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Foggia – Rivolta nel CARA di Borgo Mezzanone. Si scrive “accoglienza”, si legge “controllo e sfruttamento”

Diffondiamo da hurriya.noblogs.org

Giovedi 27 ottobre, ancora una volta, i richiedenti asilo del C.A.R.A. (Centro Accoglienza per Richiedenti Asilo) di Borgo Mezzanone, paese a 15 km da Foggia, sono scesi in strada per esprimere la loro rabbia contro le invivibili condizioni del centro e il sempre maggior numero di dinieghi alle domande d’asilo.
Nella mattinata alcune centinaia di persone, secondo quanto scritto dai media, hanno danneggiato mezzi della polizia e parti delle strutture, accendendo dei fuochi all’ingresso del centro e costringendo gli operatori ad allontanarsi. Al solito in breve tempo è scattato l’intervento massiccio di Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza, reparti Continue reading


Bradley Manning: 1000 giorni di galera senza processo, proteste nel mondo e online

bradley-manningSabato 23 febbraio ricorrono i mille giorni di prigionia del soldato statunitense  Bradley Manning, contro cui pende un procedimento penale per aver presumibilmente passato informazioni riservate a WikiLeaks. E ciò senza che si sia svolto un regolare processo né alcuna procedura veloce per la sua carcerazione. Motivo per cui è prevista una giornata di mobilitazione internazionale, inclusi proteste, sit-in, concerti, tavole rotonde e altri eventi in molte città del mondo: in particolare in USA ma anche in Uganda, UK, Portogallo e Corea del Sud — mentre la relativa mappa continua a crescere di ora in ora. Prevista anche una manifestazione davanti all’ ambasciata statunitense a Roma. Analogamente prosegue il flusso di rilanci sui social media, soprattutto tramite l’ hashtag Twitter BradleyManning e con aggiornamenti sul sito del Bradley Manning Support Network.

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Tunisia: il Presidente grazia per 312 detenuti per festeggiare l’anniversario della rivoluzione

freeIl presidente tunisino, Moncef Marzouki, ha concesso la grazia a 312 detenuti in occasione del secondo anniversario della Rivoluzione Il presidente tunisino, Moncef Marzouki, ha concesso la grazia a 312 detenuti in occasione del secondo anniversario della Rivoluzione. Il secondo anniversario della caduta della dittatura di Ben Ali, che sarà celebrato oggi in tutta la Tunisia, ha portato la libertà per 312 detenuti, ai quali il presidente della Repubblica, Moncef Marzouki, ha concesso la grazia. Per altri 1.383 reclusi è stata decisa, con lo stesso provvedimento, una riduzione della pena che accorcerà sensibilmente i tempi della detenzione. Grazia e riduzione di pena sono state concesse da Marzouki sulla base dell’istruttoria fatta da una speciale commissione che ha preso in esame 1702 dossier, dando parere negativo solo su sette di essi.

fuoco (1)Detenuti incendiano celle nella prigione di Mornaguia

Dei detenuti della prigione di Mornaguia, nei pressi di Tunisi, che non avevano beneficiato di un provvedimento di clemenza in occasione del secondo anniversario della rivoluzione, hanno dato fuoco alle loro celle in segno di protesta. Lo ha detto una fonte del ministero della Giustizia. “Dei detenuti delusi per non essere stati graziati hanno messo a fuoco a due materassi nelle loro celle”, ha affermato la fonte. I vigili del fuoco sono accorsi sul posto, mentre le unità della Guardia nazionale (gendarmeria) e dell’esercito sono stati dispiegati attorno alla prigione, ha riferito a sua volta l’agenzia ufficiale Tap. In occasione della celebrazione del secondo anniversario della “rivoluzione dei gelsominI che ha portato alla deposizione dell’ex presidente Zine El Abidine Ben Ali, il capo di Stato tunisino Moncef Marzouki ha graziato 312 detenuti. Per altri 1.300 sono state invece disposte riduzioni di pena.

Fonte ANSA 13gennaio2013


Carceri che scoppiano: proteste a Bellizzi Irpino per le telecamere del sindacato

AVELLINO- Tensioni stamani nel carcere di Bellizzi Irpino per la visita di una delegazione sindacale della Uil-Penitenziari autorizzata dal Dipartimento della Amministrazione Penitenziaria (DAP) a scattare foto e girare video alle celle e alle sezioni detentive.

carcere-300x225Una visita sgradita per i detenuti sottoposti al 41 bis (carcere duro), che non volevano essere ritratti: i carcerati, secondo quanto reso noto dal Sindacato autonomo di polizia penitenziaria (Sappe) hanno manifestato il proprio dissenso dando vita alla ”battitura”, cioe’ picchiando le sbarre con oggetti di metallo.

