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Presidi anticarcerari davanti a San Vittore e al Beccaria

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Muore a San Vittore, erano stati negati i domiciliari

cordatesaMilano – Un uomo di 78 anni, che stava scontando la sua pena al carcere di san Vittore è morto nella notte tra domenica e lunedì all’ospedale Fatebenefratelli di Milano: l’anziano era malato da tempo, ma le richieste per passare agli arresti domiciliari erano sempre state rigettate. Uno degli aspetti di cui si parla periodicamente riguarda le cattive condizioni in cui versano le persone che si trovano a scontare una pena in carcere e un chiaro esempio di questo sembra essere la vicenda vissuta da un uomo di 78 anni a cui mancavano ancora sei mesi per terminare di scontare la sua pena che si trovava detenuto nel carcere di San Vittore, ma le cui richieste per passare ai domiciliari dettate dal suo negativo stato di salute erano state sempre respinte. L’anziano è però morto in seguito a un breve ricovero all’ospedale Fatebenefratelli di Milano e ora l’intenzione dei parenti, secondo quanto indicato dall’Osservatorio Permanente sulle morti in carcere e l’avvocato Edoardo Lepre, è quella di presentare denuncia alla Procura di Brescia nei confronti Continue reading


San Vittore, storia del detenuto col cellulare nella scarpa

aMilano, 13 aprile 2013 – Nascondeva un cellulare nelle scarpe. E con quel telefonino era diventato un piccolo boss del carcere. Già, perchè parliamo di un detenuto. Un romeno 25enne – in galera da quattro mesi per furto e con precedenti penali per reati contro il patrimonio – che non si come e da quando tempo usava il cellulare in cella e lo metteva a disposizione dei suoi compagni in cambio di favori e prebende.

La scoperta è stata casuale. E risale all’altro ieri pomeriggio quando la direzione del carcere di San Vittore aveva deciso di trasferire il romeno a Opera. Insieme ad altri detenuti inseriti nel programma di uno sfoltimento del penitenziario cronicamente sovraffollato.
Come vuole la prassi in questi casi tutti i detenuti all’arrivo vengono minuziosamente perquisiti, per ovvie ragioni. Ed è stato proprio nel corso di questa perquisizione, estesa sia ai propri bagagli che alla propria persona, che un agente ha notato qualcosa di strano nelle scarpe.

Apparivano un po’ troppo alte e di una foggia particolare al punto che hanno destato i sospetti della guardia che ha obbligato il 25enne a togliersele per meglio analizzarle. E si è scoperto che nella suola era stato ricavato un vano abbastanza voluminoso per nascondere non solo un cellulare, ma anche un cavetto per porte Usb e un caricabatterie.

Pochi minuti dopo la scoperta, mentre ormai il cellulare era nelle mani di un agente di polizia penitenziaria, il telefonino ha iniziato a squillare, ma alla risposta, l’interlocutore ha riattaccato forse comprendendo che qualcosa era andato storto. Ovviamente nessun detenuto è autorizzato a tenere e usare un cellulare. Le telefonate sono occasionalmente concesse solo a certi detenuti e dopo un permesso speciale o del magistrato o del direttore del carcere, il romeno non godeva di alcun privilegio in questo senso. Ma che potesse disporre del telefonino – si è scoperto dopo – era cosa nota a molti. Diversi amici e compagni di braccio sapevano che dietro un compenso potevano utilizzare il cellulare del romeno. Il compenso in questione – così hanno ammesso in tanti – era rappresentato da sigarette, da qualche spicciolo, o il favore riguardava qualche lavoretto supplementare (tipo mettere in ordine la stanza o fare la spesa o cucinare).

Non è stato possibile accertare come quel telefono sia entrato in carcere. Sicuramente durante un colloquio. A questo proposito le indagini dovranno accertare se ci sono state complicità interne. Intanto, il romeno, come prevede il rigido regolamento interno è stato sottoposto al regime di isolamento ed escluso dalle attività ricreative in compagnia degli altri detenuti.


