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Buoncammino: “No alla conta dei detenuti alle 3 del mattino”

aboliamo la svegliaUn ordine di servizio impone, nel penitenziario cagliaritano, una conta numerica notturna, alle 3 del mattino. “Un inutile dispendio di energie” in un carcere “sovraffollato”, dove un centro clinico ospita una trentina di ammalati e anziani, (tra cui diverse persone con gravi disturbi psichici) e  dove più di un terzo dei detenuti (oltre 200) sono tossicodipendenti. E’ la denuncia di Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme”, che contesta l’ordine di servizio, assunto per riaffermare il principio della massima sicurezza negli Istituti Penitenziari.

“Sorprende”, afferma la Caligaris , “che il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria possa ritenere di risolvere il problema della sicurezza con irruzioni notturne dentro le celle nel cuore della notte, senza considerare invece che l’Istituto conta oltre 540 detenuti anziché 345, secondo quanto stabilisce la capienza regolamentare, e che non è stato ancora colmato il deficit di circa 60 Agenti di Polizia Penitenziaria. Sembra inoltre che si voglia ignorare che dalla Casa Circondariale è quasi impossibile evadere”.

Secondo il consigliere regionale un’iniziativa di questa portata rischia di esasperare gli animi dei reclusi, costretti a condividere uno spazio ridottissimo anche in 6 persone. Potrebbe infatti suscitare reazioni finora scongiurate grazie ad un clima, improntato al dialogo e alla responsabilità dei detenuti “nonché incentrato sulla professionalità degli operatori”.

La conta numerica avviene in diverse momenti del giorno, come al mattino alle 6, e della sera e contempla spesso anche delle perquisizioni nelle celle. “Un tale controllo sistematico, nel cuore della notte, sarebbe inoltre impossibile senza un rafforzamento dell’organico”, aggiunge la Caligaris, “altrimenti si verificherebbe un’esposizione a rischio degli Agenti nel servizio notturno quando sono presenti soltanto 11 operatori per altrettante sezioni ciascuna delle quali è strutturata in più celle con letti che arrivano ai soffitti. Il Dipartimento”, conclude, “dovrebbe impegnarsi a favorire la territorialità della pena e ad attivare tutte quelle iniziative utili a ridurre il numero di detenuti, anziché continuare ad ammucchiarli e pretendere di fare nozze con i fichi secchi”.


2012/Carceri: nuovo ‘anno horribilis’. Sovraffollamento drammatico

L’ultimo grido d’allarme e’ venuto dal mondo cattolico che ha fatto da eco alla coraggiosa protesta di Marco Pannella. Tra i silenzi assordanti che non scuotono il Belpaese c’e’ anche quello del dramma-carceri che ci avvicina ormai piu’ a un paese del terzo mondo che ad una nazione avanzata, cosi’ come testimoniano varie ‘reprimende’ e piu’ di una condanna da parte del Consiglio d’Europa. Il 2012, infatti, verra’ ricordato come un ennesimo ‘anno horribilis’ dai numeri sconcertanti. Innanzitutto quello del sovraffollamento quantificato dalla Caritas a punte ormai pari al 140% di presenze in piu’ rispetto al limite massimo di capienza degli istituti carcerari.

Situazione definita dalla realta’ cattolica ”ormai ai limiti dell’immaginabile” e che costituisce una ”costante violazione del dettato costituzionale”.

Gli ultimi dati a disposizione fotografano una presenza nei nostri penitenziari che ha toccato quota 67 mila detenuti, 20 mila in piu’ rispetto al numero effettivo dei posti disponibili (circa 45 mila).

Al 30 novembre 2012 sono 9.953 i detenuti che usufruiscono dell’affidamento in prova al servizio sociale e 9.126 quelli in detenzione domiciliare, di cui 2.676 per effetto della legge 199 del 2010; 874 in semiliberta’; 2.675 in misure di sicurezza e sanzioni sostitutive. Sono circa 24 mila, invece, i detenuti stranieri provenienti da 107 diversi paesi.

Eppure il Guardasigilli Paola Severino che nel corso dell’anno di governo tecnico ha cercato di mettere in cantiere qualche misura legislativa per affrontare l’ormai drammatica questione, nelle ultime sue dichiarazioni non si e’ detta cosi’ pessimista. ”Non e’ vero che abbiamo numeri da record, – e’ stata la posizione espressa dalla Severino – il sovraffollamento ha cifre simili alle nostre in altri paesi ed e’ un problema comune in quasi tutti gli Stati dell’Unione”. Per affrontare il problema del sovraffollamento ha, quindi, indicato due misure: da una parte la costruzione di nuovi posti di detenzione per aumentare la capienza delle carceri, dall’altra far si’ che la detenzione in carcere sia una misura da adottare il meno possibile, privilegiando la espiazione del reato fuori dal carcere.

Ma una drammatica spia della situazione, e’ rappresentata dai suicidi in cella che, ha ricordato la Caritas, al 12 dicembre 2012 hanno raggiunto la cifra di 59 detenuti che si sono tolti la vita, oltre a 9 poliziotti pinitenziari ed a 151 il totale delle morti in carcere.

Una vera mattanza se si pensa che dal 2000 ad oggi si contano ben 750 suicidi tra i detenuti e 96 tra le fila della Polizia penitenziaria.

Dati che hanno portato il responsabile dell’Area carcere della Caritas don Sandro Spriano a parlare di strutture, le attuali carceri italiane, che ”di fatto condannano a morte centinaia di persone”. ”Il carcere oggi – ha detto il cappellano – non passa neppure uno slip all’anno ai cittadini che vi vengono ‘ospitati’, passa solo un letto (e alle volte neppure quello) e un pasto che costa all’erario 3 euro al giorno tra colazione, pranzo e cena. Qui non e’ piu’ solo lo scandalo del sovraffollamento ma delle inumane condizioni di vita in cui decine di migliaia di esseri umani sono costretti a vivere, soprattutto i piu’ poveri”.

Eppure nel dicembre 2011 il governo Monti aveva approvato il cosiddetto Decreto ‘svuota-carceri’ con la previsione di due modifiche nell’art. 558 del codice di procedura penale che prevedevano, nei casi di arresto in flagranza, che il giudizio direttissimo dovesse essere necessariamente tenuto entro, e non oltre, le quarantotto ore dall’arresto, non essendo piu’ consentito al giudice di fissare l’udienza nelle successive quarantotto ore.

Con la seconda modifica veniva introdotto il divieto di condurre in carcere le persone arrestate per reati di non particolare gravita’. In questi casi l’arrestato doveva essere, di norma, custodito dalle forze di polizia.

Tra le altre misure, il passaggio da dodici a diciotto mesi della pena detentiva che puo’ essere scontata presso il domicilio del condannato anziche’ in carcere. Secondo le stime del Dap una misura che avrebbe cosi’ consentito di estendere la platea dei detenuti ammessi alla detenzione domiciliare di circa 3.300 unita’.

Tra le altre iniziative allora approvate dal governo, lo stanziamento di 57 milioni di euro per l’edilizia carceraria e l’introduzione della cosiddetta ”messa in prova” nel quale ”il giudice valuta il percorso per il recupero della persona imputata che dovrebbe essere fatto nella prima fase del dibattimento”. Evidentemente nulla di tutto cio’ si e’ realizzato.

Fonte: Asca.it