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ATHENS, SEPTEMBER 25 – The European Court of Human Rights has ordered Greece to pay sums ranging from 5,000 euros to 15,000 euros in damages to each of the 14 inmates of Nafplio Prison who appealed against what they described as degrading treatment at the penitentiary institution. The ruling which was made public on Thursday was a response to a joint appeal by Greek, Romanian, Hungarian, Turkish and American inmates, as daily Kathimerini online reported. Greece was condemned for violation of the Article 3 of the Convention of Human Rights, which prohibits inhuman or degrading treatment.
The prisoners had complained about the detention conditions at the institution, which they described as inhumane, and extreme overcrowding, a problem that plagues most Greek prisons.
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Questa mattina, nelcarcere modenese Sant’Anna di Modena – affermano Giovanni Battista Durante, segretario generale aggìunto del Sappe e Francesco Campobasso, segretario regionale – sono stati trovatialtri 5 topi, alcuni morti ed altri vivi, all’interno del locale denominato ‘Buca Pranzi’, dove, cioè, transita la roba, compreso generi alimentari che i famigliari portano ai detenuti durante i colloqui. Si tratta di un altro episodio gravissimo dal punto di vista igienico sanitario che richiede interventi immediati e risolutivi, ammesso che gli attuali vertici della struttura siano in condizione di assicurare tali interventi, altrimenti chiediamo il commissariamento del carcere modenese. Altro che benessere del personale, come teorizza l’amministrazione, in due giorni sono stati trovati ben sette topi nel carcere di Modena e chissà cosa succederà nei prossimi. E i primi responsabili del benessere del personale sono i vertici della struttura“.
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Commenti disabilitati su CARCERE, TROVATI ALTRI CINQUE TOPI MORTI: “gli animali scoperti nella ’Buca Pranzi’, dove transitano anche i generi alimentari“

Inmates incarcerated at a closed E-type prison in the northwestern province of İzmit started a prison riot on Thursday night, climbing the roof of the prison and setting their bed sheets on fire.
Riot police and firefighters were dispatched to the prison after the riot broke out. The prisoners initially prevented firefighters from putting out a fire for some time, but it was eventually contained. Some inmates unfurled Turkish flags on the roof of the prison. Prison authorities held talks with representatives of the prisoners to end the riot.
Speaking to the press in front of the prison, Kocaeli Chief Public Prosecutor Mustafa Küçük said the prison was taken back under control around midnight. He said the prisoners had some demands and prison authorities listened to them.
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LUCCA, 23 ottobre – Era stato arrestato dalla Polizia a Viareggio, dopo un inseguimento nel mercato cittadino,aveva 25 anni il ragazzo, di etnia sinti che si è impiccato ieri in una cella del Carcere di Lucca. Conosciuto alle forze dell’ordine per i numerosi precedenti fra cui rapina e sequestro di persona, era ricercato perchè doveva scontare in carcere una pena residua di tre anni e tre mesi per ordine del Tribunale di Bolzano. I giudici avevano commutato la condanna in affidamento in prova, ma ilo ragazzo era fuggito facendo perdere le tracce. Indentificato e recluso nel Carcere di Lucca il giovane evidentemente non ha retto alla prospettiva della detenzione e ha compiuto il gesto estremo a una finestra del bagno della sua cella.
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PORT-AU-PRINCE, 11 AGO – Un centinaio di detenuti sono evasi da una prigione di massima sicurezza di Haiti, a una decina di chilometri di Port-au-Prince, a seguito di una rivolta scoppiata all’interno del penitenziario. Lo ha annunciato un portavoce della polizia haitiana. Un parlamentare che si trovava sul posto ha precisato che si è trattato di una evasione spettacolare. Tra gli evasi, anche un influente uomo d’affari, Clifford Brandt, accusato di rapimento. Su di lui pende una taglia da 40 mila dollari.
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Un proiettile d’artiglieria ha colpito domenica notte un carcere a Donetsk, la città dell’Ucraina orientale assediata dalle truppe di Kiev, facendo scoppiare una rivolta che ha portato alla fuga di 106 detenuti. L’esplosione ha ucciso una persona e ne ha ferite altre tre. Lo fa sapere su internet il Comune.Il bombardamento ha inoltre danneggiato il quartier generale, la stazione elettrica e la zona industriale della casa circondariale. Alcuni dei detenuti fuggiti domenica notte sono tornati in carcere stamattina.
