Caos e violenze sull’Isola di Manus: dove la polizia ha fatto irruzione nel famigerato centro di detenzione per richiedenti asilo che fin dal 2012 ospita i migranti che tentavano di raggiungere l’Australia dai paesi dell’Asia sud-orientale. Dichiarato incostituzionale, il centro era stato chiuso lo scorso 31 ottobre, ma centinaia di persone avevano rifiutato di lasciarlo affermando di temere per il loro futuro e la loro sicurezza. Secondo le prime notizie decine di persone sarebbero state arrestate, compreso il portavoce dei richiedenti asilo, il giornalista iraniano Behrouz Boochani. Continue reading
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Gricignano d’Aversa – La violenza del sistema di accoglienza
Diffondiamo da Hurriya
Il 10 novembre nel centro di accoglienza di Gricignano d’Aversa, in provincia di Caserta, durante l’ennesima protesta delle persone che vivono nella struttura, uno dei gestori, Carmine Della Gatta, ha sparato due colpi di pistola al volto del diciannovenne Alagiee Bobb, ferendolo gravemente. Da oltre un anno le 150 persone che vivono segregate nel centro portano avanti delle proteste per denunciare le condizioni di accoglienza: sovraffollamento, pessimo cibo, mancanza di assistenza sanitaria e degli altri servizi etc. [1] [2] Nel marzo 2016 erano scesi nelle strade bloccando l’adiacente via Cardini, ma nulla era cambiato: le autorità sono al corrente delle situazioni nei centri di accoglienza ma, tranne in casi di macroscopici scandali, ritengono che vada bene così. Non è un caso che con tanta semplicità il sindaco di Gricignano dichiari di aver sottoposto a TSO (trattamento sanitario obbligatorio), solo una settimana fa, una persona che protestava. Continue reading
Migranti, prima attivista italiana processata a Nizza
Otto mesi di reclusione con la condizionale e due anni di interdizione dal territorio francese. È questa la richiesta pronunciata ieri dal procuratore Alain Octuvon-Bazile nell’aula del Tribunale di Nizza al processo contro Francesca Peirotti, ventinovenne italiana accusata di aver «favorito l’ingresso irregolare di otto migranti su territorio francese». La sentenza è prevista per venerdì 19 maggio alle ore 8.30, trecento persone hanno partecipato al presidio per la “libera circolazione” di fronte al Palazzo di Giustizia. Francesca stava percorrendo Continue reading
Immigrati, ancora bocche cucite al Cie di Roma: ora sciopero della sete
Continua la protesta al Cie di Ponte Galeria, alle porte di Roma. Tredici immigrati, tutti con la bocca cucita, sono al sesto giorno di sciopero della fame e della sete. “Non riescono più ad alzarsi dal letto o ad andare in bagno”, ha raccontato un migrante intervistato da Rai News 24, che stamane è entrata con le telecamere nella struttura inquadrando i tredici, visibilmente deboli, sdraiati sui letti. Continue reading
Il lager di Lampedusa – Migranti denudati nel centro di contrada Imbriacola
Denudati, messi in fila, umiliati, sottoposti a disinfestazione. Sono le immagini girate dal tg2 nel centro di contrada Imbriacola, a Lampedusa; scene che richiamano un passato lontano che nessuno avrebbe voluto più vedere.
Donne, uomini, eritrei, somali, siriani, ghanesi, kurdi, spogliati nel cortile del centro di prima accoglienza e soccorso per poi essere raggiunti dal getto di una pompa per debellare una malattia che gli viene attribuita Continue reading
Migranti, i “costi “disumani” per respingerli e trattarli male
Respingimenti alla frontiera, rimpatri forzati e internamento dei migranti irregolari sono strumenti repressivi che violano i diritti umani, portano scarsi risultati e sono costati almeno un miliardo e 600 milioni di euro alle casse pubbliche dal 2005 al 2012. A fare luce su uno dei capitoli oscuri di spesa dello Stato è un’indagine indipendente a cura di Lunaria, realizzata con il sostegno di Open Society Foundations. Il rapportoCosti disumani mette insieme per la prima volta tutte le fonti di finanziamento, come il fondo europeo “Rimpatri”, il fondo europeo per le “Frontiere esterne” e il “Pon Sicurezza”, in gran parte gestiti dal ministero dell’Interno, e le Continue reading
Condizioni di vita inumane, peggio del carcere
Quattordici visite agli undici Centri di permanenza italiani, un anno di testimonianze raccolte (da febbraio 2012 a febbraio 2013), un dossier di oltre 200 pagine. Alla fine del lavoro i Medici per i diritti umani hanno certificato “condizioni di vita inumane, peggiori di quelle delle carceri” offrendo svariati motivi in più al ministro dell’Integrazione, Cecile Kyenge, per andare avanti nella sua opera: “I Cie e i Cara vanno superati”. I Cie ospitano immigrati in attesa di identificazione o di espulsione. I Cara gli immigrati che hanno chiesto asilo.
