Bruciato e devastato dalle continue rivolte, il Cie di corso Brunelleschi è ridotto al ricordo si sé stesso. E, se si pensa che l’ampliamento di tre anni fa è costato ben 14 milioni di euro, la situazione nella quale versa il centro per l’identificazione e l’espulsione di Torino è impietosa. Su 210 posti, solo 98 sono utilizzabili: meno della metà: oggi, nel Cie sono ospitati 73 uomini e 12 donne.
Per capire quale sia la reale situazione della struttura, ieri si è svolto un sopralluogo dei consiglieri comunali, che hanno osservato, in due ore di permanenza, la vita all’interno del Cie. E un primo dato è quello che sorprende: i costi. “A Torino, – spiega il consigliere della Lega Nord Fabrizio Ricca – ogni trattenuto nel centro di identificazione ed espulsione costa circa 1400 euro al mese, cifra che comprende, oltre a vitto e alloggio, un budget giornaliero di 3.5 euro, ricariche telefoniche, tv, radio e giornali”.
Il pranzo arriva puntuale, a mezzogiorno, contenuto in grandi scatoloni trasparenti. La mensa è gestita dalla Croce Rossa, assieme alla pulizia, alla consulenza, ai servizi medici.
I costi maggiori sono però legati alle devastazioni che vengono puntualmente effettuate nel Cie, a cadenza quasi mensile. Le ultime grandi rivolte sono state il 30 giugno, il 22 e 23 luglio: in quei casi, così come negli altri, si è verificato il danneggiamento di oggetti e di arredi. Incendi, vandalismi e via dicendo hanno poi fatto sì che il centro per l’identificazione e l’espulsione si riducesse alla metà del suo potenziale. “Non ho cambiato idea i Cpt non andavano pensati e realizzati. I Cie vanno chiusi, hanno manifestato il loro totale fallimento”, commenta Marco Grimaldi, Sel.
Ricca propone invece un modo per risparmiare soldi e tempo: “Nell’ottica di un risparmio significativo in termini di denaro e tempo, si potrebbero cominciare ad identificare già in carcere i soggetti condannati per reato di clandestinità, in modo da utilizzare i Cie solo come breve sosta temporanea tra l’uscita dalla prigione e il rimpatrio”.