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Muore a San Vittore, erano stati negati i domiciliari

cordatesaMilano – Un uomo di 78 anni, che stava scontando la sua pena al carcere di san Vittore è morto nella notte tra domenica e lunedì all’ospedale Fatebenefratelli di Milano: l’anziano era malato da tempo, ma le richieste per passare agli arresti domiciliari erano sempre state rigettate. Uno degli aspetti di cui si parla periodicamente riguarda le cattive condizioni in cui versano le persone che si trovano a scontare una pena in carcere e un chiaro esempio di questo sembra essere la vicenda vissuta da un uomo di 78 anni a cui mancavano ancora sei mesi per terminare di scontare la sua pena che si trovava detenuto nel carcere di San Vittore, ma le cui richieste per passare ai domiciliari dettate dal suo negativo stato di salute erano state sempre respinte. L’anziano è però morto in seguito a un breve ricovero all’ospedale Fatebenefratelli di Milano e ora l’intenzione dei parenti, secondo quanto indicato dall’Osservatorio Permanente sulle morti in carcere e l’avvocato Edoardo Lepre, è quella di presentare denuncia alla Procura di Brescia nei confronti Continue reading


Muore un detenuto del carcere Stampa

green-funerals-green-resting-placeLUGANO – Un uomo di 40 anni, detenuto al carcere della Stampa, è morto nella tarda serata di mercoledì all’ospedale Civico di Lugano. Lo comunica il Dipartimento delle istituzioni cantonale, precisando che l’uomo è stato ricoverato ieri mattina nel reparto di terapia intensiva in seguito a un malore improvviso. Per chiarire le cause esatte della sua morte è stata ordinata un’autopsia.
L’uomo è stato incarcerato nel 2007 per rapina, furto, lesioni semplici e contravvenzioni alla Legge sulla circolazione stradale, reati che gli erano valsi una condanna a tre anni con trattamento ambulatoriale. In seguito fu pure condannato per reati commessi durante l’espiazione della pena: lesioni semplici, incendio intenzionale, violenza e minaccia contro le autorità e i funzionari.

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Sassari: detenuto 66enne ucciso da cancro al pancreas

tristeSassari, 31 marzo 2013. Jacques De Deker, cittadino belga, muore nel Centro clinico del carcere di San Sebastiano. Era malato di cancro al pancreas e aveva 66 anni. Era in carcere all’agosto 2006 e doveva scontare complessivamente 12 anni e 4 mesi, pena derivante da due diverse condanne per traffico di droga.
Il tumore gli era stato diagnosticato nel 2008 e da allora si era battuto per ottenere prima la possibilità di curarsi fuori dal carcere e in seguito – sfumata ormai ogni possibilità di cura – almeno di poter morire “accanto ai miei due bambini e a mia moglie, in Belgio”, come lui stesso scrive in una lettera-appello del marzo 2009. Invece, quattro anni più tardi, morirà in una cella del carcere di Sassari. Di seguito la cronaca della sua vicenda, attraverso le pagine del quotidiano “La Nuova Sardegna”.

Ha un tumore ma resta in carcere
21 aprile 2010
Nell’ottobre del 2008 gli è stato Continue reading


Muore in carcere, era dentro per una rapina da 20 euro

bastaROMA – Aveva tentato di rubare venti euro a un tabaccaio. Per questo motivo, un 57enne era detenuto da un mese e mezzo nel carcere di Rebibbia Nuovo Complesso. L’uomo è morto la notte tra lunedì e martedì, probabilmente a causa di un infarto. A darne notizie è il garante dei detenuti del Lazio, Angiolo Marroni, precisando che si tratta del terzo detenuto che muore nelle carceri del Lazio da inizio anno.

ALCOLISTA – La vittima, detenuto da un mese e mezzo nella sezione G11 del carcere romano, doveva scontare una condanna per una tentata rapina ai danni di un tabaccaio. L’uomo, a quanto appreso dai collaboratori del Garante, era affetto da dipendenza dall’alcool e per questo, dal momento del suo ingresso in carcere, era stato preso in carico dal Sert ed aveva colloquio periodici con gli psicologi.