Nuovi abusi contestati a prete del carcere S.Vittore

aaaa(ANSA) – MILANO, 3 APR – Salgono a 11 gli episodi di abusi sessuali ai danni di giovani detenuti contestati ad Alberto Barin, di 51 anni, ex cappellano del carcere di San Vittore.

L’uomo e’ stato arrestato il 20 novembre 2012 in conseguenza di 6 casi accertati dalle indagini congiunte di squadra mobile e polizia penitenziaria. Ora il gip di Milano Enrico Manzi ha emesso un’ordinanza per altri 5 casi, si tratta di detenuti di 20/30 anni provenienti per lo piu’ dal nord Africa.


Milano: pessimo cibo e scarsa igiene… la Garante “boccia” le carceri di San Vittore e Opera

le-dita_595 (1)Negativo il quadro che emerge dalle visite di Alessandra Naldi a San Vittore e Opera. Appuntamento per dibattere la questione il 16 marzo a “Fa la cosa giusta”, la fiera degli stili di vita sostenibili.
Nelle carceri di Milano non solo si sta stretti, ma si mangia malissimo e l’igiene è in condizioni pietose. È quanto emerge dalle visite effettuate da Alessandra Naldi, nuovo garante dei detenuti del Comune di Milano, negli istituti penitenziari di San Vittore e Opera. Il problema del sovraffollamento è quindi aggravato da altre carenze. “Ho ricevuto molte segnalazioni sullo stato dei materassi, sulla scarsa pulizia delle lenzuola – spiega la garante. Inoltre i detenuti si lamentano del fatto che non possono procurarsi disinfettanti per pulire le celle”.
Anche il cibo è pessimo: per legge dovrebbe esserci una cucina che sforna i pasti ogni 200 detenuti, ma in realtà ce ne sono molte di meno. “C’è sicuramente un problema di qualità delle forniture -aggiunge la Naldi-, e dobbiamo capire anche se ci sono problemi di organizzazione. Alcuni detenuti si arrangiano comprando generi di prima necessità dallo spaccio interno, ma i prezzi spesso sono più alti che all’esterno e non tutti possono permetterselo”.
La Garante parlerà delle condizioni delle carceri milanesi a “Fa la cosa giusta!”, la fiera nazionale del consumo critico e degli stili di vita sostenibili, organizzata da Terre di mezzo e che si terrà a Fieramilanocity, dal 15 al 17 marzo. Il suo intervento è previsto per sabato 16 marzo, dalle ore 12 alle 13, insieme a Lamberto Bertolè (presidente della sottocommissione carceri del Comune di Milano) e di don Gino Rigoldi (cappellano del carcere minorile Beccaria) durante l’incontro “La paladina degli invisibili”.

Fonte: dire


Lettera di Santo Galeano del 251\2013 dal carcere di San Vittore

diffondiamo da informa-azione un nuova lettera di Santo Galeano prigioniero nel carcere di San Vittore:

