Dell’emergenza carceri fa parte a pieno titolo anche una questione poco nota, ma assai delicata: quella che riguarda le condizioni dei detenuti transessuali. Condannati a una vera e propria doppia pena. Visto che, oltre ai problemi che affronta l’intera popolazione carceraria italiana, pagano le conseguenze del loro orientamento sessuale. Si tratta per lo più di persone che si trovano dietro le sbarre per reati minori, di prostituzione o uso di droga, che in mancanza di strutture o sezioni apposite sono costrette a condividere la cella con gli uomini o con le donne. Pur non appartenendo a nessuna delle due categorie.
Il problema è tale che Amnesty International Italia, in occasione della campagna elettorale nazionale, ha presentato ai candidati premier un’agenda in dieci punti per i diritti umani fra cui figura la lotta alla transfobia.
Vale la pena di ricordare, infatti, che secondo l’ultima rilevazione del Dap, Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, negli istituti di detenzione sono solo 104 i transessuali e gli omosessuali dichiarati, reclusi in sezioni protette. In particolare, apposite ali sono presenti nel carcere milanese di San Vittore o in quello romano di Rebibbia, così come presso quello di Terni; a Pozzale ha poi aperto un carcere dedicato esclusivamente a detenuti transessuali.
Criticità che però, almeno per una volta, non riguardano soltanto il nostro paese.
In Francia, ad esempio, il dibattito è di particolare attualità. In assenza di strutture ad hoc, Oltralpe si decide esclusivamente in base al sesso indicato sulla carta d’identità. Così, anche se nel frattempo la persona avesse iniziato terapie ormonali o effettuato operazioni chirurgiche di cambiamento di sesso, i transgender rischiano di trovarsi ad essere rinchiusi con persone fisicamente o sentimentalmente del sesso opposto.
In casi al momento molto rari, i dirigenti – con l’approvazione ministeriale – possono poi decidere di inviare un detenuto transessuale in una prigione per le donne. Alcune carceri, come Fleury-Merogis o Caem, hanno bracci riservati alle persone transgender, isolati dal resto della prigione e con regole su misura: per esempio vi si possono acquistare prodotti specifici come quelli necessari alla rimozione dei peli, il trucco o di biancheria intima femminile.
Nel Regno Unito il problema viene affrontata caso per caso, e per esempio Londra ha autorizzato nel 2009 il trasferimento di un transessuale in un carcere femminile, giustificandolo sulla base dei suoi diritti personali. Prassi che accumuna molti stati del Vecchio Continente. Anche se sul tema non sono disponibili fonti e informazioni certe.