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Era una manifestazione, non uno sciopero:sindacalista condannato

giudiceAstensione alla Traconf nel 2013: 5 giorni di arresto e 1.300 euro di multa a un esponente del SiCobas. La difesa: primo caso di condanna per aver proclamato uno sciopero

Quella manifestazione non era autorizzata, secondo il giudice, e così il sindacalista è stato condannato a 5 giorni di arresto e 1.358 euro di multa. Unica soddisfazione: la pena non verrà menzionata nel certificato penale.

Il giudice Gianandrea Bussi hacondannato Roberto Luzzi, sindacalista Sì Cobas perché lo ha ritenuto colpevole di aver manifestato davanti alla Traconf, nel settembre dello scorso anno, durante uno sciopero. Il pm Arturo Iacovacci e gli avvocati difensori Gianmarco Lupi ed Eugenio Losco (quest’ultimo del Foro di Milano) ne avevano chiesto l’assoluzione. Lo sciopero, avevano argomentato, è diverso dalla manifestazione secondo la quale è necessaria una autorizzazione della questura, in base al Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza.

«Sono allibito – ha affermato il sindacalista fuori dall’aula – anche perché lo stesso pm aveva chiesto l’assoluzione. Questa sentenza tende ad aderire all’impostazione della questura che vuole far passare lo sciopero come una manifestazione». Stupito anche l’avvocato Losco: «Credo che questa sia il primo caso di condanna di un sindacalista per aver proclamato uno sciopero». Comunque, Losco e Lupi hanno annunciato di attendere le motivazioni della sentenza e di proporre appello.

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Rapinatore condannato ai domiciliari “Obbedisci a tua madre o vai in carcere”

cordatesaO fai come dice mamma, o il carcere. Suona più o meno così l’ordinanza con cui il tribunale di Roma ha concesso gli arresti domiciliari al 19enne, Ayman Soliman, il giovane italo-somalo  arrestato dai carabinieri della stazione di Piazza Dante il 3 gennaio con un complice minorenne, per aver rapinato un supermercato e ferito un carabiniere con una coltellata.

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Olanda – Sentenza sul caso Barchem 4

diffondiamo da informa-azione

barchem4Il 26 febbraio 2013, tutti /e e quattro gli/le imputati /e del caso ‘Barchem 4’ sono stati/e condannati/e.

Le accuse a loro carico sono di aver danneggiato parte della recinzione della struttura ed il rilascio di circa 5000 visoni dalle loro gabbie da un allevamento di animali da pelliccia nella cittadina di Barchem, Olanda.

L’accusa non è riuscita a sostenere la tesi dell’esistenza di una organizzazione criminale ( art.140 del codice penale olandese) e le quattro persone sono state condannate sulla base dell’art.350, danneggiamento aggravato.

Ognuno /a degli imputati e delle imputate ha deciso di appellare la sentenza, con tutta probabilità l’appello avverrà a fine 2013 / inizio 2014.

Come gruppo di supporto per i/le ‘Barchem4 ci teniamo a ringraziare ancora una volta tutte le compagne ed i compagni che hanno espresso solidarietà e supporto attraverso dichiarazioni solidali, iniziative benefit, parole ed azioni.

Per ulteriori aggiornamenti  invitiamo a controllare la pagine Facebook  a questo indirizzo

https://www.facebook.com/supportbarchem4 ed il sito del gruppo di supporto www.svat.nl

Un saluto solidale,

Gruppo di supporto ‘Barchem 4’ / Svat


Aldrovandi, carcere per tre dei quattro agenti condannati

GIUSTIZIA NON è STATA FATTA! ASSASSINI!

Il tribunale di sorveglianza ha accolto la richiesta del pg. Ora Paolo Forlani, Luca Pollastri e Monica Segatto passeranno i prossimi 6 mesi dietro le sbarre invece che ai servizi sociali come richiesto dai loro difensori. Per il quarto poliziotto, Enzo Pontani, sentenza prevista a fine febbraio. La madre di Aldro: “Ora la radiazione dalla polizia”

processo-aldrovandi-ferrara-11Sconteranno i sei mesi residui della condanna in carcere tre dei quattro  poliziotti condannati in via definitiva per l’omicidio colposo di Federico Aldrovandi. Il tribunale di sorveglianza di Bologna ha accolto oggi la richiesta del procuratore generale Mirella Bambace per Paolo Forlani, Luca Pollastri e Monica Segatto che verranno raggiunti adesso dall’avviso di carcerazione. Della condanna a tre anni e mezzo per i fatti del 25 settembre 2005, grazie all’indulto, devono scontare solo sei mesi. Ma quei sei saranno sotto forma di arresto e non, come richiesto dalle difese, in affidamento ai servizi socialmente utili. Per il quarto agente, Enzo Pontani, la sentenza arriverà a fine febbraio, sempre dalTribunale di Sorveglianza, per un vizio di notifica.