solidarietàCiao carissimi compagni, spero che questo mio scritto vi trovi bene e in ottima salute come potrei dire forse di me.
Vedo le cose cambiate, pare che temono quello che potrebbe succedere, boo!!!
In anzi tutto ringrazio tutti i compagni anarchici per la voce che fate sentire, pure un avvocato di Antigone mi ha scritto vi rendete conto? Hahaha
Cari compagni, vi racconto la mia sofferenza nei carceri che tramite voi sto riuscendo a fare sapere.
Vedo le cose in TV, da Lele Mora a Fabrizio Corona e incomincio a dire che la legge è bastarda, infame e indegna e non è uguale per tutti.
Ma voi questo lo sapete già.
Io nei vari trasferimenti quando lo facevo con l’aereo funziona così:
Si entra prima che i passeggeri entrino, ti fanno sedere all’ultimo posto. In anzi tutto i bagagli, che sarebbero due sacchi di 12 Kg in totale, teli devi portare tu con tutte le manette ai polsi. Renditi conto tutto ciò l’ho vissuto per l’ennesima volta il 25\11\2012 quando mi hanno chiamato partente trasferito per il funerale di mio padre.
Pietà non ne hanno, perché loro parlano solo di trasferte e di straordinari per farvi capire.
Le manette te le tolgono quando l’aereo decolla, se vuoi andare in bagno devi pisciare con la porta aperta ecc…
Non solo, quando ho avuto il permesso da Saluzzo a Roma Sigonella, poi da Sigonella a Piazza Lanza a Catania.
Nel permesso per il funerale di mio padre il 26\11\2012 nel permesso 30 OP per motivi di morte famigliare c’è scritto: In abiti borghesi e senza manette, guardato a vista.
Erano più di dieci agenti penitenziari, Falchi della polizia di Stato di Catania, con una camionetta sono arrivato con sei agenti penitenziari in divisa e quattro agenti penitenziari in borghese, pare che doveva arrivare non so chi!?
Ma lasciamo stare tutto ciò, e poi devo vedere in TV le interviste sull’aereo di Corona senza manette ecc. ecc. Ma dove la legge non dovrebbe condannare prima quelli che fanno fare queste cose?
Io sono stato giudicato da 1, 2, 3 grado di processo, sto pagando la mia pena ingiustamente e loro lo sanno. Ma va bene Dio vede e provvede solo lui può aiutarci. Perché pure la Chiesa oggi ha gli occhi bendati per come si è visto in questi anni.
Per tanto compagni miei io sono e sarò uno di voi perché la verità  delle carceri italiani la deve sapere tutto il mondo, costi quello che costi, perché oggi io ho dei fratelli compagni anarchici.
Ora giungo al mio saluto con tutto il cuore e combatterò sempre queste ingiustizie perché grido vendetta e libertà di opinione, e essere un uomo libero.
Vi voglio bene vostro compagno

Santo Galeano

* * * * *

Vi sto facendo scrivere pure da un altro detenuto che è in pericolo di vita giornaliera, fa un giorno si e uno no la dialisi e ha il fine pena nel 2017.
Dove la legge dei benefici prevede:
Sotto i quattro affidamenti, sotto i tre anni sospensione pena o pena sospesa.
Deferimento cella ecc.
Ma dov’è la giustizia ragazzi, ma dobbiamo essere famosi per essere trattati diversamente?
Io che sono seguito dal CAM per tossico dipendenti da cocaina, prevede che posso andare in una comunità di cura. Ho fatto tantissimi colloqui con Cristina Coopes della comunità Gabbiano Colico, Cristina Giovanardi  di A.I.S.E., tutte e due mi danno picche, posto non c’è ne per me.
Poi dal 21\12\2012 che mi hanno trasferito al carcere di San Vittore non ho fatto nessun colloquio con gli operatori del SERT.
Ragazzi combatto ma le braccia cadono sole dalla tristezza che ha il mio cuore, perché l’ingiustizia è troppo grande per colmarla.
Ma non per questo mollo, mi sento forte perché oggi ho voi, fratelli miei grazie grazie con il cuore vostro compagno anarchico.

Santo Galeano

Per scrivergli:
Santo Galeano
C.C. S. Vittore
P.zza Filangeri 2
20123 Milano


Lettera di Dayvid – il suo contributo alla freeXpression

Il 22 dicembre scorso il corteo determinato e colorato della freeXpression [against repression] – manifestazione contro la repressione per le zone autonome e autogestite, ha attraversato le vie di Milano da piazza Cairoli al carcere di San Vittore. Fra gli organizzatori e i partecipanti tanti sono compagni ed amici di Dayvid. Nella lettera che segue Ciga ha voluto ringraziare e dare il suo contributo alla mobilitazione:

ciga1Alba 30-12-2012

Ciao a tutte e tutti,
inizialmente vorrei augurarvi buon Anno e soprattutto ringraziare tutti coloro che si sono recati il 22 Dicembre sotto il carcere di san Vittore o che con altri mezzi hanno solidarizzato con la mia causa chiedendo la mia scarcerazione e di tutti coloro che sono nella mia situazione.
E’ da ieri che scrivo e riscrivo cercando le parole giuste per esternarvi quello che ho dentro ma non ci riesco, non sono purtroppo mai stato un oratore e men che meno uno scrittore, quindi ho deciso di applicare alla scrittura quello che ho sempre fatto sulle azioni della mia vita: farlo di getto e scrivere quello che mi passa per la testa, magari non è sofisticata e spesso è sbagliato ma di sicuro è sincero.
Chiedo per questo scusa in anticipo per qualunque strafalcione o cagata scriverò in seguito.
Per iniziare vorrei ripetermi abbracciando tutti coloro che hanno appoggiato la mia causa; la mia più grande paura nel momento del mio arresto era che riuscissero nel loro scopo principale: scoraggiare qualunque opposizione non convenzionale convinta al sistema.
Ma grazie agli organizzatori e a tutta la gente che si è recata in piazza o ha dato il suo appoggio in altri modi, questo, che ripeto era il loro primo obiettivo, è stato scongiurato.
Della gente è scesa in piazza per dire che non basta arrestare un dissidente, malmenare dei giovani che non hanno colpa se non quella di essersi recati ad un rave, per zittire la loro voglia di libertà, di opporsi a questo sistema.

La storia popolare italiana e straniera è piena di paladini della giustizia che si sono palesemente ribellati alle leggi, incarnando la volontà popolare di riscatto sociale di fronte a quell’ordine costituito che è da sempre debole e in combutta con i forti e forte con i deboli. Questi erano banditi, fuorilegge, briganti (per es. Musolino, Fra Diavolo o, il più famoso, Robin Hood). Questi fuorilegge incarnano in qualche modo una prima forma di rivolta sociale appoggiata dalle vecchie società tribali, nascondendosi in foreste, paludi, montagne in quelle zone liberate dove il potere non poteva raggiungerli. Purtroppo queste zone libere oggi non esistono più e il sistema globale ha i suoi sistemi ben noti per difendersi: armare o disarmare a piacimento, instaurare e distruggere dittature e governi, imporre i propri modelli culturali eliminando ogni dissenso a colpi di embargo o guerra preventiva per impedire la nascita di zone dove si può dimostrare che vivere in maniera diversa è possibile.
Queste zone liberate oggi giorno sono e devono essere i rom, le case occupate, i vari circoli o biblioteche libertarie, le comuni zone dimenticate dal capitalismo e lasciate a morire. Il nostro compito è principalmente, secondo me, quello di difenderle.
Loro sanno che la gente ha fame di giustizia, oramai sempre più gente sa di essere in un sistema marcio, ma non riesce a vederne un’alternativa. La gente “come noi” dimostra che è possibile non essere silenziosa “che sta” subisce il sistema, ma che è possibile incitare se stessi e gli altri ad esserci dentro ai problemi, a viverli, a cercare di risolverli. La paura dello Stato in questo momento è appunto che sempre più gente lo capisca.
La sicurezza di quello che dico è scritta nera su bianco dal giudice sulla motivazione della mia custodia cautelare; ne riporto le parole esatte: “il pericolo di reiterazione è pertanto insito nella connotazione ideologica della decisione condivisa da parte degli indagati di forme violente di protesta sociale”
In questa parte di motivazione il giudice esprime tutta la volontà dello Stato di reprimere tutti coloro che dicono no attivamente a questo sistema.
Ci sono sempre stati due modi di guardare ai problemi della società (tralasciando ovviamente quello di guardare e passare oltre): uno è avere uno sguardo, magari anche attento, ma lontano intriso di quella solidarietà ipocrita dall’alto della propria classe sociale. L’altra possibilità è di condividere quel problema assumendo quei drammi e quelle sofferenze come propri in un piano di parità e di condivisione fosse anche solo emotiva. Personalmente nel mio piccolo ho cercato sempre di applicare la seconda scelta, fà parte del mio essere anarchico. Non è stata l’ideologia anarchica a trovarmi ma sono io che ho trovato lei dentro di me come penso sia dentro ad ogni essere umano degno di questo nome.
Ed è proprio la mia coscienza che, come l’ideologia libertaria mi impone di essere sempre da parte degli oppressi, degli sfruttati, e degli ultimi, mi obbliga a difenderli contro tutti gli sfruttatori.
Affamare una popolazione, privare un’intera popolazione del proprio futuro, impedire a un popolo di fare ciò che vuole con la propria testa, impedire ai lavoratori di vivere e affermarsi con il proprio lavoro come in questo momento l’italia guidata dall’europa stà facendo o opporsi con forza a tutto questo.
La mia coscienza mi obbliga di dover difendere quelle popolazioni che hanno avuto il coraggio di dire no allo stato, che chiedono di fare solo quello che vogliono loro nella terra dove sono nati, cresciuti e ora vivono. Mi obbliga a difendere lavoratori e sfruttati e a difendere giovani prima del loro futuro.
Per questo sono e sarò sempre un NO TAV, una persona che è dalla parte degli studenti e dei lavoratori. Sarò sempre in piazza contro tutte le ingiustizie che questo sistema ha creato; pure ora che sono costretto qua, con il pensiero e con l’anima sono sempre in piazza con loro.