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La Regione assicura piena collaborazione con le istituzioni nazionali e locali impegnate a gestire le nuove politiche sull’accoglienza dei profughi, alla luce del Piano appr
ovato recentemente dalla Conferenza Stato-Regioni. È quanto hanno affermato i rappresentanti degli assessorati del lavoro e delle politiche sociali nel corso del Tavolo di coordinamento regionale su accoglienza e immigrazione riunitosi oggi in Prefettura a Cagliari. La riunione è servita a verificare il Piano di ripartizione dei migranti per ogni provincia (le quattro storiche: Cagliari, Sassari, Nuoro e Oristano) e a fare il punto sulle strutture di prima accoglienza. Attualmente, i profughi ospitati nell’isola sono 419. In base alla nuova ripartizione dovranno essere 944. Le quote maggiori spettano a Cagliari (450) e Sassari (279); quindi Nuoro (124) e Oristano ( 91).
“Nel corso della riunione – si legge in una nota inviata dalla Regione – è stata confermata la chiusura del centro di prima accoglienza di Elmas ed è emersa l’urgenza di individuare nuove strutture. Il carcere minorile di Quartucciu e la Scuola di Polizia penitenziaria di Monastir potrebbero avere i requisiti per ospitare i migranti, ma la Regione, d’intesa con la Prefettura, non esclude altre soluzioni”. I rappresentanti della Regione, infine, hanno fatto appello alla Prefettura perché intervenga sul Governo circa le risorse da destinare ai centri di seconda accoglienza in Sardegna.
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Napoli 26 luglio
Tre detenuti del carcere di Ariano Irpino hanno attuato ieri una violenta protesta dopo che un loro compagno aveva finto un malessere per farsi trasferire in infermeria e gli agenti penitenziari avevano opposto un rifiuto.
Uno dei tre, Daniele Di Napoli, 30 anni, di Taranto, che il 12 dicembre 2012 evase dal carcere di Avellino, si è barricato in un locale. Un altro si è ferito con alcune lamette da barba.
Quattro agenti penitenziari hanno dovuto farsi medicare in ospedale.
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Giovanni Pucci, 44 anni, era in semilibertà, recentemente si era anche sposato. Poche ore prima della morte era stato sentito per una indagine sullo spaccio in carcere
PADOVA – Un detenuto della casa di reclusione di Padova è stato trovato morto questa mattina. L’uomo, un leccese condannato a più di 20 anni per omicidio e sequestro di persona, si sarebbe impiccato nella sua cella durante la notte. Il nome del de
tenuto era recentemente comparso all’interno di un’inchiesta della squadra mobile di Padova su un traffico di stupefacenti tra le mura del carcere Due Palazzi. Secondo quanto si è appreso dal sindacato di polizia penitenziaria Sappe l’uomo avendo già scontato diversi anni di carcere e godeva ora di un regime di semilibertà. Recentemente si era anche sposato.
Il detenuto Giovanni Pucci, 44 anni, era stato sentito dagli investigatori poche ore prima del presunto suicidio nell’ambito dell’inchiesta su un traffico di droga tra le mura del carcere. Forse il gesto potrebbe essere la risposta alla paura di un aggravamento di pena. Pucci sarebbe dovuto rimanere in carcere fino al 2021. «Quello di Padova è un carcere dove c’è un’emergenza nazionale – ha spiegato il responsabile del Sappe Giovanni Vona – dove evidentemente non si comprende bene cosa significa sotto l’aspetto umano vivere in una struttura affollata dal triplo delle persone che ci dovrebbero essere».
Pucci, elettricista di Castrignano de’ Greci, stava scontando una condanna a 30 anni di reclusione per l’omicidio della dottoressa Maria Monteduro, 40 anni, uccisa a colpi di cacciavite la notte tra il 24 e il 25 aprile 1999 mentre era in servizio di guardia medica a Gagliano del Capo (Lecce), comune in cui era anche assessore ai Servizi sociali. Al momento del delitto, secondo investigatori e giudici, Pucci era sotto l’effetto di un cocktail di stupefacenti. Per quell’omicidio, il 30 settembre 2003, Pucci era stato condannato all’ergastolo nei tre gradi di giudizio, pena poi rideterminata definitivamente in 30 anni dalla Cassazione il 10 gennaio scorso su ricorso dei difensori (gli avvocati Luca Puce e Giuseppe Stefanelli, del foro di Lecce).
La rideterminazione della pena aveva aperto per lui una serie di benefici, tant’è che aveva ottenuto di lavorare fuori dal carcere come elettricista e aveva un contratto a tempo indeterminato. Pucci usciva al mattino dal carcere e rientrava la sera per dormirvi; l’anno scorso si era anche sposato. Una decina di giorni fa, però, il magistrato di sorveglianza gli aveva sospeso il permesso di lavoro esterno dopo che Pucci era stato sentito dalla Procura nell’ambito di un’inchiesta su un presunto giro di droga nel carcere di Padova. Circostanze, queste, che anche secondo i suoi legali potrebbero aver inciso sull’improvvisa decisione del detenuto di farla finita.
Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, 15 anni fa Pucci uccise la dottoressa a colpi di cacciavite alla testa dopo averla costretta a salire a bordo della sua Renault 19 e aver imboccato un viottolo di campagna. Per gli inquirenti ci sarebbe stato anche un tentativo di violenza sessuale. Pucci scomparve subito dopo il delitto ma venne rintracciato e arrestato il 24 settembre 1999 in Kazakistan, dov’era andato a trovare il padre. L’uomo confessò l’omicidio, anche se fornendo una versione dei fatti ritenuta piena di contraddizioni. Nell’inchiesta finirono anche un paio di presunti favoreggiatori, ma alla fine Pucci è stato l’unico a finire sotto processo e ad essere condannato. Il 2 ottobre successivo, a poca distanza dal luogo del ritrovamento del cadavere, fu trovata nel terreno l’arma del delitto, un cacciavite lungo una ventina di centimetri.
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Accusati di omicidio preterintenzionale e altri reati in relazione alla morte di Giuseppe Uva avvenuta il 14 giugno 2008. La sorella in lacrime, ce l’abbiamo fatta
varese 21 luglio 2014
A sei anni dalla morte di Giuseppe Uva carabinieri e poliziotti dovranno affrontare un processo in Corte d’Assise. Il gup varesino Stefano Sala oggi
ha rinviato a giudizio sei agenti e un militare imputati per omicidio preterintenzionale, abbandono di incapace, arresto illegale e abuso di autorità nei confronti dell’uomo, morto il 14 giugno del 2008 all’ospedale di Circolo di Varese dopo essere stato fermato ubriaco per strada e portato in caserma. Un altro militare accusato degli stessi reati, che aveva scelto la strada del giudizio immediato, verrà processato insieme agli altri imputati. La decisione del giudice, che ha respinto la richiesta di proscioglimento da tutte le accuse contestate avanzata dal procuratore facente funzione Felice Isnardi e dai difensori degli imputati, è stata accolta con lacrime e festeggiamenti dai familiari di Uva, parti civili nel procedimento.
La sorella di Uva, Lucia, e i suoi legali, gli avvocati Fabio Anselmo, Fabio Ambrosetti e Alessandra Pisa, al termine dell’udienza preliminare hanno stappato una bottiglia di spumante per un brindisi in piazza Cacciatori delle Alpi, davanti al Palazzo di giustizia della città. “Dopo tanti anni ce l’abbiamo fatta – ha commentato Lucia Uva -. Dedico questo processo al pm di Varese Agostino Abate che non ha mai voluto cercare la verità – ha proseguito -, perché mio fratello non ha mai fatto atti di autolesionismo ma è stato picchiato in caserma”. I carabinieri, la notte del 14 giugno 2008, fermarono l’artigiano Giuseppe Uva, 43 anni, e l’amico Alberto Biggiogero mentre, ubriachi, spostavano delle transenne per regolare il traffico. Sette ore dopo l’uomo morì in ospedale, dove era stato ricoverato con trattamento sanitario obbligatorio, a causa di “insufficienza respiratoria con conseguente edema polmonare” provocata da una serie di cause scatenanti. Secondo i familiari Uva avrebbe subito violenze in caserma da parte dei carabinieri e dei poliziotti che intervennero a supporto dei militari. La Procura di Varese, invece, non aveva riscontrato irregolarità nel comportamento delle forze dell’ordine. Tre medici dell’ospedale di Circolo di Varese erano stati processati e poi assolti dall’accusa di aver somministrato a Uva una dose sbagliata di farmaci. Ora dovranno affrontare il processo davanti alla Corte d’Assise di Varese, che inizierà il 20 ottobre, i carabinieri e i poliziotti, tutti ancora in servizio, che condussero l’intervento: Paolo Righetto, Stefano Dal Bosco, Giocchino Rubino, Luigi Empirio, Pierfrancesco Colucci, Francesco Barone Focarelli, Bruno Belisario e Vito Capuano.
Disponendo il rinvio a giudizio il giudice Sala ha quindi accolto la tesi di una loro responsabilità nella morte di Giuseppe Uva, già sostenuta dal gip di Varese Giuseppe Battarino che lo scorso 11 marzo aveva respinto la richiesta di archiviazione avanzata dal pm Agostino Abate sottolineando, nell’ordinanza con cui aveva disposto l’imputazione coatta, che Uva “è stato percosso da uno o più dei presenti in quella stanza, da ritenersi tutti concorrenti materiali e morali” nella morte “causalmente connessa in particolare con la prolungata costrizione fisica associata a singoli atti aggressivi e contenitivi”.
