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Carcere di Uta, salta l’accordo: cantiere lumaca, operai in agitazione
É saltato l’accordo tra l’impresa Opere pubbliche che sta realizzando il nuovo istituto penitenziario di Uta e il Commissario straordinario con delega al carcere, il prefetto Angelo Sinesio. Non è stata pagata la mensilità di febbraio e la Cassa edile arretrata. “Non sono stati rispettati gli impegni firmati a Roma – lamenta il segretario regionale della Fillea Cgl, Chicco Cordeddu – lunedì mattina scriveremo al prefetto di Roma perché si sostituisca all’impresa. Almeno in questo modo gli impegni saranno onorati. Gli operai attendono il saldo delle retribuzioni di febbraio e la Cassa edile. Non si può andare avanti con questo continuo tira e molla. Non accetteremo ulteriori ritardi”.
Nel cantiere di Macchiareddu, da tempo, purtroppo, a mesi alterni sventolano le bandiere dei sindacati che proclamano lo sciopero. Fuori a protestare i lavoratori. La precarietà e l’incertezza della busta paga che forse non arriverà strema i quaranta operai. Sono disperati. Se poi l’azienda non versa le rate alla Cassa edile, non spetta loro neppure il premio di anzianità di aprile. In parecchi hanno paura perché le rate da pagare non concedono slittamenti.
Intanto, ieri gli operai hanno pulito per bene il reparto dove si terranno i colloqui con i detenuti e l’ala della parte maschile. Con la nave proveniente da Civitavecchia arriveranno gli articolati pieni di mobili. Arredamenti per le zone già ultimate. Il mese scorso erano arrivati i letti e li hanno scaricati e sistemati gli operai. Domani no, restano a casa. I lavoratori hanno chiesto al geometra chi domani avrebbe scaricato la mobilia. Non è arrivata risposta. Allora le voci hanno iniziato a circolare. La struttura carceraria è costruita per conto del Ministero delle Infrastrutture mentre l’arredamento riguarda il Ministero di Grazia e Giustizia. Per questo probabilmente, se ne occuperà la struttura penitenziaria. Ecco allora che le voci corrono veloci: chi scaricherà i camion e sistemerà gli arredi nella sala colloqui e nelle celle maschili?
Sardegna – In arrivo nell’isola 188 i detenuti con il 41 bis
Il Dipartimento di amministrazione penitenziaria ha previsto 94 reclusi pericolosissimi a Sassari e altri 94 a Uta, mentre nella struttura di Badu ’e Carros ne resterà solo uno: il boss Antonio Iovine
SASSARI. Saranno 189 i detenuti di altissima pericolosità, quelli reclusi con il rigido regime del 41 bis, che arriveranno in Sardegna durante l’anno. A ospitarli saranno le nuove carceri di Sassari-Bancali e Cagliari-Uta e anche il vecchio ma ristrutturato penitenziario nuorese di Badu ’e Carros. Per i reclusi in regime di 41 bis sono infatti in fase di ultimazione 94 celle singole a Bancali e altre 94 a Uta. Celle molto particolari e superattrezzate, realizzate rispettando tutti i requisiti di sicurezza previsti per quel tipo di detenzione dura riservata ai criminali più pericolosi: soprattutto mafiosi e camorristi.
Il detenuto numero 189, ma sarebbe più logico definirlo numero 1 vista la sua altissima pericolosità, è il boss dei Casalesi Antonio Iovine: é l’unico recluso con il 41 bis a Badu ’e Carros da due anni.
Nelle due carceri di Bancali e Uta dove saranno reclusi i 41 bis non sono invece previsti detenuti identificati con il regime di alta sicurezza: questa è una misura preventiva fondamentale predisposta dal Dap (Dipartimento amministrazione penitenziaria) per evitare che i boss possano entrare in contatto con più facilità con la loro manovalanza e quindi mantenere rapporti con l’esterno. Una condizione necessaria anche per garantire la sicurezza del territorio sul quale gravita tutta l’attività legata ai penitenziari.
