MANTOVA. Materassi incendiati, tavoli e sedie fracassati, porte blindate danneggiate, celle allagate: nel carcere di via Poma è scoppiata la rivolta. La polizia penitenziaria è riuscita a contenere i rivoltosi, ma l’allerta resta alta. Non è facile per cinque agenti tenere a bada un centinaio di detenuti arrabbiati.
Per due notti di seguito, sabato e domenica, si sono susseguiti ininterrotti urla e danneggiamenti. Per domare gli incendi all’interno delle celle si è dovuto far uso degli estintori. I danni sono molto consistenti.
In queste ore l’emergenza sembra essere rientrata ma potrebbe essere solo una tregua, dal momento che le cause della rivolta non sono ancora state rimosse. Cibo scadente, sporcizia, presenza di topi ma soprattutto l’impossibilità, da oltre un anno, di vedere i canali della tivù per il malfunzionamento dell’antenna. Dieci i canali previsti per legge ma i detenuti ne vedono soltanto due: Rai 3 e Rai 4. Di Rai 1 e Rai 2 si vedono solo le figure: manca l’audio. Tutti gli altri sono totalmente inesistenti.
E questo è stato interpretato come una violazione alla libertà di informazione che aggiunta agli altri problemi (pulizia e cibo) ha esasperato i detenuti che per un anno hanno dovuto fare anche a meno dell’acqua calda per la rottura della caldaia principale. Ma veniamo ai fatti verificatisi sabato e domenica notte. Un’azione comune che è scattata ad un segnale convenuto dopo il rientro nelle celle alle 20.30, per la cena. Consumato il pasto, attorno alle 22.30, sui due piani del penitenziario è partita la rivolta, preceduta da urla avvertite anche dagli abitanti del quartiere. I detenuti hanno aperto tutti i rubinetti e l’acqua ha allagato sia le celle che i corridoi; incendiato i materassi, costringendo la polizia penitenziaria a far uso degli estintori; fracassato gli arredi e danneggiato i muri e persino le porte blindate.
I danni sono ingenti. Solo grazie alla grande professionalità e sangue freddo degli agenti, che più volte hanno dovuto fronteggiare i rivoltosi, la situazione non è degenerata. Ma, come già accennato, il fuoco brucia sotto la cenere.
Il timore è che la violenta protesta possa riesplodere se i detenuti non otterranno in tempi rapidi quello che hanno chiesto. E agli agenti della polizia penitenziaria, in quattro durante il turno notturno, non si può chiedere di avere la situazione sempre sotto controllo visto che hanno a che fare con una popolazione di 150 individui.