Secondo l’avvocato Luca Marsico, uno dei difensori degli imputati, “il rinvio a giudizio non equivale a una condanna, e ora si aprirà un processo che verrà affrontato a testa alta”. Mentre l’avvocato Fabio Anselmo, legale anche delle famiglie di Stefano Cucchi e Federico Aldrovandi, esulta per una “prima vittoria” delle parti civili. “E’ uno scandalo che si arrivi solo oggi a un rinvio a giudizio – ha aggiunto – perché si rischia la prescrizione per gran parte delle accuse contestate”. Per il senatore del Pd Luigi Manconi, “questo risultato è dovuto alla tenacia di Lucia e dei familiari di Giuseppe Uva, al lavoro dei legali e a quanti per anni hanno voluto credere che anche a Varese ‘c’è un giudice'”.
http://www.ansa.it/lombardia/notizie/2014/07/21/uvaprocesso-8-agenti-ps-e-1-carabiniere_6b3515a4-12e0-4ba4-b8da-aaae1f4bb6d0.html
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Decreto carceri in Aula il 22 luglio: misure compensative, nuovi emendamenti e dichiarazioni Onu per misure di indulto e clemenza
Non solo riduzione della condanna e risarcimenti in denaro nel decreto svuota carceri che arriva in aula per il voto martedì 22 luglio. La Commissione Giustizia ha infatti approvato anche due correttivi al decreto carceri (92/2014), uno che esclude la custodia cautelare in carcere quando si prevede una pena da eseguire non superiore a tre anni e, in merito, il sottosegretario alla Giustizia Cosimo Ferri ha precisato “Non sarà applicabile e quindi si potrà ricorrere alla custodia in carcere, in presenza di reati particolarmente gravi come mafia, stalking aggravato, maltrattamenti in famiglia aggravati, furto in abitazione, estorsione, ecc.”
E spiega: “Si potrà inoltre disporre la custodia in carcere, anche quando si prevede una pena inferiore ai tre anni, nei casi in cui l’imputato/indagato non dispone di un domicilio (cioè quando sia senza fissa dimora) dove poterlo mandare agli arresti domiciliari”. La seconda norma alza da 21 a 25 anni l’età di coloro che possono essere trattenuti negli Istituti penali per minorenni, lasciando “al magistrato di sorveglianza uno spazio di discrezionalità che gli permetterà di decidere dove collocare il giovane adulto (cioè la persona di età compresa tra i 21 e i 25 anni), se in carcere o in un Ipm, basando la propria decisione su finalità rieducative o di sicurezza”.
Nonostante il ministro Orlando abbia fatto sapere che “dall’inizio dell’anno, per effetto dei vari interventi normativi, i detenuti presenti nelle carceri al 15 luglio 2014 sono 55.805, con un decremento di ben 10.212 detenuti”, a farsi sentire è stata ancora una volta l’Onu.
“Quando gli standard minimi non possono essere garantiti in altro modo, il rimedio è la scarcerazione” ha detto Mads Andenas, uno degli esperti dell’Alto commissariato Onu per i diritti umani che ha bocciato le condizioni di vita nelle carceri italiane definendole disumane. Stesso giudizio sui Cie, i centri di detenzione temporanei per i clandestini e i rifugiati politici, e ha invitato il governo al ricorso alle misure di clemenza di amnistia e indulto per risolvere definitivamente la situazione.
http://www.businessonline.it/news/24045/decreto-svuota-carceri-le-novita-della-settimana.html
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Pavia 21 luglio 2014
I familiari del “sinti” di Gambolò Jhonny Bianchi: <Era a rischio, dovevano controllarlo meglio>

PAVIA. «Jhonny era a rischio suicidio, in carcere dovevano controllarlo meglio». Sono parole dei parenti di Jhonny Bianchi il «sinti» di Gambolò che l’altro giorno si è impiccato nella sua cella del carcere di Torre del Gallo. Era accusato, insieme al fratello Mike, di aver ucciso, il 16 aprile scorso, Driss Sabri, un marocchino di 30 anni che abitava a Vigevano. Una delitto che era avvenuto a Gambolò.
