviene per Friuli, Liguria, Lombardia, Marche, Puglia, Valle d’Aosta e Veneto, mentre del tutto insostenibile diventa anche la penuria di personale di polizia penitenziaria”.

Carenze nell’organico: “I detenuti gestiranno le carceri?”.
Infatti – si legge ancora nella lettera – “rispetto alle 7mila unità che mancano all’organico del Corpo, mai integrato dal 1992 (quando i detenuti erano meno di 40mila), in Piemonte ci sono 850 poliziotti penitenziari in meno, 700 ne mancano nel Lazio e in Toscana, 650 in Sicilia e 350 in Campania: con la spending review che blocca l’80% delle assunzioni, già da quest’anno e per i prossimi tre anni, ci aspettiamo persino carceri autogestiti dagli stessi detenuti”

Da Repubblica 25/08/2012


Il carcere di Monza scoppia, sciopero della fame per 350 detenuti

Sciopero della fame nel carcere di Monza. Da mercoledì mattina circa 350 detenuti della casa circondariale di via Sanquirico (circa la metà del totale) hanno deciso di rifiutare il cibo aderendo all’iniziativa lanciata a livello nazionale da Marco Pannella sullo stato della giustizia civile e penale.

sciopero-della-fame2Il motivo dello sciopero sono le condizioni della struttura e il sovraffollamento delle celle, problemi che si trascinano da anni senza una soluzione. A peggiorare la situazione, in queste ultime settimane, ha contribuito il forte caldo che ha trasformato le sezioni della casa circondariale in veri e propri forni.

Da MBnews 19/07/2012


Milano: il carcere di San Vittore scoppia, 1.600 detenuti per 780 posti

Il carcere di San Vittore a Milano scoppia: troppi detenuti, 1.600, in spazi che potrebbero contenerne 780 (questa la capienza massima prevista sulla carta per l’istituto di pena). Anche nella casa circondariale della metropoli lombarda è dunque emergenza sovraffollamento, problema comune a molte strutture italiane, con tutti i rischi igienico-sanitari che le celle strapiene comportano. A segnalare le criticità Lamberto Bertolè e Mirko Mazzali, rispettivamente presidente e vice presidente della sottocommissione Carceri del Comune di Milano.

san vittoreAl termine di una visita a San Vittore, i due consiglieri fanno il punto: “Segnaliamo le condizioni molto critiche del sesto raggio di cui abbiamo visitato il primo e il secondo piano. Altri reparti come il terzo raggio, dove i numeri lo consentono, versano in condizioni decisamente più consone”.

Tutto questo, continuano, “rafforza la convinzione che sia urgente e necessario provvedere alla ristrutturazione dei raggi chiusi, a cominciare dal quarto, scelta che potrebbe alleggerire le condizioni complessive del carcere. Tramontata l’ipotesi del trasferimento e riaffermata l’importanza che il carcere rimanga nella città, ci sembra una questione non più rinviabile”.

Bertolè e Mazzali concentrano l’attenzione anche sulla caserma degli agenti penitenziari che “versa in condizioni pessime, a cominciare dal degrado complessivo e, in particolare, delle docce e dei servizi igienici, insufficienti anche per numero”.

Tra le priorità, continuano, “segnaliamo anche l’importanza di garantire il kit d’ingresso a tutti i detenuti e l’insufficienza del numero degli agenti penitenziari che, in alcuni momenti della giornata, non possono garantire condizioni di sicurezza e la gestione delle emergenze”.

I due consiglieri riservano invece parole positive invece al reparto di cura La Nave per detenuti con problemi di tossicodipendenza, gestito dalla Asl di Milano in collaborazione con l’amministrazione penitenziaria: “Riesce a garantire progettualità, proposte stimolanti e momenti di socializzazione, consentendo ai detenuti di non trascorrere in cella 21 ore su 24. Si tratta di un progetto innovativo che andrebbe esportato anche in altre realtà”, spiegano. Il report si conclude con un ringraziamento alla direzione del carcere “per il lavoro svolto. Insieme agli operatori e ai volontari ci sembra che, in una situazione molto difficile, i loro sforzi contribuiscano a rendere le condizioni dei detenuti meno lontane dai dettami costituzionali”.

 

Cappato (Radicali): carcere San Vittore è in situazione illegale

 

Dichiarazione di Marco Cappato, Presidente del Gruppo Radicale Federalista Europeo: “Stamane con una delegazione del Consiglio comunale abbiamo visitato il carcere di San Vittore a Milano. La condizione di assoluta illegalità nella quale sono costretti sia i detenuti che gli agenti è confermata e aggrevata: la capienza è di 500 detenuti, la capienza “tollerata” è di 785, ma i detenuti sono 1.600. Sono ormai passati quasi 7 mesi da quando, il 22 Dicembre 2011, il Consiglio comunale – su iniziativa del Radicale Lucio Bertè- aveva approvato una mozione che impegna il Sindaco Pisapia “a deliberare la formazione di una Commissione tecnica ad hoc con competenze medico sanitarie, di igiene edilizia e sicurezza degli impianti, per rilevare le condizioni di vita nelle carceri milanesi”.

