Diffondiamo da Contromaelstorm
ANTICARCERARIA contro tutte le oppressioni
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Nelle carceri italiane il 1971 è stato l’anno della riscossa del proletariato prigioniero. Una definizione che solo allora assume un senso pieno e politico del termine. Il vento della rivolta che attraversò il paese sul finire degli anni Sessanta, scavalcò le alte mura delle carceri ed entro nelle celle. I detenuti si presentarono sulla scena sociale con un grande spessore politico, organizzando una stagione di rivolte che percorse la penisola da nord a sud, producendo anche un’analisi del regime penitenziario, del codice penale, deisistemi concentrazionari e della stessa filosofia punitiva, un’analisi che ha entusiasmato giuristi di grande spessore. Con la loro lotta-organizzazione hanno messo in crisi uno dei capisaldi del sistema capitalista: i detenuti sono diventati un soggetto politico rivoluzionario!
Vedi i post delle rivolte dal 1971 e quelle del 1972.
Si impone a tutto il movimento di solidarietà un salto. Alla metà del 1972, il Soccorso Rosso divenne Soccorso Rosso Militante per rispondere in modo adeguato alle crescenti esigenze di sostegno legale ed economico. L’intervento solidale si estese a tutti i cosiddetti “detenuti comuni”, si crearono comitati di sostegno nei territori e nei circondari di ogni carcere, comitati che organizzavano manifestazioni di solidarietà e sostegno alle lotte interne, scrivevano, inviavano pacchi viveri, libri e giornali, spedivano denaro e premevano per ottenere colloqui con i detenuti più attivi. Oltre diecimila persone furono coinvolte nell’attività dei comitati di sostegno, soprattutto nelle grandi città.
Nel carcere “Le Nuove” di Torino nel1971 i “compagni delle Nuove” producono questo documento:
“A cosa serve il carcere?”
Nei fatti oggi è un brutale strumento a carattere unicamente repressivo, esclusivo, e terroristicamente punitivo. L’uomo nel carcere non è più tale, ridotto alla condizione di miserevole oggetto, completamente plagiato, annientato, esasperato, la sua personalità annullata. Ridotta a completa soggezione fisica e mentale.
“Tutto il discorso sulla “rieducazione” è una truffa”: qual è allora l’effetto del carcere sul detenuto? Il carcere è una vera “università del delitto” mantenuta dallo stato, educa all’egoismo, all’individualismo, ad essere ruffiani, spie, lacché, a tradire i propri compagni, a leccare i piedi alle autorità, alla pratica dell’omosessualità, all’alcoolismo e all’uso della droga. Al detenuto vengono negati i diritti fisiologici e sessuali che non vengono negati neppure agli animali, rendono perciò vittime della stessa repressione le mogli e le fidanzate.
“Noi detenuti denunciamo” la vergogna della sopravvivenza del codice fascista “Rocco”che venne promulgato in momenti in cui “Mussolini” voleva consolidare il potere dittatoriale del fascismo, costituiva già allora un passo indietro rispetto al codice liberale “Zanardelli”.
“Noi vogliamo l’abolizione” in blocco, non un rifacimento, del codice Rocco, e lo vogliamo tanto più pressantemente in quanto sperimentiamo quotidianamente sulla nostra pelle le conseguenze aberranti della sua applicazione. Ne vogliamo l’abolizione anche perché è in antitesi conla Costituzionenata dalla vittoria sul fascismo nonché con la Convenzione internazionale dei Diritti dell’Uomo, oltre che non rispecchiare lo spirito di maturità e progressista della realtà sociale italiana. Se da venticinque anni non si è provveduto ad abrogare il codice Rocco non è perché sia mancato il tempo necessario ma solo per una precisa volontà politica di mantenerlo in vigore al fine di utilizzare gli aspetti più repressivi, soprattutto contro le lotte popolari.
Tutti i partiti se ne sono fregati e se ne fregano, parlano di riforme del codice solo in periodo elettorale per opportunismo, e sotto la spinta di sanguinose rivolte. Una volta per tutte vogliamo parlare chiaro. “Queste che seguono sono le esigenze più elementari, pressanti, irrimediabili”:
Fonte: contromaelstrom.com