«Aveva già cercato di uccidersi – spiega un fratello – alcuni mese prima del delitto. Era morto nostro padre e lui, forse per la disperazione, si era sparato un colpo di pistola in testa. Per fortuna il proiettile non aveva leso parti vitali e si era salvato miracolosamente Aveva ripreso una vita normale anche se aveva continui attacchi epilettici. Una volta in carcere perchè accusato di omicidio c’era la possibilità che ci potesse riprovare magari per la disperazione. Ed è stato così. Noi dovremo valutare il comportamento del personale del carcere di Pavia. Mio fratello è rimasto solo in cella, senza che nessuno lo guardasse. In più c’era anche la possibilità che la comunità marocchina di Torre del Gallo si potesse vendicare considerando l’accusa di omicidio nei confronti di un cittadino del Marocco. Aspettiamo l’esito dell’autopsia poi vedremo cosa possiamo fare». Un’autopsia che potrebbe chiarire alcuni dubbi del suicidio. Il carcere ha aperto un’inchiesta interna. I funerali sono in programma, forse già mercoledì, a Gambolò. La comunità sinti ha organizzato una colletta per il pagamento dei funerali. Il giovane, aveva 27 anni, si era ucciso venerdì mattina a Torre del Gallo. Il compagno di cella era in cortile per le prime due ore d’aria (dalle 9.30 alle 11.30) e così il sinti di Gambolò era rimasto solo e si era impiccato. Il personale lo aveva trovato ancora vita e il giovane era stato trasportato in infermeria. Poi il decesso. «Nel carcere di Torre del Gallo – spiegano alla comunità sinti – stanno morendo troppi nostri giovani. Per suicidio o per malattia. I responsabili dovrebbero stare più attenti».
http://laprovinciapavese.gelocal.it/cronaca/2014/07/21/news/suicidio-in-carcere-a-pavia-la-denuncia-dei-parenti-1.9629030
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Venerdì 11 luglio un’ennesima operazione repressiva si abbatte sul
movimento No Tav. Tre compagni di Milano, Lucio, Graziano e Francesco
vengono prelevati all’alba e portati in carcere . L’accusa per tutti è di aver partecipato all’azione dello scorso 13 maggio (lo stesso fatto per cui si trovano da mesi in carcere Mattia, Chiara, Claudio e Nico) e devono rispondere di danneggiamento, incendio, violenza a pubblico
ufficiale, detenzione e fabbricazione di ordigni.
Vediamo manifestarsi una prosecuzione del tentativo già fatto con
gli arresti precedenti di spezzare e dividere un movimento che finora ha
sempre reagito in maniera unita a questo tipo di iniziative.
Dopo gli arresti eclatanti del 26 gennaio 2012 in cui finirono coinvolti
anche cittadini e esponenti locali della Valle, gli ultimi arresti e
misure cautelari si sono concentrati su militanti esterni, per provare a far passare
la tesi che in Val Susa esistono due movimenti. Da una parte uno pacifico e colorato,
di marce popolari e polentate, dall’altra uno violento e pericoloso, tendenzialmente eteroctono, che si renderebbe protagonista di azioni che il movimento disconosce.
Questa tesi a oggi non passa grazie alla costante compattezza del movimento, in tutte le sue componenti, come dimostrato dall’oceanico corteo di Torino del 10 maggio 2014, quando decine di migliaia di solidali sono scesi in piazza per chiedere la scarcerazione dei compagni arrestati.
Il ricorso ad arresti mirati con evidenti sproporzioni d’accusa rispetto al fatto contestato (il danneggiamento di un generatore) non è il solo metodo che la magistratura attua cercando di isolare compagn* impegnati nella lotta contro il TAV. Gli arrestati vengono sottoposti a regimi di
carcerazione speciale che prevedono isolamento, restrizioni dei colloqui e delle comunicazioni con l’esterno fino ad arrivare al processo in videoconferenza, tutti trattamenti una volta riservati ai
sottoposti al 41 bis, il cosiddetto carcere duro che nell’idea di molte persone, è una cosa riservata ai mafiosi.
Al minimo accenno di radicalità, di rifiuto delle deleghe e di alterità all’esistente un movimento viene represso o perlomeno ostacolato tramite arresti mirati e misure cautelari che puntano a escludere e isolare dalle lotte elementi attivi e determinati, oltre che a
spaventare e a dissuadere tutte le altre persone che ne fanno parte.
E questo riguarda sia la lotta ormai ventennale della Valle, ma anche chi
occupa una casa e chi resiste agli sgomberi, chi difende il proprio territorio dalla voracità del capitale e chi difende il proprio posto di lavoro dalla rapacità di padroni sempre più arroganti, chi resiste alla devastazione dei territori e delle vite, chi sostiene la pratica dell’azione diretta e del sabotaggio.
Complici e solidali, come sempre.
Lucio, Francesco, Graziano liberi!!
Liberi tutti!!
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15 luglio 2014
Sono ore di tensione quelle che si stanno vivendo al carcere fiorentino di Sollicciano, dove un detenuto italiano R.A. di 47 anni si è barricato all’interno della sala colloqui del carcere assieme alla moglie e ai figli. Lo denuncia il Sappe, il sindacato autonomo di polizia penitenziaria. L’uomo, in carcere per traffico di droga, armi, violenza, lesioni e con fine pena nel 2025, è barricato nella sala colloqui n.4 del penitenziario con la moglie e i tre figli minori. Il detenuto avrebbe dato in escandescenze ed ha colpito un ispettore di polizia penitenziaria, rinchiudendosi poi nella sala colloqui e tenendo con sé la moglie e i figli minori che erano arrivati per il colloquio. La polizia penitenziaria sta adesso tentando di convincerlo a desistere, usando cautela anche per la presenza dei ragazzi. Nei giorni scorsi, il detenuto era stato trovato con un telefono cellulare e per questo messo in isolamento in attesa di un trasferimento in altra sede.