L’ok dell’amministrazione penitenziaria a fare entrare macchine fotografiche e cineprese nella casa circondariale e’ stata definita come ”una decisione importante verso la trasparenza”, dai due componenti la delegazione, Eugenio Sarno eMassimo Spiezia, rispettivamente segretario generale e componente della Direzione Nazionale della UIL Penitenziari.

”Oggi non abbiamo potuto fotografare le celle perche’ l’autorizzazione e’ stata ritenuta generica e il comandante di Avellino ci ha chiesto di soprassedere a fotografare ambienti detentivi”, ha detto Sarno. ”Pur non condividendo tale impostazione abbiamo voluto seguire le sue indicazioni anche se cio’ ci ha privato della possibilita’ di documentare come celle sovraffollate con letti a castello a tre piani non consentano al personale di effettuare quei controlli di sicurezza, come la battitura delle inferriate, che a volte sono determinanti per evitare evasioni eclatanti come e’ avvenuto recentemente a Busto Arsizio”, ha concluso il segretario generale della Uil Penitenziari.

Il parere della Uil non e’ condiviso, invece, da Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria (SAPPE), che ha stigmatizzato la decisione dell’Amministrazione di concedere il nullaosta e chiesto le dimissioni di chi l’ha adottata: ”il carcere deve essere una casa di vetro, ma se non si rispetta il diritto alla privacy delle persone detenute e’ ovvio che queste si lamentano determinando tensione che solamente i poliziotti penitenziari devono poi fronteggiare”.

Fonte: eolopress.it


Alessandria,proteste nelle due carceri della città

fuocoA poche ore una dall’altra le due carceri di Alessandria hanno vissuto ieri momenti di tensione. Nel
penitenziario Cantiello-Gaeta un detenuto romeno ha cercato di gettarsi dal tetto della struttura,
poco dopo in quello di San Michele altri due detenuti magrebini hanno provocato un incendio e
tentato di darsi fuoco. Lo comunica il sindacato autonomo di Polizia Penitenziaria (SAPPE). I
detenuti sono stati salvati dal tempestivo intervento degli agenti. ”E’ evidente – dichiara Donato
Capece, segretario generale del SAPPE – che le costanti criticita’ quotidiane delle carceri italiane
sono il sintomo palese della loro invivibilita”’.”La situazione penitenziaria e’ sempre piu’
incandescente” sottolinea. Capece ricorda che ”ad Alessandria oggi ci sono complessivamente piu’
di 800 detenuti: 395 alla Casa circondariale Cantiello e Gaeta (che ha 260 posti letto
regolamentari) e 416 alla Casa di reclusione S. Michele, che ha anch’essa 260 posti letto
regolamentari. Insomma, 300 detenuti in piu’ rispetto al previsto”. Dal 1 gennaio al 30 giugno
2012 ad Alessandria ci sono stati 18 atti di autolesionismo e 4 tentati suicidi.(ANSA).


Algeria, carcere e repressione delle proteste degli attivisti

L’Algeria è stato tra i paesi meno toccati dalle rivolte del Medio Oriente e dell’Africa del Nord. Nel 2011 il governo ha accettato di abolire lo stato d’emergenza, in vigore nei precedenti 31 anni, ma con vecchie e nuove limitazioni alla libertà di manifestazione, di associazione e di stampa è riuscito a tenere sotto controllo l’informazione e la protesta sociale, che nel paese prende forma di lotta contro la corruzione, le politiche economiche e l’impunità che ha dominato la fine del “decennio nero”, dal 1992 al 2002.

rivoluzioni-spa-macchiIl 2013 potrebbe riservare delle novità, affatto positive. Da un lato, la possibile escalation degliscontri con Al Qaeda nel Maghreb islamico, anche rispetto a come evolverà la situazione nel vicino Mali, i cui territori del nord sono controllati da gruppi armati islamisti e su cui il Consiglio di sicurezza ha recentemente autorizzato una forza militare internazionale.

Dall’altro, la repressione nei confronti degli attivisti per i diritti umani pare aumentare. Il 2 gennaio Taher Belabès, coordinatore del Comitato nazionale per la difesa dei diritti dei disoccupati, è stato arrestato a Ouargla, nel sud del paese, per “ostacolo al flusso della circolazione” e “incitamento a manifestare”, reati per i quali sono previsti fino a cinque anni di carcere.