I lavoro dei Medici per i diritti umani fa comprendere, innanzitutto, una questione prettamente economica: i Cie non sono in grado di garantire condizioni dignitose ai “trattenuti” perché lo Stato italiano ha fortemente disinvestito su queste strutture. Alcuni esempi. La prima gestione del Continue reading
Centri di identificazione ed espulsione: i dati nazionali del 2012
Secondo i dati forniti dalla Polizia di Stato, nel 2012 sono stati 7.944 (7.012 uomini e 932 donne) i migranti trattenuti in tutti i centri di identificazione ed espulsione (CIE) operativi in Italia. Di questi solo la metà (4.015) sono stati effettivamente rimpatriati con un tasso di efficacia (rimpatriati su trattenuti) del 50,54%. Si conferma dunque la sostanziale inutilità dell’estensione della durata massima del trattenimento da 6 a 18 mesi (giugno 2011) ai fini di un miglioramento nell’efficacia delle espulsioni, dal momento che il rapporto tra i migranti rimpatriati rispetto al totale dei trattenuti nei CIE è incrementato di appena il 2,3% rispetto al 2010, anno in cui il limite massimo per la detenzione amministrativa era ancora di sei mesi. Rispetto al 2011, poi, l’incremento del tasso di efficacia nei rimpatri è risultato addirittura irrilevante (+0,3%). Per di più, se si compara il numero effettivo di rimpatri effettuati nel 2008 (anno in cui i termini massimi di trattenimento erano ancora di 60 giorni) con quello del 2012, si registra una flessione da 4.320 a 4.015 (si veda grafico rendimento CIE). Il numero complessivo dei migranti rimpatriati attraverso i CIE nel 2012 risulta essere l’1,2% del totale degli immigrati in condizioni di irregolarità presenti sul territorio italiano (326.000 secondo le stime dell’ISMU al primo gennaio 2012).
Se dal punto di vista della rilevanza dei numeri e dell’efficacia, la detenzione amministrativa si conferma essere uno strumento sostanzialmente fallimentare nel contrasto dell’immigrazione irregolare, il prolungamento del tempo massimo di detenzione nei CIE ha invece drammaticamente peggiorato le condizioni di vita dei migranti all’interno di queste strutture. Tale evidenza è stata sistematicamente riscontrata dai team di Medici per i Diritti Umani (MEDU) durante le viste effettuate in tutti i CIE nel corso dell’ultimo anno e confermata dagli stessi enti gestori e, sovente, anche dai rappresentanti delle Prefetture. In effetti per quanto concerne il prolungamento dei tempi massimi di trattenimento è pressoché unanime il giudizio negativo espresso dai responsabili degli enti gestori dei 10 CIE monitorati da MEDU nel corso degli ultimi 12 mesi. Tale misura ha infatti seriamente compromesso la gestione complessiva dei centri causando gravi problemi organizzativi, logistici e sanitari. A conferma dell’aggravamento del clima di tensione e dell’ulteriore deterioramento delle condizioni di vivibilità all’interno dei centri di identificazione ed espulsione, vi sono le numerose rivolte e fughe che si sono verificate nel corso dell’anno appena trascorso: nel 2012 sono stati 1.049 i migranti fuggiti dai CIE, vale a dire il 33% in più rispetto al 2011.
Alla luce delle ulteriori evidenze acquisite in un anno di monitoraggio, Medici per i Diritti Umani ritiene necessario riportare la questione del superamento dei CIE nel dibattito elettorale delle prossime elezioni politiche. Le gravi e ripetute violazioni dei diritti umani dei migranti – ancor più dell’evidente inefficacia dei centri di identificazione ed espulsione – impongono una radicale revisione dell’attuale sistema di detenzione amministrativa. Tale revisione non può che avvenire nell’ambito di una profonda riforma della legge “Bossi-Fini” che porti a politiche migratorie atte a garantire reali possibilità di ingresso regolare e di inserimento sociale. Su questi argomenti è quanto mai urgente che le forze che si candidano a governare l’Italia si esprimano con la dovuta chiarezza.
Roma, 30 gennaio 2013
fonte: Medici per i Diritti Umani
Mineo. Una discarica per richiedenti asilo
Era la primavera del 2011. Migliaia di tunisini presero la via del mare per cercarsi un’altra vita in Europa. La rivolta che aveva scosso il paese, contagiando quelli vicini, aveva reso meno chiuse le frontiere. Il ministro dell’Interno, il leghista Maroni, affrontò l’ondata di sbarchi da par suo, trasformando Lampedusa in un gigantesco carcere a cielo aperto, nella vana speranza di scaricare la patata bollente agli altri Stati Europei. Quando la situazione divenne incandescente decise di aprire campi-tenda e vecchie caserme per rinchiudere gente che voleva solo proseguire il proprio viaggio.
Finì all’italiana. Quelli arrivati entro il 5 aprile ottennero un permesso di sei mesi, quelli sbarcati dopo erano clandestini.
In questo caos in cui la criminalità del governo era pari solo alla sua cialtroneria i CIE si riempirono all’inverosimile di gente più che disponibile ad animare rivolte su rivolte. L’intero sistema concentrazionario italiano andò in crisi. In questo clima maturò l’affare Mineo.
A Mineo, 35 chilometri dalla base militare di Sigonella, la ditta della famiglia Pizzarotti aveva costruito un residence per le famiglie dei militari statunitensi. Nella primavera del 2011 il residence è vuoto, perché gli americani hanno optato per soluzioni più comode ed economiche.
Pizzarotti si ritrova una patata bollente che non riesce a piazzare in nessun modo, finché un governo amico non decise di togliergli le castagne dal fuoco trasformando il residence in CARA, ossia un centro per richiedenti asilo. Lì vennero deportati richiedenti asilo da ogni angolo di’Italia, interrompendo le pratiche già in atto, spezzando le relazioni con la gente del luogo. In questo modo i CARA si potevano trasformare in CIE e la famiglia Pizzarotti non ci rimetteva un euro.
Due anni dopo il CARA di Mineo è strapieno, luogo di proteste e rivolte da parte di profughi e rifugiati, dimenticati in questa prigione nel deserto. Le pratiche, tutte concentrate a Catania, si sono allungate all’infinito, le risposte tardano, Mineo è diventata una polveriera.
Anarres ne ha parlato con Antonio Mazzeo. Ascolta l’intervista a radio blackout