Vi chiedo scusa per le varie divagazioni ma a stare qua si diventa logorroici.
Vi abbraccio forte e vi ringrazio di cuore di tutto quello che avete fatto e che state facendo per me.

Se qualcuno volesse scrivermi vi lascio il mio indirizzo e lo ringrazio in anticipo, in galera una lettera vuol dire tanto:
CECCARELLI DAYVID
C.C. ALBA
VIA VIVARO 14
12051 ALBA (CN)

CIAO A TUTTI DAYVID


Uno schifo chiamato carcere

sbarre_ottavio-pinarelloSovraffollamento delle carceri significa sovraffollamento delle celle: impossibilità pressoché totale in cella di movimento fisico, d’intimità, di attenzione, rispetto proprio e di chi è concellino; un bagno, un rubinetto per sei o nove persone…

Sovraffollamento vuol dire anche sovraffollamento del cortile dell’aria, dove ginnastica e calcio sono difficili perchè in contrasto con la densità delle persone in piccoli spazi, con l’assenza d’acqua corrente, con i cessi intasati e puzzolenti.

Sovraffollamento prodotto dalle condanne decise arbitrariamente da polizia, carabinieri, giudici.

Si è chiusi in cella 2 x 4 metri quadrati in 5/6 persone per 21 ore al giorno; le ore d’aria sono ridotte dalle quattro previste a tre, a volte ancora meno perché in quelle ore è compreso il tempo della doccia.

Pestaggi e umiliazioni praticati dalle guardie contro chi non accetta di essere trattato come e meno di un animale da macello. Una condizione che spesso finisce nella tragedia del “suicidio”.

Le persone immigrate oltre che del sostegno dei propri cari mancano della lettura poiché a San Vittore vengono venduti solo giornali e riviste in italiano e la tv diffonde solo programmi in italiano.

I prigionieri catalogati “malati psichici” sono costretti in una condizione di vero e duro isolamento, senza fornello, impossibilitati a scambiare cibo, parole…

Cure, lavoro, igiene e vitto sono sempre più scarsi e scadenti; costruire nuove carceri non può che aggravare la situazione. La spesa interna al carcere è invece a prezzi da rapina.

