Sanremo – Una morte sospetta, una foto agghiacciante e un “corvo” in caserma. Tutto nasce lo scorso 5 giugno, a Riva Ligure. Il caso è quello di Kaies Bohli, 36 anni, pregiudicato tunisino, deceduto all’ospedale di Sanremo subito dopo l’arresto. Sono le 19.05, una telefonata anonima al 112 segnala uno spacciatore all’opera, i carabinieri si precipitano nel piazzale del supermercato Lidl di Riva Ligure, Bohli – vecchia conoscenza delle forze dell’ordine – si dà alla fuga mentre fa scivolare a terra i cento grammi di eroina che ha in tasca. Poi il guard-rail che non riesce a saltare, la caduta, il tentativo di sottrarsi all’arresto che sfocia in una colluttazione. I militari lo bloccano e lo caricano sull’auto di Continue reading
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Un pestaggio al CIE di Trapani
diffondiamo da Macerie
Venerdì, nel Cie di Trapani Milo, un recluso viene brutalmente picchiato dai poliziotti di guardia. Il medico, dopo aver visitato il pestato, assicura che non è nulla di grave. L’avvocato d’ufficio, “consigliato” direttamente dai poliziotti, non si capisce bene che cosa farà. Il direttore del centro (che si è fatto le ossa al Cie di Modena), dopo aver assistito al pestaggio, invita i prigionieri ad “avere pazienza”. Ma i reclusi di pazienza non ne hanno davvero più: fotografano il ferito, vogliono che si sappia in giro quel che succede a Trapani, e per protesta iniziano uno sciopero della fame, ben consapevoli che contro la prepotenza della polizia non rimane altro che “andare sotto e far casino”.
Aggiornamento 20 maggio. Lo sciopero Continue reading
Carcere – Sulle motivazioni del trasferimento di Madda ad Agrigento e sua situazione attuale
diffondiamo da informa-azione notizie sulle motivazioni del trasferimento di Madda ad Agrigento e sulla sua situazione attuale:
Segue (tardivo) resoconto delle vicende relative al trasferimento di Madda dal carcere “Pagliarelli” di Palermo a quello di Agrigento, da lei comunicate ad alcuni compagni.
Il tutto ha origine il giorno 25 di gennaio. Durante le fasi finali di un colloquio con la sorella, le due si abbracciano, al che la guardia inizia a sbraitare per l’ “evidente” violazione del regolamento.
Alla prima sbirra se ne aggiungono altre due ed insieme cominciano a spintonare Madda durante il tragitto di ritorno. A “placare gli animi” interviene la coordinatrice, che riporta la compagna in cella, e di lì immediatamente in infermeria. Madda si ritrova davanti due medici e una psicologa che cercano di instaurare un “dialogo” ma vengono prontamente liquidati.
Di nuovo riportata in cella, Madda se la vede svuotare dalla poche cose presenti (era allora sottoposta a 14/bis), per poi venire edotta dell’ordine della psicologa di restare nuda (solo slip) a causa del suo stato di presunta “agitazione”.
Al suo ovvio rifiuto segue la solita prassi: dopo aver indossato i guanti, in tre le saltano addosso e partono una scarica di calci e pugni alla testa e alla schiena, oltre a varie tirate di capelli. Dopo poco al pestaggio si aggiunge pure uno sbirro del maschile, che precede l’arrivo di un’intera squadretta. I secondini decidono per l’intervento del medico che dovrebbe somministrare una puntura sedativa a Madda. Scongiurata in qualche modo questa “soluzione, i secondini optano per il riordino della cella e per le manette, con la quale Madda viene caricata sul blindato, destinazione Agrigento.
Le notizie che ci giungono da Agrigento sono queste: a Madda vengono ancora sottoposti alcuni cicli di isolamenti della durata di 10 giorni, le è ancora applicata la censura con conseguente trattenimento di parte della corrispondenza (e dei libri) e non le vengono fatti passare i francobolli.
Per scrivere a Madda:
Maddalena Calore
C. C. “Petrusa”
P.zza P. di Lorenzo 4
92100 Agrigento
Picchiato a morte dai poliziotti in cella, video choc in Belgio
Bruxelles – (Adnkronos/Ign) – Il giovane di 26 anni, Jonathan Jacob, è stato pestato da un gruppo di agenti. E’ morto per un’emorragia al fegato. Il filmato mandato in onda dalla tv ‘Vrt’.
Attenzione, il video contiene immagini che possono urtare la sensibilità dell’utente
Il Belgio è sotto choc per le agghiaccianti immagini del pestaggio a morte di un detenuto in un commissariato nella provincia di Anversa, diffuse dalla rete televisiva fiamminga Vrt e ora visibili online. L’uomo ucciso è un 26enne, Jonathan Jacob, picchiato senza pietà da sei agenti in tenuta anti sommossa, con caschi, scudi e manganelli.
