SABOTAGGIO COMPAGNO DI CHI LOTTA!
Rinchiuso nel carcere di Busto Arsizio, tra le centinaia di detenuti, c’è anche Lucio, un compagno No TAV arrestato l’11 luglio insieme ad altri due compagni, Graziano e Francesco, Continue reading
ANTICARCERARIA contro tutte le oppressioni
SABOTAGGIO COMPAGNO DI CHI LOTTA!
Rinchiuso nel carcere di Busto Arsizio, tra le centinaia di detenuti, c’è anche Lucio, un compagno No TAV arrestato l’11 luglio insieme ad altri due compagni, Graziano e Francesco, Continue reading
Il sindaco varesino dice no alla decisione del Dipartimento di amministrazione penitenziaria regionale di chiudere definitivamente la vecchia e malandata casa circondariale dei Miogni per accentrare il tutto a Busto Arsizio.
“Offensivo” addirittura, secondo il sindaco di Varese e presidente di Anci Lombardia Attilio Fontana, se si dovesse i chiudere i Miogni per accentrare tutto non a Varese, il capoluogo, ma a Busto Arsizio. “Offensivo” nei confronti della città innanzi tutto, dice Fontana da rappresentante della cittadinanza varesina, e “offensivo” nei confronti delle amministrazioni locali, ribadisce da primo rappresentante “sindacale” dei comuni lombardi.
Il Dipartimento di amministrazione penitenziaria regionale, dopo anni di dibattito sul futuro della vecchia e malandata casa circondariale dei Miogni, ne avrebbe chiesto infatti la chiusura definitiva. Il futuro dei presenti e prossimi detenuti sul territorio nelle intenzioni sarebbe quindi da accentrare a Busto Arsizio, dove il carcere esistente potrebbe essere ampliato quanto basta per farne una struttura unica a livello provinciale.
La decisione archivierebbe definitivamente il Piano carceri varato dal governo Berlusconi nel 2010; in quel documento Varese viene indicata come una delle otto città considerate strategiche per costruire una nuova struttura detentiva anche per la presenza dell’aeroporto internazionale di Malpensa. Si prevedeva pertanto la costruzione di un nuovo maxi carcere da un minimo di 450 posti e la contemporanea dismissione dei Miogni, appena 99 posti. Un provvedimento però difficilmente attuabile in carenza di risorse economiche del Ministero, tanto che non ha mai trovato seguito nonostante l’amministrazione comunale di Varese da subito avesse indicato un’area abbastanza ampia e collegata per la nuova struttura, in Valle Olona.
Su un punto in ogni caso il Ministero non ha mai lasciato spiragli: la ristrutturazione dei Miogni era esclusa, non essendo possibile ampliarlo in modo significativo e risultando quindi un’operazione diseconomica rispetto alla costruzione di un carcere nuovo di zecca e grande cinque volte tanto. Così a livello regionale sarebbe stata presa la decisione ritenuta più conveniente, mandando su tutte le furie il primo cittadino del capoluogo. Lui stesso, ammette, non ne sapeva nulla fino a ieri. “Nessuno si è fatto sentire – prosegue Fontana – Sarebbe assurda la decisione in sé e sarebbe assurdo che fosse stata presa senza neanche consultare gli enti locali interessati. Sarebbe insomma l’ennesimo provvedimento offensivo di questo stato inefficiente e centralista che se ne frega del territorio e di chi ci vive”. Una scelta insomma totalmente inadeguata, per il sindaco, scaturita dalla “solita, nota incapacità di affrontare i problemi e dalla non-volontà di risolverli”.
“Sono anni che si parla di ammodernamento e risanamento del carcere di Varese. Se anche avessero intenzione di chiuderlo – rincara Fontana – l’ipotesi andrebbe discussa con il territorio prima di prendere la decisione a livello politico”. Anche perché nonostante gli effetti non sarebbero immediati, sarebbero un bel problema per chi lavora con in Tribunale a Varese. “Magistrati, avvocati, forze dell’ordine, dovranno andare di continuo a Busto Arsizio.
Adesso manderò una lettera per chiedere di essere almeno informato su cosa sia stato deciso precisamente, dove e quando. In quanto rappresentante della comunità varesina credo sia mio diritto”. Aria di pesante polemica, insomma, sul futuro dei Miogni, tornato prepotentemente alla ribalta dopo la clamorosa evasione dei tre romeni. Varese si batte in difesa di un proprio carcere, il Comune ricorda di avere già individuato un’area possibile per la costruzione nella zona di Valle Olona. se si decidesse per la costruzione ex novo. Ma ribadisce anche la possibilità di mantenere il carcere attuale, con opportune opere di ristrutturazione.