Detenuti ridotti a larve umane con tranquillanti e bombe farmacologiche di stato che invece abbondano. Per fortuna che c’è ancora chi le rifiuta.

Anche amici e familiari scontano la loro condanna: lunghi e costosi viaggi per andare ai colloqui, file d’attesa, pacchi respinti per ragioni affidate alla massima arbitrarietà delle guardie.

urloVogliamo lottare contro questa situazione, anzitutto sostenendo le proteste che per queste ragioni nascono a San Vittore così come nelle carceri di tutta Italia dove amnistia è la parola che più abbiamo sentito urlare.

Riteniamo questo un obiettivo generale immediato che può dare forza al movimento di lotta se c’è unità e determinazione nel conseguirlo, ma che può indebolirlo se si confida nell’imparzialità dello stato o nell’illusione che basti mettere il tutto nelle mani di un partito.

Siamo persone che direttamente ed indirettamente hanno provato sulla propria pelle il carcere e le sue conseguenze.

Se l’amnistia è l’indicazione che esce dalle prigioni è da lì che vogliamo partire, lottando per una riduzione della pena carceraria altrettanto generale.

Milano, gennaio 2013

Solidali nella lotta contro il carcere

 volantino distribuito a San Vittore da OLGa


Lettera di Dayvid dal carcere di Alba

la-libertc3a0-iii-214/01/2013
Ciao ragazzi,
vi scrivo queste due righe sul perchè sono dentro, il che, non sapendolo bene neppure io non è semplice. Dunque sono stato arrestato l’11/04/2012 con l’accusa di devastazione dopo la manifestazione milanese che chiedeva la liberazione dei NO TAV arrestati per i fatti del 3 Luglio. Sono stato scarcerato il giorno dopo con obbligo di firma fino alla data della camera di consiglio, dove mi hanno condannato a nove mesi. Nella pena hanno inglobato un mio vecchio definitivo per un’occupazione. Alla camera di consiglio il giudice,visto il parere favorevole dei servizi sociali e il contratto di lavoro ha deciso di farmi scontare la pena presso di loro. Mi hanno quindi revocato l’obbligo di firma e attendevo il definitivo per Febbraio per vedere le condizioni (orario di rientro etc.)
Ero un uomo libero, che aspettava il definivo senza altri carichi pendenti.
Ad Ottobre la sorpresa: il nucleo operativo dei carabinieri nucleo informatico si presenta a casa della mia ragazza,dove non avevo neanche il domicilio, e mi arrestano usando come motivazione che la casa dove avevo la residenza non era
ritenuta idonea per scontare la pena. Voglio sottolineare che in quella residenza avevo già scontato due mesi con obbligo di firma,e che nella richiesta di sorveglianza c’era un’altra abitazione ritenuta idonea dai servizi sociali.
Portato a S.Vittore ho passato quasi un mese in mezzo ad interrogatori non sapendo ancora bene il motivo dell’arresto. Dopo un mese un altra sorpresa: mi è stato notificato dalla Digos di Milano e di Roma una custodia cautelare per il fatti del corteo del 15 Ottobre “Giornata Mondiale dell’Indignazione”,i reati di cui mi si accusa sono:
– devastazione e saccheggio
– più persone che concorrono nel reato
– circostanza aggravante: quando una o più persone concorrono,organizzano o
promuovono il reato (fino a metà in più della pena)
– circostanza aggravante: l’aver commesso il reato per conseguire o assicurare a
sé o agli altri l’impunibilità (fino a metà in più della pena)
– Legge Speciale del 75: disciplina il controllo delle armi, delle munizioni, e degli
esplosivi (da uno a tre anni)
Questo è più o meno quello che ho capito, voglio solamente ricordare che insieme a me ci sono altre 14 persone in custodia, tutte identificate di cui non ne conosco uno.
In più, pare ci sia in giro per i tribunali di Lecco e Milano un’indagine della Digos per terrorismo che il mio legale è riuscito solo a scorgere ma che non compare negli atti ufficialmente nonostante sia stata usata durante gli interrogatori, dove mi sono sempre avvalso della facoltà di non rispondere, visto la mia estraneità ai fatti, visto che il mio riconoscimento e stato fatto confrontando lo zaino secondo loro da me indossato a Milano durante il corteo del 30 Marzo con uno identico avvistato negli scontri di Roma, un comunissimo Seven blu.
Spero di avervi chiarito le idee, perchè io non ci sto capendo un cazzo.

