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Genova. Due giorni fa il Sappe, sindacato di polizia penitenziaria, di Marassi aveva inoltrato al Provveditorato ed al Ministero una lettera dove si segnalavano alcune anomalie del sistema sicurezza di Marassi: oggi un detenuto ha tentato l’evasione.
“Incomprensibile – dicono dal sindacato – l’attuale politica gestionale dei detenuti a Marassi e della sicurezza, non capiamo più che ruolo abbia la Polizia Penitenziaria di Marassi, è un carcere gestito con il servizio dinamico cioè i detenuti non sono chiusi nella loro celle bensì sono liberi di girare per i reparti. Questo produce una serie di negatività e debolezze nel settore della sicurezza e, tra queste, la facilità con cui i detenuti possono oltrepassare i cancelli che sono aperti, e recarsi nei vari settori dell’istituto”. Continue reading
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Diffondiamo da Informa-azione due testi usciti a Genova dopo la richiesta della questura di provvedimenti di sorveglianza speciale per due compagne. Seguiranno aggiornamenti dopo l’udienza che si terrà il 17 giugno.
PEGGIO DELLA SCABBIA
A tre anni di distanza dall’ultima volta in cui è stata richiesta e respinta la “sorveglianza speciale” a Genova, alcuni giorni fa la questura, sostenuta dall’attività del noto procuratore Scolastico e della Digos genovese, riprova di nuovo ad applicare questa misura a due amiche e compagne anarchiche, tentando Continue reading
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Una sciarpa che copre il volto per sfuggire all’occhio “invadente” delle telecamere Digos. Una mano sulla bocca per non respirare l’odore acre dei lacrimogeni. O un cappello “tenuto basso” per non essere del tutto riconoscibili: scene classiche da manifestazioni. Scene che da oggi potrebbero essere punite con il carcere. E’ questo, in soldoni, quello che prevede una condanna del tribunale della Procura di Genova che ha disposto pene variabili fra i nove e i quattordici mesi per sette persone accusate di resistenza e “travisamento”.
Gli accusati, sette studenti liguri che Continue reading
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Genova – Giornata ad alta tensione, quella di ieri, nel carcere genovese di Marassi.
Due gruppi distinti di detenuti si sono fronteggiati in poche ore indue distinte risse, per fortuna senza gravi conseguenze. “In una delle due si sono contrapposti detenuti italiani e sudamericani”, spiega Roberto MARTINELLI, segretario generale aggiunto del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE.
“Le risse, brevi ma violente, solo per il pronto intervento degli Agenti di Polizia Penitenziaria non hanno avuto peggiori conseguenze in una struttura sovraffollata come il carcere genovese di Marassi, nel quale considerevole è anche la carenza di poliziotti rispetto agli organici previsti”.
Il SAPPE auspica infine che Continue reading
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Genova – Protestano i detenuti di Pontedecimo. Da alcuni giorni e per alcuni momenti della giornata hanno dato e danno vita alla rumorosa battitura delle suppellettili alle inferriate delle celle e al rifiuto del vitto dell’Amministrazione. Manifestazione che, iniziata congiuntamente nella sezione detentiva maschile ed in quella femminile, vede ora coinvolti solamente i detenuti.
“Si tratta di una manifestazione in linea con quelle in atto in altre città d’Italia, peraltro sollecitate dai Radicali e da Marco Pannella, rumorosa ma pacifica – sottolinea Roberto Martinelli, segretario generale aggiunto del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe – Va detto che noi poliziotti non crediamo che l’amnistia, da sola, possa essere il provvedimento in grado di porre soluzione alle criticità del settore. Quel che serve sono vere riforme strutturali sull’esecuzione della pena: riforme che non vennero fatte con l’indulto del 2006, che si Continue reading
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È stato portato all’ospedale psichiatrico giudiziario di Montelupo Fiorentino un 67enne arrestato lo scorso sabato, 20 aprile, dai carabinieri di Montevarchi, in esecuzione di una misura di sicurezza emessa dal Tribunale di Genova.
L’8 marzo scorso l’uomo, italiano e residente nel Valdarno Aretino, all’interno di un bar di Montevarchi, aveva minacciato con un coltello da cucina gli avventori del locale, tra cui un magistrato della sezione distaccata della città. In quel contesto l’uomo era stato bloccato dal barista, che gli aveva tolto il coltello dalle mani. I carabinieri di Montevarchi lo avevano denunciato per minaccia e porto abusivo di coltello.
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Genova – Un detenuto italiano di 45 anni, B.S. condannato per omicidio, è morto questa mattina per infarto nella sua cella all’interno del carcere di Genova Marassi. “La notizia della morte del detenuto intristisce tutti, specie coloro che il carcere lo vivono quotidianamente nella prima linea delle sezioni detentive, come le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria che svolgono quotidianamente il servizio con professionalità, zelo, abnegazione e soprattutto umanità in un contesto assai complicato per l’esasperante sovraffollamento. A Marassi ad esempio, alla data del 31 marzo scorso, c’erano 792 detenuti stipati in celle realizzate per ospitarne 450 e oltre 100 Agenti di Polizia Penitenziaria in meno rispetto agli organici previsti”.
