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Immigrazione, gli Usa aprono le carceri

carcere-california-300x193Molti è previsto debbano portare il braccialetto elettronico, quasi tutti devono invece presentarsi con regolarità presso gli uffici immigrazione.
Sono centinaia gli immigrati irregolari che, in attesa di processo, in meno di una settimana sono stati scarcerati in varie città degli Stati Uniti. Non ci sono più i soldi per mantenerli nei centri di detenzione.
L’Ice, l’agenzia dell’immigrazione che fa capo al dipartimento della Sicurezza guidato da Janet Napolitano, ha deciso di iniziare a risparmiare in vista dell’entrata in vigore dei tagli automatici alla spesa pubblica, avvenuta in seguito al decreto firmato dal presidente Usa Barack Obama: 85 miliardi di dollari in meno nel 2013, 1.200 miliardi nei prossimi 10 anni. E 4 miliardi è previsto siano recuperati proprio dalle casse della Sicurezza.
TAGLIO SULLA SPESA DECISO NEL 2011. La scure sulla spesa pubblica, soprannominato il «sequestro», è stata decisa nel 2011 per motivare repubblicani e democratici a trovare un accordo, rivelatosi impossibile, sul tetto del debito.
«Non riesco a credere che non ci fossero altri modi per contenere i costi. Svuotare le carceri solo per questioni economiche è una decisione assurda. Non mi faccio influenzare, ma è normale che mi sento meno sicura. C’è una ragione se le persone sono in prigione», commenta rammaricata a Lettera 43.it Barbara Zarrett, mentre compra le verdure nel famoso mercato di Union Square a New York.
L’ARIZONA È UNO DEI PIÙ COLPITI. Il numero degli immigrati messi in libertà vigilata non si conosce ancora con precisione. Non tutti i centri hanno applicato la misura. Scarcerazioni sono state registrate in alcune prigioni della Lousiana, New Jersey, Texas e New York, tra gli altri.
Uno degli Stati più colpiti è stato sicuramente l’Arizona, dove è più ferrea la legge sull’immigrazione. Più di 300 rilasci e un’aspra polemica tra i repubblicani e le associazioni che difendono i diritti degli immigrati.
«La sicurezza pubblica è in pericolo. Sono stati rimessi in libertà criminali con la scusa dei tagli al bilancio», tuona Paul Babeu, lo sceriffo della Contea di Pinal. «Obama non avrebbe mai permesso che questo avvenisse nelle strade della sua città, ma non ha avuto problemi a farlo da noi».
VIA I DETENUTI MENO PERICOLOSI. Anche il senatore repubblicano John MacCain, impegnato in questi mesi, insieme con una commissione bipartisan, a mettere in piedi le basi per una comprensiva riforma dell’immigrazione, si è detto «contrariato», così come hanno espresso disappunto e paura molti cittadini su Twitter, o attraverso i commenti agli articoli che riportavano la notizia sui network americani.
L’Ice ha però assicurato che i cancelli dei centri di detenzione sono stati aperti solo per gli immigrati irregolari che hanno alle spalle «reati lievi», che non costituiscono quindi un «pericolo per la comunità».

Ogni clandestino costa agli Usa 164 dollari al giorno

L’azione legale che deve decidere sulla deportazione degli immigrati scarcerati però non si ferma e tutti coloro che sono stati fatti uscire dai centri di detenzione sono destinati a essere guardati a vista dalle forze dell’ordine.
Si è trattato di una «misura necessaria, per fare in modo che i livelli di detenzione siano mantenuti anche con il budget attuale», ha spiegato la portavoce dell’Ice, Gillian Christensen.
Il risparmio, in effetti, è notevole se si pensa che il costo per il «mantenimento» di un clandestino nei centri di detenzione è di circa 164 dollari al giorno, mentre, secondo quanto riporta il New York Times, riprendendo le stime dell’associazione National immigration forum, i costi si abbatterebbero fino a poche decine di dollari con altre forme alternative di detenzione.
RILASCIATI SOLO I «NON CRIMINALI». Chiamata in causa dai repubblicani, la Casa Bianca ha fatto sapere di non aver giocato nessun ruolo nella decisione dell’agenzia, ma di ritenere i detenuti rilasciati «non criminali».
Se Obama cerca di mantenersi neutro, a festeggiare sono le associazioni umanitarie che si occupano dei diritti dei clandestini. «Ci sono molte persone in carcere che semplicemente non ci dovrebbero stare», ha spiegato al Washington Post, Lindsay Marshall, la responsabile di un gruppo chiamato Florence immigrant and refugee right project.
Molti di questi, secondo gli attivisti, non sono un pericolo per la comunità, non hanno commesso crimini, ma sono comunque costretti ad attendere la deportazione nei centri di detenzione, lontani dalle loro famiglie.
LA SEPARAZIONE DALLA FAMIGLIA. Tra questi c’è Ronei Ferreira De Souza, il Boston Globe ha raccontato la sua storia: 36enne, in Brasile faceva il giardiniere; ora da cinque mesi lotta contro il provvedimento che impone la deportazione.
È padre di due bambini, il suo avvocato lo descrive come un uomo di Chiesa e buon lavoratore, arrestato dalla polizia alcuni mesi fa per guida senza patente. La deportazione significa la separazione dai suoi figli.
«Abbiamo disperatamente bisogno di una riforma dell’immigrazione», spiega Gabrielle Young, una ragazza dai lunghi capelli biondi che studia a New York per fare l’attrice, «conosco tante persone che lavorano qui da anni. Non hanno i documenti e sono terrorizzati all’idea di essere rispediti nei Paesi di origine. Molti di loro hanno avuto figli, che in America hanno studiato e che qui vogliono vivere. Quando ho sentito la notizia, non ho pensato alla mia incolumità, ma solo al fatto che una mossa così improvvisa, aggiungerà nuovo caos».
NEL PAESE 11 MLN DI IMMIGRATI. La pensa così anche Michael Ruth, studente di legge: «È pericoloso lasciare il campo alla soggettività. L’Ice dice che sono stati rilasciati perché colpevoli solo di reati lievi. Ma cosa vuol dire? Qual è la linea di demarcazione tra un reato e l’altro? Credo che in America vengano arrestate molte persone ingiustamente, per motivi che non meritano il carcere».
Attualmente negli Stati Uniti ci sono circa 11 milioni di immigrati irregolari. Da un mese, un gruppo bipartisan di otto senatori sta studiando una riforma che porti progressivamente sia all’acquisizione della cittadinanza dei clandestini che per anni hanno lavorato e studiato negli Usa, sia alla definizione di severe misure di sicurezza alla frontiera con il Messico.
La riforma dell’immigrazione è uno dei punti cardine del secondo mandato alla Casa Bianca di Obama. Il presidente è convinto che questa possa vedere la luce prima della fine del 2013.

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