Come a Siliana, in Tunisia, a Ouargla le forze di polizia sono intervenute in massa per disperdere una manifestazione pacifica convocata per chiedere lavoro e le dimissioni delle autorità locali, incapaci di affrontare la crescente mancanza d’impiego in una zona ricca di giacimenti e nella quale operano numerose compagnie petrolifere. In questo centro dell’Algeria meridionale, le proteste vanno avanti da tempo.

Non si è trattato del primo arresto nei confronti di chi manifesta per il diritto al lavoro: nel 2012 era accaduto allo stesso Belabès e ad altri cinque attivisti. In passato, però, quasi tutte le persone fermate venivano trattenute per poche ore, interrogate, “ammonite” a stare calme e poi rilasciate. Con la rilevante eccezione di Abdelkader Kherba, arrestato lo scorso agosto mentre guidava una protesta per il diritto all’acqua e protagonista di uno sciopero della fame lungo quasi un mese, prima di essere prosciolto e scarcerato.

A dare uno status legale a questi arresti arbitrari è la legge 19 del 1991 sugli incontri pubblici e le manifestazioni, che obbliga gli organizzatori a chiedere l’autorizzazione otto giorni prima del loro svolgimento. L’autorizzazione può essere negata se l’iniziativa “è contraria ai valori nazionali o pregiudica i simboli della Rivoluzione del 1° novembre (del 1954, Ndr), l’ordine pubblico o la morale”.

Amnesty International e il Relatore speciale delle Nazioni Unite sulla libertà d’espressione continuano a chiedere l’abrogazione della legge o, come minimo, la sostituzione dell’obbligo di autorizzazione con quello di notifica e la fine dei poteri discrezionali di diniego del permesso di svolgimento.


Bolivia, dopo le sommosse nelle carceri Evo Morales firma l’indulto

Quasi 2.000 detenuti usciranno di prigione. Il provvedimento arriva al termine di una settimana di scontri e proteste feroci nelle carceri

Nel weekend il parlamento boliviano ha dato l’ok definitivo alla legge per l’indulto. Quasi 2.000 detenuti usciranno di prigione. Il provvedimento arriva al termine di una settimana di scontri e proteste feroci nelle carceri. Evo Morales, dopo una serie di tentennamenti, si è visto pressochè “costretto” a firmare il provvedimento per sbloccare la situazione.

Il vicepresidente della Bolivia e presidente del parlamento, Álvaro García Linera ha dichiarato che si tratta di una decisione “umanitaria” di Evo Morales per “favorire i detenuti che non sono accusati di reati gravi come omicidio, stupro, terrorismo o separatismo”. Il ministero dell’Interno spiega che l’indulto è destinato ai detenuti che  hanno commesso reati minori, che hanno scontato i due quinti della pena, che hanno tra i 16 e i 25 anni e, soprattutto, le donne in gravidanza”, come anche le persone condannate dalle legislazione antidroga, “ma con pene minori ai dieci anni di carcere”, ade sempio coloro che hanno commesso questo tipo di reato per la prima volta o hanno trasportato quantità minime di droga.

Inoltre potranno beneficiare dell’indulto i detenuti condannati per il primo delitto che rientrino tra gli uomini con più di 58 anni, le donne con più di 55 anni, i giovani fino a 25, i disabili gravi che abbiano scontato un terzo della pena e i malati terminali. Vi potranno accedere anche i genitori con figli a carico sotto i 12 anni che vivono in carcere e abbiano scontato un quinto della loro pena, oltre ai prigionieri per reati minori con sanzioni fino a 8 anni che abbiano già trascorso un terzo del tempo previsto in cella.

La misura era stata richiesta con urgenza dalla Direzione del regime penitenziario proprio per “motivi umanitari”: l’organismo ha sottolineato l’urgenza di decongestionare le carceri boliviane, che ora come ora ospitano 13.840 reclusi, 3.000 in più del 2011. Le proteste organizzate nelle carceri negli ultimi giorni puntavano ad ottenere l’indulto ma anche il versamento alle autorità penitenziarie di arretrati per il mantenimento dei carcerati.

La situazione sanitaria nelle carceri della Bolivia è pessima. La fatiscenza delle strutture e l’eccessivo affollamento portano al diffondersi di malattie che in Europa sono ormai sconosciute come la tubercolosi. L’assistenza sanitaria è assente e quel poco che c’è si deve alle organizzazioni di volontariato e alle chiese locali. Rompersi una gamba in carcere può significare rimanere storpi per sempre. Ma il dato più incredibile è che le carceri in Bolivia sono piene di donne e bambini. Infatti se la famiglia del detenuto non ha mezzi di sostentamento, tutti seguono in prigione l’uomo. A Palmasola dei circa 5.000 abitanti del carcere solo 3.000 sono detenuti. Gli altri sono familiari al seguito.

Fonte: Today.it