Si svolgerà sabato 16 novembre una manifestazione davanti al CIE di Gradisca, per chiederne la chiusura definitiva. Le rivolte che nelle scorse settimane hanno avuto luogo nel CIE di Gradisca, hanno portato alla sua chiusura per inagibilità, ma già si parla di iniziare la ristrutturazione per una riapertura a breve.
Sulla presenza del CIE si sono espresse contrariamente la Regione Friuli Venezia Giulia, la Provincia di Gorizia, lo stesso Comune di Gradisca, gran parte della società, compreso Luigi Manconi, Presidente della Commissione straordinaria per la Tutela e la Promozione dei Diritti Umani del Senato. Esistono rapporti di denuncia delle condizioni di vita ed una documentata sequenza di violazioni giuridiche.
“Oggi è necessario che tutto questo si trasformi in azioni concrete.” scrivono gli organizzatori della mobilitazione. “Per questo ci rivolgiamo a chi come noi crede che questa “grande opera” sia inutile e dannosa per il territorio isontino, a chi rifiuta la presenza di questo luogo del non diritto in cui si consumano detenzioni illegittime e violazioni dei diritti fondamentali della persona.”
La manifestazione avrà inizio alle 14.30, con partenza dalla Piazza Unità d’Italia a Gradisca d’Isonzo.
Segnaliamo che un altro presidio, organizzato dalla Lega Nord, si terrà invece domenica 17 novembre, sempre a Gradisca alle ore 11. Qui l’evento Facebook.
16 Novembre – In corteo verso il CIE di Gradisca perché non riapra mai più
Appello della Rete FVG contro i CIE per un corteo il 16 Novembre a Gradisca d’Isonzo
Una fortezza come il CIE è intollerabile.
Dieci anni di denunce, inchieste, attivismo, interrogazioni, rapporti di ogni tipo hanno reso evidente, se potevano esserci dubbi, che si tratta di un luogo di tortura e ingiustizia oltre ogni immaginazione.
Un luogo di totale assenza di diritti che non è possibile tollerare in alcun modo.
Ora il CIE di Gradisca subisce una battuta di arresto, grazie all’ennesima rivolta dei migranti che ne hanno messo in ginocchio la capacità operativa bruciandolo e distruggendolo dall’interno.
Il CIE è ingestibile ora – o, meglio, lo sono i migranti che si ribellano alla privazione della libertà – e Prefettura e Viminale hanno optato per svuotarlo, spostando o espellendo i migranti rimasti.
È un segno importante, la vittoria dei conflitti materiali contro la Bossi-Fini, la clandestinità e i suoi apparati praticati in primo luogo da coloro che ne sono vittime.
Chi sta fuori del CIE ma dentro un’idea di mondo aperto e globale, dove i diritti e la libertà degli esseri umani non possono dipendere dalla casualità della nascita, non può e non vuole essere da meno.
Non è chiaro se il CIE, come pare probabile, subirà in realtà un riammodernamento e una (impossibile) “umanizzazione”: questa ipotesi non deve avere il minimo spazio e deve invece affermarsi senza alcuna riserva la decisione per cui il CIE non riapra mai più.
Come per tutti i CIE e la Bossi-Fini c’è una sola opzione possibile: chiusura e cancellazione.
È il momento in cui le posizioni espresse da tutte le istituzioni locali, dalla Regione al Comune di Gradisca, devono divenire realtà concreta.
A Trieste, nel 1998 fu chiuso il primo CPT in seguito a una mobilitazione ampia, determinata e radicale.
Il 16 Novembre, troviamoci tutti alle ore 14.30 in piazza a Gradisca per partire in corteo verso il CIE e chiudere definitivamente anche questo, perché non c’è alternativa possibile.
Rete FVG contro i CIE