E’ il commento di Roberto Martinelli, segretario generale aggiunto del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe: “Questa ennesima morte di un detenuto testimonia ancora una volta la drammaticità della vita nelle carceri italiane. Lo scorso anno, a livello nazionale, sono morte in carcere per cause naturali 97 persone (82 italiani e 15 stranieri) e 56 si sono suicidate (36 italiani e 20 stranieri). Ben 1.308 sono i tentati suicidi sventati per fortuna in tempo dalle donne e dagli uomini della Polizia penitenziaria, che hanno anche impedito che 7.317 atti di autolesionismo (e cioè ingestione di corpi estranei come chiodi, pile, lamette, pile; tagli diffusi sul corpo e provocati da lamette) potessero determinare più gravi conseguenze ai ristretti che li hanno posti in essere. Nello specifico, in Liguria, nel 2012 i detenuti si sono resi protagonisti complessivamente di 92 atti di autolesionismo e 29 tentativi di suicidio. Hanno tentato il suicidio 9 persone a Marassi, 7 a Sanremo, 6 a La Spezia, 5 a Pontedecimo ed 1 a Chiavari e Imperia. Le morti per cause naturali in carcere sono state 5 (3 a Marassi, 1 a Sanremo ed Imperia). Non si sono registrati, per fortuna, casi di suicidio”.
Martinelli sottolinea infine che “dai dati in nostro possesso emerge che circa l’80% dei detenuti oggi in carcere in Italia ha problemi di salute, più o meno gravi. Il 38% versa in condizioni mediocri, il 37% in condizioni scadenti, il 4% ha problemi di salute gravi e solo il 20% è sano. Questo va ulteriormente ad aggravare le già pesanti condizioni lavorative delle donne e gli uomini del Corpo di Polizia Penitenziaria, oggi sotto organico di ben 6mila unità. Rinnoviamo allora l’auspicio che la classe politica ed istituzionale del Paese non faccia cadere nel dimenticatoio le importanti e pesanti parole dette in più occasioni dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sulle nostre carceri “terribilmente sovraffollate” e ci si dia da fare – concretamente e urgentemente – per una nuova politica della pena, necessaria e non più differibile, che ‘ripensi’ organicamente il carcere e l’Istituzione penitenziaria, che preveda circuiti penitenziari differenziati a seconda del tipo di reato commesso ed un maggiore ricorso alle misure alternative per quei reati di minor allarme sociale con contestuale impiego in lavori di pubblica utilità per il recupero ambientale del territorio. Oltre all’espulsione degli stranieri condannati per fare scontare loro la pena nelle prigioni del Paese di provenienza”.
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Genova. Il Tribunale di Sorveglianza di Genova dal 10 aprile prossimo sarà chiamato a decidere le modalità con le quali i 17 alti funzionari della Polizia di Stato condannati in via definitiva per falso e calunnia nel processo Diaz dovranno scontare la pena (dagli otto mesi all’anno, per effetto dell’indulto che ha cancellato tre anni).
Le alternative teoriche sono la detenzione in carcere, l’affidamento in prova al servizio sociale o la detenzione domiciliare.
La Corte di Cassazione, nella sentenza emessa il 6 luglio scorso, aveva usato espressioni molto dure contro di loro, negando la concessione delle attenuanti generiche e sottolineando “l’assenza di qualunque segno di resipiscenza”, cioè di pentimento rispetto al reato commesso.
Se è vero che essendo i funzionari tutti incensurati sembra piuttosto probabile che la misura prescelta dal Tribunale di sorveglianza sia l’affidamento in prova, una recente decisione del Tribunale di Sorveglianza di Bologna che ha disposto il carcere per gli agenti condannati per l’omicidio colposo di Federico Aldovrandi (comunque non espulsi dalla Polizia) costituisce un recente precedente che può preoccupare i condannati.
Le udienze (non pubbliche) davanti al Tribunale di Sorveglianza potrebbero essere anche l’occasione per sapere, in assenza di ogni comunicazione da parte del Ministero dell’Interno, se i funzionari condannati sono stati espulsi dalla Polizia o solo sospesi con la possibilità di farvi rientro, come è stato finora per tutti gli altri nove poliziotti condannati in via definitiva in altri processi del G8 di Genova, che hanno conservato il loro posto di lavoro, nonostante la sospensione imposta per via giudiziaria (interdizione temporanea dai pubblici uffici) dalle sentenze di condanna.
Inoltre, per quanto riguarda il processo Diaz gli altri 8 agenti condannati solo per lesioni gravi con pena poi prescritta (tutti appartenenti al disciolto settimo nucleo del I reparto mobile di Roma, quello comandato da Vincenzo Canterini) molto probabilmente non hanno subito né subieranno alcun procedimento disciplinare (facoltativo, in questo caso) e continueranno quindi il loro servizio in Polizia senza alcuna conseguenza per la mattanza di quella notte.
