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Morto detenuto pestato a sangue davanti a stampa in Sudafrica

Jail_1954Johannesburg, 18 gen. Il detenuto pestato a sangue dai secondini di un carcere di Groenpunt à Deneysville, in Sudafrica, davanti agli occhi dei giornalisti che accompagnavano una delegazione parlamentare è morto. Lo scrive oggi il quotidiano The Star. Nel carcere aveva avuto una rivolta la settimana passata.
La vice responsabile dei servizi penitenziari del paese, Grace
Molatedi, raggiunta dal quotidiano ha confermato il decesso del
detenuto spiegando che aveva cercato di uccidere una delle
guardie. atri due detnuti sono stati seriamente feriti.
“La commissione parlamentare aveva lasciato il posto. Poi, attraverso la recinzione, abbiamo visto una folla di secondini aggredire un uomo vestito di arancione, apparentemente un prigioniero indifeso, che si contorceva e gemeva di dolore – aveva scritto ieri The Star di Johannesburg. “Non sappiamo chi sia, nè cosa gli sia accaduto dopo. Ma noi abbiamo visto passare l’uomo da uno all’altro, percosso brutalmente. Mentre le macchine fotografiche scattavano, seguendo l’azione, gli uomini in marrone (i guardiani, ndr) hanno continuato a picchiare il prigioniero”. Il Times racconta oggi la stessa storia.
Secondo uno dei giornali, le fotografie sono state cancellate dalla polizia nella successiva perquisizione dei giornalisti.Il 7 gennaio scorso i detenuti del carcere di Groenpunt, a Deneysville, nel centro del Paese, hanno dato fuoco a un’ala del penitenziario per denunciare le loro condizioni di vita. La rivolta ha causato il ferimento di 50 detenuti e di nove secondini, oltre al trasferimento in altri istituti di 500 persone.

Fonte: ilmondo.it


Morto in carcere, indagati cinque medici a Trani

Chiuse le indagini per la morte di Gregorio Durante, 34enne di Nardò, mandato in isolamento nonostante sofrisse di crisi epilettiche. Secondo l’accusa, l’uomo, non è stato curato e assistito adeguatamente. I familiari: la sua vicenda come quella di Stefano Cucchi

Il sospetto è fondato. Secondo l’accusa fosse stato ricoverato per tempo in ospedale forse non sarebbe morto. Invece, emerge dai verbali, i sanitari che lo avevano in cura in carcere avrebbero agito con superficialità nonostante le condizioni di salute dell’uomo fossero gravi, tanto che non riusciva a camminare, non mangiava e non comunicava più, rifiutando anche di assumere farmaci. Il magistrato della procura di Trani Luigi Scimè ha chiuso l’inchiesta sulla morte di Gregorio Durante, il detenuto 34enne di Nardò trovato cadavere il 31 dicembre del 2011 all’interno della cella numero 5 della sezione “Italia” del carcere, e ha notificato 5 informazioni di garanzia nei confronti di altrettanti medici che si occuparono del caso

Si tratta di Francesco Monterisi, Michele De Pinto, Gioacchino Soldano, Francesco Russo e Giuseppe Storelli, accusati di concorso in omicidio colposo. Le condizioni di salute dell’uomo, trapela da fonti inquirenti, avrebbero suggerito l’adozione immediata di idonei trattamenti diagnostici e terapeutici presso un reparto ospedaliero. Invece il detenuto rimase in carcere e morì, ha stabilito l’autopsia, a causa di una crisi respiratoria indotta da un’intossicazione da fenorbital, farmaco utilizzato per il trattamento dell’epilessia.

Gregorio Durante, accusato di aver ucciso il 1 aprile del 1984 l’assessore della pubblica istruzione del comune di Nardò Renata Fonte, soffriva di crisi epilettiche associate a crisi psicomotorie a causa di una encefalite contratta nel 1995, quando aveva 17 anni. Stava scontando una condanna a 6 anni di reclusione per uno schiaffo che, pur essendo in regime di sorveglianza, aveva dato a un ragazzo, nel corso di un diverbio avuto perché il giovane stava per fare cadere per le scale, con uno sgambetto, la compagna di Durante, Virginia, all’epoca incinta. Gregorio, ricordano le cronache, fu inizialmente ricoverato in ospedale a Bisceglie e poi dimesso il 13 dicembre. Due giorni dopo i suoi legali depositarono un’istanza di sospensione dell’esecuzione della pena, che sarebbe terminata nel 2015, o in alternativa di detenzione domiciliare per gravissimi motivi di salute ed incompatibilità con il regime carcerario.

A detta dei familiari, che paragonarono il caso di Gregorio a quello di Stefano Cucchi, il detenuto morto nel 2009 nel carcere di Regina Coeli a Roma, forse per le botte ricevute dagli agenti di polizia penitenziaria, il personale del carcere si sarebbe convinto che l’uomo fingesse di essere malato tanto da punirlo con tre giorni di isolamento all’aria aperta. Dal penitenziario di Trani si sono sempre difesi sostenendo che l’uomo era stato sempre seguito e curato, che medici e magistrato di sorveglianza avevano anche predisposto il trasferimento in una struttura psichiatrica giudiziaria, delle poche ancora rimaste in Italia, ma non c’erano posti liberi.

di GIOVANNI DI BENEDETTO

da Repubblica