GRAZIE PER IL SUPPORTO

DAYVID


Milano: detenuto suicida a San Vittore, psicologa e psichiatra accusate di omicidio colposo

jail 3Per mancanza di letti dimisero un ragazzo che aveva già tentato 8 volte il suicidio senza disporne la vigilanza a vista. Si era impiccato a San Vittore, nell’agosto del 2009, dopo essere stato dimesso dal centro osservazione malattie psichiche del carcere. E nonostante almeno otto tentativi di suicidio, Luca Campanale, 28 anni, fu rinchiuso in una cella a medio rischio, senza sorveglianza a vista. Ora, per quel suicidio il giudice dell’udienza preliminare Elisabetta Meyer ha disposto il giudizio per omicidio colposo per una psicologa e una psichiatra in servizio a San Vittore. Dopo la tragedia la procura ha aperto d’ufficio un fascicolo, e nell’indagine del pubblico ministero Silvia Perrucci sono emerse le lacune dei due medici che “con violazione delle regole dell’arte medica e dei doveri inerenti la loro qualifica pubblica, cagionavano la morte del detenuto per asfissia meccanica da impiccagione”. Per le due donne, la procura aveva formulato una prima imputazione di abbandono di incapace aggravato dalla morte, poi i giudici della prima corte d’Assise di fronte a cui si era aperto il processo, a giugno, hanno riqualificato il fatto come omicidio colposo.
Luca Campanale entrò nel carcere di San Vittore il 30 luglio 2009, e pochi giorni dopo, il 12 agosto, si impiccò. Ricoverato al centro di osservazione malattie psichiche del carcere, venne dimesso “per mancanza di posti letto”. Nel processo che dovrà chiarire le responsabilità delle due indagate – l’udienza è fissata per il 12 aprile – compariranno come parte offesa i genitori e il fratello della vittima, assistiti dall’avvocato Andrea Del Corno. La richiesta di rinvio a giudizio del pm Perrucci ricostruisce l’intera storia clinica del giovane, i reiterati tentativi di suicidio, le presunte violazioni del personale medico. “In particolare – scrive il pm – erravano nel valutare il rischio suicidiario malgrado fosse incapace di provvedere a se stesso a causa di disturbi psichici dai quali era affetto e del quale dovevano avere cura, trattandosi di detenuto presso il carcere dove le indagate svolgevano la loro attività professionale psicologica e psichiatrica”. E, ancora, lasciavano il ragazzo “senza sorveglianza a vista, sull’erroneo presupposto che il soggetto apparisse “pretenzioso e immaturo”, non considerando i numerosi precedenti gesti autolesionistici”, ben otto tentativi dal maggio del 2009 fino a quello che lo ha ucciso.

La Repubblica, 18 gennaio 2013  di


Milano: il carcere di San Vittore scoppia, 1.600 detenuti per 780 posti

Il carcere di San Vittore a Milano scoppia: troppi detenuti, 1.600, in spazi che potrebbero contenerne 780 (questa la capienza massima prevista sulla carta per l’istituto di pena). Anche nella casa circondariale della metropoli lombarda è dunque emergenza sovraffollamento, problema comune a molte strutture italiane, con tutti i rischi igienico-sanitari che le celle strapiene comportano. A segnalare le criticità Lamberto Bertolè e Mirko Mazzali, rispettivamente presidente e vice presidente della sottocommissione Carceri del Comune di Milano.

san vittoreAl termine di una visita a San Vittore, i due consiglieri fanno il punto: “Segnaliamo le condizioni molto critiche del sesto raggio di cui abbiamo visitato il primo e il secondo piano. Altri reparti come il terzo raggio, dove i numeri lo consentono, versano in condizioni decisamente più consone”.

