Carcere di Monza. Si impicca alle sbarre della cella in infermeria, detenuto muore suicida.

Un uomo detenuto nel carcere di Monza, imputato per reati di droga, si è tolto la vita nel tardo pomeriggio di giovedì impiccandosi alle inferriate di una cella.

Il drammatico gesto si è consumato nel reparto Infermeria della casa circondariale monzese e a darne notizia è il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE.

Il detenuto, italiano, 40 anni, ristretto per reati legati alla droga, si è impiccato alle inferriate della cella e il tempestivo intervento degli Agenti non è servizio a salvargli la vita.

L’ultimo drammatico episodio di suicidio nel carcere monzese risale a poco tempo fa quando un detenuto si è tolto la vita inalando del gas dalla bomboletta in dotazione presente nelle celle.

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Carceri sovraffollate, organico ridotto all’osso, nonché un contestuale aumento del numero delle aggressioni nei confronti degli agenti di Polizia penitenziaria e in quello dei suicidi tra gli stessi detenuti. Una situazione che coinvolge tutti gli istituti di pena italiani e che non risparmia il Sanquirico dove, da marzo, in quattro (l’ultimo ieri, giovedì) si sono tolti la vita, mentre uno è stato salvato in extremis dalle guardie carcerarie.

I dato del Ministero della Giustizia

Stando ai dati diffusi dal Ministero della Giustizia – aggiornati al 31 luglio 2017 – a Monza, a fronte di una disponibilità di 403 posti, ci sono 627 detenuti (di cui 280 stranieri). Vale a dire 224 presenze oltre il limite consentito. E il numero è in calo rispetto ai dati al 30 giugno quando i reclusi erano 647. Un problema, quello del sovraffollamento, che riguarda la maggior parte delle carceri italiane. Limitando l’analisi agli istituti detentivi lombardi emerge come l’unico che rispetti la capienza regolamentare sia quello di Bollate con un numero di detenuti pari a 1.221 (di cui 118 donne) a fronte di una disponibilità di posti di 1.246. Tutti gli altri istituti, invece, oltrepassano il limite. A Bergamo, per esempio ci sono 541 detenuti contro i 319 posti, a Lecco su una capienza di 53 unità le presenze sono 64. Sforano il limite consentito anche le due carceri di Milano, San Vittore (940 detenuti su 757 posti) e Opera (1.283 su 905).

La parola al sindacato

«Monza ha una percentuale alta di detenuti rispetto alla capienza effettiva dell’istituto – ha commentato Angelo Urso, Segretario generale Uil-Uilpa penitenziari – Il personale è carente e la situazione è destinata a peggiorare con l’entrata in vigore della Legge Madia che prevede tagli. Le dotazioni organiche furono stabilite nel 2001 in 45mila unità. Numero che si è mantenuto costante fino al 2013. Peccato che, nel frattempo, siano state realizzate nuove carceri e nuovi padiglioni detentivi. Senza peraltro chiudere quelli vecchi poco efficienti. A questo incremento di spazi non ha corrisposto un aumento degli agenti. Anzi, la Legge Madia prevede tagli di circa 5mila unità».

Non solo. A rendere difficile la situazione lavorativa degli agenti di Polizia Penitenziaria è anche il nuovo modello di detenzione entrato in vigore all’indomani della Sentenza Torreggiani che ha visto Strasburgo condannare l’Italia per violazione dei diritti umani. «Il nuovo modello detentivo prevede che i detenuti non rimangano chiusi in cella, ma che possano muoversi liberamente negli spazi comuni e nei corridoi – ha proseguito Urso – Il problema è che così, si moltiplicano le occasioni di contrasti, di liti e di risse tra gli stessi carcerati. Così come aumenta il rischio di aggressioni nei confronti degli agenti. Cosa non da poco se si considera che, di solito, un solo agente deve controllare una sezione con 70-80 detenuti».

Anche i turni spesso superano le sei ore previste dal contratto. «Si lavora anche otto o più ore al giorno, con turni notturni troppo ravvicinati. Sono condizioni inaccettabili, per questo è stata indetta una manifestazione nazionale sotto Montecitorio per il 19 settembre».

I detenuti in Lombardia

I dati diffusi dal Ministero di Giustizia tracciano anche un quadro dell’età media, del grado di istruzione e della provenienza geografica dei carcerati.
La maggior parte dei detenuti negli istituti lombardi ha, come titolo di studio, quello di scuola media (2.145), in 657 hanno finito le elementari. Hanno la laurea in 123, il dato più alto di tutta Italia.
La maggior parte di essi ha figli. In Lombardia, su un totale di 2.716 carcerati, 957 hanno un figlio, 933 ne hanno due, 474 ne hanno 3. In 216 sono genitori di 4 figli, 88 di 5.
La fascia di età più rappresentata è quella tra i 50 e i 59 anni, seguita da quella tra i 35 ai 39 anni. Ma se si scorpora il dato dei soli detenuti stranieri l’età media si abbassa, scendendo dai 30 ai 34 anni, seguita dalla fascia 25-29 anni.
Per quanto riguarda la provenienza geografica dei detenuto stranieri, il Ministero mette a disposizione solo dati nazionali e non divisi per regione: il 18,5 per cento arriva dal Marocco, seguito dalla Romania (14,1 per cento), dall’Albania (13,4 per cento) e dalla Tunisia (10,5 per cento). Seguono, in percentuali bassissime, gli altri Paesi del mondo, ad esempio lo 0,4 per cento arriva dall’Afghanistan. Ma ci sono anche presenze europee: c’è un detenuto danese, 38 francesi, 7 dalla Gran Bretagna, uno dalla Norvegia e 7 dall’Olanda.

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