I fatti, avvenuti nel 2010, sono venuti alla luce solo ieri sera con la diffusione del video. Il giovane, che aveva assunto anfetamine, era stato arrestato a causa del suo comportamento sospetto. Inizialmente gli agenti lo avevano portato in un ospedale psichiatrico perché fosse internato, ma qui Jacob si mostra molto violento e il direttore respinge il ricovero. Il giovane viene riportato allora in cella, dove viene chiesto a un medico di somministrargli un calmante.
Jacob non si calma e in attesa del medico arrivano i poliziotti. La telecamera della cella del commissariato di Morstel lo mostra completamente nudo, mentre un nugolo di agenti vestiti di nero lo investe, picchiandolo senza pietà. Quando il medico arriva, il giovane è già morto per un’emorragia al fegato. A scioccare il pubblico è anche il fatto che uno degli agenti responsabili sia ancora in servizio. Il ministro degli Interni, Joelle Milquet, afferma oggi su Le Soir che quest’ultima circostanza è “inammissibile”.
Pestarono ultras e lo resero invalido al 100%. Assolti otto poliziotti di Bologna
Nel 2005 alla stazione di Verona dopo il match tra Hellas e Brescia, Paolo Scaroni fu manganellato dagli agenti del reparto mobile del capoluogo emiliano. Molte le omissioni durante le indagini, tra cui 10 minuti di video ‘cancellati’ in cui l’uomo viene massacrato di botte, ora acquisiti dalla Procura scaligera che aprirà un’inchiesta.
Fu manganellato fino a essere ridotto in coma e invalido al 100 %. Ora per quel pestaggio otto poliziotti del settimo reparto mobile di Bologna sono stati assolti dal Tribunale di Verona: sette di loro per insufficienza di prove, mentre un ottavo agente, alla guida della camionetta, per non aver commesso il fatto. Tutti erano accusati di lesioni gravissime nei confronti del tifoso del Brescia, Paolo Scaroni, malmenato nel 2005 nella stazione della città veneta dopo una partita di serie A tra l’Hellas Verona e la formazione lombarda. Determinante nella decisione del giudice è stato il taglio e la manipolazione del filmato girato dalla stessa Polizia, che riprese i momenti delle violenze. Il caso, molto simile a quello di Federico Aldrovandi, rischia quindi di rimanere senza colpevoli
La vicenda era stata svelata grazie al lavoro silenzioso di una collega degli imputati, una commissaria di Polizia di stanza a Verona, che aveva sentito a lungo Paolo Scaroni quando il ragazzo, dopo il coma, aveva ripreso a parlare. La agente sfidando l’ostilità intorno a lei aveva ricostruito tutti i passaggi di quel pomeriggio di sangue. Il pestaggio avvenne all’interno della stazione il 24 settembre 2005.
Le prime relazioni ‘ufficiali’ nascosero la vicenda di Scaroni. Parlarono, nell’ordine, di scontri tra gli ultras delle due squadre, poi di una reazione della polizia a un attacco da parte degli ultras bresciani che avevano occupato i binari. La questione di Paolo, ridotto in fin di vita venne derubricata come quella di un “malore sul treno”. A rendere più difficile l’accertamento della verità inoltre, prima del rinvio a giudizio, ci s’era messo anche un pm che aveva avanzato due richieste diarchiviazione perché, sosteneva, i caschi impedivano di riconoscere gli agenti picchiatori.
L’indagine scrupolosa pian piano aveva tuttavia svelato che quel pomeriggio alla stazione dei treni non c’erano ultras avversari. Non solo: gli agenti della Polizia ferroviaria spiegarono che la ‘macelleria’ era partita su iniziativa dei colleghi del reparto mobile. Ma la prova madre del pestaggio di Paolo Scaroni, quei minuti di video ripresi dalla polizia, furono cancellati. Ma da chi? Anche per la manipolazione del video ora verrà aperta un’inchiesta dalla Procura: “Il giudice – ha spiegato dopo la sentenza il legale di parte civile, Alessandro Mainardi – ha inviato gli atti alla Procura per il taglio di 10 minuti nel filmato in cui il mio assistito viene massacrato di botte”
Ma intanto chi picchiò Paolo potrebbe rimanere impunito. “Dobbiamo andare avanti, non dobbiamo mollare”, ha detto Scaroni dopo la lettura della sentenza. “La mia storia è simile a quella di Federico Aldrovandi, Gabriele Sandri, Stefano Cucchi, Carlo Giuliani – aveva detto Scaroni in passato – la differenza è che io sono ancora vivo e posso parlare”. La decisione del giudice è stata accolta con cori di disapprovazione da parte di decine di ultras bresciani assiepati fuori del tribunale. La tifoseria bresciana fin da quando Scaroni lottava per la vita in ospedale, aveva iniziato a chiedere la verità su quanto era accaduto quel pomeriggio. L’avvocato di parte civile si è riservato la lettura delle motivazioni prima di valutare il ricorso in appello.
Fonte: ilfattoquotidiano.it