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Campania: Antigone; tre morti in un solo mese nella Casa Circondariale di Napoli-Poggioreale

diffondiamo da ristretti-orizzonti

le-croci-rosa-ciudad-jarezNel solo mese di febbraio sono morti, per cause da appurare, tre detenuti nel carcere di Poggioreale, nel quale sono “ospiti” circa 2.781 unità su una capienza di 1.679 posti. Lo rende noto oggi Mario Barone, Presidente dell’Associazione Antigone-Campania.
“L’1 Febbraio 2013 C.D., già ricoverato al Centro Clinico interno al Carcere di Poggioreale, è deceduto dopo un ricovero urgente al Loreto Mare. F.M. è morto il 6 Febbraio 2013 in Ospedale, dove era stato ricoverato dal 26 gennaio 2013. R.F. è deceduto a seguito di un malore in istituto il 16 febbraio 2013: il 118 ne ha constatato il decesso”.
Questa la drammatica sequenza di morti secondo il portavoce dell’associazione. “È davvero un dato preoccupante” – ha detto Barone – “la sequenza di tre decessi per ragioni legate alla salute. Nei primi due casi, il ricovero in una struttura ospedaliera extra-muraria, avvenuta solo pochi giorni prima del decesso, solleva non pochi interrogativi sugli standard delle prestazioni sanitarie rese all’interno del carcere. Per quanto riguarda l’ultima morte improvvisa, ci chiediamo quali siano le procedure previste nei casi di emergenza e quali interventi di pronto soccorso si attivino in attesa dell’arrivo dei sanitari del 118”.
“Nonostante siano passati cinque anni dal passaggio della sanità penitenziaria dal Ministero della Giustizia alla competenza delle Asl” – continua Barone – “ad oggi, non abbiamo dati affidabili e certi sui quali effettuare un monitoraggio. Secondo le nostre stime oltre il 60% dei detenuti presenta una patologia cronica. La tutela della salute in carcere rimane una zona grigia dei diritti fondamentali del detenuti”.
“Il nuovo Parlamento” – ha concluso il presidente campano di Antigone – “dovrà occuparsi, non solo delle drammatiche condizioni di sovraffollamento carcerario che hanno portato l’Italia ad essere condannata dalla Corte europea dei diritti dell’Uomo, ma anche della tutela del diritto universale alla salute all’interno degli istituti di pena. Noi da subito segnaleremo questi decessi al Garante campano dei diritti dei detenuti e al Presidente della Commissione Sanità e Sicurezza sociale del Consiglio regionale perché se ne approfondiscano le cause e le dinamiche”.

 