19:40 dopo circa due ore di trattativa l’uomo ha interrotto la protesta ed è stato riaccompagnato in cella.
http://www.ilsitodifirenze.it/content/958-carcere-di-sollicciano-detenuto-barricato-con-moglie-e-figli-mediazione-corso-da-parte-d
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Parma 14 luglio 2014
La garante regionale dei detenuti Desi Bruno e il garante di Parma Roberto Cavalieri hanno visitato il carcere di via Burla, per verificare le condizioni di vita dei coscritti di Parma, ampiamente in sovrannumero rispetto alla capienza regolamentare. Nel penitenziario di Parma stanno attualmente 539 detenuti, quando la struttura è stata costruita per 385 posti. La capienza tollerata è di 652 persone. Dei detenuti presenti, 407 sono stati condannati in via definitiva, mentre 132 sono ancora imputati in processi: 80 gli ergastolani, 58 in regime di 41bis, 295 i detenuti comuni. Gli ammessi a lavori all’esterno e in regime di semilibertà sono appena 28. Molti gli stranieri, ben 228. Particare attenzione i garanti hanno riservato ai 23 ricoverati al Centro diagnostico e terapeutico, compresi sette nella sezione per tetraparaplegici.
La situazione sanitaria del Centro diagnostico e terapeutico(Cdt) è critica. Il centro è gestito dall’Ausl e si trova all’interno del carcere. Qui sono i detenuti sottoposti a trattamenti medici per patologie in fase acuta o cronica, con circa 20 posti. A Parma continuano ad arrivare sempre più detenuti malati da altri istituti di pena, con intere sezioni ordinarie che sono occupate da detenuti malati, nell’attesa di essere ricoverati. Secondo i garanti, il numero dei detenuti con gravi patologie è troppo alto per la capacità della struttura di Parma: “La promiscuità fra persone sane e malate provoca un peggioramento complessivo delle condizioni di vita. Tale criticità è stata da tempo segnalata dalla garante alle autorità competenti, in particolare al ministro della Giustizia, chiedendo che cessino le assegnazioni di persone malate al Cdt di Parma, nell’impossibilità di un’effettiva presa in carico”.
Nella sezione che ospita il Centro non è in vigore il regime “a celle aperte”, in ragione della compresenza di detenuti appartenenti al circuito dell’alta sicurezza e detenuti comuni (in tutto 23). I garanti segnalano la persistente mancanza di un medico specialista in urologia, con i detenuti che all’occorrenza vengono portati all’esterno, con il necessario accompagnamento della scorta, per effettuare questa tipologia di consulti e altre visite specialistiche. È nota la frequente difficoltà a garantire gli accompagnamenti, con il conseguente slittamento della visite specialistiche (diverse settimane e anche mesi) con grave disagio per i detenuti.
È in sensibile aumento, su base semestrale, anche il numero dei detenuti del circuito differenziato dell’alta sicurezza, con la corrispondente diminuzione dei detenuti comuni, in linea con quanto previsto dal progetto dipartimentale di realizzazione dei circuiti regionali, che prevede che la struttura si caratterizzi per la presenza di questa tipologia di detenuti. È invece stabile il numero degli ergastolani, per i quali sarebbe opportuno pensare a spazi dedicati ed esclusivi, laddove possibile. In tal senso l’auspicio è che alcuni spazi del padiglione in corso di costruzione possano essere riservati proprio a questa particolare tipologia di detenuti. Nelle sezioni dove sono collocati detenuti “comuni”, con un grado di pericolosità di lieve significatività, è in vigore il regime “a celle aperte” per alcune ore al giorno.
La visita ha interessato anche la cosiddetta “Sezione Iride”, destinata ai detenuti in isolamento disciplinare, sanitario e giudiziario. Ai detenuti in isolamento disciplinare viene applicato un regime di estremo rigore, roba da film: per tutta la durata della sanzione permangono in celle senza suppellettili (né scrittoio, né tv, né sedia – una sedia gli viene fornita solo durante la consumazione dei pasti), senza la porta a separare la camera di pernottamento dal bagno con la turca. La garante regionale e il garante di Parma chiederanno all’amministrazione penitenziaria di modificare in maniera sostanziale le condizioni dell’isolamento, senza far venir meno profili di sicurezza, al fine di tutelare l’equilibrio psico-fisico delle persone. Nei colloqui con i detenuti, le principali segnalazioni riguardano la materia sanitaria e la territorialità della pena, con la richiesta di favorire il trasferimento in istituti penitenziari più vicini al luogo di residenza della famiglia.
