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La cena forcaiola!

Diffondiamo da Contromaelstorm

 

Dal Corriere della Sera abbiamo saputo che, qualche giorno fa, si è svolta una cena con personaggi altolocati. Non ci è dato sapere quali e quanti partecipanti abbiano condiviso le libagioni. Conosciamo però gli argomenti di discussione degli onorevoli commensali. Ce ne racconta il contenuto e il senso tale Giovanni Iudica, ordinario di diritto civile dell’Università Bocconi di Milano.

Abbiamo esperienza di professori della prestigiosa Università Bocconi. Tredici mesi del governo Monti ci hanno insegnato che, colui che era stato presentato come valente statista,  si è destreggiato nel ruolo di tagliatore delle già magre entrate di proletari e pensionati.

Stavolta il tema però era la “giustizia”, così definiscono la loro “voglia di galera”. Già perché volenterosi di metter mano alla riforma del Codice penale fascista di Alfredo Rocco che, a 68 anni dalla “liberazione” dal fascismo, sanziona ancora i nostri comportamenti, ne hanno tratto la convinzione che il buon fascista Rocco (guardasigilli di Mussolini) sia statotroppo garantista.  Ohibò!, qualcuno dirà; e che cazzo! altri. Eppure è proprio così, la lettera inviata dal sommo giurista al CdS conclude così: «Tutti d’accordo nel ritenere che questo codice penale, così come è, non va. Tutti hanno preso atto che, dal codice Rocco a oggi, si è verificata una lacerante divaricazione tra norma penale e comune sentire. La gente sta dalla parte dei deboli, delle vittime, dalla parte di Abele. La legge penale attuale dalla parte di Caino».

Potete leggere l’intero contenuto della lettera pubblicata a pag.51 del CdS del 15/2/2013

CdS 15-2

Alcune forze politiche, in queste elezioni, hanno inserito nel loro programma la revisione del Codice penale Rocco, del quale la magistratura utilizza, da un po’ di tempo e sempre più, le parti più grottesche  come “devastazione e saccheggio” per sbattere in galera chiunque protesti.

A questo punto ci chiediamo e chiediamo loro: «Scusate, ma in che direzione volete cambiarlo?». Non vorremmo proprio che questo nuovo secolo ci costringa a scendere in lotta per…udite!, udite! “difendere il Codice fascista Rocco”. Sarebbe una tremenda beffa

CenaA proposito di “beffe” c’è qualcosa in questa lettera che ci ricorda il triste epilogo dell’arrogante e spaccone Neri Chiaramantesi (interpretato dal bravo Amedeo Nazzari- «Chi non beve con me, peste lo colga!») dello spledido film di Alessandro Blasetti, “La cena delle beffe”(1941).  Guardare per credere…..

eheheh…eheheh


1971 il “proletariato prigioniero” si propone come soggetto della trasformazione sociale

1Nelle carceri italiane il 1971 è stato l’anno della riscossa del proletariato prigioniero. Una definizione che solo allora assume un senso pieno e politico del termine. Il vento della rivolta che attraversò il paese sul finire degli anni Sessanta, scavalcò le alte mura delle carceri ed entro nelle celle. I detenuti si presentarono sulla scena sociale con un grande spessore politico, organizzando una stagione di rivolte che percorse la penisola da nord a sud, producendo anche un’analisi del regime penitenziario, del codice penale, deisistemi concentrazionari e della stessa filosofia punitiva, un’analisi che ha entusiasmato giuristi di grande spessore. Con la loro lotta-organizzazione hanno messo in crisi uno dei capisaldi del sistema capitalista: i detenuti sono diventati un soggetto politico rivoluzionario!

Vedi i post delle rivolte dal 1971 e quelle del 1972.

Si impone a tutto il movimento di solidarietà un salto. Alla metà del 1972, il Soccorso Rosso divenne Soccorso Rosso Militante per rispondere in modo adeguato alle crescenti esigenze di sostegno legale ed economico. L’intervento solidale si estese a tutti i cosiddetti “detenuti comuni”, si crearono comitati di sostegno nei territori e nei circondari di ogni carcere, comitati che organizzavano manifestazioni di solidarietà e sostegno alle lotte interne, scrivevano, inviavano pacchi viveri, libri e giornali, spedivano denaro e premevano per ottenere colloqui con i detenuti più attivi. Oltre diecimila persone furono coinvolte nell’attività dei comitati di sostegno, soprattutto nelle grandi città.

Nel carcere “Le Nuove” di Torino nel1971 i “compagni delle Nuove” producono questo documento:

“A cosa serve il carcere?”

Nei fatti oggi è un brutale strumento a carattere unicamente repressivo, esclusivo, e terroristicamente punitivo. L’uomo nel carcere non è più tale, ridotto alla condizione di miserevole oggetto, completamente plagiato, annientato, esasperato, la sua personalità annullata. Ridotta a completa soggezione fisica e mentale.