Le parti civili del processo Diaz lamentano la assoluta mancanza di assunzione di responsabilità e di scuse da parte dei condannati. A livello istituzionale c’è stata solo la frase dell’attuale capo della Polizia Antonio Manganelli, dopo la sentenza di Cassazione (“ora è il tempo delle scuse”), bilanciata però dall’espressione di personale solidarietà per i condannati espressa dall’ex capo della Polizia Gianni De Gennaro. Le parti civili sottolineano anche come tutti i risarcimenti siano stati pagati dal ministero e vi sia la concreta possibilità , vista una legge approvata dal 2010, che non vengano mai richiesti ai condannati.
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Genova – Giovedì 21 marzo , presso la Casa Circondariale di Marassi, si svolgerà la seconda edizione della speciale manifestazione “Vivicittà – Porte Aperte”. Lo start della corsa è previsto alle ore 16.00. I detenuti partecipanti correranno insieme ad una rappresentativa di atleti tesserati per associazioni della Lega atletica leggera Uisp.
Si correrà lungo un tracciato di 3 chilometri. Dall’interno del carcere si uscirà per correre anche due giri esterni attorno alle mura dell’Istituto.
Contemporaneamente, sul campo interno, si disputerà una partita di calcetto fra i partecipanti alle attività dei progetti di sportpertutti, arbitrata da uno dei detenuti che hanno seguito e superato il corso arbitri organizzato dalla Lega calcio Uisp.
La manifestazione è organizzata dal Comitato Uisp di Genova e dalla Direzione della Casa Circondariale di Genova Marassi, con la collaborazione del Corpo di Polizia Penitenziaria, con l’intento di gettare un “ponte” tra l’esterno e l’interno delle mura dove l’Uisp è stata presente, negli ultimi anni, tramite le azioni dell’omonimo progetto.
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Genova – Questo pomeriggio (19 gennaio) il carcere di Marassi a Genova è rimasto al buio per più di due ore a causa di un black out. Il guasto al quadro elettrico è stato riparato solo dopo le 19 dopo che si erano spente anche le luci alimentate dal gruppo elettrogeno che ha retto fino a quando c’è stato gasolio. La situazione è tornata sotto controllo e non si sono verificati momenti di tensione. Il segretario ligure del Sappe Roberto Martinelli ha sottolineato ancora una volta i tagli imposti sulla manutenzione e la criticità delle condizioni di sovraffollamento in cui versa di penitenziario cittadino.
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Un algerino di 32 anni M.K. che sta scontando una pena a 1 anno e 5 mesi di carcere, ha ingoiato una forchetta per protestare contro il mancato trasferimento a Genova. L’uomo che finirà di scontare la pena tra meno di un anno, si trova a Buoncammino da 7 mesi essendo stato sfollato dal carcere ligure di Marassi”. Lo rende noto l’associazione “Socialismo Diritti Riforme” in seguito a un colloquio effettuato con il detenuto dai volontari.
Nel corso dell’incontro con il cittadino algerino è emerso che il grave gesto autolesionistico non è stato l’unico. L’uomo infatti ha ingoiato un’altra forchetta che però è riuscito ad espellere. “Si tratta – sottolinea Maria Grazia Caligaris, presidente di SdR – di una persona privata della libertà che soffre particolarmente la distanza dai familiari. Sostiene infatti di avere un fratello a Genova ma le condizioni sanitarie, la conoscenza di un italiano approssimativo e la difficoltà a dare indicazioni precise sulla parentela rendono la sua situazione particolarmente difficile.
Nei giorni scorsi, in seguito alla nuova ingestione della forchetta, è stato ricoverato in Ospedale per provvedere alla rimozione della pericolosa posata. Giunto a destinazione però, forse perché non aveva compreso il motivo del ricovero, ha firmato il foglio di dimissioni ed è tornato a Buoncammino. Una dimostrazione palese del disagio in cui si trova”.
“La vicenda – evidenzia Caligaris – presenta tuttavia dei tratti che qualificano negativamente l’iniziativa del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria. È evidente che l’algerino è stato trasferito in Sardegna per alleggerire il numero di ristretti nella struttura di Genova ma la motivazione appare piuttosto punitiva anziché razionale. Una persona che mostra evidenti segnali di malessere non può essere considerata una patata bollente di cui disfarsi allontanandola laddove invece avrebbe potuto accedere a una pena alternativa tenendo conto della svuota carceri e della pena non particolarmente gravosa”.
“Purtroppo – conclude la presidente di SdR – l’amministrazione sembra dimenticare che spesso i cittadini extracomunitari in stato detentivo sono poveri diavoli che hanno bisogno soltanto di essere reinseriti in società attraverso iniziative rieducative e promuovendo azioni per consentire loro di avere un lavoro almeno per il sostentamento. Restando così la situazione, nonostante la buona volontà del Direttore, degli Agenti e dei Medici, non è possibile contenere la disperazione di queste persone. La speranza almeno per M.K. è che possa tornare a Genova e ritrovare i parenti per concludere positivamente la sua triste esperienza.
Fonte: Agenparl
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