http://www.parmaquotidiano.info/2014/07/14/garante-troppi-ammalati-nel-carcere-di-parma/
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Carcere di Pontedecimo, detenuto tenta 2 volte di impiccarsi. Uilpa: “In Liguria già 12 salvataggi in extremis”
Genova 11 luglio 2014
Pontedecimo. “Ancora una volta il tempestivo ed efficace intervento della Polizia Penitenziaria ha impedito che la già lunga scia di morti per suicidio in cella potesse a
llungarsi. Nella giornata di ieri, infatti, a Genova Pontedecimo un detenuto italiano è stato per ben due volte salvato in extremis dal soffocamento per impiccagione”.
Lo comunica Fabio Pagani, Segretario Regionale della Uilpa Penitenziari, che fornisce alcuni dettagli su quanto accaduto. “Un detenuto italiano, ha tentato di impiccarsi per ben due volte con una corda ricavata dai propri indumenti, legandola alle sbarre della finestra della cella. L’uomo è stato salvato dagli agenti mentre erano già evidenti i primi segni del soffocamento. A Pontedecimo sono presenti 151 detenuti (79 donne e 72 uomini) – Dal 1° gennaio ad oggi la Polizia Penitenziaria ha già salvato 12 detenuti da morte per suicidio, in Liguria.
Tentato suicidio al carcere dell’Arginone
Ferrara 10 luglio 2014
Martedì scorso due detenuti, uno di origine italiana, ristretto nel carcere di Ferrara, l’altro straniero, nel carcere di Modena – secondo quanto riportano Donato Capece, segretario generale del Sappe e Giovanni Battista Durante, segretario generale aggiunto – hanno tentato il suicidio e sono stati tratti in salvo dal pronto intervento della polizia penitenziaria.
[…]
Proprio ieri una delegazione del Sappe ha visitato il carcere di Ferrara, dove ha potuto constatare una situazione comunque gestibile, dovuta anche al calo dei detenuti. I detenuti stanno calando a livello nazionale grazie ai provvedimenti legislativi di questi ultimi anni, come la detenzione domiciliare e l’applicazione del braccialetto elettronico e diminuiranno ancora a seguito della reintroduzione della distinzione tra droghe pesanti e droghe leggere. Anche in Emilia Romagna la situazione è decisamente migliorata. Infatti, la popolazione detenuta e’ diminuita di circa 1000 unità, passando dai circa 4400 detenuti di qualche anno addietro ai circa 3400 di questi giorni.
“Tutto questo, però – continuano Capece e Durante – non elimina il problema dei tanti eventi critici che quotidianamente si verificano nelle carceri italiane e che solo grazie alla presenza della polizia penitenziaria, spesso, non arrivano a conseguenze drammatiche”.
Catania: detenuto tenta il suicidio in cella
Catania 9 luglio 2014
Un detenuto di 31 anni stamattina ha tentato di togliersi la vita impiccandosi con un lenzuolo nel carcere di Bicocca a Catania. E’ stato salvato dalla polizia penitenziaria e portato in ospedale. L’uomo aveva approfittato della momentanea assenza del suo compagno di cella.
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Ancora tensione nella Casa Circondariale di Biella.
Lunedì scorso nel carcere di via dei Tigli un altro agente della polizia penitenziaria è stato aggredito da un detenuto. E’ il secondo episodio in pochi giorni.
L’episodio è avvenuto nella mattinata di ieri. L’uomo, che si trovava nella sua cella al terzo piano, nel reparto comuni, ha spaccato, senza nessun apparente motivo, un lavandino. E’ quindi stato accompagnato da un agente fuori dalla cella per essere trasferito in un’altra. Il detenuto, a questo punto, fuori di sè dalla rabbia, ha resistito aggredendo l’agente. Si tratta di un carcerato comunitario, un detenuto comune e non uno di quelli destinati all’alta sorveglianza.
Il poliziotto ha dovuto fare ricorso alle cure mediche presso l’ospedale “Degli Infermi” di Biella, dove gli è stato praticato un bendaggio alla mano ed è stato poi dimesso con sette giorni di prognosi salvo complicazioni.
Il carcerato, invece, che nell’aggressione non ha riportato alcuna conseguenza fisica, è stato denunciato per resistenza a pubblico ufficiale e danneggiamento aggravato.
Nè l’agente, nè il detenuto sono le stesse persone coinvolte nell’altro caso di aggressione avvenuto la settimana passata. Anche in quel caso un agente era stato aggredito da un detenuto comune ed era dovuto ricorrere alle cure mediche presso l’ospedale. Su entrambi gli episodi dal carcere non sono ancora giunte comunicazioni ufficiali.
