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Libia: cristiano protestante egiziano muore in carcere, per la moglie è stato torturato

spezzare-le-catene-300x2871Un cristiano protestante egiziano è morto dopo 10 giorni di prigionia in un carcere libico di Bengasi. Si tratta di Ezzat Hakim Attalah, 45 anni, padre di due figli, arrestato lo scorso 28 febbraio insieme ad altri cinque connazionali cristiani evangelici con l’accusa proselitismo. Ne dà notizia la Middle East Christian News Agency, citando fonti del ministero degli Esteri egiziano secondo cui l’uomo è deceduto per cause naturali poiché diabetico e affetto di disturbi cardiaci. Interpellata dalla stessa Mcn-direct, Ragaà Abdullah Guirguis, la moglie di Attalah, ha tuttavia raccontato che il marito è morto per le pressioni e le torture materiali inflitte dai carcerieri libici e ha annunciato che farà quindi ricorso ad avvocati internazionali per stabilire la reale dinamica del decesso. Il caso di Attalah ha acceso i riflettori sulla drammatica situazione dei cristiani in Libia, divenuti bersaglio delle milizie salafite che controllano la regione della Cirenaica, scrive Asia News.

Assaltata ambasciata libica al Cairo dopo morte copto in carcere

Decine di egiziani copti hanno assaltato l’ambasciata libica al Cairo. Lo ha riferito il sito web del quotidiano “Ahram”, secondo cui i manifestanti hanno fatto irruzione nell’edificio per protestare contro la morte di Ezzat Hakim, un egiziano copto arrestato nelle scorse settimane in Libia con l’accusa di proselitismo e morto in carcere in circostanze poco chiare. Secondo il quotidiano, i dimostranti hanno bruciato la bandiera della Libia, sostituendola con quella egiziana. L’edificio che ospita la sede diplomatica, inoltre, sarebbe stato danneggiato. Hakim era tra le decine di egiziani di fede copta arrestati in Libia nelle scorse settimane e sottoposti a torture da parte di una brigata salafita di Bengasi.

Asca


Strage Port Said, chieste 21 condanne a morte. Scoppiano scontri fuori dal carcere: 27 vittime

La corte d’assise di Port Said ha chiesto la condanna a morte per 21 dei 73 imputati nel processo per il massacro allo stato di Port Said nel quale vennero uccisi 74 supporter dell’Ahly del Cairo . La sentenza ha scatenato un’ondata di violenza tra i familiari degli imputati e negli scontri scoppiati all’esterno del carcere sono morte almeno 27 persone, mentre altre 150 sono rimaste ferite. Tra le vittime anche due calciatori: Tamer el Fahla, ex portiere del Masri, la squadra locale di Port Said coinvolta nel massacro, e Mohamed el Dezwi, del Marikh.

egitto_scontriScontri e slogan. «Port Said è uno stato indipendente» e «abbasso Morsi e Fratelli musulmani» scandiscono i manifestanti che hanno incendiato copertoni di auto. La polizia ha lanciato lacrimogeni per contenere l’assalto.

Il processo. 
La sentenza definitiva per i 21 imputati condannati a morte deve attendere, secondo la legge egiziana, il via libera da parte della massima autorità religiosa del paese, il gran mufti. La condanna a morte riguarda le accuse di omicidio premeditato. Rimane in sospeso la sentenza dei nove ufficiali di polizia e dei tre manager della squadra avversaria, el Masri, accusati di avere permesso la peggiore strage della storia del calcio egiziano. Il verdetto per gli altri 52 imputati sarà pronunciato il 9 marzo.

26gennaio2013