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Iran: sei detenuti giustiziati ed un giovane di 24 anni fustigato in pubblico

cordatesaMassiccia repressione e arresti di giovani e donne con l’approssimarsi delle elezioni presidenziali-farsa. Il disumano regime dei mullah ha mandato all’impiccagione pubblica tre detenuti a Kermanshah il 6 Maggio (agenzia di stampa di Stato Fars). Anche il 7 Maggio altri tre detenuti della prigione centrale di Isfahan sono stati impiccati (Unità Centrale per le News del regime). Nello stesso giorno, un giovane di 24 anni ha subito 110 frustate in pubblico. Gli aguzzini dei mullah lo avevano fatto sfilare nelle strade della città di Abyek in maniera umiliante prima di fustigarlo pubblicamente.
Il brigadiere Ahmad Reza Radan, vice-comandante delle Forze di Sicurezza dello Stato (FSS) ha annunciato che i piani di “pubblica sicurezza” verranno implementati da metà Maggio a Tehran e in 17 altre maggiori città come Isfahan, Shiraz, Kerman e Hamadan nonché nelle provincie di Alborz, Khorassan, Mazandaran, Gilan e Golestan. Basandosi su questo piano repressivo, un gran numero di giovani vengono arrestati con Continue reading


Iran: Detenuto di Bandar-Abbas giustiziato e a Gohardasht uno suicidato

prison-bars-green-smallIl regime disumano dei mullah ha impiccato un uomo di 28 anni che aveva tentato di uccidersi la notte precedente, dopo aver subito anni di abusi in carcere. E’stato impiccato il 2 marzo, ma ora è stato rivelato che era già in condizioni critiche, al momento della sua esecuzione dopo essersi tagliato la gola.
In un’altra occasione, il prigioniero Alireza Shahbazi, di 23 anni, si è suicidato in carcere a Gohardasht il 25 aprile, dopo aver sopportato anni di atrocità dietro le sbarre.
Shahbazi stato arrestato all’età di 15 anni, e poiché non poteva permettersi di pagare il prezzo del sangue, ha trascorso otto anni in condizioni spaventose a Gohardasht, che è stato paragonato ad un campo di sterminio.

Shahbazi era stato convocato in Continue reading


Arabia Saudita: domani 7 esecuzioni, condannato lancia ultimo appello a fermare la pena capitale

rszbambini-500x325Un appello a fermare la pena capitale a cui sarà sottoposto domani con altri sei sauditi. È quello lanciato da Nasser al-Qahtani, che è riuscito a parlare con Associated Press grazie a un telefono cellulare trafficato di nascosto nel carcere di Abha General, dove è detenuto. L’uomo è stato arrestato come membro di una rete di 23 persone che hanno partecipato a furti in gioiellerie tra il 2004 e il 2005. Al-Qahtani spiega di aver dovuto confessare sotto tortura e di non aver avuto accesso agli avvocati.
Il principale imputato, Sarhan al-Mashayeh, sarà crocifisso per tre giorni, mentre gli altri saranno uccisi dal plotone di esecuzione. “Non ho ucciso nessuno. Non avevo armi mentre ho compiuto il furto, ma la polizia mi ha torturato, mi ha picchiato e ha minacciato di attaccare mia madre per costringerla a dire che avevo delle armi con me, mentre io avevo solo 15 anni. Non merito la pena di morte”, dichiara il giovane. Gruppi per i diritti umani hanno chiesto alle autorità saudite di fermare le esecuzioni.
Al-Qahtani, che oggi ha 24 anni, sostiene che gran parte della rete di cui faceva parte era composta da minorenni al momento dei furti. Il gruppo è stato arrestato nel 2006. Sette sono stati condannati a morte nel 2009. Sabato re Abdullah ha ratificato la pena e li ha inviati nel carcere di Abha, nella provincia sudoccidentale di Asir. Le autorità hanno fissato domani come giorno per le esecuzioni. Negli otto anni di detenzione, Al-Qahtani ha visto tre volte il giudice, ma quest’ultimo, spiega, non gli ha assegnato un avvocato e non ha ascoltato i suoi racconti, quando diceva di essere stato torturato. “Gli abbiamo mostrato i segni delle torture e dei pestaggi, ma non ci ha ascoltato”, ha continuato il giovane.

Fonte: la presse


Stati Uniti: prima esecuzione dell’anno con la sedia elettrica, modalità scelta dal detenuto

Aveva chiesto di essere giustiziato con la sedia elettrica, altrimenti avrebbe colpito ancora. Tanto da aver ucciso anche due detenuti del carcere dove stava scontando l’ergastolo (per un altro omicidio, ndr), per accelerare la sua condanna a morte. Si è la svolta nella notte in Virginia, come spiega Abc.news, l’esecuzione di Robert Gleason, un 42enne che aveva rinunciato anche al suo diritto di appello, nonostante i legali fossero contrari alla sua decisione.

sediabigEra stato proprio John Sheldon, uno degli avvocati a presentare ricorso contro la scelta di Gleason, spiegando come l’uomo soffrisse di “gravi disturbi mentali”. Ma il ricorso non è stato accolto dalla corte della Virginia, che non ha raccolto le prove presentate dal legale, che ha tentato invano di dimostrare la sua depressione, citando anche i diversi tentativi di suicidio. Gleason non si è limitato a chiedere la condanna a morte: ha anche scelto di morire non con l’iniezione letale, bensì sulla sedia elettrica. Rimettendo così in azione lo strumento di morte, per la prima volta dal 2010. Il legale ha protestato fino alla fine, ma è servito a poco: la sentenza fatale è diventata esecutiva non appena è stato negato anche il ricorso dalla Corte Suprema.

Gleason aveva ammesso di aver strangolato quattro anni fa il suo compagno di cella, il 63enne Harvey Watson, nello stesso giorno in cui aveva commesso il delitto per il quale era stato punito con l’ergastolo. Da tempo richiedeva di essere giustiziato, tanto da aver pure ucciso un altro compagno di cella, il 26enne Aaron Cooper, utilizzando la rete di protezione del cortile del carcere. Ovviamente, era stato il primo a dichiararsi colpevole.

Come riporta l’Huffington Post, è stato il governatore Bob McDonnell ad aver spiegato come l’uomo non avesse espresso alcun rimorso per gli omicidi. Anzi, aveva dichiarato che, se non fosse stato giustiziato, avrebbe continuato ad uccidere. “Per i giudici competenti ha agito in modo cosciente”, si è difeso, contro le critiche del suo legale. Spiegando in passato la sua scelta macabra, Gleason aveva sottolineato come avesse ucciso “in passato soltanto criminali, mai persone innocenti”, ma che avrebbe fatto di tutto per “mantenere la promessa ad una persona cara”: “Soltanto così potrò spiegare ai miei figli cosa succede se diventi un omicida”, aveva dichiarato l’uomo. Delle 1320 condanne a morte, da quando la pena è stata reintrodotta nel 1976, 157 sono avvenute attraverso la sedia elettrica. secondo quanto spiega il Death Penalty Information Center.

di Alberto Sofia    Fonte:  giornalettismo.com