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GIOVEDÌ 10 LUGLIO 2014
ore 19.31
Serata benefit NO MUOS e presentazione del campeggio 2014.
Il campeggio si terrà dal 6 al 12 di Agosto a Niscemi.
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Canada, evasione in elicottero: caccia a tre detenuti pericolosi .Sarebbero comparsi davanti ai giudici tra pochi giorni. L’elicottero è atterrato accanto alla prigione e li ha portati via in pochi minuti sotto gli occhi delle guardie. E’ la seconda volta che accade in un anno. Nel 2013, due detenuti erano evasi issandosi a bordo dell’elicottero su una scala di corda. Il pilota era stato costretto a volare sotto la minaccia delle armi.
Fonte
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Sabato 7 giugno circa 130 prigionieri politici palestinesi saranno in sciopero della fame da 45 giorni, per protestare contro la Detenzione Amministrativa, che è una procedura che permette all’esercito israeliano di trattenere i prigionieri indefinitamente, su informazioni segrete, senza formulare accuse a loro carico, senza fornire prove agli avvocati e senza processo (1) Continue reading
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Scriviamo ai compagni e alle compagne in carcere:
Daniele Altoè C.C. Piazza Don Soria, 37 – 15121 Alessandria
Andrea Ventrella C.C. Via Port’Aurea, 57 – 48121 Ravenna
Paolo Milan C.C. Brissogne, Loc. Les Iles, 14 – 11020 Aosta
Toshiyuki Hosokawa C.C. Brissogne, Loc. Les Iles, 14 – 11020 Aosta
Giuseppe De Salvatore C.C. Via dei Tigli 14 – 13900 Biella
Francesco Di Berardo C.C. Via Roncata 75 – 12100 Cuneo
Nicolò Angelino C.C. via Maria Adelaide Aglietta 35 – 10151 Torino
Marianna Valenti – C.C. via del Rollone 19 – 13100 Vercelli
Fabio Milan – C.C. via del Rollone 19 – 13100 Vercelli
Michele Garau – Strada Quarto inferiore 266 – Loc. Quarto Inferiore – 14030
Nicco, Chiara, Claudio, prigionieri No Tav raggiunti da nuove misure
cautelari, rimangono nelle galere in cui erano precedentemente detenuti:
Claudio Alberto C.C. Via Arginone 327 – 44122 Ferrara
Niccolò Blasi C.C. Via Casale San Michele 50 – 15100 Alessandria
Chiara Zenobi C.C. Via Bartolo Longo 92 – 00156 Roma
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Ancora emergenza all’interno della casa circondariale di contrada Pendente a Ragusa. Dopo i suicidi sventati grazie all’intervento degli agenti di polizia pentinziaria, adesso si profila un’emergenza sanitaria. Giovedì, infatti, sono stati segnalati due casi di scabbia. I detenuti sono stati prontamente isolati e messi in quarantena. Si tratta di due cittadini stranieri che lamentavano prurito e, dopo gli accertamenti sanitari, sono risultati affetti da scabbia.
Si tratta di un’infezione contagiosa della pelle che si verifica tra gli esseri umani. È causata da un parassita molto piccolo e di solito non direttamente visibile che si inocula sotto la pelle del soggetto colpito, provocando un intenso prurito allergico.
Fonte
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Torino, 3 giu. (La Presse) – Sono 39 le misure cautelari eseguite nei confronti di altrettanti anarchici, di cui diciassette arresti (undici in carcere e sei ai domiciliari) e altre dodici misure cautelari tra obblighi, divieti di dimora e obblighi di presentazione alla pg, quelle eseguite oggi a Torino e in molte province italiane dopo la chiusura di una maxi inchiesta della Digos di Torino coordinata dai pm Emanuela Pedrotta e Antonio Rinaudo. Sono 111 gli indagati e 39 gli episodi di reati contestati, commessi dal settembre 2012 al gennaio 2014. Dal danneggiamento alla violenza a pubblico ufficiale, dal sequestro di persona all’invasione di edifici. Continue reading
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Tornata a casa dal carcere dopo che era stata arrestata per scippo ai danni di una 70enne non ce l’aveva fatta a resistere e, dopo aver tentato l’evasione dai domiciliari, ha pensato bene anche di tagliare il braccialetto elettronico che consente alle Forze dell’ordine di rintracciarla. Continue reading
Commenti disabilitati su Verona : agli arresti domiciliari taglia braccialetto elettronico e scappa | tags: taglia il braccialetto elettronico e scappa | posted in Contro carcere, CIE e OPG, Dentro le mura, Fuggiaschi, Italia in cella, Tutti