Il pericolo di infiltrazioni della criminalità organizzata è il rischio maggiore di un carcere che ospita tanti detenuti di altissimo spessore criminale, ma il Dap e il ministero della Giustizia hanno sempre escluso, per quanto riguarda la Sardegna, questa possibilità con la spiegazione che la Sardegna sarebbe assolutamente impermeabile a eventuali collegamenti con questo genere di criminalità. Una valutazione confermata dagli studi fatti proprio in funzione della nuova dislocazione della popolazione carceraria sul territorio nazionale e su quello regionale.
Il ministero della Giustizia ha previsto per i detenuti con il 41 bis, che in tutta Italia sono oltre 600, l’isolamento. Un termine che però è molto più ampio di come viene solitamente inteso: isolamento per il ministero e per il Dipartimento carcerario significherebbe anche portare più criminali pericolosi possibili in penitenziari dai quali sia quasi impossibile la fuga e ancora più difficili i collegamenti con l’esterno. Quindi, quale posto migliore di una terra con il mare intorno come la Sardegna?
Proprio partendo da questa idea-base, era stata prospettata dal ministro della Giustizia, Paola Severino, la possibile riapertura del carcere nell’isola-parco dell’Asinara. Un penitenziario di altissima sicurezza, comunque inserito nell’isola-parco. Idea morta sul nascere, ma non sepolta visto che il progetto sarebbe comunque in cima alla lista delle misure da adottare in caso di inasprimento dell’attività della criminalità organizzata. Nel frattempo, in Sardegna stanno continuando ad arrivare detenuti dalla penisola. Anche durante il periodo natalizio ne sono stati trasferiti alcune centinaia, immediatamente accompagnati nei due nuovi penitenziari appena entrati in attività: quello di Nuchis, in Gallura, che ha sostituito la vecchia “Rotonda” di Tempio e quello di Massama, nell’Oristanese, che ha sostituito la fatiscente struttura di “Piazza Mannu”.
Tra i nuovi arrivati non ci sarebbero sardi, neppure quelli considerati di alta pericolosità, e sarebbero pochissimi quelli riportati in questi mesi nell’isola per scontare le loro pene. Nonostante le richieste dei reclusi e dei familiari, costretti a lunghe trasferte e ad affrontare spese sempre più impegnative per potere vedere anche solo per pochi minuti i loro cari. Una scelta che risulta inspiegabile, quella del Dap, che non avrebbe finora fornito alcuna spiegazione ufficiale sul mancato trasferimento di sardi in Sardegna, trascurando così anche la petizione con migliaia di firme a sostegno della cosiddetta “territorialità della pena”: cioè che i detenuti debbano scontare le condanne all’interno della loro terra di origine.
Sul futuro delle carceri isolane la situazione sarebbe comunque ancora in fase di studio da parte del ministero della Giustizia e del Dipartimento di amministrazione penitenziaria. L’unica certezza, almeno per il momento, è soltanto sul numero dei detenuti con il 41 bis visto che nei due nuovi penitenziari di Bancali e Uta sono in fase di ultimazione le 188 (94+94) celle singole nei quali dovranno trascorrere i loro giorni fino all’espiazione della pena. Per il resto della popolazione carceraria ci sono soltanto ipotesi, ma senza numeri precisi. Sembra comunque certo che a Massama-Oristano e a Nuchis-Tempio saranno destinati in gran numero reclusi di alta-altissima sicurezza. Nuchis è stato infatti classificato dal Dap come As3, che significa alta sicurezza. A regime può ospitare 150 detenuti e la metà di loro (già arrivati) sono criminali molto pericolosi: mafiosi e camorristi di notevole spessore criminale, alcuni dei quali ergastolani. A Massama sono invece previsti 250 detenuti, oltre la metà dei quali dovrebbero essere di altissima sicurezza.
Ma i penitenziari isolani, nuovi e vecchi, oltre che ai detenuti sardi sembrano vietati anche alle guardie carcerarie. Nonostante l’inizio dell’attivita di due nuove strutture e l’imminente apertura di Sassari e Uta, sono stati pochissimi gli agenti sardi riportati a casa a fronte di oltre 650 richieste presentate e le carenze di personale un po’ ovunque.