Fonte: Il Giorno
Busto Arsizio, 28 febbraio 2013 – Di nuovo oltre la soglia dei 400 i detenuti la casa circondariale bustese che da anni soffre di sovraffollamento. Negli ultimi tempi la struttura carceraria in via per Cassano è finita al centro dell’attenzione prima per la condanna della Corte europea dei diritti umaniarrivata all’Italia per le condizioni dei detenuti in celle sovraffollate, poi per alcuni personaggi noti, finiti dietro le sbarre. Spenti i riflettori mediatici che si erano accesi sui detenuti famosi, la casa circondariale bustese si ritrova con i problemi che la riguardano da tempo, a cominciare dal sovraffollamento. Situazione difficile che tuttavia e per fortuna non impedisce di promuovere all’interno esperienze di lavoro importanti, come la cioccolateria e la panetteria, avviata con successo pochi mesi fa e già “affamata” di nuovi spazi per potenziare la produzione. Intanto sono di nuovo aumentati i carcerati.
«Eravamo scesi a 380 – spiega il direttore Orazio Sorrentini – ora siamo di nuovo a 409 detenuti, a fronte di una capacità di 167 posti». La maggior parte dei carcerati sono stranieri, oltre 60%, effetto della presenza di Malpensa. Due anni fa sembrava essere vicina la soluzione del grave problema del sovraffollamento grazie al protocollo d’intesa che l’allora Ministro della Giustizia Angelino Alfano aveva firmato con il Presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni. Era il mese di marzo 2011: l’intesa prevedeva interventi a Opera, Bergamo e Busto Arsizio. Per il carcere bustese si trattava di realizzare una nuova struttura con una capacità di 200 posti (costo 11 milioni di euro).
La città di Busto Arsizio aveva addirittura ricevuto un encomio dal Ministero e dalla Regione per la tempestività con cui aveva dato la disponibilità all’ampliamento, segno di attenzione ai problemi della realtà carceraria. Invece quel piano è rimasto sulla carta, messo “nel cassetto” dai tagli decisi dal Governo Monti. Ma il sindaco Gigi Farioli è pronto a sollecitare i nuovi eletti in Parlamento affinché riconsiderino il progetto di ampliamento per il carcere bustese.
Martedì 5 marzo sarà visitato dalla Commissione consiliare dei Servizi sociali del comune di Busto Arsizio, che di recente ha avviato in collaborazione con la casa circondariale un progetto di inserimento lavorativo per due detenuti. «Siamo pronti e siamo lieti per la visita della commissione consiliare – dice il direttore Sorrentini – è uno dei segnali importanti di attenzione da parte dell’istituzione».
Purtroppo,
Sventata evasione dal carcere di Busto Arsizio: la Polizia Penitenziaria ha fermato un sudamericano che aveva già progettato la fuga come nel più classico dei film polizieschi. Durante i controlli notturni le guardie si sono accorte che il detenuto non prendeva mai sonno. Da qui i primi sospetti: la Polizia Penitenziaria ha così deciso di trasferire di cella l’uomo, in modo da perquisire quella dove alloggiava con un altro carcerato. In effetti, i sospetti erano fondati: una volta entrati nella stanza i poliziotti hanno trovato tutto quello che cercavano.
Lo straniero aveva nascosto sotto il letto a castello una lunga e solida corda rudimentale realizzata con ritagli di lenzuola e coperte, una corda molto resistente. La componente di metallo posta al lato del letto come protezione si prestava inoltre ad essere utilizzata come gancio per tenere ben salda la corda alla finestra del bagno, già divelta: con un seghetto l’uomo aveva realizzato anche due piccole fessure in una delle sbarre protettive di ferro. Per non farsi scoprire aveva inoltre riempito le fessure con del sapone. Anche la battitura sulle sbarre eseguita dai poliziotti non consentiva di avvertire l’anomalia.
La finestra è affacciata su un piccolo cortile non molto distante dal muro esterno dell’istituto penitenziario. Per il carcerato sarebbe stato quindi facile, una volta calatosi dalla finestra, scalare la cinta e fuggire dalla casa circondariale. L’uomo è ora tenuto in stretta sorveglianza: sarà trasferito in un altro istituto.
Fonte: poliziapenitenziaria.it