Una sentenza, quella del tribunale felsineo, che segna un precedente nella giurisprudenza italiana. “Dal 1975 ad oggi non si è mai registrato un caso di arresto per un delitto colposo”, argomentava prima della diffusione della notizia l’avvocato Gabriele Bordoni, difensore di Forlani. Una decisione insomma che fa scuola ma che non chiude ancora del tutto la battaglia per ottenere giustizia portata avanti dai genitori di Federico. Che ora attendono il pronunciamento del ministero a livello disciplinare, che potrebbe portare alla sospensione o addirittura alla destituzione dei quattro agenti dal corpo di Polizia dello Stato.

E infatti questa “è la prossima tappa della nostra battaglia per aggiungere un altro tassello, quello definitivo, verso la verità e la giustizia”, conferma il padre di Federico, Lino Aldrovandi. Per lui, che da quel 25 settembre ha iniziato a contare letteralmente i giorni da quando è orfano del figlio, “quella di oggi è una notizia che non mi rende felice, come in molti mi han chiesto, ma è quantomeno un segnale verso il cielo. Federico non tornerà, ma chi lo ha ucciso pagherà quaggiù per quello che ha fatto. Davanti a me rimangono le immagini del suo corpo martoriato e delle sue urla di aiuto, quei “basta!” rimasti inascoltati”.

Per Fabio Anselmo, l’avvocato che ha seguito la vicenda fin dai suoi inizi, “oggi è stato dato un segnale di speranza anche a chi sta portando avanti identiche battaglia, come Ilaria, Lucia e Domenica (rispettivamente sorelle e figlia di Stefano Cucchi, Giuseppe Uva e Michele Ferrulli,vittime di casi simili a quello di Aldrovandi); una speranza che la giustizia sia uguale per tutti”.

“È la condanna massima che il tribunale di sorveglianza poteva esprimere e l’ha espressa”, spiega la madre del ragazzo ucciso, Patrizia Moretti, “Una decisione che acquista un alto valore simbolico, non tanto per il carcere in sé, ma per chi vi è condotto. Premesso che chi uccide una persona merita di entrare in una cella, questo verdetto si allinea a una condanna sociale. Spero che sia il preludio alla loro radiazione dalla polizia. Le forze dell’ordine non devono ammettere né tollerare forme di violenza verso le persone. Questa è la condizione necessaria perché quello accaduto a Federico e ad altri come lui non accada mai più”.

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Giustizia, da Strasburgo 3 nuove condanne per l’italia e i suoi processi lumaca

lumacaArriva per l’Italia una nuova condanna da parte della Corte di Strasburgo che ha stigmatizzato ancora una volta l’eccessiva durata dei processi nel nostro paese, sottolineando le problematiche legate al funzionamento della legge Pinto (cioè di quella norma con la quale si introduce il diritto per un cittadino di ricevere un risarcimento per danni morali e patrimoniali, qualora si avesse in corso una causa da più di 3-4 anni).

La sentenza è arrivata su tre diversi ricorsi riguardanti processi che erano stati intentati contro una decisione di esproprio indiretto, tutti durati tra i 12 e i 14 anni rispettivamente. La Corte ha riscontrato la violazione del diritto a godere della propria proprieta’, ma anche allo stesso tempo una violazione dell’equo processo, dal momento che sia la durata che il risarcimento sono risultati troppo esigui. Per questo motivo, l’Italia dovrà risarcire chi ha presentato ricorso per una somma complessiva di 120mila euro.

Fonte: clandestinoweb.com


Metadone in carcere, va in coma

E’ successo nel 1997 nel carcere di Arezzo riportando una lesione cerebrale, ora la sentenza. Il tribunale ha condannato il Ministero della Giustizia a 1 milione e 600 mila euro

astinenza-metadoneAndò in coma nel 1997 per aver ingerito una dose di metadone mentre era nel carcere di San Benedetto ad Arezzo. Oggi il tribunale di Firenze ha condannato il ministero della Giustizia a risarcire il detenuto, all’epoca dei fatti trentenne, con 1 milione e 600 mila euro. “Una sentenza – ha dichiarato l’avvocato Luca Fanfani, legale dell’uomo – che ha puntato ildito sul fatto che la struttura carceraria deve garantire l’incolumità del detenuto, evitando che ingerisca eroina o altre sostanze e, in caso di somministrazione di medicinali, ciò deve essere fatto in maniera corretta”.

Il trentenne, secondo quanto ricostruito nell’indagine, soffriva di tossicodipendenza e ingerì il metadone datogli dagli agenti penitenziari probabilmente assumendo anche dell’eroina che era riusciuto a portarsi in cella. Subito dopo il giovane andò in coma per un lungo periodo di tempo, riportando una lesione cerebrale che lo ha costretto sulla sedia a rotelle.

Fonte: repubblica.it