USO DEL CARCERE PER REATI MINORI– Martedì mattina l’uomo è stato trovato senza vita nel suo letto, morto probabilmente stroncato da un infarto. «Al di là dei motivi che hanno portato alla morte di quest’uomo – ha detto Marroni – fa riflettere la circostanza che un uomo con tali problematiche sia condannato a scontare in carcere una pena per una tentata rapina di 20 euro. La colpa è di una legislazione che prevede un uso abnorme del carcere, anche per i reati minori».

SOVRAFFOLLAMENTO – «Nelle carceri del Lazio registriamo un tasso di sovraffollamento di quasi il 50% – aggiunge Marroni – Occorrerebbe rivedere l’ordinamento nel senso di prevedere il carcere solo come extrema ratio. Ma, nonostante gli appelli del Presidente della Repubblica e di quelli dei due rami del Parlamento, la politica sembra essersi di nuovo dimenticata del dramma che si sta vivendo nelle carceri italiane».

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Marassi, detenuto muore d’infarto in carcere

domani-un-altro-giornoGenova – Un detenuto italiano di 45 anni, B.S. condannato per omicidio, è morto questa mattina per infarto nella sua cella all’interno del carcere di Genova Marassi. “La notizia della morte del detenuto intristisce tutti, specie coloro che il carcere lo vivono quotidianamente nella prima linea delle sezioni detentive, come le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria che svolgono quotidianamente il servizio con professionalità, zelo, abnegazione e soprattutto umanità in un contesto assai complicato per l’esasperante sovraffollamento. A Marassi ad esempio, alla data del 31 marzo scorso, c’erano 792 detenuti stipati in celle realizzate per ospitarne 450 e oltre 100 Agenti di Polizia Penitenziaria in meno rispetto agli organici previsti”.
E’ il commento di Roberto Martinelli, segretario generale aggiunto del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe: “Questa ennesima morte di un detenuto testimonia ancora una volta la drammaticità della vita nelle carceri italiane. Lo scorso anno, a livello nazionale, sono morte in carcere per cause naturali 97 persone (82 italiani e 15 stranieri) e 56 si sono suicidate (36 italiani e 20 stranieri). Ben 1.308 sono i tentati suicidi sventati per fortuna in tempo dalle donne e dagli uomini della Polizia penitenziaria, che hanno anche impedito che 7.317 atti di autolesionismo (e cioè ingestione di corpi estranei come chiodi, pile, lamette, pile; tagli diffusi sul corpo e provocati da lamette) potessero determinare più gravi conseguenze ai ristretti che li hanno posti in essere. Nello specifico, in Liguria, nel 2012 i detenuti si sono resi protagonisti complessivamente di 92 atti di autolesionismo e 29 tentativi di suicidio. Hanno tentato il suicidio 9 persone a Marassi, 7 a Sanremo, 6 a La Spezia, 5 a Pontedecimo ed 1 a Chiavari e Imperia. Le morti per cause naturali in carcere sono state 5 (3 a Marassi, 1 a Sanremo ed Imperia). Non si sono registrati, per fortuna, casi di suicidio”.
Martinelli sottolinea infine che “dai dati in nostro possesso emerge che circa l’80% dei detenuti oggi in carcere in Italia ha problemi di salute, più o meno gravi. Il 38% versa in condizioni mediocri, il 37% in condizioni scadenti, il 4% ha problemi di salute gravi e solo il 20% è sano. Questo va ulteriormente ad aggravare le già pesanti condizioni lavorative delle donne e gli uomini del Corpo di Polizia Penitenziaria, oggi sotto organico di ben 6mila unità. Rinnoviamo allora l’auspicio che la classe politica ed istituzionale del Paese non faccia cadere nel dimenticatoio le importanti e pesanti parole dette in più occasioni dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sulle nostre carceri “terribilmente sovraffollate” e ci si dia da fare – concretamente e urgentemente – per una nuova politica della pena, necessaria e non più differibile, che ‘ripensi’ organicamente il carcere e l’Istituzione penitenziaria, che preveda circuiti penitenziari differenziati a seconda del tipo di reato commesso ed un maggiore ricorso alle misure alternative per quei reati di minor allarme sociale con contestuale impiego in lavori di pubblica utilità per il recupero ambientale del territorio. Oltre all’espulsione degli stranieri condannati per fare scontare loro la pena nelle prigioni del Paese di provenienza”.

