Un detenuto di 53 anni è morto per un malore nel carcere di Velletri, dove era recluso dallo scorso mese di marzo. Lo rende noto il Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni. Il decesso è avvenuto la notte fra il 30 aprile ed il primo maggio. È il quarto decesso registrato nelle carceri del Lazio dall’inizio del 2013; il secondo in poco meno di un mese a Velletri dopo quello del 27 marzo di un marocchino di 27 anni, Mohamed Saadaoui, le cui cause sono ancora in fase di accertamento. Secondo quanto appreso dai collaboratori del Garante l’uomo, originario di Nettuno, ha accusato un malore nel pomeriggio di martedì scorso. Accompagnato da altri compagni detenuti nell’infermeria del carcere, vi è rimasto fino alle 22 rifiutando, a quanto pare, il ricovero in ospedale come suggerito dai sanitari del carcere. Intorno alle 23 ha avuto un nuovo malore e, nonostante l’intervento dei medici dell’Istituto e di quelli del 118, è deceduto alle 00.15 del primo maggio. La salma è stata trasferita al Policlinico “Tor Vergata”, dove il magistrato ha disposto l’autopsia. Il 53enne era arrivato nel carcere di Velletri lo scorso mese di marzo per revoca misura alternativa legata alla commissione di reati contro il patrimonio. Il suo fine pena era fissato nel 2014.
«Sarebbe un errore rubricare “morte per malattia” il decesso di quest’uomo – ha detto il Garante dei detenuti Angiolo Marroni – perché il problema è il contesto in cui è avvenuta. A Velletri sono presenti 635 detenuti a fronte di 444 posti. La metà di loro assume psicofarmaci e in 240 sono in carico al Sert. Circa 80 detenuti sono sottoposti a grande o grandissima sorveglianza. Il paradosso è che il nuovo padiglione, aperto di recente, è sottoutilizzato perché ha una impostazione di “regime aperto” ma, per quanto appena detto, la stragrande maggioranza dei detenuti presenti è incompatibile con un regime di bassa sorveglianza. Il personale di polizia penitenziaria è, poi, drammaticamente sotto organico: attualmente sono in 209 per 635 presenti quando la norma imporrebbe un rapporto agente/detenuto pari a 0,80. In queste condizioni è davvero difficile che in carcere possa essere garantita non solo l’applicazione dell’articolo 27 della Costituzione, ma anche un efficace diritto alla salute per i reclusi».