L’Assessore Majorino si era poi impegnato a formare la Commissione, ma tale impegno è finora rimasto lettera morta. Chiedo al Sindaco e all’Assessore di attivarsi affinché finalmente la Commissione tecnica sia costituita e operativa, al fine di tenere sotto stretto monitoraggio la violazione dei diritti umani fondamentali di detenuti e agenti.

Per quanto riguarda l’iniziativa dei “Quattro Giorni di nonviolenza, sciopero della fame e silenzio” per la Giustizia e l’Amnistia, che inizierà domani 18 luglio, ho potuto riscontrare un buon livello di conoscenza e partecipazione da parte dei detenuti, in un clima di attesa e di speranza per un provvedimento di clemenza. Per fare un esempio, tra i 104 detenuti del Centro clinico, sono 64 quelli che hanno inviato ieri una lettera a Radio radicale annunciando l’adesione allo sciopero della fame”.

Adnkronos, 17 luglio 2012


SUL DDL “SVUOTACARCERI”

In Italia, tra i detenuti che stanno scontando una condanna definitiva, il 32,4% ha un residuo pena inferiore ad un anno,addirittura il 64,9% inferiore a tre anni, soglia che rappresenta il limite di pena per l’accesso alle misure alternative della semilibertà dell’affidamento in prova al servizio sociale.

prisonSi tratta di numeri impressionanti che dimostrano inequivocabilmente come nel nostro Paese il sistema delle misure alternative si sia sostanzialmente inceppato; il che continua ad accadere nonostante le statistiche abbiano dimostrato oltre ogni ragionevole dubbio che il detenuto che sconta la pena in misura alternativa ha un tasso di recidiva molto basso (circa il 28%), mentre chi la sconta in carcere torna a delinquere con una percentuale addirittura del 68%.

Il ministro della Giustizia ha presentato un disegno di legge rubricato “Esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori ad un anno”.
L’iniziativa del ministro appare subito coraggiosa e senza precedenti, in quanto per la prima volta viene previsto che la detenzione domiciliare possa essere applicata anche ai recidivi, il tutto attraverso una procedura di concessione praticamente automatica, e quindi sottratta alle valutazioni discrezionali della magistratura di sorveglianza.L’obiettivo dichiarato è quello di compiere un primo importante passo verso il lento e graduale deflazionamento dell’attuale popolazione carceraria.

Appena approdato in Commissione Giustizia della Camera, il disegno di legge è stato sottoposto ad un fuoco incrociato di critiche da parte della Lega,dell’Italia dei Valori e del Partito democratico, i quali si sono subito opposti con forza alla richiesta del Governo di trasferire l’esame del provvedimento alla sede legislativa.

In pratica, l’impostazione originaria del disegno di legge è stata stravolta laddove viene stabilito che la detenzione presso il domicilio non si possa applicare “quando vi è la concreta possibilità che il condannato possa darsi alla fuga ovvero sussistano specifiche e motivate ragioni per ritenere che il condannato possa commettere altri delitti”. La nuova disposizione abroga ogni sorta di automatismo nell’applicazione della detenzione domiciliare e ai fini della concessione del beneficio – richiede la verifica di un requisito soggettivo del condannato di delicata interpretazione: è necessario,infatti, che il magistrato di sorveglianza esprima un giudizio prognostico positivo sulla idoneità della misura alternativa ad evitare il pericolo che il condannato commetta altri reati. Il legislatore però non si è soffermato sui criteri che dovranno regolare questa valutazione dell’organo giudicante, lasciando così alla magistratura di sorveglianza l’arduo compito di provvedere in merito.
Stando così le cose, è facile prevedere che la prognosi circa l’idoneità della detenzione domiciliare ad evitare il pericolo di consumazione di altri reati verrà basata, nel caso di concessione della misura prima dell’inizio della esecuzione della pena,sul comportamento tenuto dal condannato successivamente e antecedentemente al reato, con la conseguenza che se il soggetto è persona recidiva, con significativi precedenti penali e carichi pendenti sulle spalle, difficilmente potrà usufruire di questo beneficio.
E quindi, pur essendo vero che in teoria questa nuova forma di detenzione domiciliare potrà essere concessa anche ai recidivi, di fatto, il numero dei condannati con precedenti penali che riuscirà a scontare la pena nel proprio domicilio senza transitare per il carcere sarà davvero modesto.
Se invece il condannato si trova già in carcere, il pericolo di ricaduta nel reato da parte del detenuto andrà valutato sulla base della relazione di sintesi delle attività di osservazione scientifica della personalità. Il problema è che questo tipo di relazione non viene quasi mai prodotta secondo i tempi prescritti dalla normativa, e questo a causa della forte carenza degli educatori penitenziari.

In conclusione, le nuove disposizioni sulla detenzione domiciliare lasceranno la situazione carceraria sostanzialmente invariata, il che renderà sempre più drammatica la condizione dei quasi 68mila detenuti ristretti all’interno dei 205 istituti di pena italiani. Di tutto questo la Lega, l’Italia dei valori e il Partito democratico saranno presto chiamati ad assumersi le proprie responsabilità di fronte all’intera comunità penitenziaria.