Tutto questo, continuano, “rafforza la convinzione che sia urgente e necessario provvedere alla ristrutturazione dei raggi chiusi, a cominciare dal quarto, scelta che potrebbe alleggerire le condizioni complessive del carcere. Tramontata l’ipotesi del trasferimento e riaffermata l’importanza che il carcere rimanga nella città, ci sembra una questione non più rinviabile”.

Bertolè e Mazzali concentrano l’attenzione anche sulla caserma degli agenti penitenziari che “versa in condizioni pessime, a cominciare dal degrado complessivo e, in particolare, delle docce e dei servizi igienici, insufficienti anche per numero”.

Tra le priorità, continuano, “segnaliamo anche l’importanza di garantire il kit d’ingresso a tutti i detenuti e l’insufficienza del numero degli agenti penitenziari che, in alcuni momenti della giornata, non possono garantire condizioni di sicurezza e la gestione delle emergenze”.

I due consiglieri riservano invece parole positive invece al reparto di cura La Nave per detenuti con problemi di tossicodipendenza, gestito dalla Asl di Milano in collaborazione con l’amministrazione penitenziaria: “Riesce a garantire progettualità, proposte stimolanti e momenti di socializzazione, consentendo ai detenuti di non trascorrere in cella 21 ore su 24. Si tratta di un progetto innovativo che andrebbe esportato anche in altre realtà”, spiegano. Il report si conclude con un ringraziamento alla direzione del carcere “per il lavoro svolto. Insieme agli operatori e ai volontari ci sembra che, in una situazione molto difficile, i loro sforzi contribuiscano a rendere le condizioni dei detenuti meno lontane dai dettami costituzionali”.

 

Cappato (Radicali): carcere San Vittore è in situazione illegale

 

Dichiarazione di Marco Cappato, Presidente del Gruppo Radicale Federalista Europeo: “Stamane con una delegazione del Consiglio comunale abbiamo visitato il carcere di San Vittore a Milano. La condizione di assoluta illegalità nella quale sono costretti sia i detenuti che gli agenti è confermata e aggrevata: la capienza è di 500 detenuti, la capienza “tollerata” è di 785, ma i detenuti sono 1.600. Sono ormai passati quasi 7 mesi da quando, il 22 Dicembre 2011, il Consiglio comunale – su iniziativa del Radicale Lucio Bertè- aveva approvato una mozione che impegna il Sindaco Pisapia “a deliberare la formazione di una Commissione tecnica ad hoc con competenze medico sanitarie, di igiene edilizia e sicurezza degli impianti, per rilevare le condizioni di vita nelle carceri milanesi”.

L’Assessore Majorino si era poi impegnato a formare la Commissione, ma tale impegno è finora rimasto lettera morta. Chiedo al Sindaco e all’Assessore di attivarsi affinché finalmente la Commissione tecnica sia costituita e operativa, al fine di tenere sotto stretto monitoraggio la violazione dei diritti umani fondamentali di detenuti e agenti.

Per quanto riguarda l’iniziativa dei “Quattro Giorni di nonviolenza, sciopero della fame e silenzio” per la Giustizia e l’Amnistia, che inizierà domani 18 luglio, ho potuto riscontrare un buon livello di conoscenza e partecipazione da parte dei detenuti, in un clima di attesa e di speranza per un provvedimento di clemenza. Per fare un esempio, tra i 104 detenuti del Centro clinico, sono 64 quelli che hanno inviato ieri una lettera a Radio radicale annunciando l’adesione allo sciopero della fame”.

Adnkronos, 17 luglio 2012