“Tutto il discorso sulla “rieducazione” è una truffa”: qual è allora l’effetto del carcere sul detenuto? Il carcere è una vera “università del delitto” mantenuta dallo stato, educa all’egoismo, all’individualismo, ad essere ruffiani, spie, lacché, a tradire i propri compagni, a leccare i piedi alle autorità, alla pratica dell’omosessualità, all’alcoolismo e all’uso della droga. Al detenuto vengono negati i diritti fisiologici e sessuali che non vengono negati neppure agli animali, rendono perciò vittime della stessa repressione le mogli e le fidanzate.

“Noi detenuti denunciamo” la vergogna della sopravvivenza del codice fascista “Rocco”che venne promulgato in momenti in cui “Mussolini” voleva consolidare il potere dittatoriale del fascismo, costituiva già allora un passo indietro rispetto al codice liberale “Zanardelli”.

“Noi vogliamo l’abolizione” in blocco, non un rifacimento, del codice Rocco, e lo vogliamo tanto più pressantemente in quanto sperimentiamo quotidianamente sulla nostra pelle le conseguenze aberranti della sua applicazione. Ne vogliamo l’abolizione anche perché è in antitesi conla Costituzionenata dalla vittoria sul fascismo nonché con la Convenzione internazionale dei Diritti dell’Uomo, oltre che non rispecchiare lo spirito di maturità e progressista della realtà sociale italiana. Se da venticinque anni non si è provveduto ad abrogare il codice Rocco non è perché sia mancato il tempo necessario ma solo per una precisa volontà politica di mantenerlo in vigore al fine di utilizzare gli aspetti più repressivi, soprattutto contro le lotte popolari.

2Tutti i partiti se ne sono fregati e se ne fregano, parlano di riforme del codice solo in periodo elettorale per opportunismo, e sotto la spinta di sanguinose rivolte. Una volta per tutte vogliamo parlare chiaro. “Queste che seguono sono le esigenze più elementari, pressanti, irrimediabili”:

1) “Abolizione della carcerazione preventiva”.
2) “Limitazione della durata dell’istruttoria”.
3) “Trasformazione tempestiva del processo da inquisitorio ad accusatorio. E abolizione del segreto istruttorio”.
4) “Abolizione della chiamata di correo”.
5) “Abolizione della recidiva” (è sufficiente spesso a farci condannare. Visto che il problema è trovare il colpevole la cosa più comoda per la polizia è di trovarlo tra i recidivi.  È sommamente ingiusto che uno abbia un aumento di pena perché recidivo, dal momento che ha già scontato la pena inflittagli per il reato commesso in precedenza).
6) “Abolizione delle case di lavoro” (è il più tipico residuo del retaggio fascista: in realtà è di fatto una aggiunta arbitraria alla pena stabilita dal codice).
7) “Abolizione del confino e delle misure di sorveglianza”.
8) “Abolizione dei reati di oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale” (in realtà sono sempre i poliziotti a oltraggiare e a minacciare impunemente senza essere poi perseguiti. Anche questa è una norma in vigore solo nei paesi fascisti).
9) “Abolizione dei reati di stampa e d’opinione”.
10) “Regolamentazione degli articoli concernenti il furto” (il furto è il tipico e più diffuso reato contro il patrimonio. Il codice non fa distinzione fra chi ruba una mela e chi ruba un milione. Il furto semplice di fatto non viene applicato mai perché il giudice trova sempre aggravanti).
11) “Distinzione tra consumo e spaccio di stupefacenti”.
12) “Diritto effettivo alla difesa gratuita”.
13) “Abolizione dello sfruttamento del lavoro nelle carceri”.
14) “Funzionale servizio di assistenza per i familiari dei detenuti” direttamente controllato dagli interessati, ma che non sia affidato ad istituzioni religiose in quanto, di tutte le donazioni e beneficenze, non viene mai consegnato altro che le caramelle a Natale.
15) “Estensione del permesso di colloquio ad amici e conoscenti”.
16) “Abolizione delle celle di punizione e letto di forza”.
17) “Istituzione dei consigli di rappresentanza” dei detenuti aventi funzione consultiva di portavoce della volontà delle popolazioni carcerarie e di contrattazione nei confronti delle direzioni.
18) “Abolizione della censura” sulla corrispondenza e libera circolazione di stampa e letteratura varia.
19) “Possibilità di avere periodicamente rapporti sessuali”.
20) “Responsabilizzare penalmente i magistrati” (quando un ingegnere sbaglia i calcoli di una progettazione viene denunciato e processato, quando un medico sbaglia un’operazione e il paziente muore viene perseguito penalmente: perché quando un giudice sbaglia non viene processato? Noi non crediamo nell’infallibilità del giudice: pertanto chiediamo che il suo operato sia vincolato come quello di qualsiasi professionista perché egli decide la nostra sorte).
Scontri_di_piazza_anni_7021) “Nei processi chiediamo che vengano esaminati”, e tenuti in debito conto nel giudizio, non solo gli aspetti tecnici ma soprattutto le cause economiche, sociali, i fattori ambientali in cui l’imputato si è trovato ad agire.
22) “Chiediamo vengano aboliti, o ridotti al minimo, i poteri discrezionali del giudice” democratizzando il suo operato, in quanto tali poteri finiscono per essere applicati quasi sempre arbitrariamente, e sempre a sfavore dell’imputato.

Fonte: contromaelstrom.com