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Palestina – Due attivisti ISM arrestati, rischiano espulsione

riceviamo e diffondiamo:

Aggiornamenti:

Marco ha deciso di resistere alla deportazione ed urgono DONAZIONI per far fronte alle spese legali

Aggiornamento del 10 febbraio: attivista ISM in sciopero della fame!

Dave e Marco sono detenuti nel carcere di Givon e rischiano la deportazione.

palestina_0Uno di loro, Marco Di Renzo (54 anni), ha deciso di iniziare uno sciopero della fame da stasera(ieri sera per chi legge) in solidarietà con i prigionieri politici palestinesi e per protestare contro la sua espulsione illegittima. Ha deciso anche di smettere di prendere i sui farmaci per la pressione sanguigna, esponendo la sua vita a seri rischi date le sue condizioni di salute dovute ad una precedente tiroidectomia.

Le accuse contro di lui sono la presenza in una zona militare chiusa e l’aver aggredito un soldato con la sua macchina fotografica, accusa questa completamente falsa.

10 Febbraio 2013 | International Solidarity Movement, South Hebron Hills, Palestina Occupata.

Due attivisti dell’ISM (International Solidarity Movement), sono stati arrestati nel villaggio di Canaan e si trovano ora di fronte ad un procedimento di espulsione. Ci si aspetta che giungano di fronte al tribunale a Gerusalemme nel corso della giornata.

Forze di occupazione israeliane ieri hanno sventato due tentativi da parte di attivisti palestinesi di stabilire un nuovo villaggio vicino Yata, nelle colline a sud di Hebron, per protestare contro la politica d’insediamenti illegali di Israele. L’avamposto, denominato “Canaan Village”, è il quinto di una serie di accampamenti di protesta che sono stati messi in atto  in seguito alla costruzione di Bab Al-Shams il mese scorso. L’obiettivo di questi villaggi improvvisati è quello di riappropriarsi della proprietà palestinese della terra, attraverso azioni concrete, e di protestare contro gli insediamenti illegali di Israele.

Sabato mattina presto, circa 30 attivisti sono stati bloccati nel loro tentativo di costruire le tende, vicino all’insediamento Karmel, dai soldati israeliani che sono arrivati ​​sulla scena per rimuovere il telaio in acciaio delle tende e confiscare parte del materiale. “Siamo venuti qui per costruire un villaggio palestinese su terra palestinese, e per utilizzare liberamente la nostra terra nel modo che vogliamo. In quanto palestinesi, abbiamo il diritto di possedere questa terra.” Dichiara Younis Araar, attivista e coordinatore dei comitati popolari nel sud della West Bank.

Per nulla scoraggiati dal rapido intervento dell’esercito e la demolizione delle tende, gli attivisti si sono riorganizzate e si sono spostati vicino a Tuwani per ricostruire il villaggio intorno alle ore 9. Circa 40 attivisti, utilizzando il materiale residuo, hanno costruito una tenda e l’hanno circondata con dei muri di pietra, piantando nel suolo la bandiera palestinese. Così il villaggio di Canaan è stato ripristinato come proprietà palestinese in una zona di terra che si trova sotto la minaccia di confisca a causa delle estensioni previste per il vicino insediamento di Ma’on.

Il numero dei manifestanti è cresciuto, a poco a poco la popolazione nelle vicinanze e altri attivisti si sono aggiunti e sono entrati in azione, fino a raggiungere circa le 120 persone. Mezz’ora dopo l’arrivo dei manifestanti, l’esercito è arrivato sul posto ed ha dichiarato l’area, fra i canti degli attivisti palestinesi, zona militare chiusa. L’esercito ha poi utilizzato grandi quantità di “skunk water”(l’acqua chimica puzzolente) contro i manifestanti. Dopo aver disperso la folla, i soldati hanno sparato il getto d’acqua direttamente contro la tenda e gli attivisti che si erano rifiutati di abbandonarla, nonostante l’odore terribile, causando il crollo della tenda stessa sotto la pressione dell’acqua. Gli attivisti hanno abbandonato la tenda e l’esercito ha assunto il controllo dello spiazzo dove era situata la tenda, ormai distrutta.

Tuttavia, i manifestanti si sono rifiutati di abbandonare la zona ed hanno continuato a cantare rivolti verso i soldati. Vari giornalisti, fotografi e videoreporter si trovavano sul posto ed hanno documentato gli eventi. Senza alcun motivo apparente, i soldati improvvisamente balzarono in avanti, afferrando un videoreporter palestinese nel tentativo di arrestarlo, il che ha suscitato l’intervento della folla di attivisti che hanno funto da scudo nel tentativo d’impedire l’arresto. Sono seguiti scontri tra decine di manifestanti ed i soldati, che hanno condotto a numerosi arresti, tra cui almeno tre giornalisti ed un volontario italiano dell’ISM. Poco dopo, una donna è rimasta ferita a causa del tentativo di arresto da parte dei soldati, suscitando, di conseguenza, ulteriori scontri tra esercito ed i manifestanti che hanno cercato di proteggerla. Il risultato è stato un ulteriore arresto di un altro palestinese ed un volontario inglese dell’ISM. Secondo un portavoce dell’esercito, sono stati arrestati cinque palestinesi durante l’azione.

In seguito alla tenda rubata dall’esercito, ed ai diversi fotografi e videoreporter arrestati ed intimiditi, la protesta sembra perdere il suo vigore e la sua organizzazione intorno alle ore 11. Anche se gli abitanti dei villaggi e altri attivisti hanno continuato a manifestare, non sono state coordinate ulteriori azioni e l’esercito non è intervenuto ulteriormente per disperdere i manifestanti. Nel corso delle successive 3 o 4 ore, le persone erano per lo più sedute nella zona, sparse nel campo e nella strada che porta ad esso, chiacchierando tra loro, con l’esercito in piedi a guardare. Solo un paio di dozzine di persone sono rimaste davanti, di fronte alla fila dei soldati. Queste ultime, tuttavia, sono riuscite a raccogliersi in due lunghe file, proprio di fronte ai soldati, per recitare la preghiera Dhuhr, in un magnifico atto di resistenza non-violenta.

Nonostante la breve esistenza del villaggio Canaan, questa è parte di una serie incoraggiante di villaggi di protesta sorti nel corso dell’ultimo mese. Mentre la Cisgiordania ha visto un aumento delle azioni di attivismo diretto nel corso delle ultime settimane, la comunità internazionale sta diventando sempre più critica nei confronti della politica degli insediamenti illegali di Israele e delle altre azioni in netta violazione del diritto internazionale. Segni questi di speranza per il popolo palestinese e per la loro lotta per la giustizia e la dignità.

Nel giorno del boicottaggio dei prodotti agricoli israeliani, Marco decide di resistere all’espulsione e di unirsi in sciopero della fame in solidarietà con i prigionieri politici palestinesi.
Le spese legali hanno un costo di qualche migliaia di euro, chi volesse dare il suo contributo lo può fare attraverso questo link https://www.paypal.com/it/webapps/mpp/send inserendo luposolo@libero.it come e-mail.