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OPG, cibo avariato, muore detenuto 70 intossicati

Castiglione, le campionature degli alimenti e delle attrezzature sono già state mandate a Brescia Settanta ospiti colpiti da malesseri dopo la cena. L’autopsia sulla vittima non ha fatto chiarezza

ACERSettanta. Un quarto degli ospiti dell’Opg. È questo il numero dei detenuti che si sono sentiti male dopo la cena di martedì alla mensa dell’ospedale psichiatrico di Castiglione. Tra questi c’era Christian Ubiali, trentunenne bergamasco morto al Poma tre ore dopo il ricovero. L’autopsia, disposta dalla Procura di Mantova, non avrebbe fatto definitiva chiarezza sul decesso, avvenuto, sembrava, dopo una diagnosi di occlusione intestinale. Il magistrato si limita a confermare che saranno necessari «ulteriori accertamenti».

Sotto accusa, per ora, c’è proprio la cena consumata martedì sera alla mensa dell’Opg, in seguito a cui settanta ospiti hanno accusato malori e dissenteria. Di questi dodici hanno manifestato sintomi più seri. Il più grave di tutti era Ubiali, trasportato d’urgenza al pronto soccorso del Poma, con la diagnosi di occlusione intestinale provocata da un probabile volvolo.

Tutti avrebbero mangiato del pesce che, a questo punto, forse era avariato.

È questo il sospetto della Procura che ha già disposto accertamenti. È stata eseguita una campionatura che attraverso l’Asl è stata inviata al laboratorio di sanità pubblica di Brescia per le analisi tossicologiche. Sono stati eseguiti prelievi sia sulle scorte di pesce che sono rimaste nei frigoriferi sia nelle cucine in particolare sulle attrezzature che sono state utilizzate per preparare la cena di martedì. Le indagini epidemiologiche dovranno identificare le eventuali fonti inquinanti o rintracciare la presenza di tossine. Un attacco batterico che potrebbe essere stato letale per Christian Ubiali, già debilitato per problemi passati di tossicodipendenza.

La Tac, a cui era stato subito sottoposto mercoledì a mezzogiorno al Poma, non aveva confermato la diagnosi dell’occlusione. Ubiali però continuava a lamentarsi dei dolori violentissimi che partivano dallo stomaco.

Per questo era stato disposto il trasferimento nel reparto di chirurgia. In attesa di essere spostato era stato sistemato su una barella. Ad un certo punto era diventato tachicardico e un’infermiera lo aveva accompagnato fuori per permettergli di accendere una sigaretta.

Al rientro, prima che i medici della chirurgia fossero riusciti a prenderlo in consegna per portarlo in reparto, aveva smesso di vivere, tre ore dopo il ricovero.

Originario di Osio di Sotto, un paese del Bergamasco, Ubiali aveva una doppia diagnosi di tossicodipendenza e problemi psichici che aveva convinto i giudici che l’internamento in un ospedale psichiatrico giudiziario fosse la soluzione migliore per lui dopo aver escluso la possibilità di un percorso riabilitativo in famiglia.

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Muore detenuto palestinese, Hamas evoca Intifada

Thousands of Palestinians attend rare Fatah rally in Hamas-run Gaza(ANSAmed) – TEL AVIV/RAMALLAH, 02 APR – Hamas evoca una “nuova Intifada” dopo la morte di Maysara Abu Hamadiya (64 anni), un palestinese condannato all’ergastolo nel 2002 per aver partecipato all’organizzazione di un attentato suicida a Gerusalemme, sventato. La notizia del decesso ha scatenato disordini nei Territori e nelle carceri israeliane.

Affetto da un tumore alla gola, Abu Hamadiya è spirato oggi in un ospedale di Beer Sheva (Neghev), dove era stato ricoverato due giorni fa per un aggravamento della sue condizioni. Immediata la condanna del presidente palestinese Abu Mazen secondo cui Israele va considerato responsabile della sua morte. La gravità della malattia di Abu Hamadiya, ha aggiunto il ministro per i detenuti Issa Karake, era nota da mesi ma è stata “trascurata”. “Israele si è macchiato di un crimine orrendo”, ha aggiunto Karake, secondo cui questa morte – la seconda in due mesi di un palestinese detenuto in Israele – deve essere oggetto di indagini internazionali.

Anche sulla affiliazione politica di Abu Hamadiya la versione israeliana differisce da quella palestinese. A Hebron (Cisgiordania) era noto come una figura di spicco di al-Fatah. Ma secondo Israele negli ultimi anni aveva stretto legami con Hamas.