Psichiatria. Una persona morta ogni 50 giorni e tutto va bene…

 Clinica Colle Cesarano: un morto ogni 50 giorni. Polverini ignora le denunce

 mattiLo strano caso della casa di cura psichiatrica di Tivoli. Fino al 2004 era un centro d’eccellenza, ma, dopo il cambio di gestione e l’accreditamento (provvisorio) al servizio sanitario regionale, da tre anni muore un paziente ogni 50 giorni. L’ultimo caso ad agosto. Le interrogazioni si susseguono dal 2009 e ora la Commissione parlamentare d’inchiesta sugli errori sanitari vuole vederci chiaro.
Di Ambra Murè
Un fuoco incrociato di interrogazioni bipartisan presentate in Consiglio Regionale e in Parlamento. Denunce. E la Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori sanitari che chiede un supplemento d’indagine. La casa di cura psichiatrica Colle Cesarano sta a Tivoli, ma è diventata un caso nazionale.
UN MORTO OGNI 50 GIORNI – Sul sito si legge che la struttura, accreditata provvisoriamente al servizio sanitario regionale per 200 posti letto, è un “moderno centro di cura, con utilizzo di tecnologie di gestione avanzate”. La asl Roma G assicura che gli esiti dei controlli, “completi, puntuali e severi”, sono sempre stati positivi. Ma il numero impressionante di decessi tra i pazienti (42 dal 2004 al 2011, uno ogni cinquanta giorni negli ultimi tre anni) è già di per sé fonte di un legittimo sospetto.
L’ultimo, ambiguo caso è quello di un uomo di sessantacinque anni, morto ad agosto per soffocamento da cibo, mentre si trovava nella sala mensa. Il signor Saporetti, questo il suo nome, era affetto da depressione. E avrebbe dovuto essere adeguatamente sorvegliato. I familiari hanno sporto denuncia, consegnando ai Carabinieri anche un video girato col cellulare nella camera mortuaria della clinica (che in quel momento aveva peraltro l’impianto di condizionamento fuori uso).
Nelle immagini, scrive il senatore Domenico Gramazio (Pdl) in un’interrogazione presentata il 14 ottobre scorso, “appare il corpo straziato del signor Saporetti, in un lago di sangue, defluito dall’incisione praticata dai medici alla trachea, nel tentativo di farlo respirare. Incisione poi non suturata una volta constatato il decesso”. “Condizioni inumane, in apparente violazione della normativa in materia”, aggiunge il presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori sanitari, Leoluca Orlando (Idv), che in questa vicenda è deciso “ad andare a fondo”. E per questo è tornato a suonare alla porta della Polverini, chiedendo informazioni più precise. La relazione inviata in precedenza dalla Regione infatti “non basta a chiarire quanto avvenuto”. È necessario un supplemento d’indagine.
3 ANNI DI DENUNCE – Le prime denunce sulla clinica Colle Cesarano risalgono al 2009. Già allora il consigliere regionale Tommaso Luzzi (Pdl), in un’interrogazione urgente, la paragonava a “un girone dell’inferno dantesco”. Già allora si parlava di “condizioni igienico-sanitario scandalose”, “farmaci scarsi”, “sicurezza inesistente” e “decessi palesemente sospetti”. Un caso su tutti: un paziente trovato morto, in stato avanzato di decomposizione, a oltre un chilometro di distanza dalla casa di cura. Era fuggito circa dieci giorni prima e i dipendenti già allora denunciarono la mancanza di un adeguato servizio di sorveglianza dei ricoverati.
In tre anni nulla è cambiato. Anzi. Il 16 giugno scorso, due mesi prima della morte del signor Saporetti, i consiglieri radicali Giuseppe Rossodivita e Rocco Berardo avevano (ri)sollevato il problema presentando un’interrogazione urgente sulla clinica. Diventata, a loro giudizio, “una realtà agghiacciante”, “il terrifico esempio di cosa produce la mala gestione se abbinata al torpore degli enti preposti al controllo”.
Le accuse contenute nel documento erano gravi e circostanziate: igiene e sanificazione dei reparti “inadeguati”, “servizi igienici spesso indecorosi”, “vitto scarso” e “non adeguato” alle patologie dei pazienti (tra cui diabetici, obesi, affetti da sindromi metaboliche, iponutriti ecc.), acqua attinta da “pozzi dove non sempre si rilevano parametri di potabilità”, riscaldamento “acceso per un numero di ore assolutamente insufficiente”, centro di riabilitazione chiuso.
Se tutto questo non bastasse, scrivevano Rossodivita e Berardo, “il solo dato delle morti dei degenti, pari a circa uno ogni cinquanta giorni negli ultimi tre anni, dovrebbe esser fonte di un immediato intervento della Regione per verificare lo stato della assistenza ai pazienti psichiatrici ricoverati”. Così non è stato. L’interrogazione urgente è rimasta senza risposta. Un altro ricoverato è morto. E i due consiglieri c’hanno riprovato, presentando una nuova interrogazione il 9 settembre.
piroL’ECCELLENZA PERDUTA – Se questa è la nomina, non proprio lusinghiera, della struttura, verrebbe da chiedersi come mai la Regione abbia deciso di inserirla (provvisoriamente) tra quelle accreditate al servizio sanitario. La risposta è semplice: fino a qualche anno fa, la casa di cura era considerata un centro di primo livello. Ottenendo riconoscimenti in entrambe le due prime edizioni (2003 e 2004) del premio “Eccellenza in Sanità”.
I problemi sono cominciati nel 2004, quando il centro ha subito un cambio di gestione. Passando dalla mani della Centro Clinico Colle Cesarano spa a quelle della Geress srl. Dal 1999, il tasso di mortalità del ricoverati era pari a zero. E nessuno aveva mai avanzato dubbi sulla qualità del servizio offerto. Poi, nel 2009, le prime morti sospette, le prime interrogazioni in Consiglio regionale e i primi articoli sui giornali.
La situazione, secondo Leoluca Orlando, è ulteriormente peggiorata dopo la decisione (marzo 2010) di “mettere in mobilità 26 lavoratori senza ridurre però i posti letto, obbligando il personale a turni fino a 178 ore mensili (a fronte delle 156 previste), lasciando turni scoperti e facendo svolgere attività delicate da personale non qualificato”. “I carichi di lavoro degli infermieri – scrivevano a giugno i consiglieri regionali Rossodivita e Berardo – sono tali da non permettere di agire secondo responsabilità e priorità assistenziale. La carenza è tale che talvolta un intero piano, pari circa a 57 degenti, è presidiato da un solo infermiere in nulla distinguendosi la situazione dal sovraffollamento delle carceri”.
Alla luce di questo i due consiglieri radicali hanno formalmente chiesto alla presidente Polverini “se non ritenga opportuno sospendere qualsiasi procedura volta ad un accreditamento definitivo della struttura”. Si attende ancora la risposta della governatrice (e commissario straordinario alla sanità).