AGRIGENTO. Niente acqua calda dai rubinetti: una sessantina di detenuti protestano con lo sciopero della fame. Rifiutano il cibo dell’istituto, qualcuno ha anche buttato nell’immondizia quello portato dall’esterno per dimostrare il proprio disappunto. La situazione, dopo sette giorni, dovrebbe comunque tornare alla normalità. Ieri mattina la direzione del carcere Petrusa è riuscita a reperire i fondi e far partire i lavori all’impianto idrico. La protesta dei detenuti del braccio che in gergo viene chiamato “primo destro” è iniziata l’11 marzo scorso. In questa sezione del carcere, definita di “alta sicurezza”, ci sono circa sessanta detenuti per reati di tipo associativo. Si tratta di condannati o persone detenute nella fase cautelare per associazione mafiosa, traffico di droga e altri reati particolarmente gravi. All’origine del problema c’era un guasto all’impianto di distribuzione dell’acqua all’interno del carcere. Un difetto nel sistema di smistamento che aveva isolato soltanto la sezione “alta sicurezza” del penitenziario di contrada Petrusa. Dai rubinetti usciva solo acqua gelida. Lavarsi e farsi le docce era completamente improponibile viste anche le temperature molto rigide degli ultimi giorni della stagione invernale. I detenuti, anche attraverso familiari e avvocati, hanno informato della questione i responsabili della polizia penitenziaria del carcere. Il direttore Valerio Pappalardo, ieri mattina, ha confermato che il problema è prossimo alla soluzione. «Abbiamo cercato di fare tutto in fretta – ha detto ieri mattina – ma i tempi e le procedure di una pubblica amministrazione sono sempre molto più complicati. I tecnici stanno intervenendo per risolvere il problema, lo abbiamo già comunicato ai detenuti – ha aggiunto Pappalardo – che interromperanno la protesta iniziata una settimana prima». La protesta, nel frattempo, va avanti. Cesserà solo quando i reclusi vedranno operai al lavoro e la soluzione auspicata più vicina.
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Carcere – Sulle motivazioni del trasferimento di Madda ad Agrigento e sua situazione attuale
diffondiamo da informa-azione notizie sulle motivazioni del trasferimento di Madda ad Agrigento e sulla sua situazione attuale:
Segue (tardivo) resoconto delle vicende relative al trasferimento di Madda dal carcere “Pagliarelli” di Palermo a quello di Agrigento, da lei comunicate ad alcuni compagni.
Il tutto ha origine il giorno 25 di gennaio. Durante le fasi finali di un colloquio con la sorella, le due si abbracciano, al che la guardia inizia a sbraitare per l’ “evidente” violazione del regolamento.
Alla prima sbirra se ne aggiungono altre due ed insieme cominciano a spintonare Madda durante il tragitto di ritorno. A “placare gli animi” interviene la coordinatrice, che riporta la compagna in cella, e di lì immediatamente in infermeria. Madda si ritrova davanti due medici e una psicologa che cercano di instaurare un “dialogo” ma vengono prontamente liquidati.
Di nuovo riportata in cella, Madda se la vede svuotare dalla poche cose presenti (era allora sottoposta a 14/bis), per poi venire edotta dell’ordine della psicologa di restare nuda (solo slip) a causa del suo stato di presunta “agitazione”.
Al suo ovvio rifiuto segue la solita prassi: dopo aver indossato i guanti, in tre le saltano addosso e partono una scarica di calci e pugni alla testa e alla schiena, oltre a varie tirate di capelli. Dopo poco al pestaggio si aggiunge pure uno sbirro del maschile, che precede l’arrivo di un’intera squadretta. I secondini decidono per l’intervento del medico che dovrebbe somministrare una puntura sedativa a Madda. Scongiurata in qualche modo questa “soluzione, i secondini optano per il riordino della cella e per le manette, con la quale Madda viene caricata sul blindato, destinazione Agrigento.
Le notizie che ci giungono da Agrigento sono queste: a Madda vengono ancora sottoposti alcuni cicli di isolamenti della durata di 10 giorni, le è ancora applicata la censura con conseguente trattenimento di parte della corrispondenza (e dei libri) e non le vengono fatti passare i francobolli.
Per scrivere a Madda:
Maddalena Calore
C. C. “Petrusa”
P.zza P. di Lorenzo 4
92100 Agrigento
Detenuto tenta il suicidio nell’Agrigentino
In Italia i detenuti si tolgono la vita 9 volte di più rispetto al resto della popolazione. La media italiana è di un suicidio ogni 20mila abitanti. Nelle prigioni come dimostrato da “l’Espresso” c’è un suicidio ogni 924 reclusi. Questo dato dimostra ‘l’ invivibilità’ del nostro sistema penitenziario e delle pessime condizioni in cui i carcerati sono costretti a vivere.
Oggi un detenuto extracomunitario ha tentato di impiccarsi in cella, ma il tempestivo intervento di un assistente capo di Polizia penitenziaria ha evitato il peggio.
Il triste episodio si è verificato nella Casa circondariale di Sciacca,in provincia di Agrigento. Lo ha riferito in una nota la segreteria regionale Osapp congratulandosi con il personale del carcere saccense.
La situazione, però, può essere cambiata: formando gli agenti, lavorando in rete con le Asl, migliorando le condizioni di vita tra le sbarre e combattendo il sovraffollamento. Tutte queste soluzioni possono aiutare a non far esplodere questa bomba a orologeria che è già stata azionata.