E da Gaza, Hamas ha espresso cordoglio per la sua morte e ha invocato una nuova intifada nei Territori. Subito dopo la sua morte, incidenti si sono verificati in diversi penitenziari di Israele. In Cisgiordania gravi disordini sono stati segnalati a Hebron (dove dimostranti hanno lanciato bottiglie incendiarie contro soldati israeliani) e a Nablus. Domani nei Territori sarà osservata una giornata di lutto.


Detenuto di 40 anni muore in cella alla vigilia del permesso premio

crepaMassa Carrara – Sarà l’autopsia a chiarire le cause dell’improvviso decesso di un quarantenne, avvenuto venerdì pomeriggio nella struttura penitenziaria della città. L’uomo, massese, è stato ritrovato privo di sensi dai compagni di cella al risveglio dal riposo pomeridiano e niente sarebbero valsi i tentativi di rianimarlo. Pare che negli ultimi tempi l’uomo non godesse di buona salute ma nulla di così serio da far presagire un decesso fulmineo, giunto a pochi giorni dal primo permesso premio di cui avrebbe goduto per un comportamento ineccepibile.

Fonte: La Nazione


Libia: cristiano protestante egiziano muore in carcere, per la moglie è stato torturato

spezzare-le-catene-300x2871Un cristiano protestante egiziano è morto dopo 10 giorni di prigionia in un carcere libico di Bengasi. Si tratta di Ezzat Hakim Attalah, 45 anni, padre di due figli, arrestato lo scorso 28 febbraio insieme ad altri cinque connazionali cristiani evangelici con l’accusa proselitismo. Ne dà notizia la Middle East Christian News Agency, citando fonti del ministero degli Esteri egiziano secondo cui l’uomo è deceduto per cause naturali poiché diabetico e affetto di disturbi cardiaci. Interpellata dalla stessa Mcn-direct, Ragaà Abdullah Guirguis, la moglie di Attalah, ha tuttavia raccontato che il marito è morto per le pressioni e le torture materiali inflitte dai carcerieri libici e ha annunciato che farà quindi ricorso ad avvocati internazionali per stabilire la reale dinamica del decesso. Il caso di Attalah ha acceso i riflettori sulla drammatica situazione dei cristiani in Libia, divenuti bersaglio delle milizie salafite che controllano la regione della Cirenaica, scrive Asia News.

Assaltata ambasciata libica al Cairo dopo morte copto in carcere

Decine di egiziani copti hanno assaltato l’ambasciata libica al Cairo. Lo ha riferito il sito web del quotidiano “Ahram”, secondo cui i manifestanti hanno fatto irruzione nell’edificio per protestare contro la morte di Ezzat Hakim, un egiziano copto arrestato nelle scorse settimane in Libia con l’accusa di proselitismo e morto in carcere in circostanze poco chiare. Secondo il quotidiano, i dimostranti hanno bruciato la bandiera della Libia, sostituendola con quella egiziana. L’edificio che ospita la sede diplomatica, inoltre, sarebbe stato danneggiato. Hakim era tra le decine di egiziani di fede copta arrestati in Libia nelle scorse settimane e sottoposti a torture da parte di una brigata salafita di Bengasi.

Asca


Israele: morto un secondo detenuto palestinese in carcere israeliano in Cisgiordania

palestinaUn secondo detenuto palestinese è morto ieri in un carcere israeliano in Cisgiordania. Ne dà notizia il sito di al Arabiya, aggiungendo che l’Anp ha lanciato una inchiesta su questo nuovo decesso. Secondo la famiglia, citata dall’emittente araba, Ayman Abu Sufian, 40 anni, era diabetico e prima di morire aveva la pressione alta. Abu Sufian era stato arrestato mercoledì dalle autorità israeliane. Il 23 febbraio era morto in un carcere israeliano un altro detenuto palestinese, Arafat Jaradat, 30 anni. Le cause del decesso, che ha innescato violente proteste in tutta la Cisgiordania, non sono state ancora accertate, ma anche per il Presidente palestinese Abu Mazen l’uomo è stato torturato. Migliaia di palestinesi manifestano in Cisgiordania da settimane per esprimere la loro solidarietà ad almeno 11 loro concittadini detenuti da Israele, da tempo in sciopero della fame per protestare contro la politica di detenzione di Israele.

Fonte TM News