Caso di tubercolosi in carcere

greece-protestAVELLINO – Nella serata di ieri è stato ricoverato d’urgenza al reparto infettivo dell’ospedale Moscati, un detenuto straniero, 44enne, di origini rumene. L’uomo è stato ricoverato per una sospetta tubercolosi acuta. Il detenuto è stato già ricoverato nel mese di marzo e poi dimesso con la diagnosi di: “soggetto affetto da tubercolosi polmonare”, facendo rientro in istituto penitenziario insieme agli altri detenuti.

La notizia del caso di tbercolosi fa subito il giro del penitenziario, creando un giustificato allarmismo. Specie per i compagni di cella. Sulla vicenda interviene anche il Sappe che chiede spiegazioni al direttore del carcere per accertare che siano state messe in atto le dovute tutele che prevedono uno specifico e rigoroso protocollo di prevenzione e profilassi finalizzato a scongiurare un possibile e facile contagio tra tutte le persone che a vario titolo sono venute in contatto con il soggetto infermo.

«Non ci è dato sapere, se sono stati già eseguiti i previsti esami di routine – scrive il Sappe – come quello della mandoux che costituiscono il primo livello di intervento e se sono state avviate tutte lecomunicazioni di rito alle autorità competenti e se sono state adottate tutte quelle misure cautelative per tutto il Personale ivi operante e non solo. La attuale critica emergenza dovuta al costante aumento della popolazione detenuta ha ricadute in negativo sulla qualità della salubrità dei luoghi in questione e genera ilprofilare di malattie infettive come nel caso specifico per la t.b.c. di cui risultano affetti numerosi detenuti stranieri che provengono da aree geografiche ove tali patologie sono presenti in maniera massiccia. Questo ennesimo caso di t.b.c. riapre la discussione sulla necessità di rendere obbligatoria l’indagine sanitaria ai detenuti provenienti dall’esterno, che potrebbero essere affetti o portatori di patologie infettive come la t.b.c. Si rende necessario ed improcrastinabile predisporre un progetto di adeguata formazione specifica al personale della Polizia Penitenziaria, per evitare e diminuire al minimo i rischi di contagio di varie patologie proprie nell’ambiente penitenziario, durante l’espletamento del proprio servizio, come d’altronde è necessario fornire il personale diadeguate strutture, mezzi e dotazioni personali per rendere quanto più asettici possibili i luoghi di lavoro e di detenzione. Concludendo si precisa che non è intenzione creare inutili allarmismi sulla vicenda, ma il caso nella fattispecie impone tutta la dovuta attenzione di chi è proposto a fronteggiaretali ipotesi».

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